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:. CAP 3 .:

Nel ricordare tutto quello che era accaduto la foto si bagnò di lacrime e con orrore la riposi nel cassetto. Con le mani ancora tremanti entrai in bagno, continuando a ripetermi che era solo un brutto ricordo; che era tutto passato, che quei giorni bui non sarebbero più tornati. Che ormai ero cresciuta e niente mi avrebbe più fatto male come in passato. Mi infilai nella vasca, quello che mi serviva era solo un bagno caldo e rilassante per allentare quella pressione. Sotto l'acqua c'era un silenzio assoluto. Chiusi gli occhi abbandonandomi a quel caldo confortante quando in un lampo nella mia testa comparvero degli occhi rossi come rubini e una falce che stava per colpirmi. Riaprì gli occhi di scatto spaventata a morte. Uscii di fretta dalla vasca, avevo la sensazione che qualcuno mi stesse osservando ma fuori dalla finestra non c'era nessuno. La cosa positiva era che avevo lo straordinario potere di ritrovare il sorriso, niente poteva essere peggio di quello che avevo già passato, quindi potevo solo riderci su, infondo era solo un sogno no? Mi infilai la biancheria entrando in camera. Davanti a me un ragazzo, accanto al comodino, lo stesso ragazzo che avevo visto sugli spalti. La maglia dal collo a v gialla e nera, le stesse scarpe. <<Ciao Scheggia!>> L’idea di chiamarmi scheggia fu di Noah; non lo avevo mai detto a nessuno, avevo tenuto quel soprannome perché era parte di me ormai. Ma non poteva essere lui; lui non esisteva, era solo la mia immaginazione e adesso non ero più una bambina. Tornai nel bagno e mi accasciai sulla porta. Non poteva succedermi ancora una volta, forse quelle maledette pillole erano scadute?! Mi maledissi per aver guardato quella foto, di aver permesso ai miei ricordi di trovare posto nel mio presente. <<Tu non sei qui, tu non sei qui!>> Dissi a voce più alta per convincermi. Aprii la porta, il ragazzo non c’era più. Tirai un sospiro di sollievo, ancora mezza nuda e tremante mi buttai sul letto a testa in su chiudendo gli occhi, la mano sul cuore saltava e cercai di riportarlo a sessanta normalissimi battiti. <<Sei cambiata!>> Morbidi ricci caddero verso il mio viso. Ero sul punto di urlare, mi limitai a coprirmi con la coperta. Lo indicai mentre si “sedeva” fluttuando a pochi millimetri sul bordo del materasso come se niente fosse. <<Tu… non sei veramente qui, non puoi essere lui!>> Inclinò la testa, e fece una buffa espressione. I suoi occhi color oro si strinsero. <<Invece si, sono qui, e non sono per niente contento.>> Cercai di mettere insieme le parole. <<Tu….tu non sei contento! Quella che non deve essere contenta qui sono io!>> Dissi a voce bassa anche se avevo voglia di urlare. <<Per colpa tua ho passato le pene dell’inferno.>> Si avvicinò ancora di più, una folata di vento scansò i miei capelli. <<Non sono stato io a chiederti di fare quello che hai fatto, non te lo avrei mai fatto fare, se solo avessi potuto fermarti.>> Abbassai lo sguardo ripensando al passato. Poi lo fissai ancora cercando di restare il più calma possibile. <<deve essere uno scherzo, un sogno…si, sicuramente sto sognando, adesso mi do un pizzico sulla coscia e tutto tornerà normale!>> mi pizzicai cosi forte da farmi uscire le lacrime ma non ottenni il risultato sperato. Qualche notte prima mi domandavo se stesse bene e adesso me lo ritrovavo che non era più un bambino, era un ragazzo, su per giù della mia età circa, ed era bello, spaventosamente bello. Solo allora mi ricordai di essere mezza nuda davanti a lui. Mi coprii il seno che per lo stupore avevo lasciato scoperto. <<Non guardare!>> Lui iniziò a ridere. << ahahhahah Kelly, facevamo il bagno insieme ricordi? Non c’è una parte di te che io non abbia già visto!>> Ricordi, era la parola tabù che non volevo proprio sentire. <<Preferirei di no, tanto tu non sei davvero qui! io ora andrò a letto e domani sarà tornato tutto alla normalità.>> Mi buttai sotto le coperte sigillandomi bene tanto che dimenticai anche il pigiama. Lanciai un’occhiata verso di lui seduto sulla credenza della finestra di fronte a me, cercando di convincermi ancora una volta che era tutto una mia illusione e che l'indomani se ne sarebbe andato e cosi mi addormentai. Quando mi svegliai ero come sempre in ritardo e più veloce di un fulmine uscii di casa salutando tutti. Correndo verso scuola mi resi conto che non c’era stato nessuno accanto a me al mio risveglio e sorrisi, era stato sicuramente un sogno, bellissimo e orribile al tempo stesso. Corsi in classe, la campanella era appena suonata, eravamo a lezione di storia con la professoressa Leber, che si portò gli occhiali sulla fronte non appena disse il mio nome per l’appello. <<Presenteeee>> Urlai sulla porta. Regan fece un sospiro di sollievo e mi fece cenno di sedermi. <<Ben arrivata signorina Giordan>> Passai davanti a lei con la testa bassa e mi sedetti accanto alla mia amica. <<Già se ne è andata la Kelly mattiniera?>> Disse lei piano aprendo il libro di storia sulla seconda guerra mondiale. La signora Leber spiegava e Regan mi passò un foglietto. “oggi shopping, tra poco sarà la mia festa di compleanno e ancora non ho un abito decente”  Le feci cenno di si con la testa. Per tutta la giornata non ci furono strani incontri, e la cosa non faceva che farmi stare un po’ meglio. <<Sei felice oggi? Che cos’è successo che mi sono persa?>> Feci una piroetta su me stessa contenta di ciò che non vedevo. <<Sono solo felice che tutto sia esattamente sotto il mio controllo.>> Ero contenta, sapere che potevo ancora contare sulle mie capacità cognitive e  quindi che non ero pazza. <<Se lo dici tu!>> Passammo la giornata tra abiti e accessori. E come abito scelse proprio quello rosso sangue che a lei piaceva tanto; con quell’abito addosso avrebbe fatto faville. <<Dobbiamo comprare anche qualche vestito per questa sera, c’è  la festa in spiaggia, quella dei diplomati di quest’anno >> Era abitudine nella nostra scuola fare una festa per i diplomati; in realtà erano i diplomati che la facevano per ubriacarsi e far passare tutti gli altri non diplomati delle mezze cartucce, e noi eravamo al penultimo anno, quindi rientravamo tra gli invitati, solo quelli del penultimo e ultimo anno potevano entrare alla festa. <<Mi aiuti a mettere in risalto il mio lato nascosto?>> Le chiesi allungando il collo della mia maglietta blu ormai lunghissima. <<Sarai il mio capolavoro quando avrò finito.>> Non sapevo se prenderla come una cosa positiva o come un avvertimento. Arrivate a casa sua salutai la signora Finix, una signora di mezza età non molto alta dalla treccia castana sempre composta e a punto, ma con una tendenza a essere molto sbadata, di certo Reg non aveva preso la sua grazia dalla madre. Entrammo in camera sua, che era tempestata di disegni di moda, lei era una vera artista, disegnava vestiti come nessuno. Il letto grande e rotondo era posizionato al centro della stanza, e davanti una scrivania ampia e ordinata con attrezzi di pittura, Nella stanza aleggiava un intenso profumo di gelsomino, il suo profumo preferito. Poggiammo le buste sul letto e iniziò la lunghissima sfilata. Quando toccò a me non sapevo proprio come muovermi, ogni volta che indossavo un abito mi sentivo scoperta, ma la cosa di cambiare mi piaceva; mi servivano solo un paio di minuti per abituarmi a quell’abito. <<Dai bella, esci, non possiamo fare tardi, Simus sarà qui tra poco e dobbiamo truc…..carci…wauuu!>> Uscii dal bagno, le mani lungo i fianchi. Il vestito era corto fino a poco più sopra le ginocchia e leggermente a palloncino, una cinta alta e brillante sotto il seno divideva il pezzo sotto nero con il bianco. Niente di troppo vistoso, ma faceva la sua figura. <<Che ne pensi?>> Girai su me stessa soddisfatta dell’acquisto. <<Sei stupenda!>> Anche lei portava un vestito rosa salmone e bianco, corto avanti e con una coda più lunga dietro era anche lei un incanto; e si anche io non ero affatto male.  Mi legai i capelli con una lunga coda alta e tutti i capelli uscivano ricci e voluminosi, la frangia era tutta di lato, e portata dietro l’orecchio. Regan invece li arricciò con il ferro e con la spuma gli diete morbidezza. <<Ragazza mia, questa sera faremo strage di cuori!>> Mi batté il cinque mentre  infilammo le scarpe altissime con le borchie, le mie nere e le sue color beige. Un ultimo sguardo al trucco d’effetto ma per niente volgare o pesante e la macchina suonò da fuori casa di Regan. <<Mamma noi andiamo, faremo tardi.>> La madre le fece come anche la mia una marea di raccomandazioni e avvertimenti su come i ragazzi potessero essere subdoli e noi con il solito blablabla che prendeva posto alle loro parole nelle nostre orecchie annuimmo e ce ne andammo via. Montammo sulla macchina di Simus, pronte per far festa <<Ragazze siete…stupende!>> Ovviamente non era rivolto a me il complimento, come poteva, non mi aveva neanche notata, aveva occhi solo per Reg. Lei ovviamente in un primo momento non fece nulla, poi gli sorrise mettendosi la cintura. Era rossa come un peperone. <<Diciamo che questa sera sei quasi accettabile!>> rispose lei acidamente tentando disperatamente di non fargli capire quanto fosse in imbarazzo, però aveva ragione, la camicia aperta di tre bottoni grigia faceva risaltare il chiaro dei suoi capelli, era molto carino dovevo ammetterlo. Da dietro riuscivo a vedere tutto, e ogni cinque secondi uno dei due si girava a guardare l’altro e poco prima che si girasse l’altro si girava via, era come vedere un film, mancavano solo i popcorn, erano cosi carini.

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