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:. CAP 12 .:

Tornai a casa e giocavo e rigiocavo con quel ciondolo nuovo di zecca. <<Bello, dove lo hai preso?>> Domandò mia madre toccandolo.<<L’ho comprato ad una bancarella in giro.>> Noah indicò fuori. <<Si, una bancarella dell’occulto mamma.>> Per poco non scoppiai a ridergli in faccia. <<Sai mamma, ho scoperto che molto probabilmente sono una sensitiva, e...posso quasi toccare il mio amico immaginario!>> Imitava i miei movimenti alla perfezione, e mi faceva sempre morire dal ridere. <<Allora? Mi vuoi rispondere?>> Urlò mia madre riportandomi alla realtà. <<Come? Cosa?>> Sbuffò esausta. <<Ti avevo chiesto se per te era un problema restare da sola fino a lunedì? abbiamo delle case da vedere e preparare, ma sono fuori, ma se per te è un problema rimango qui!>> Dissi subito di no con la testa, non mi dispiaceva stare a casa sola con Noah, e poi ora c’erano le feste di natale, quindi il regalo più bello era poter restare a casa con Noah a lavorare in santa pace sul mio potere. <<No, tranquilli, andate pure, se avrò bisogno di qualche cosa andrò da Regan.>> Nella mia mente già si aprivano i balli sfrenati sul divano e i film fino a tardi. <<Ok, ma non fare danni, niente ragazzi in casa e niente di niente ok!>> Che ironia, io avevo sempre un ragazzo in casa. <<Ok, farò la brava, mammina.>> Dissi imitando lo sguardo e la voce di una bambina di 6 anni. <<Che spiritosa>> Mi diede una sculacciata e me ne andai di sopra. <<Sono il solo ad aver trovato quello sguardo da bambina eccitante in qualche modo?>> Avevo capito bene?. <<Noah!!!!>> Mi portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio per la vergogna. <<Che c’è? Sono un ragazzo…ho gli istinti di qualsiasi altro ragazzo anche se mi passi attraverso sai!>> La cosa non faceva che imbarazzarmi ogni secondo di più. Guardavo un film sul letto, e come un pappagallo Noah mi ripeteva che faceva schifo e che il mito di Nessie per lui era solo una grande bufala per spillare soldi. << Sei insopportabile questa sera! Quasi preferisco Ambeta>> Cambiai canale ancora piu velocemente e irritata <<Sono solo contento di poter parlare con un altro essere umano, anche se quello che ha detto non mi è piaciuto molto, non mi piace la parte dove potresti incombere in qualche strana visita da un altro mondo!>> Avevo smesso di sentire dalla frase “sono solo contento di parlare con un altro essere umano.” << Beh allora puoi andare da lei se ti fa sentire meglio! >> La mia mandibola prese una posizione strana e continuavo a girare canale senza guardare neanche ciò che stava dando la tv. <<Quello… quello è bello!>> Mi guardò in faccia. <<Vuoi lasciare un canale? Che ti prende? Se vuoi puoi rimettere quello se ti piace cosi tanto!>> Come una bambina viziata buttai il telecomando ai piedi del letto, presi le coperte e me le tirai sopra la testa. <<Non me ne frega nulla del film!>> la mia voce sembrava davvero quella di una ragazzina viziata in quel momento. <<Puoi uscire da quella coperta per favore!>> La tolsi, non sapevo neanche io che faccia avessi, ma ero sicura che era buffa e imbronciata, perché Noah iniziò a ridere forte. <<Sei cosi buffa! Sei gelosa di Ambeta!>> Davanti alla sua risata che sembrava avermi denudata mi ricoprii di nuovo <<Stupido!>> Continuò a ridere ancora più forte. <<Andiamo, esci fuori.>> Piano scoprii gli occhi, lui era davanti a me, la sua fronte quasi toccava la mia. <<Sono contento di questo sai! Ma per quanto mi piaccia non dovresti. Tu sei la mia scheggia, nessuna può prendere i tuo posto, io sono tuo...in ogni momento, in ogni attimo della giornata, sono tuo sempre, ricordalo!>> Ancora con le coperte sugli occhi mi lasciavo cullare da quelle parole. Era cosi dolce, nessuno mai mi aveva mai detto una cosa del genere. Neanche Sam, per quanto fosse dolce non mi aveva mai fatta sentire cosi, Noah era unico, e non per il fatto che potevo vederlo solo io, ma proprio unico nel suo genere, era spiritoso, altruista, romantico e cocciuto. Dovevo ammetterlo a me stessa che mi ero innamorata ormai, ero cotta a puntino. Ma come si poteva amare ciò che esiste solo nell’ irreale? Non si poteva! Eppure era quello che provavo realmente, amore, amore per ciò che non potevo avere. <<Anche se io non potrò toccarti e arrivare a te?>> Biascicai tra le coperte. Lui mi guardò dolcemente, sapevo a cosa alludevo; anche se la mia vita continuerà con un'altra persona?. <<Anche in quel caso io sarò con te, sempre! Finché tu vorrai e finché ne avrai bisogno.>> In qualche modo quella frase mi rassicurò, lasciavo sempre una porta aperta se le cose non fossero andate bene, perché non volevo soffrire, ma non volevo neanche lasciare andare via la speranza che forse c’era qualche cosa che si potesse fare per poterlo rendere reale a tutti gli effetti. Quella notte sognai Noah, sognai il suo tocco, era bellissimo. Mi cullava in un abbraccio, le nostre fronti appoggiate l’una all’altra; era il paradiso, finché un soffio pesante come di un’animale fece sparire Noah dalle mie braccia, il belvedere dove ci trovavamo sparì e tutto divenne nero, solo due occhi si vedevano da lontano, occhi tondi e rossi come il fuoco, e del fumo usciva da sotto gli occhi, non erano occhi umani. Nel panico più totale mi svegliai, accanto a me mia madre. <<Kelly tutto bene? Hai chiamato Noah! C’è qualche cosa che non va? stai prendendo le tue medicine?>> Mi girai intontita e impaurita, erano le 6e30 del mattino. Da quando Noah era ricomparso non ne avevo presa piu neanche una, me la porse e la  ma non la inghiotti, la nascosi all'interno della guancia.<<No, solo un incubo, è tutto ok!>> Con tenerezza e un’aria spaventata mi portò i capelli sudati dietro la fronte. <<Rimango qui a casa ok!>> Feci cenno di no con la testa togliendo la sua mano dalla mia fronte. <<Ho detto che sto bene, è stato solo un sogno, va pure, sto’ bene!>> Con riluttanza si alzò dal letto, non ero più una bambina, e si fidava di me, se dicevo di stare bene era cosi, anche se il suo viso non ne era del tutto convinto. <<Chiamami se qualche cosa non va ok, cercheremo di fare il prima possibile, ti voglio bene.>> Mi diede un bacio e portandosi con se la sua preoccupazione partirono finalmente per la settimana. <<Non posso crederci, primo giorno di vacanza e mi sveglio alle 6e30.>> Mi girai in cerca di Noah, ma non c’era. C’era un solo posto dove poteva essere..Ambeta! Nella mia testa mentre mi facevo la doccia calda si ripetevano le sue parole della sera prima, non dovevo essere gelosa, non dovevo! Eppure provavo una rabbia inaudita. Uscii dal bagno avvolta da un asciugamano rosa confetto, Ambeta irruppe nella mia camera seguito da Noah. <<Ma che diavolo fate!>> Per la paura per poco non mi cadde l’asciugamano di dosso. <<Noah mi aveva detto che ti stavi sentendo male, che l’amuleto era diventato completamente incandescente.>> Guardai il ciondolo, era esattamente al suo posto. La faccia di Noah però mi fece ricredere, sembrava spaventato a morte. <<Io sto bene, ho solo avuto un brutto sogno tutto qua! Ma che avete tutti?>> Mi guardò spaesato. <<Come fai a dire “che avete?” Ti stavo guardando, eri un lago di sudore e lacrime! Ti sei sollevata dal letto fluttuando nell'aria! >> Anche Ambeta sembrava un po’ impaurita. Si accostò al letto e da un sacchetto tirò fuori della terra Rossa e la sparse sotto il letto e sopra la finestra, infine lungo la porta della camera. <<Non mi piace per niente, dobbiamo scoprire il prima possibile che diamine di potere stai chiamando a te.>> Mi scompigliai i capelli andando verso il cassettone per prendere la biancheria. <<Come fai ad essere cosi tranquilla?>> mi rimproverò. <<L’amuleto non dovrebbe proteggerla?>> Disse Noah guardando prima me e dopo lei. <<In teoria lo ha fatto, ma è qualcosa che non ho mai visto prima, dovrò controllare ancora più affondo!>> Sventolai la biancheria in aria. <<Mi devo cambiare, mi fate passare?>> Il mio comportamento non faceva che alterare Noah, ma non volevo allarmarli ancora di più, non volevo che sapessero che quel sogno mi aveva terrorizzata. <<E’ tutto ok cavolo, è stato un sogno, il ciondolo mi ha protetta, è tutto ok, con calma troveremo le risposte che servono, agitarsi non serve a nulla!>> Anche io ero agitata ma non era successo nulla! e farsi prendere dal panico non avrebbe migliorato la situazione, avrebbe solo a peggiorato le cose. <<Ma tu non devi aprire il negozio? sono le 7e15.>> Ambeta sparì lungo le scale, <<Non fare cazzate senza di me!>> La porta si chiuse e io restai tutta gocciolante sul tappeto. <<Mi hai fatto morire di paura!>> Entrai in bagno e chiusi la porta.  Non riuscivo a togliermi dalla mente quel respiro pesante, quegli occhi animali rossi e grandi; il solo ricordo mi faceva venire la pelle d’oca. Tamponai i capelli e mi cambiai, non volevo dargli altre preoccupazioni e mentre mi asciugavo i capelli aprii la porta per poterlo vedere. Mentre lui mi fissava con quell’aria assente io mi limitavo a canticchiare per alleggerire un po’ la tensione. Bussarono alla porta. Scesi di corsa e per poco non scivolai per le scali. Alla porta c’era Regan. <<Ciao, posso entrare?>> La feci accomodare, si portava dietro una valigia. <<Stai partendo con i tuoi?>> Scosse la testa. <<A dire il vero dormo qui, mi ha chiamata tua madre, era spaventata a morte! Mi ha detto che ha trovato le tue pillole nel cestino dell' immondizia!>> Alzai gli occhi al cielo, mi seguì mentre me ne tornavo in camera. <<Ho convinto i miei che non sarei andata questa volta.>> E io che speravo di avere un po’ di tranquillità. <<Non c’è bisogno che resti qui per me, salterai le feste di natale e quella per l’arrivo del cuginetto!>> Se lei fosse rimasta non avrei potuto godermi Noah neanche un po’. <<Mi dispiace, ma non attacca, io resto qui, passerò il natale qui non c’è problema. Allora, vuoi parlarmene?>> Si sedette proprio accanto a Noah. <<Cosa vuoi che ti dica? È stato solo uno stupidissimo sogno!>> Regan sbatte le mani sopra il letto. <<Kelly! l’ultima volta che hai fatto cosi ti sei buttata giù dal tetto di questa casa! Anche l'altra volta ti comportavi in modo sospetto…che ti aspettavi? che ti avremmo lasciata sola?! Non ti permetterò di fare un'altra stupidaggine! Puoi parlare con me lo sai!>> I suoi occhi si riempirono di lacrime nel ricordare i miei giorni di ospedale e il gesso sulle mie gambe che lei riempì di dediche e cuoricini. Ero davvero un egoista, mi volevano davvero bene e io gli avevo solo dato preoccupazioni fino a quel momento, ma dovevano fidarsi di me, non avrei più commesso un simile gesto. Noah abbassò la testa. Non sapevo che la cosa la preoccupasse cosi tanto. Mi inginocchiai davanti a lei. <<Secondo te farei una cosa del genere un'altra volta? Guardami, sto bene! Allora ero solo una bambina, ed ero imbottita di psicofarmaci, ora è diverso, non farei mai una cosa stupida come quella, va tutto bene Regan!>> Ero brava a tranquillizzare gli altri, la mia faccia da bonacciona tranquillizzava sempre tutti. Mi abbracciò forte. Avrei voluto tanto dirgli la verità, ma non avrebbe capito, oppure si sarebbe spaventata a morte. Fatto sta che per non insospettirla dovevo farla restare li. <<Tra poco vengono Simus e Sam, gli ho detto di passare, ci facciamo un giro al centro commerciale, ci svaghiamo un po’!>> Si tolse le lacrime dal viso. Sinceramente non mi andava di fare un giro, avevo tante cose a cui pensare, e non potevo lasciarmi distrarre, ma se la lasciavo andare da sola mi avrebbe sicuramente tampinato. Noah scomparve, sicuramente andò da Ambeta. Mentre ero in macchina con gli altri avvisai Ambeta che c’erano state delle complicazioni e che Dovevamo posticipare le ricerche almeno da parte mia; non potevo rischiare. <<Con chi parli?>> Chiese Sam che teneva un braccio sulla mia spalla e mi baciava l’orecchio mentre Simus guidava. <<Nessuno!>> Anche se finto come i soldi clonati feci un sorriso per non turbarlo e mi appoggiai alla sua spalla baciandolo sulla guancia. Un bacio forzato, come se tutti i sentimenti che provavo per lui fossero svaniti in un istante <<Che dolce che sei!>> Io non mi sentivo dolce, e in verità non sentivo nulla in quel bacio, era come se ogni volta che glie ne davo uno perdeva la sua magia, lasciando posto ad una amarezza e odio verso me stessa per ciò che stavo facendo. La giornata non fu delle più noiose, in compagnia di Simus tutto diventava una burla, e le mie gaff facevano da padrona, non so quante volte inciampai nelle mie stesse scarpe. <<Si può sapere chi è che ti cerca ogni maledetta ora!>> Sbottò Regan mentre i rientravamo in casa a piedi. <<Una ragazza che ho conosciuto.>> Dovevo dirle qualche cosa, altrimenti non me la sarei tolta dai piedi mai più. <<Un’amica? E chi sarebbe?>> Non le risposi, lessi solo i messaggi che mi aveva inviato, e cioè che il rompiscatole gli stava togliendo l’anima per quanto rompeva e che stava facendo il possibile per trovare risposte. Scocciata mi prese il cellulare tra le mani e lesse un mio messaggio <<C’è stato un contrattempo, dobbiamo continuare dopo ti chiamo non appena riesco a liberarmi.>> Presi il cellulare dalle sue mani. Era furente. <<Quindi sarei un contrattempo, e io che pensavo che stessi male, bella riconoscenza.>> Odiavo ciò che aveva capito. <<Regan, non è come pensi, per niente.>> Si voltò aprendo la porta. <<E come è Kelly? spiegami, perché non ti riconosco più. Da quando mi tieni nascoste le cose? noi eravamo una squadra, e invece scopro che sono solo un contrattempo…va pure, non voglio di certo tenerti lontana dalla tua amichetta del cuore.>> Mi portai le mani sul viso, avevo combinato un bel casino. <<Regan, non è come pensi!>> urlai senza seguirla, aveva il cellulare all’orecchio, sicuramente stava chiamando Simus per farsi venire a prendere. Mi veniva solo da piangere, ma forse in quel modo l’avrei tenuta alla larga, per il suo bene, non volevo che entrasse in quel mondo fatto di veggenti incantesimi, mostri e  chissà cos'altro. Cercavo almeno di convincermi che avevo fatto bene a non seguirla e raccontarle tutto quanto. Mi stesi sul letto, il viso rigato da lacrime. Noah si accucciò accanto a me. <<Ambeta mi ha detto ciò che è successo.>> Le avevo mandato un messaggio poco prima dicendole che volevo restare un po’ sola e avevo bisogno di riposare. Ero davvero stanca, non fisicamente, ma psicologicamente era come se mi fosse passato sopra un carro armato. <<Mi dispiace, da quando sono qui non ho fatto altro che rovinarti la vita, è colpa mia.>> Non mi serviva a niente avere anche lui sulla coscienza. <<Tu non c’entri nulla, sono io che non so più che fare, credevo di avere tutto sotto controllo, e invece mi trovo da capo a dodici senza risposte ma solo domande.>> Singhiozzai, e le lacrime non smettevano di uscire, non avevo voglia di parlare, ma solo di un abbraccio, qualcuno che mi dicesse che sarebbe andato tutto bene. <<Ti prego abbracciami!>> Quasi lo supplicai. Lui non sapeva cosa fare, provò, ma non successe nulla e la cosa mi fece deprimere ancora di più. Un tintinnio alla finestra attirò la mia attenzione. Guardai giù, era Sam. <<Che ci fai qui?>> Un lampo schiarì il cielo. <<Simus mi ha detto che è successo tra te e Regan, pensavo avessi bisogno di conforto.>> Noah era dietro di me. <<Non devi fare entrare ragazzi ricordi.>> In quel momento non me ne importava molto, lo invitai ad entrare. Salì in camera, era il primo ragazzo in carne e ossa che entrava li. Non appena imboccò mi gettai tra le sue braccia e iniziai a piangere forte. Sentivo il bisogno di un contatto umano, di un abbraccio confortevole <<Calma, va tutto bene, si sistemerà tutto, siediti.>> Mi fece sedere sul letto, le braccia intorno al suo collo mi davano riparo, ma non era il genere di riparo che volevo. Tolse le lacrime dal mio viso, poi mi baciò. Sentii le mani di Noah contrarsi in un pugno, poi passi verso la porta. <<Basta, fermati!>> Dissi a Sam che cercava di spingermi sul letto. Non mi ascoltava. <<Ho detto smettila Sam!>> Noah si voltò di scatto e mentre spingevo via Sam lui lo afferrò, buttandolo a terra. Sembrava che lo avessi buttato a terra io, ma non era così. <<Scusami, non volevo! credevo che mi avessi invitato in camera per…>> La sua faccia era dispiaciuta, e anche la mia. Era un ragazzo, e aveva frainteso il mio bisogno di affetto; credeva che avessi bisogno anche di altro. <<Non è niente, è tutto ok, ma ora vorrei restare sola se non ti dispiace.>> Abbassò lo sguardo era dispiaciuto a morte, non ce l’avevo con lui, in un’ altra situazione, se la nostra fosse stata una storia d’amore normale non avrei esitato; ma la nostra non era una storia normale, e poi la mia faccia sconvolta non era per Sam, ma per Noah, che era riuscito a scaraventare via un essere umano. <<Scusami.>> Disse ancora Sam chiudendosi la porta della mia camera. Non appena lo fece due braccia mi avvolsero da dietro, come se fossi avvolta da una coperta di lino. Vedevo le sue mani stringersi al mio torace. <<Non permetterò mai a nessuno di farti del male!>> Per un attimo sentii perfino il solletico dei suoi capelli sull’incavo della mia spalla. <<Noah, mi stai abbracciando!>> Per quanto era sconvolto non se ne era neanche accorto. Non appena se ne rese conto mi girò dalla sua parte, abbracciandomi forte. Le sue mani si poggiarono sul mio viso e mi venne da piangere. <<Va tutto bene, è tutto ok, ci sono io con te!>> Era quello il tocco che volevo, l’abbraccio che desideravo più di qualsiasi altra cosa. Mi buttai tra le sue braccia e lo strinsi forte chiamandolo mentre lui continuava a dire “sono qui, andrà tutto bene” Avrei voluto che quel momento non finisse mai. <<Voglio che tu sia reale Noah, vorrei che tu potessi sentire ciò che sento io!>> Dissi singhiozzando e lui mi strinse ancora più forte. <<Se lo senti tu è come se lo sentissi anche io.>> Non mi bastava, dovevo sbrigarmi a trovare delle risposte. Se c’era anche una minima possibilità di potergli far provare ciò che sentivo io in quel momento lo avrei fatto. Ero ancora attaccata a lui quando il cielo si oscurò, era solo il tramonto, non poteva già essere buio anche se stava tuonando. Il cielo era troppo nero, anche per una tempesta. Dal cielo caddero delle Gocce d’acqua, ma erano nere come il petrolio. Non si sentiva più neanche un rumore, solo tuoni che disegnavano nel cielo gli stessi occhi che avevo sognato quella notte. Non era un buon segno, poi il campanello suonò. Mi staccai da Noah. Il campanello non smetteva di suonare, con le gambe che tremavano andai a alla porta, guardando dallo spioncino. Era Regan, con un’aria triste tanto quanto la mia. Lei non riusciva a vedere, ma accanto a lei le gocce d’acqua cadevano nere e viscide. Aprii la porta trascinandola in casa. <<Mi dispiace, non volevo trattarti cosi male.>> Andai dritta alla finestra senza neanche ascoltarla, c’era qualcosa di strano li fuori, lo avvertivo fin dentro le viscere. <<Mi stai ascoltando!?>> D’un tratto la casa iniziò a tremare, e il rumore di zoccoli si facevano sempre più vicini. <<Dio mio, il terremoto!>> Regan scappò via, ma la ripresi al volo prima che uscisse dalla porta. <<Dobbiamo uscire da qui, sei impazzita!>> Cercava di strattonarmi ma non ci riuscì. <<Che succede Kelly?>> Perfino Noah lo sentiva adesso. Trascinai Regan di sopra con tutta la forza che avevo, più il rumore aumentava più la casa tremava. Entrammo in camera, chiudendo la porta. La casa faceva un rumore strano, sul vetro della finestra l’acqua oleosa scivolava a fatica. <<Dio mio, moriremo.>> Ero accanto a lei, Qualsiasi cosa si stesse avvicinando non era un terremoto, ne tanto meno naturale, se l’argilla sacra funzionava veramente, quello era il posto più sicuro della casa. Il ciondolo bruciava sul mio petto che reagiva a quella presenza. Il respiro pesante del mio sogno si faceva vicino, era in casa. Noah si accasciò a terra, più il rumore si faceva vicino più lui stava male. La porta si spalancò da sola come spinta da una forza. Dall’altra parte della porte una coltre nube nera, non riuscii a vedere bene, perché non appena si avvicinò l’argilla rossa prese fuoco circondando la stanza di fiamme verdi e rosse. Quegli occhi maligni si distinguevano anche tra le fitte fiamme. Mi avvicinai a Noah che era a terra e soffriva, poi sparì via. Come in un’implosione le fiamme sparirono, e cosi anche quella coltre di fumo dagli occhi rossi. <<Ma che diamine è successo?>> Presi al volo il cellulare per chiamare Ambeta. <<Regan vai a casa e resta li, capito!>> Lei non riusciva a capire cosa stesse accadendo. <<La mia non era una domanda Reg, vai a casa!>> Mi segui fino al portone. <<Che cosa succede?>> Non mi fermai a risponderle. Me ne andai via correndo più che potevo.

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