.: CAP 11 :.
Mi sedetti in cucina, e presi il vasetto di gelato che era in congelatore. Ero l’unica che con quel freddo che aumentava giorno dopo giorno mangiasse ancora il gelato. <<Io…non riesco a credere a ciò che ho appena visto>> disse lui seduto davanti a me << lasciamo stare tutto, non ne vale la pena! Potresti rimetterci la vita se dovesse succedere un'altra volta! Ti stai cacciando in una storia più grande di te! >> per quanto fossi terrorizzata non potevo fare ciò che mi chiedeva, io riuscivo a vederlo per uno scopo ben preciso, ormai mi era ben chiaro e se il destino mi aveva mandato Ambeta per questo allora avrei continuato senza ripensamenti; aveva ragione lei, era ora di aprire gli occhi e accettare finalmente che non ero pazza e che la mia vita non sarebbe tornata più quella di prima. Ambeta voleva creare un amuleto per poter vedere Noah, e se questo avrebbe aiutato lui lo avrei fatto senza neanche pensarci due volte, non mi importava nulla di me, adesso contava solo lui. <<Mi dispiace ma sai che non lo farò!>> Mi fissò incrociando le braccia. << Sei davvero ottusa quando ti ci metti lo sai! Mi sono sentito cosi impotente! >> Gli feci la linguaccia, piano piano stavo tornando la Kelly di sempre. <<Non me ne va una giusta! Perché per me deve essere tutto difficile! Sai dirmelo? Adesso anche i demoni ci volevano!>> Sgranò gli occhi, avevo urlato senza accorgermene. <<Ti lamenti con una persona che non esiste nemmeno ti rendi conto?>> Quanto lo odiavo quando faceva cosi. <<Devi ricordarmelo per forza? Aiutami invece!>> Avevo un’aria turbata e affondai ancora di più il cucchiaio gigante nel gelato al cioccolato sperando che almeno quello mi avrebbe aiutata a non svenire. << ti sembra il momento di mangiare? >> alzai la testa con il cucchiaio già ricolmo. << non posso mica morire di fame! >> non è che avessi fame, è solo che mi venne naturale, mangiavo sempre il gelato quando mi sentivo giù. Ci furono svariati minuti di silenzio, le cose da assimilare erano tante<<Quando eravamo alla festa di Regan hai detto che per te sono importante, lo sono fino a questo punto?>> Ingoiai il gelato tutto intero, e mi congelò il cervello, per un attimo non capii più nulla. >> invece questa è un argomentazione adatta al momento? >> alzò le spalle << volevo solo allentare la tensione!>> forse quella per lui era un argomentazione leggera, ma non per me. <<Certo che lo sei, non so che farei se non ci fossi, e quando ti ho cacciato è stato come se mi mancasse una parte e non voglio più provare una sensazione del genere>> Le parole uscirono spontanee. <<Non mi lasciare mai; ti prego, sei l’unica cosa che mi fa sentire davvero un essere normale.>> Non lo avrei mai fatto, mai lo avrei lasciato andare. <<Certo che non ti lascio andare, per questo è importante proseguire con Ambeta.>> Posai il gelato e andammo in camera mia. <<Ti va se proviamo un po’ a connetterci, vediamo se succede qualche cosa.>> Lui non lo chiedeva mai, aspettava che fossi io a chiederglielo, anche se era la cosa che aspettava con più gioia possibile. Ci sedemmo sul tappeto arancione e fucsia a righe, con le spalle appoggiate alla sponda del letto. Provammo per svariate volte, ma niente, non riuscivamo; forse eravamo ancora troppo scossi <<Non capisco! Perché solo delle volte, e quando lo voglio davvero non funziona?>> Mi accorsi dopo che avevo detto LO VOGLIO e sperai che lui non se ne fosse accorto. <<Non preoccuparti, non fa niente!>> Era amareggiato, ma aveva ugualmente il sorriso. Io mi sentivo in colpa, non ero riuscita nell’intento, avevo acceso in lui una speranza e l’avevo vista spegnersi ogni secondo che passava, quella visuale mi faceva capire ancora di più che lui non doveva in alcun modo sapere i dubbi di Ambeta, che per lei poteva trattarsi un entità “reale" in qualche modo <<Sei davvero carina quando ti preoccupi, le tue sopracciglia prendono una forma cosi seria.>> Nell’istante in cui cambiai posizione alle gambe afferrandomi al letto feci cadere la borsa e i fogli si sparsero sul tappeto. Guardai prima i Disegni di Noah, poi sottecchi guardai lui che sorrideva. <<Mi hai fatto un altro ritratto?>> Si avvicinò al mio viso per poterli vedere. Perché doveva essere cosi vicino e cosi irraggiungibile, non era giusto. <<Sono davvero cosi? tu come mi vedi?>> Ero in estasi, mi perdevo nel suono della sua voce dolce e soave. <<Come il ragazzo più bello che abbia mai visto, ecco come ti vedo!>> Mi portai le mani sulla bocca facendo cadere i disegni che stavo raccogliendo. Mi era scappato cosi, involontariamente. Noah era felice, si morse il labbro inferiore. Da sotto le mani la mia bocca fece lo stesso, non potevo farci niente, lo desideravo; anche se desideravo allo stesso modo il fatto di non volerlo desiderare. Che gran casino. <<Davvero?!>> Aveva un sorriso bello come il sole. Mi alzai senza sapere neanche io con esattezza cosa fare e dove andare. Mi girai e gli fini addosso cadendogli sopra, ma a differenza della volta precedente non lo attraversai, ma gli atterrai semplicemente sopra. Non sentivo il calore della pelle, ma potevo percepire le sue dita passarmi lungo la schiena, era cosi piacevole. <<Sei appoggiata sopra di me?>> Credendo di fargli male di istinto cercai di sollevarmi ma una folata di vento mi portò di nuovo tra le sue braccia. <<No, resta cosi ti prego!>> Piangevo lacrime mute, ma non sapevo se erano di gioia o di rabbia. <<Questo per me vale più di mille strette di mano che proviamo a fare da giorni.>> In quell’abbraccio fresco e impalpabile mi sentivo al sicuro, e avrei desiderato non finisse mai. Mi addormentai tra quel candido abbraccio, era surreale ma mi sentii al riparo, come se in quell'abbraccio non potesse accadermi nulla. Quando mi svegliai ero stesa sul pavimento, fuori il tramonto era calato da un pezzo. <<Ben svegliata, spero non sia stato troppo scomodo il riposo, ti avrei portata sul letto se avessi potuto.>> Mi sistemai i capelli, felice come una pasqua per quello che era avvenuto. Pochi minuti dopo mentre mi sciacquavo i denti squillò il cellulare, era Ambeta che mi chiedeva di andare. <<Cosa posso portare per l’amuleto?>> Domandai a me e a lui. <<Perché non uno dei ritratti?>> Quella si che era una bella idea. Univa sia lui che me. <<Non so quale scegliere!>> Dissi tra i due sulla scrivania. <<Non il primo che hai fatto, tengo molto a quel ritratto!>> Anche se mi dispiaceva aveva ragione, quel ritratto aveva un significato troppo grande, sia per lui che per me. <<Ok, andata, ma per recuperare dovrò fartene ancora!>> Lo presi e lo infilai in tasca nascondendo l’altro. <<Ti farò da modello tutte le volte che vorrai.>> La cosa non poteva che farmi felice, amavo disegnarlo, era l’unico modo che avevo per renderlo reale. Lasciai scritto che non sarei tornata a cena e andai a tutta corsa da Ambeta. Entrai nel locale, Lei mi aspettava nella saletta. <<L’hai portato?>> Domandò non appena scansai le tendine viola a perline. Mi incamminai con cautela per paura di fare strani incontri. << tranquilla, ho fatto un incantesimo di protezione…per un po' saremo al sicuro >> sospirai. <<Si, eccolo qua! Va bene?>> Gli diedi il dipinto, chiuse gli occhi senza neanche guardarlo << si, la carica spirituale che emana è abbastanza per l'incantesimo. >> Lo strappò in due pezzi e una parte di me si strappò con essa. Lo buttò sul tavolino, polvere rossa di argilla creava un cerchio, fino al centro del tavolino in una spirale, dove c’era un vassoio di argilla con dentro due medaglioni con estremità color oro, e il vetro trasparente nel mezzo. Formulando una specie di cantilena iniziò ad inserire le metà del foglio nei medaglioni. <<Che il potere di queste due anime vengano legate…che i loro pensieri siano l’uno l’inizio e la fine dell’altro.>> Continuò a ripetere quella cantilena per non so quante volte, e più passavano i minuti più mi sembrava una strega invece che una sensitiva. Si inginocchiò, la sua pelle si scurì di colpo, <<Connetto la mia anima imprigionata nel potere di questo ciondolo, che possa farmi vedere ciò che mi è stato celato.>> Rialzandosi poggiò i ciondoli che teneva in mano nel vassoio, poi prese una delle candele nere che ornavano intorno al tavolo e bruciò la terra. Le fiamme arrivarono fino al piatto. Il colore del fuoco era Rosso e verde, e stava li senza bruciare le altre cose intorno. Io e Noah guardammo a bocca aperta quello spettacolo. Il piatto di argilla si squaglio completamente, mentre i ciondoli rimasero perfettamente intatti finché la fiamma non si dissolse. Ambeta riaprì gli occhi, la sua pelle era tornata normale. <<Prendilo, è freddo.>> Mi porse il ciondolo che portai alla testa legandolo al collo. Dentro di esso non c’era più il pezzo di carta, solo della polvere d’oro che la riempiva brillando come piccoli diamanti. Anche lei se lo mise al collo, mentre esausta si sedeva sul divano. <<Spero tanto che funzioni, perché sono davvero esausta.>> Alzò la testa, il ciondolo si confondeva tra le altre collane che portava al collo. <<Bene, funziona! E devo ammettere che sei più mingherlino di quanto pensassi.>> Disse come se fosse la cosa più normale possibile guardando Noah, e per un attimo mi prese un attacco di gelosia acuta, fino a quel momento eravamo stati sempre io e lui, e adesso lo stavo condividendo con qualcuno, non era facile da digerire. <<Riesce davvero a vedermi?>> Mi domandò lui. <<Si, e ti sento anche mio caro!>> Noah non sapeva cosa dire, rimase solo a bocca aperta. <<Bene, piacere di conoscerti effettivamente allora.>> Disse lui sorridendo. Anche Ambeta sorrise, poi tornò a fissarmi. <<Il ciondolo funziona in ambe le parti, adesso tutto quello che vedrai tu lo vedrò anche io e viceversa >> La sua faccia era seria. <<E’ la cosa più spettacolare che io abbia mai fatto WUUUUU! Non mi ero mai connessa con qualcuno di non morto ahahah>> Urlò lei girandoci intorno. Io invece non sapevo davvero cosa dire, ero quindi capace di fare cose in più. <<Quindi vuol dire che vedrò i morti e cose così?>> Sbuffò svolazzando la mano qua e la. <<è possibile, si! Il tuo spirito è legato al sovrannaturale come il mio ma ognuno sviluppa una capacità diversa anche se non è cosi facile come sembra.>> Non sapevo più davvero se fosse davvero tutto reale o se si trattava solo di un brutto sogno. <<A me sembra stregoneria questa!>> Confessai. <<Tutta questa storia di auree e ciondoli e candele.>> Lei scosse la testa. <<La stregoneria è divisa in più sezioni, noi sensitivi siamo nel mezzo tra il buono e il cattivo, percepiamo cose che loro per riuscirci dovrebbero fare incantesimi e cavoli vari, noi invece siamo “privilegiati” se cosi si può dire! Ma ti spiego tutto a cena, bisogna festeggiare!>> <<Ok fusto, mi porto la piccola Kelly di sopra, vedi di restare qui, non voglio che mi vedi nuda.>> La guardai di traverso involontariamente, mentre lui alzando le mani con la faccia di uno che non ci stava capendo nulla ci voltò le spalle. <<Se è per questo non ci tengo a vederti nuda, non sei il mio tipo!>> Urlò lui mentre percorrendo le scali al piano di sopra sorrisi compiaciuta della sua risposta. La casa era molto più ordinata del negozio, un corridoio stretto divideva a destra la cucina e a sinistra una sala in stile Vintage. Poi finendo lo stretto corridoio entrammo nella sua stanza. Si tolse il foulard e lo gettò sulla sedia. Le pareti erano scure, di un rosso vinaccio che incupiva molto la stanza. Il letto era posizionato sotto la finestra con lenzuola verde e gialle, l’unico tocco di colore nella stanza, oltre all’armadio bianco perla che illuminava la stanza per quanto gli era possibile. Si spogliò e quello che si mise addosso non sembrava poi tanto diverso. Io in Jeans scuri e maglietta verde mi sembravo fuori luogo accanto a lei vestita in modo cosi stravagante e colorato, uno stile totalmente diverso da quello della sua stanza. <<Allora, da quando va avanti?>> Disse sedendosi a peso morto sul letto che scricchiolava. <<Va avanti cosa?>> Non sapevo di cosa stesse parlando. <<Andiamo, non sono nata ieri, e secondo me è davvero strano e insensato quello che provi per lui!>> Mi si gelò il sangue nelle vene, ma era naturale, entrando in contatto con me aveva sentito anche quelle cose che volevo tenere nascosta a me stessa. <<Non c’è niente da dire, lui non è reale, la cosa finisce qua, per quanto possa tenere a lui, non posso farmi prendere da queste debolezze che non porteranno a nulla.>> Mi guardò di traverso. <<Quindi preferisci il calciatore? Si so di lui, io so sempre tutto! e ho qualche dubbio, anche se lui è bello e reale; mentire a te stessa ti farà stare ancora peggio, un consiglio spassionato, risolvi tutto e lasciateli alle spalle, altrimenti la cosa ti divorerà dentro. Non c’è dolore più grande di quello di un cuore spezzato, e non c’è nessun rituale che possa aiutarti a guarirlo!>> Non volevo consigli, e me la stavo cavando benissimo fino a quel momento. << Voglio solo risparmiarti una delusione; tutto qui. Il mondo degli spiriti è pieno di insidie che tu ancora non conosci, e se fosse un demone? Ci hai pensato? Certo che no! Per te è il tuo caro e piccolo amico immaginario.>> la sua schiettezza faceva male. <<Noah non è un demone! >> dissi con lo sguardo fermo e la voce decisa. << Che c’è, hai avuto una brutta esperienza?>> Mi puntò il dito addosso. <<Non spostare l’attenzione su di me, non mi freghi.>> La cosa era scocciante, lei sapeva praticamente tutto di me mentre io non ero in grado neanche di fargli una semplice domanda. <<Perché io non ho visto il tuo passato nella mia mente?>> Si toccò la punta del naso mentre camminando raggiungevamo la porta che dava alle scale. <<Perché io sono più brava di te, semplice!>> La odiavo quando faceva la saccente così, ma aveva ragione, era più brava di me(ovviamente) per me invece era tutto nuovo e non riuscivo proprio a vedermi come lei e come sensitiva in generale, in fin dei conti in tutti quegli anni avevo visto solo Noah. <<Spero tu non abbia sbirciato in giro tra le camere Noah.>> Ambeta si rivolgeva a lui come se lo conoscesse da una vita e la cosa mi infastidiva parecchio, anche se pochi istanti prima avevo detto che non era nulla sapevo che non era del tutto vero, ed ero gelosa, una gelosia insensata, ma che mi faceva innervosire. Ci fermammo in una pizzeria non molto lontano dal parco di fronte al negozio. Presi una bella focaccia, Ambeta una pizza alla diavola, non avevo mai visto nessuno andarci giù pesante con quella pizza, era la più piccante della città. <<Ma come fai a mangiarla cosi?>> Aveva un viso cosi aggraziato, eppure aveva il portamento di un camionista ubriaco. <<Quando faccio questo tipo di cose mi viene sempre una fame assurda, il bello è che non ingrasso.>> Si buttò su un altro pezzo di pizza che cacciava salamino da tutte le parti <<Sei disgustosamente disgustosa!>> Disse Noah, i gomiti poggiati nel vuoto. <<Grazie, il complimento più decente che mi abbia fatto un ragazzo da un paio di anni a questa parte!>> Immaginavo come potesse essere a quel punto la sua vita sentimentale. <<Dimmi, con questo incantesimo c’è la possibilità che possa sentire maggiormente le emozioni!>> Ambeta mi guardò lasciando cadere l’ultimo boccone di pizza. <<La domanda è un'altra Noah. Perché è cosi importante per te provare queste cose? Quale è il tuo scopo?>> Incrociò le dita sotto al mento;lo stava mettendo palesemente alla prova. Avevo paura della risposta di Noah, e Ambeta lo stava facendo di proposito. <<Ma è normale, per vedere che si prova, perché sennò!>> Intervenni io agitata mentre ingoiavo un altro pezzo di focaccia. Lo sguardo di lei altalenò da me a lui, e tornò alla sua pizza senza aggiungere nulla. Ci fermammo nel parco, seduti sulle giostre deserte, Ambeta fumava quella che speravo fosse una sigaretta, ma non ne aveva proprio l’aspetto. Continuavo a toccarmi insistentemente l’orecchio, sentivo un fischio che non decideva ad andarsene. <<Era una vita che non venivo su queste giostre!>> Dissi mentre mi dondolavo sull’altalena cercando di non pensare a quel rumore nelle mie orecchie. <<A chi lo dici!>> Noah era davanti a me, poggiato al palo. Ambeta era allungata sulla parte scivolosa dello scivolo, fissava le stelle. <<Dimmi Ambeta, a cosa serve tutta quella polvere rossastra sparsa in giro>> Le chiese Noah. <<Mi sembrava di averlo detto! Serve come protezione!>> La risposta era al quanto vaga. <<Protezione da cosa?>> Insistette lui avvicinandosi allo scivolo. Nel vederlo allontanarsi anche se di pochi passi mi allarmai, era la prima volta che poteva scegliere da quale parte andare oltre la mia. Fermai l’altalena, e mi avvicinai a loro. <<Ci chiamano sensitivi per una ragione, noi colleghiamo il mondo dei vivi a quello dei morti, siamo un portale per spiriti. Per chi come me possiede la vista, dobbiamo stare attenti ai demoni, non tutti i fantasmi, spiriti o ciò che sia sono amichevoli; anzi, trovarne uno amichevole è una fortuna immensa, le anime che di solito restano intrappolate qui sono rancorose e con faccende in sospeso; immaginate di trovarvi in un posto dove urlate a squarciagola ma nessuno vi sente; ecco l’argilla rossa, il sale, gli amuleti sacri; sono le uniche cose che impediscono a loro di controllare noi e non il contrario.>> Prese uno dei suoi amuleti tra le mani, sicuramente aveva scelto quello per uno scopo ben preciso aveva la forma di un osso, anzi, era certamente un osso ma non mi azzardai a chiederle di chi o cosa. <<Quindi se anche Kelly è dotata di queste cose potrebbe trovarsi in pericolo? Qualcuno potrebbe usarla per entrare in questo mondo?>> A dire il vero anche se ne parlavo poco prima con Ambeta non avevo mai pensato veramente di potermi trovare in pericolo. << Lei e io abbiamo duo Auree diverse, anche se in qualche modo simili, quindi ci sono molte probabilità che la sua capacità possa attirare l’attenzione nel mondo sovrannaturale come ha fatto con te. Forse quando Kelly ti ha cacciato è stata cosi potente nel creare uno scudo senza neanche rendersene conto che l’ha tenuta fuori da questo finché non ha spezzato l’incantesimo che lei stessa ha creato riportandoti qui>> A stento riuscivo a crede nell’esistenza di un mondo alternativo e soprannaturale, certo, vedevo Noah, ma non avevo mai pensato di essere una specie di Sensitiva o cose del genere. <<Come è iniziato tutto per te? Tu sai quasi tutto di noi, mentre noi non sappiamo quasi nulla!>> Era la stessa domanda che volevo fargli io, era cosi misteriosa. <<Come per tutti, o quasi, con un grande shock, ma sinceramente non ho voglia di parlarne!>> Si alzò, avviandosi verso il locale. <<Ci vediamo in giro ragazzi, cercate di non fare cazzate mentre non ci sono>> Ci lasciò li, era abbastanza freddo e nuvolette di aria uscivano dalla mia bocca. Mentre superavo il parco per tornarmene a casa incontrai Regan con Simus. <<Che fai qui? Sam aveva detto che non saresti uscita?>> Regan non era felice di trovarmi li, non avevo mai detto una bugia, oltre a quella che vedevo un’ altra volta Noah, e mi sentii quasi in colpa. <<Ho avuto da fare, scusami!>> Il suo sguardo si addolcì, venne verso di me e mi abbracciò forte <<Se c’entra quel ritratto posso anche perdonarti altrimenti non hai scuse. >> Disse piano per non farsi sentire da Simus. Noah era li accanto a me, mi fissava sorridendo. Perché ogni volta che c’era lui tutti dovevano ricordarmi quanto mi piacesse? Era ingiusto e crudele.
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