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:. CAP 1 .:

                      CAPITOLO 1

L' aria era fredda e buia, la macchina sfrecciava lungo la strada. Mia madre guidava la nostra utilitaria di famiglia. I miei capelli rossi svolazzavano anche se fuori nel buio totale non si capiva se stesse tirando il vento, ne se fosse giorno o notte. Ero seduta sul sedile posteriore, giocavo con i bottoni del giubbetto rosa che portavo, avevo nove anni. Guardavo il mio riflesso nel vetro. Le codine rosse con quei pon-pon che tanto odiavo; ma piacevano a mia madre, e per vederla felice avrei fatto qualsiasi cosa, ero sempre stata una brava bambina, il vanto di ogni genitore. Le lentiggini punteggiavano la pelle chiara tutto sopra il nasino piccolo e rotondo e si estendevano un po’ sopra le guance. Mia madre parlava, vedevo i suoi occhi color nocciola dallo specchietto retrovisore, non sentivo la sua voce, ma sapevo esattamente cosa mi stava dicendo, mentre sorpassava la macchina con a bordo un bambino mi invitava a sedermi, ma io volevo assolutamente salutarlo, la loro auto aveva attaccato sul vetro posteriore un adesivo, lo ricordavo perché era una buffa caricatura di un cavallo, con dentoni sporgenti e un sorriso gigante. Una testolina si intravedeva da dietro il vetro, giocava saltando da un sedile all’altro; volevo salutarlo ma si abbassò a raccogliere qualcosa caduto sotto il sedile;  poi, il caos. La macchina iniziò a sbandare pericolosamente, i fischi assordanti delle gomme. Mia madre inchiodò e io finii incastrata tra i due sedili,  la loro auto ci urtò e precipitammo nel fiume che si trovava sotto di noi. Le mani piccole e paffute del bambino si agitavano, e io le guardavo sprofondare nell’oscurità del fiume mentre perdeva forza finché le macchine non sprofondarono del tutto.

La sveglia suonò come tutte le mattine puntuale alle 7e 30. E come ogni mattina la scaraventai a terra nel tentativo di spegnerla senza dover muovermi troppo. Presi un bel respiro, ormai ero abituata a quel sogno che ogni tanto si ripresentava, ma ogni volta mi lasciava senza forze e con il cuore in gola per la paura. Mandai giù un paio di pillole calmanti, ormai erano il mio pane quotidiano, ma confronto a quelle che prendevo qualche anno prima erano acqua e zucchero. Il dottore aveva detto che quell’incidente mi aveva creato un grande shock emotivo, e che per cose come queste ci voleva tempo, anche se ultimamente stavo facendo passi da gigante; mi ero fatta carico dell’incidente, e non riuscivo a levarmi di dosso il senso di oppressione che si era formato nella mia testa, cercavo di andare avanti come potevo, ed ero brava a fingere che tutto stesse tornando alla normalità, anche se quella mattina non avevo proprio intenzione di muovere neanche un muscolo. Lottavo giorno dopo giorno con il disgusto verso me stessa, avevo fatto una cosa che nessuno avrebbe mai potuto cancellare, neanche tutti gli anni di terapia mi aiutavano piu di tanto ma ormai ero rassegnata e segnata da un passato che pesava come un macigno sulle mie spalle e l'unica cosa che potevo fare era non farlo pesare almeno alle persone che avevo vicino <<Dio santo Kelly, sei ancora a letto, farai tardi un’ altra volta!>> Mugugnai qualche cosa ancora mezza intontita dal sonno, mia madre prese il piumone stirandolo giù fino al pavimento. <<Kelly Giordan, se non ti sbrighi subito ad uscire da quel benedetto letto ti butterò giù io con dell’acqua gelata!>> Al ricordo dell’ultima volta che lo fece sul serio mi alzai  barcollante guardando l’ora; erano le 7e45. <<O no…sono in ritardo anche questa volta!>> Corsi per tutta la stanza come una pazza per trovare i vestiti adatti, oggi era il giorno della foto per l’annuario scolastico, e non potevo fare tardi, Regan mi avrebbe ammazzato, non aveva parlato d'altro per le ultime due settimane; Era il giorno più importante dell’anno, dovevamo assolutamente farci notare. <<Sei sempre la solita dormigliona, ma quando crescerai, hai 17 anni!>> Sorrisi sollevando le spalle.  <<quasi 18!>> La corressi. Mia madre era sul ciglio della porta con le mani che si muovevano arrese sui suoi fianchi, e come ogni mattina mi passava i vestiti che dimenticavo strada facendo. Perché non ero come lei? sempre ordinata e con una grazia che sembrava uscita da un balletto classico. Io invece sembravo uscita dall’età della pietra e vagavo con una clava sotto braccio distruggendo tutto ciò che trovavo lungo la strada. <<Ciao, a dopo>> Le dissi schioccandole un bacio sulla sua guancia correndo giù per le scale; e per poco non caddi per entrambe le rampe. << Pericolo pubblico in arrivo!>> Avvisò mia madre dal piano di sopra a mio padre, che con un’ agilità ormai constatata si spostò dalla porta giusto in tempo per farmi passare, sfrecciandogli davanti afferrando lo zaino che era pronto accanto alla porta. <<A dopo scheggia.>> Sentii dire da mio padre mentre correvo sul marciapiede andando verso la scuola. Era stato difficile riconquistare la loro fiducia, quando pensi che tua figlia sia una schizofrenica non le lasci molta libertà e poter ritornare a camminare senza che nessuno mi sorvegliasse era bellissimo. Mentre correvo cercai di mettere lo zaino in una posizione corretta, non mi ero neanche sistemata i capelli. Arrivata a scuola ero in un bagno di sudore, quando notai il mio riflesso. <<Dio, Sembro uscita da un film di Dario Argento.>> Dissi alla mia immagine. I capelli ramati erano sconvolti dalla corsa; sul mio viso una macchia di dentifricio ancora fresca. Sotto gli occhi verdi e azzurri un po’ di mascara sciolto che mi faceva sembrare un panda. Tolsi e aggiustai il possibile, poi notai la calma intorno a me, la campanella era suonata da un pezzo. Ripresi la mia corsa entrai nella palestra come un razzo. Tutta la classe era li. Regan mi fece cenno con le mani di sbrigarmi, dopo di lei era il mio turno. Arrivai spedita sotto gli occhi del fotografo che mi guardava come si guarda una psicopatica. Mi misi in posa e avvenne. La sedia si ruppe durante lo scatto e caddi a terra. L’intera classe scoppiò a ridere. Regan si coprì gli occhi. <<aio.>> Mi toccai il sedere dolorante. <<Che questo le sia d’ insegnamento Signorina Giordan, è ora che lei e la puntualità iniziaste a frequentarvi.>> La professoressa Leber mi aiutò a rialzarmi. <<e tanto per la cronaca, le ho assegnato un altro ritardo, sono tre di fila, resterà in classe dopo le lezioni>> Non poteva farmi questo, era già tanto la punizione che mi spettava per tutto l’anno con quella maledetta foto, ma non dissi nulla. <<Scheggia, sei un vero e totale disastro!>> Feci una linguaccia grattandomi la testa. La Guardai bene, era davvero bellissima, capelli nero corvino corti da un lato e mossi nell’altro, e una lunga punta di colore rosso fuoco le cadeva vicino gli occhi. La matita nera metteva in risalto gli occhi scuri ancora di più. Sconvolgente come si cambia in un’estate; tranne per me, io mi vedevo sempre uguale, goffa e ancora goffa. <<Se volevi farti notare quest’anno ci riuscirai di certo!>> Aggiunse lei. <<Non riesco a capire se sono le calamità naturali che si concentrano dove sono io o…>> La mia amica mi bloccò. <<Kelly, sei tu la calamità naturale!>> Scoppiò a ridere, perfino la sua risata era seducente, anche se lei non se ne rendeva conto. Io e Regan ci conoscevamo da sempre, da prima dell'incidente e lei mi era sempre stata accanto come una sorella, anche quando non sorridevo più e stavo passando il periodo più buio della mia vita <<mmm, forse hai ragione, ma non posso farci nulla.>> In tutta la scuola si era già sparsa la voce della mia bella figura. Bel modo di iniziare l’anno, di certo non sarei passata inosservata. <<Salve ragazze, passate bene le vacanze? vi sono mancato vero?>> Eravamo indaffarate a guardare un catalogo di vestiti autunno-inverno quando Simus Huge si parcheggiò davanti a noi con la grazia di una foca arrenata. <<Mi sei mancato come l’insetticida per una mosca!>> Regan e Simus avevano sempre avuto questo rapporto che li portava a farsi dispetti in continuazione; come quando Simus alla fine dell’anno le aveva rubato un reggiseno sventolandolo per tutta la scuola. Regan non gli parlò per tre mesi! E gli aveva riempito l'armadietto di polpa di pomodoro. Lui aveva detto che era per l’iniziazione della squadra di calcio della scuola; Dopo anni era riuscito ad entrare come portiere. Secondo me lo aveva fatto solo per attirare la sua attenzione; erano cotti l'uno dell'altra, e nessuno dei due voleva ammetterlo. Anche lui era cambiato, gli occhiali non c’erano più, eravamo riuscite a convincerlo ad usare delle lenti a contatto. I capelli erano corti e si erano schiariti molto. Non era niente male. Ma che diamine succedeva a tutti! Erano tutti cambiati; chi più alto chi più magro, e poi c’ero io….la solita “scheggia”; la ragazza buffa che combinava solo guai <<Scheggia, le tue lentiggini sono meno accentuate del solito>> Allora anche io forse stavo cambiando, c'era ancora speranza! <<Davvero?>> Dissi guardando il mio riflesso sul banco chiaro. <<Nha…ti prendevo in giro>> Gli feci una smorfia, lanciandogli un pezzo di lattuga che avevo nel piatto. Regan gli buttò addosso una pagina dell’oroscopo accartocciata. Se ne andò via ridendo con il pallone sotto braccio. <<Non dargli retta, io le trovo adorabili, e poi adesso vanno di gran moda! >> Regan non era capace di essere cattiva, non con me, era sempre sincera. <<Davvero?>> Chiesi ancora timidamente per crogiolarmi in quel mare di dolcezza. <<certo, ho visto molti video dove le ragazze usano delle tinte apposite per averle, quindi non lamentarti, che sei super fortunata…credimi>> Sorrise dandomi una botta sulla spalla, e proprio in quell'istante il Ragazzo più bello della scuola si dirigeva verso il nostro tavolo. Sam Wester. Il capitano della squadra di calcio della scuola; un fisico da paura, lo sguardo nero come il carbone e una chioma bionda come il sole. Ci superò fissando Regan e me; forse più Regan molto probabilmente <<Ma come fa ad essere cosi bello!>> Sospirò lei mentre ci superò uscendo dalla mensa. <<Non lo so, forse mangia tante verdure?>> Regan restò a fissare la porta. <<se la verdura fa questo effetto giuro, divento vegetariana!>> continuai a fissarlo finché non usci dalla mensa; era troppo bello. La giornata passò, e io rimasi a scuola dopo le lezioni per la punizione, non avrei retto neanche un minuto di più di quella noiosa lezione di matematica. Mentre l'insegnate parlava il mio sguardo si perse fuori la finestra; piegai le braccia sul banco e appoggiai la testa a mo di cuscino. Chiusi gli occhi, ero davvero stanca, stanca di fingere di essere sempre felice per paura, stanca di non poter piangere quando volevo senza che qualcuno pensasse che stessi ricadendo in depressione. Non appena la lezione finì uscii(e aggiungerei anche abbastanza di corsa) sfilando dritta a casa. <<Ed eccola qui, la regina delle ritardatarie!>> Mia madre sorrise, ormai non si arrabbiava più per le mie continue punizioni per ritardatari. Aveva provato in tutti i modi di farmi arrivare puntuale, ma niente. <<La prima settimana e già voglio morire.>> Salii le scale trascinando la borsa. <<Dai, scommetto che non è andata cosi male!>> Si appoggiò al corrimano delle scale, i capelli castani scuro si illuminarono sotto la luce della finestra e si tingevano in alcuni punti di rosso. <<Si è rotta la sedia mentre scattavano la foto per l’annuario, e entro domani tutti sapranno cosa è successo, per non parlare della foto che ne uscirà fuori!>> A dire il vero ci avevo pensato solo allora alla foto, e mi angosciai peggio. <<a bhè….si, è maluccio.>> Si aggiustò i vestiti andando in cucina. <<Non mi aiuti cosi!>> Le urlai mentre andai in camera. Mi allungai stremata sul letto quando squillò il cellulare. – PIGIAMA PARTI DA TE? – Regan. – OK, A TRA POCO – Buttai le scarpe e mi rilassai; compiti non ne avevo, quindi non dovevo pensare a nulla. Presi il materasso gonfiabile da dentro l’armadio. Preparai tutto per la serata, allungai il mobiletto con la Playstation; io e Regan eravamo fan del gioco Devil May Cry; non perdevamo mai occasione di giocare e arrabbiarci quando non riuscivamo a sconfiggere i boss. Non ci volle molto, Regan arrivò sparata con il suo borsone tuffandosi sul letto gonfiabile morbido. <<Questo materasso è una favola, dormirei per giorni>> Mi buttai su di lei e la abbracciai forte. <<Partita?>> Mi guardò sorridendo e annuì. Con i nostri pigiamoni sembravamo tutt’altro che donne, al massimo delle bambine troppo cresciute, sexappeale pari a zero. <<Dai Dante non farmi questo!>> Morì per la trecentesima volta, e esauste decidemmo di spegnere e metterci a letto. Il che per me significava una tartassata di smancerie sui ragazzi da parte di Regan. <<Che ne pensi di Sam? Perché non ci provi? In fin dei conti praticate lo stesso sport! Potrebbe funzionare non trovi?>> L’argomento non tardò ad arrivare. <<Penso che sia davvero un gran bel pezzo di ragazzo, ma non credo si interessi a pericoli ambulanti come me!>> Lei annuii con un sorriso malizioso e schietto. <<Se fosse mio gli farei vedere io una bella strategia…e non parlo di calcio ahahahaha>> Le diedi una botta anche se la battuta era davvero spiritosa. Dalla finestra sentì passare delle auto che inchiodarono ad un centimetro l'una dall'altro per non urtarsi. Di colpo mi irrigidì stringendo forte la coperta nel mio pugno. <<Kelly! Va tutto bene?>> la sua voce mi sembrava cosi lontana. Tutto ad un tratto mi tornò in mente l'incidente e lui…Noah. Il solo nominarlo nella mia testa mi fece tremare, mi prese un attacco di panico e iniziai a sudare stringendo i pugni cosi tanto che mi tagliai i palmi con le unghie. << Kelly! >> sentì ancora trovandomi le mani della mia amica sul volto sudato. << respira Kelly! Va tutto bene...ci sono io qui! >> Mi passò due pillole che avevo sul comodino e le mandai giù. La abbracciai forte e crollando emotivamente scoppiai a piangere,  ero stanca…stanca di tutto quel peso, stanca di tutto quel dolore che tentava ogni minuto e ogni secondo di prendere il sopravvento sulla mia vita.

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