47. almeno tu
Jisung stava suonando il pianoforte quando sentì le porta di casa aprirsi e poi chiudersi. Le sue dita si bloccarono a mezz'aria e per un attimo vide il buio al posto dello spartito. Scosse il capo, tornando alla realtà, e riprese a suonare. Tuttavia le sue mani tremavano e i polpastrelli si appoggiavano con troppa forza sui tasti, rovinando quella che doveva essere una melodia. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e strinse i bordi della sedia con le mani, abbassando il capo. Strizzò gli occhi e il labbro inferiore con i denti e sentì qualche lacrima scivolare lungo le guance quando lo raggiunse la voce di Dohyun che consolava sua madre.
Si alzò e uscì dalla stanza dedicata alla musica che aveva sistemato insieme a Dohyun. Scese le scale, le gambe tremanti, e sentì il cuore spezzarsi quando scorse la figura di sua madre stretta dalle braccia del compagno, i singhiozzi che le scuotevano il corpo. Si avvicinò loro e si sedette accanto a lei, appoggiando la testa sulla sua schiena e circondando il suo busto magro con le braccia. Sentì Dohyun allungare le mani per abbracciare entrambi. Era quella la fine, dunque; suo padre era tornato e se n'era andato, lasciando entrambi in lacrime. Sebbene fossero passati nove anni, non era cambiato nulla da quel giorno. Sperava, però, che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbero pianto per lui, l'ultima volta che lui li abbandonava.
«Ci sono io, state tranquilli.»
La voce di Dohyun raggiunse le orecchie di Jisung, che pianse più forte. Cercò la mano del compagno di sua madre, appoggiata sulla sua spalla, e la strinse. «Non ci abbandonare, almeno tu» sussurrò.
Dohyun li abbracciò più forte. «Non lo farò» promise.
Rimasero abbracciati a lungo, anche dopo che le lacrime si erano spente, godendosi il calore familiare dei loro corpi. Dopo un po', Dohyun si alzò per preparare la cena e lasciare un po' di spazio a Jisung e sua madre. Sooyun accarezzò la testa del figlio e lo fece appoggiare sulla sua spalla. «È uno stronzo» disse soltanto.
Jisung sorrise appena. «Questo lo avevamo capito entrambi già da un po'» mormorò e si passò le mani sulle guance per asciugarle.
«Lo so, però ecco... il motivo per cui è tornato. Mi fa schifo.»
Jisung alzò la testa per guardare la madre. «Cosa intendi dire?»
Sooyun sospirò e abbassò le mani sul grembo, cominciando a giocare con le dita. Le lacrime ancora bagnavano i suoi occhi. «Per un attimo ci avevo sperato, sai? Che fosse tornato per rimediare, almeno con te. Speravo che si fosse pentito» mormorò. Jisung si morse il labbro inferiore. «Certo, era dispiaciuto che tu non ci fossi e ha chiesto scusa per entrambi. Ha detto che era ancora troppo "immaturo". A trent'anni passati.» Una risata rassegnata lasciò le sue labbra. «Si è indebitato, sai?» disse infine, gli occhi chiusi, un'espressione sconsolata e ferita dipinta sul volto.
Jisung spalancò gli occhi e sentì il respiro mozzarsi nel petto per un secondo a causa dell'incredulità. «Cosa?» sussurrò. Era tornato perché aveva bisogno di soldi? Li aveva lasciati nella completa povertà tutto quel tempo, costringendo sua madre a fare continui sacrifici e persino due lavori in alcuni periodi, e ora chiedeva loro del denaro. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Se solo non fosse stato così scioccato e ferito dalla notizia, sarebbe scoppiato in una fragorosa risata. Mi sono ridotto in questo stato per un uomo così piccolo?, si chiese stringendo le mani a pugno.
«Hai capito bene. Quando me l'ha detto, non riuscivo a crederci. Non so con quale forza non mi sono messa a urlare. Forse ero troppo arrabbiata per farlo.» Sooyun si morse il labbro inferiore, poi, notando i pugni stretti del figlio, circondò le sue mani con le proprie per cercare di farlo rilassare. «Prima di andare, però, quando eravamo di fronte alla mia macchina, gli ho dato uno schiaffo. Sii fiero di me.»
Jisung si voltò di scatto verso di lei, le sopracciglia aggrottate e la bocca spalancata; lo sguardo di chi aveva improvvisamente paura. «Okay? Non hai mai toccato nemmeno me...» mormorò, sorpreso.
Sooyun sorrise. «Beh, fortunatamente ho cresciuto un figlio fantastico» replicò spostando i capelli dalla fronte di Jisung. «Nonostante parte dei geni fossero difettosi» aggiunse poi alleggerendo l'atmosfera con la sua risata.
«Mamma!» esclamò Jisung arrossendo.
Sooyun appoggiò una mano sul petto e prese profondi respiri per calmarsi. Le sue labbra erano ancora piegate all'insù in un sorriso felice, anche se nei suoi occhi Jisung riuscì a leggere la sofferenza che la perseguitava. Sebbene adesso avesse al suo fianco Dohyun, aveva comunque amato quell'uomo e sapeva che fino all'ultimo aveva sperato in un pentimento, non per se stessa (sarebbe stato difficile accettare al proprio fianco qualcuno che l'aveva fatta soffrire così tanto, senza ricambiare il suo amore smisurato), quanto per lui, suo figlio.
Sooyun allungò una mano verso la coscia di Jisung, che strinse con affetto. «Non ci infastidirà più, okay? Staremo bene» promise. «Poi, se un giorno vorrai parlarci, basta che mi chiedi il suo numero, non lo cancellerò. Sappi che non sei obbligato a farlo.»
Jisung annuì. «Grazie mamma. E mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo da sola» replicò abbassando la testa. «Sarei dovuto essere lì con te per farti forza.»
Sooyun scosse il capo e strinse il figlio a sé, accarezzandogli dolcemente la testa. «No, amore, non pensarci. Ero più tranquilla sapendoti a casa, al sicuro, dopo quello che hai visto» lo rassicurò.
«A proposito, che cosa ha detto della....» Jisung deglutì. Faceva troppo male il solo pensarci. «...nuova famiglia?» sussurrò.
«Non me lo ricordo. Ero troppo impegnata a mandarlo a quel paese dopo tutte le sue scuse patetiche mentre mettevo in moto la macchina.»
Quel dettaglio fece sorridere Jisung, nonostante il dolore che gli stringeva il petto. «Ha proprio tirato fuori il peggio di te» commentò.
Sobbalzò quando sentì un braccio posarsi sulla sua spalla e si voltò, incontrando l'espressione divertita di Dohyun. «Beh, tua madre è una tosta» disse.
Jisung sorrise e strinse la mano di Sooyun. «Lo so.»
«Comunque, la cena è pronta. Noodles per tutti!» esclamò Dohyun e, tutti insieme, si recarono in cucina per mangiare.
[...]
mercoledì 13 gennaio
Jisung sentì il cuore fermarsi nel petto quando il suono del campanello lo raggiunse. Si alzò dalla sua postazione davanti al pianoforte e scese le scale lentamente, lo sguardo fisso sulla porta, consapevole che dall'altra parte c'era Minho. Quella mattina, dopo aver risposto a tutti i suoi amici e averli tranquillizzati, gli aveva chiesto di andare a causa sua per studiare insieme. In realtà, lo studio era l'ultima cosa che gli interessava; voleva solo stare con lui. Gli mancava la sua presenza, il suo tocco, i suoi baci.
Prese un profondo respirò e si avvicinò alla porta; appoggiò la mano sulla maniglia e la tirò verso di sé, sorridendo quando si ritrovò il volto ansioso di Minho davanti. Quest'ultimo entrò, chiudendosi la porta alle spalle, e rimasero a guardarsi in silenzio per qualche secondo. Prima che il maggiore potesse chiedergli qualsiasi cosa, Jisung si mise in punta di piedi e circondò il suo collo con le braccia, facendo scontrare le loro labbra in un bacio di cui aveva bisogno per essere sicuro che fosse realmente lì. Minho lasciò cadere lo zaino per terra e strinse il busto del minore, ricambiando il bacio con foga.
«Mi sei mancato» sussurrò Jisung sulle sue labbra, una mano che accarezzava il volto dell'altro e i loro sguardi incastrati, così come i loro corpi.
Minho gli lasciò un altro bacio. «Anche tu» replicò a bassa voce, gli occhi lucidi. «Come stai?» gli chiese.
Jisung si allontanò da lui e scrollò le spalle. «Non bene» rispose con un sospiro. «Però... voglio stare bene.»
Minho cercò la sua mano e la strinse. «Starai bene. Ne sono sicuro.»
Jisung sorrise dolcemente e gli diede un altro bacio sulle labbra. Poi, sempre stringendo la sua mano, si recò su per le scale e poi in camera sua. Minho lasciò lo zaino sopra la sedia della scrivania, poi si voltò e raggiunse Jisung, seduto nel letto. Si mise accanto a lui e lo abbracciò, affondando il volto nell'incavo del suo collo e inspirando il suo profumo. «Scusami se sono appiccicoso» borbottò, le labbra appoggiate sulla pelle del suo collo. «Ma mi sei mancato tanto tanto.»
Jisung ridacchiò e strinse maggiormente Minho contro di sé. «Puoi esserlo quanto vuoi. Non mi dà fastidio quando sei tu a essere appiccicoso.»
«Ah no?» domandò Minho alzando la testa con un sorriso malizioso sul viso.
Jisung sbatté le palpebre un paio di volte. «Fai quasi paura con quest'espressione...» mormorò.
Gridò quando Minho gli saltò addosso all'improvviso, facendolo sdraiare e circondando il suo busto con le braccia e le sue gambe con le proprie. Cominciò a lasciargli dei baci su tutto il viso e il collo, cullandolo da una parte e dall'altra. Jisung scoppiò a ridere e portò le mani davanti al volto per cercare di allontanarlo.
«Che fai? Hai detto che non ti do fastidio!» esclamò Minho, cercando di trattenere una risata quando Jisung appoggiò una mano sulla sua fronte e lo costrinse ad alzare la testa verso il soffitto.
La povera vittima cercò di riprendere fiato e cominciò a muoversi per cercare di liberarsi dalla presa del maggiore. «Sì, ma c'è un limite a tutto» replicò fingendo di sembrare infastidito, anche se un sorriso sincero gli illuminava il viso.
Minho ridacchiò e, finalmente, sciolse quell'abbraccio, appoggiando le mani ai lati del busto del ragazzo sotto di lui. Jisung si spostò leggermente per stare più comodo, dato che il maggiore stava usando la sua pancia come sedia, e arrossì leggermente, i loro occhi incastrati. Rimaneva sempre sorpreso nel rendersi di conto di quanto le iridi scure di Minho fossero in grado di brillare e ripensò con un sorriso al fatto che, se erano così luminosi, era perché riflettevano i suoi, come lui stesso gli aveva detto. Si chiese se il suo sguardo fosse così luminoso in quel momento, nonostante i mille pensieri che affollavano la sua mente e il dolore persistente che non voleva lasciarlo andare. Forse, se le sue iridi in quel momento brillavano, era solo grazie alla presenza di Minho.
«Minie» sussurrò, allungando una mano verso il volto del maggiore. Quest'ultimo chiuse gli occhi, sorridendo nel sentire quella carezza dolce sulla sua guancia. Jisung avrebbe voluto dirgli che lo amava, ma quelle due semplici parole sembravano essere bloccate nella sua gola, insieme al groppo che si stava formando, le lacrime che gli riempivano gli occhi.
Minho alzò le palpebre e si abbassò appoggiando la fronte contro la sua, lo sguardo fisso in quello del minore. Gli sorrise dolcemente. «Ti amo anch'io» sussurrò, facendo incontrare le loro labbra, perché ormai non c'era bisogno di parole.
Jisung chiuse gli occhi, entrambe la mani sulle guance di Minho, le lacrime che scivolavano sulle sue tempie per posarsi sul piumone sotto di lui. Passò le dita fra i capelli morbidi del maggiore, stringendo leggermente le loro punte per avvicinare di più i loro volti, le loro labbra, il suo corpo. Voleva sentirlo di più. Voleva di più. Perciò, lasciando da parte l'imbarazzo, abbassò la mano libera sul busto di Minho, accarezzando il suo corpo da sopra la felpa. Sentì il maggiore irrigirsi sopra di lui.
«Ti dà fastidio?» gli chiese, aprendo gli occhi per incontrare lo sguardo intenso di Minho.
«No, anzi» sussurrò lui sulle sue labbra per poi riprendere a baciarlo, come se in quei pochi secondi avesse sentito la mancanza del suo sapore.
Mentre continuava a toccarlo, gli occhi chiusi e le guance rosse, Jisung sentì il calore nel basso ventre farsi sempre più intenso. Fece scivolare la mano sotto la felpa del maggiore, cominciando ad accarezzargli l'addome tonico, le sue dita che sostavano sui suoi addominali scolpiti. Dove i suoi polpastrelli passavano sentiva la pelle di Minho ricoprirsi di brividi.
Minho si spostò su di lui e Jisung sospirò quando sentì le loro erezioni toccarsi attraverso la stoffa dei pantaloni. Tirò maggiormente i suoi capelli, mentre il maggiore gli mordeva il labbro inferiore. Anche Minho infilò una mano sotto il suo maglione e Jisung sentì la pelle bruciare lì dove le sue dita lo accarezzavano.
«Sei bellissimo» sussurrò Minho, allontanando leggermente il viso dal suo.
«Anche tu» mormorò Jisung, arrossendo vistosamente.
Quando sentirono la porta di casa aprirsi e Dohyun urlare: «Sono tornato!» dal piano di sotto, si allontanarono. Jisung si morse il labbro inferiore, tirando il maglione verso il basso per coprire l'erezione, e lo stesso fece Minho.
«Uhm... forse dovremmo studiare» squittì.
Minho annuì e si grattò la nuca, imbarazzato. «Aspettiamo cinque minuti, okay?»
«Sì, credo proprio che dobbiamo farlo.»
Si guardarono e scoppiarono a ridere.
.
a.a.
È UFFICIALMENTE FINITO IL DRAMA. inizialmente volevo un confronto fra Jisung e suo padre, ma poi la storia ha preso il sopravvento e non ce n'è più stato bisogno – almeno dal mio punto di vista e ditemi se secondo voi, invece, era necessario. a volte, però, credo che dobbiamo lasciar andare le persone: non per forza perdonarle o capirle, ma andare avanti e basta. non riesco nemmeno a immaginare l'effetto che avrebbe avuto su Jisung una chiacchierata con suo padre in questo momento; un effetto devastante sicuramente, e lui lo sa. non è abbastanza forte per guardarlo negli occhi e lo capisco (manco fosse il mio best friend però ecco).
[off topic: non so se avete visto La stranezza (2022), il film su Pirandello con Ficarra e Picone. ecco, a quanto Pirandello ha un colloquio con i suoi personaggi ogni domenica mattina, dalle 9 alle 13: parlando in questo modo di Jisung mi sento un po' come lui AHAHAH.]
la storia è agli sgoccioli, mancano solo 3 capitoli, e mi piacerebbe avere qualche vostra opinione, se vi va, soprattutto riguardo quest'ultimo arco narrativo.
e poi: avete un personaggio preferito?
sempre vostra,
GiuGiu
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