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31. perché devi pensarlo!?

Correva. Jisung sentiva il fiato spezzarsi in mezzo alla gola e i polmoni bruciare e, nonostante il suo migliore amico urlasse il suo nome, continuava a correre. Dove sperava di arrivare? Non lo sapeva, nemmeno gli importava, bastava che fosse un posto lontano, dove non sarebbe potuto essere trovato da Minho. Sentiva le lacrime scivolare sul suo viso, schiaffeggiato dal vento freddo di dicembre, e gli occhi ardere. Il suo sguardo non era fisso sul marciapiede né sulle persone che superava, ma di fronte a sé e, come se ci fosse stato un proiettore, vedeva soltanto ciò che era successo da quando Minho era entrato nella sua vita – all'improvviso, piacevole come una ventata d'aria fresca durante un afoso pomeriggio estivo.

Eccolo, il messaggio che, mentre piangeva nascosto sotto le coperte, gli aveva mandato, l'inizio di tutto. La prima volta che lo aveva visto, durante il pranzo a cui Felix lo aveva pregato di andare (non gli aveva prestato particolare attenzione e si era persino irritato quando aveva provato a intavolare una conversazione con lui, perché quel giorno non aveva particolarmente voglia di parlare). La notte di Halloween, quando aveva capito tutto e si era ringraziato mentalmente per essersi cambiato all'ultimo secondo. Ecco, quella notte, mentre parlavano in giardino, si era sorpreso di quanto i suoi occhi brillassero e, per un momento, aveva sperato di essere riconosciuto. Rivide se stesso tremare e, per la prima volta dopo tanto tempo, agire impulsivamente accompagnando Minho in palestra perché voleva stare con lui, perché voleva far parte della sua vita reale. E poi ripensò a come aveva cercato di avvicinarglisi in qualsiasi modo e a come Minho aveva reagito: con un sorriso e apprezzando la sua compagnia.

Jisung si fermò di fronte alla panchina dove si erano lasciati i loro rispettivi regali. E ora se n'era andato, era scappato. L'aveva perso. Perché quale motivo poteva avere Minho per insistere con lui dopo che lo aveva abbandonato?

Sentì Felix fermarsi dietro di lui, il respiro corto. «Si vede che vai a correre» disse, mentre cercava di riprendere fiato.

Jisung si sedette sulla panchina e si portò le mani sul viso, cercando di asciugare le lacrime che continuavano a cadere dai suoi occhi. «I-io... non e-ero pronto» confessò fra i singhiozzi.

Felix si sedette accanto a lui e passò un braccio intorno alle sue spalle, per poi stringerlo contro il proprio petto. «Lo so» sussurrò, lo sguardo lucido.

Jisung voleva aspettare. Che cosa, non lo sapeva nemmeno lui, ma aveva paura. Mentre si prendeva cura di Minho rimanendo al suo fianco, il timore di essere scoperto stringeva il suo cuore in una morsa dolorosa. Avrebbe voluto allontanarsi, evitare di stringere un rapporto troppo stretto con Minho anche nella realtà, perché più diventavano intimi più sarebbe stato difficile nascondere la verità. Ma non era riuscito a tenersi lontano da lui. Era come se Minho avesse dentro di sé una calamita che spingeva Jisung a orbitargli attorno, senza alcuna via di fuga. Forse erano i suoi stessi sentimenti ad essere la sua condanna, perché Minho, che fosse dietro uno schermo o accanto a lui, era sempre così gentile, premuroso, e aveva quel sorriso che era in grado di scioglierlo e di farlo stare bene.

Probabilmente, invece, adesso Minho lo odiava. Avrebbe avuto tutti i motivi di questo mondo: Jisung gli aveva nascosto la verità e – ne era certo – era ben lontano dall'immagine che il maggiore si era fatto del ragazzo-scoiattolo. Era una delusione sotto tutti i punti di vista.

E se anche Minho, dopo tutto quello che era successo, non lo avesse odiato – ne dubitava fortemente –, Jisung non poteva permettere che gli si avvicinasse. Non voleva rovinare anche la sua, di vita. Persino adesso, stretto fra le braccia di Felix, si sentiva un peso. In quel momento il suo migliore amico sarebbe dovuto essere con Chan, il ragazzo di cui era innamorato, seduto davanti a un tavolino di un bar, e invece era lì con lui. «Vai da Chan» sussurrò, una volta che i singhiozzi si furono calmati.

«Mentre cercavo di starti dietro l'ho chiamato. Abbiamo rimandato a domani» gli disse Felix continuando ad accarezzargli i capelli. «Voglio stare con te, adesso.»

Jisung sentì qualcosa scattare nella sua testa. Aveva rovinato un perfetto appuntamento al suo migliore amico. Felix non sembrava avercela con lui per questo, ma avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto odiarlo e insultarlo perché, come sempre, aveva rovinato tutto e toccava a lui stargli vicino cercando di raccogliere i pezzi di ciò che aveva distrutto. Non avrebbe dovuto esistere. Senza di lui le vite di Changbin, Felix, di sua madre, delle persone che gli stavano intorno in generale sarebbero state diverse, sicuramente migliori. Era un peso, una persona che non era in grado di prendersi cura di se stessa e che obbligava gli altri, per pietà, a fare ciò che lui non poteva.

Sentì le braccia di Felix stringersi a lui con maggiore forza quando il suo respiro cominciò ad accelerare. «Jisung, calmati.»

La sua voce arrivava ovattata alle orecchie di Jisung, bassa in confronto alle altre mille voci che urlavano dentro la sua testa. Stava succedendo di nuovo. Se ne rendeva conto, ma non poteva fare nulla per impedire alla sua mente di continuare a pensare cose che non erano vere, frutto della sua insicurezza. Ma se invece lo fossero state? Se era la vocina che cercava di tranquillizzarlo a raccontare solo cazzate?

«Che ne dici se andiamo a casa tua?» gli domandò Felix. La sua voce tremava. «I tuoi sono al lavoro, no?»

Jisung annuì velocemente e Felix si alzò, aiutandolo a mettersi in piedi. Sentiva le gambe tremare e un senso di nausea gli stringeva lo stomaco, ma cercò di farsi forza, il parco era abbastanza vicino a casa sua.

Guardava la strada davanti a sé e vedeva Minho camminare accanto a lui, raccontandogli della sua esperienza di volontariato a un gattile quando andava ancora alle superiori, quando aveva deciso di adottare Soonie. Era pomeriggio piovoso e teneva in mano l'ombrello e Jisung, mentre si voltava sulla porta per salutarlo un'ultima volta, si era accorto che pur di proteggerlo dalla pioggia si era bagnato il braccio. Non sarebbe più successo, per colpa sua non...

«Sungie, hai le chiavi nello zaino?» gli domandò Felix riportandolo a quella che pareva essere la realtà.

Jisung prese le chiavi dalla tasca e gliele passò. Rimase a osservare le proprie mani, il cui tremore non sembrava volersi calmare. La sua mente era leggermente più libera, ma percepiva ancora i soliti pensieri circolare all'interno di essa con troppa forza.

Felix lo prese per mano e lo fece sedere sul divano, poi andò a prendergli un bicchiere d'acqua. «Grazie Lix» sussurrò Jisung. A causa del tremore alle mani un po' d'acqua gli bagnò la maglietta.

Felix si sedette accanto a lui e, dopo aver appoggiato il bicchiere sul tavolino di fronte al divano, lo abbracciò. «Ce la fai a parlare di quello che è successo?» gli chiese, mentre gli accarezzava con dolcezza la schiena.

Il groppo alla gola di Jisung si era leggermente allentato adesso che era in casa, lontano da sguardi indiscreti. Si strinse contro il petto di Felix, inalando il suo profumo alle rose. Ripensò a Chan e sentì le lacrime tornare a premere per uscire. Era consapevole di dover parlare, altrimenti i pensieri all'interno della sua testa non si sarebbero fermati. «Mi dispiace» sussurrò e qualche lacrima gli rigò il viso. «N-non dovresti essere qui, con me...»

«Non vorrei essere da nessun'altra parte, e sono serio, Sungie. Non lo sto dicendo solo per tranquillizzarti» lo rassicurò Felix, lasciandogli un bacio fra i capelli. «Non ce l'ho con te, quindi vedi di non essere troppo duro con te stesso.»

Jisung avrebbe davvero voluto credergli, ma non ci riusciva. L'unica cosa in cui era capace era rovinare le cose belle che gli capitavano e le persone che gli stavano accanto. Suo padre se n'era andato. Changbin e Felix, sua madre e il suo compagno, tutti non facevano altro che preoccuparsi per lui, trattandolo come se avesse potuto rompersi da un momento all'altro. Aveva mentito a Minho, l'aveva deluso e ferito. Faceva schifo, come persona, figlio e amico.

«A cosa stai pensando?» gli chiese Felix, interrompendo il silenzio che era caduto fra di loro.

«A quanto faccio schifo» confessò, scoppiando a piangere di nuovo.

Felix lo allontanò dal proprio corpo e lo scosse per le spalle. Jisung notò le lacrime che tratteneva e sgranò gli occhi. «Perché devi pensarlo!?» esclamò. «Non lo vedi quanto ti voglio bene!? N-non so che cosa farei senza di te... mi hai migliorato la vita, possibile che tu non lo capisca!?» continuò, poi si portò le mani sul viso bagnato.

Jisung scosse il capo, incredulo e sorpreso da quelle parole. Possibile che non se ne rendesse conto? «Non è vero, Lix, senza di me avresti molte meno preoccupazioni!» replicò.

«Chissene frega delle preoccupazioni!» Felix lo guardò e Jisung lesse nel suo sguardo solo un immenso affetto, non l'odio che era convinto si meritasse per avergli rovinato la giornata. «Sei una persona incredibilmente buona, genuina, e sai sempre come tirarmi su di morale. Mi rendi felice, questo basta. Ti voglio bene, Jisung. Come potrei odiarti solo perché stai male e hai bisogno di una mano? Che amico sarei? Quale legame ci legherebbe se ci voltassimo le spalle nel momento del bisogno?» Felix prese le mani di Jisung tra le sue. «So che tu faresti lo stesso per me» sussurrò. «So che ti rimane difficile da credere... ma è la verità. Non so cosa farei senza di te adesso che ti ho conosciuto.»

Jisung annuì e allungò le mani verso il viso di Felix per asciugargli le lacrime. «A-adesso smetti di piangere, però» disse. «Non voglio vederti così. Lo odio.»

Felix sorrise debolmente. «Va bene» rispose, poi allargò le braccia. «Coccole?»

Jisung annuì e si accoccolò sul petto del suo migliore amico.

Felix ridacchiò. «Solo se anche tu smetti di piangere» aggiunse, mentre gli accarezzava i capelli.

Jisung chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. In qualche modo le parole di Felix si erano fatte spazio nella sua mente, riuscendo a calmarla, e anche il suo corpo stava reagendo di conseguenza. Il picco di panico lo aveva raggiunto al parco e Felix, seguendo i consigli di Changbin, era riuscito ad aiutarlo a superarlo abbastanza velocemente. Adesso le cose non erano perfette e non lo sarebbero state fino al mattino successivo, ma la compagnia di Felix lo aiutava a svagare la mente. Quel ragazzo trovava sempre qualcosa di interessante di cui parlare o da guardare alle televisione per tirargli su il morale. Anche se sapeva che quella notte, prima di addormentarsi, i pensieri del pomeriggio sarebbero tornati a tormentarlo e che molto probabilmente avrebbe dovuto prendere della melatonina. Niente di nuovo. L'unica cosa diversa sarebbe stata l'assenza di Minho.

Tuttavia, quando si sdraiò nel letto quella sera e prese il cellulare, non si sentì poi così tanto solo.

minie <3

- 17.33 -

ho pensato finora se fosse
il caso di scriverti o meno,
ma credo che finché non lo
farò non riuscirò a fare nient'altro

vorrei chiederti come stai,
ma temo che sia una domanda
stupida. e poi, sono sicuro che
non mi risponderesti

so che non vuoi sentirmi,
ma devo farti sapere che
non sono arrabbiato con te

non ti odio

non sono ferito dal fatto
che tu mi abbia nascosto
la verità

anche hyunjin era sorpreso
quando gliel'ho detto, quindi
posso solo immaginare quanto
tu abbia sofferto di fronte a questo
pensiero (e sappiamo entrambi
quanto siano cattivi i tuoi pensieri
quando si impegnano)

ho capito perché l'hai fatto

certo, mi mancano molti
dettagli per comprendere
meglio la tua situazione, ma
sono disposto ad aspettare
il momento – se mai arriverà –
in cui ti sentirai pronto a
confidarti con me

volevo solo farti sapere che
ti voglio ancora bene e che
ho lasciato la porta per il
nostro posto sicuro aperta,
e non ho intenzione di
chiuderla

ti aspetterò, prenditi il tuo
tempo

e se ti chiedi perché, è perché
sei la cosa più bella che
mi sia capitata

e ti voglio bene <3

- 20.45 -

ho appena finito di cenare
e ho le gambe distrutte,
penso di poter morire da
un momento all'altro

no okay, così sembro un
po' troppo drammatico

"lo sei", già immagino la
tua risposta

"gne gne gne" (questa
sarebbe la mia)

ti volevo dire che oggi,
mentre andavo a fare la
spesa, ti ho comprato dei
dolci, così la prossima volta
che vieni a casa mia potrai
nutrirti come preferisci

penso che adesso inizierò a
guardare haikyu, sai? mi
incuriosisce

quando vado a letto ti dico
dove sono arrivato, ok?

in casi tu dormissi prima
di me, buonanotte <3

Jisung spense il telefono e lo lasciò sul comodino. Spense l'abat-jour e si nascose sotto le coperte, lo sguardo fisso sulle stelle fosforescenti con cui aveva riempito il soffitto perché lo aiutavano ad addormentarsi. Sentì una lacrima rigargli la guancia per poi ricadere nel cuscino, accanto alla sua testa. Stava cercando di capire cosa avesse fatto per meritarsi una persona come Minho nella sua vita.

.

a.a.
eccoci qui con il primo capitolo della seconda parte. questi capitoli sono stati difficili da scrivere, perché Jisung è stato un personaggio difficile da comprendere per me che lo stavo creando - o gli stavo solo dando voce? ho cercato di fare del mio meglio, ma in casi avessi sbagliato a descrivere o a parlare qualcosa, vi prego di dirmelo. e vi avverto fin da ora che vedrete venire fuori tutto il mio romanticismo ahah

grazie per la lettura e per il supporto continuo.

sempre vostro,
GiuGiu

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