08. di troppo
martedì 13 ottobre
Minho era sdraiato sul letto, immobile, lo sguardo fisso sul soffitto. Le coperte accarezzavano il suo corpo e indossava ancora il pigiama, nonostante l'ora di pranzo fosse ormai passata da un pezzo. Tuttavia, non sembrava avere intenzione di muoversi: si sentiva stanco, debole, come se la sensazione di impotenza che da un mese a questa parte faceva parte di lui si fosse improvvisamente ingigantita. Non aveva voglia di fare niente, era ancorato al materasso, circondato dai suoi gattini che riposavano con la testa appoggiata al suo addome, e si sentiva terribilmente stanco, non fisicamente ma mentalmente. Si sentiva di troppo: nel mondo, nella vita, fra i suoi amici. Era dal giorno prima che questa percezione lo accompagnava, scacciata via solamente da qualche messaggio divertente del ragazzo-scoiattolo.
Quella mattina la sveglia aveva suonato come sempre, ma lui non si era sentito pronto a mettere piede fuori dal proprio monolocale e fingere di stare bene. Così aveva mandato un messaggio ai suoi amici dicendogli che quel giorno non sarebbe andato all'università, poi si era rimesso a dormire. Si era svegliato all'ora di pranzo, ma non aveva compiuto nemmeno un movimento: per due ore era rimasto a fissare il soffitto del monolocale, con gli occhi pieni di lacrime che ripercorrevano i suoi anni di danza. Era come se, dopo la sua confessione al ragazzo-scoiattolo, tutto ciò che provava fosse triplicato. Non aveva scritto a quokka_ quella mattina, ma non aveva nemmeno ricevuto alcun messaggio da lui. Sono un peso, continuava a ripetersi nella mente, in cui era vivida la scena di Chan e Felix che smettevano di parlare di fronte a lui, oppure quando Hyunjin all'ora di pranzo l'aveva bellamente ignorato per mangiare con alcuni suoi compagni. Sapeva che queste cose non volevano dire niente, ma perché proprio il giorno in cui si era sentito fin troppo debole nessuno era pronto ad abbracciarlo?
Cambiò posizione e si mise supino nel letto, la guancia sinistra appoggiata sul cuscino, lo sguardo puntato verso la finestra chiusa dalle serrande e i capelli spettinati che sembravano avere vita propria. Quello fu il primo movimento che compì da quando era sveglio, movimento che fece lamentare i suoi due gatti, i quali si erano abituati alla loro posizione precedente. «Scusatemi. Sono pessimo» mormorò con la voce roca.
Soonie zampettò fino al suo volto, appollaiandosi proprio di fronte a lui per osservarlo con i suoi grandi occhioni. Minho allungò leggermente il braccio destro e gli fece qualche carezza dietro le orecchie, il suo punto debole. «Dici che dovrei alzarmi e fare qualcosa di produttivo?» gli chiese.
Dopo qualche minuto in cui si era goduto la compagnia di Soonie, e poi anche di Doongie – che aveva iniziato a strofinare il muso nel suo petto per ricevere qualche attenzione –, Minho decise finalmente di alzarsi. Fece scendere i gatti dal letto, lo sistemò e si avvicinò alla finestra, abbassando le serrande. Quando la aprì e si affacciò, rabbrividendo per il freddo, si accorse del brutto tempo: grossi nuvoloni carichi di acqua gravavano sulla città e tirava un bel po' di vento. «A quanto pare non sono l'unico col morale a terra» mormorò prima di allontanarsi dalla finestra, ancora aperta per cambiare aria.
Camminò distrattamente verso la cucina e aprì una mensola, tirando fuori una scatola di noodles istantanei. Ci mise dell'acqua e la lasciò scaldare nel microonde; diede da mangiare ai suoi gatti, che miagolavano felici e accese la televisione sedendosi sul bordo del letto. Girò i canali finché non trovò un k-drama di cui non sapeva l'esistenza fino a quel momento e che non sembrava troppo brutto da guardare per passare il tempo, quindi si alzò e andò a prendere i noodles ormai pronti.
E così passò un'altra ora. Minho era sempre seduto sul letto, la schiena appoggiata alla parete dietro di sé e lo sguardo fisso sulla televisione. Nemmeno si accorgeva delle immagini che passavano sullo schermo, dello scorrere del tempo. Lanciava ogni tanto un veloce sguardo al cellulare per vedere se avesse ricevuto qualche messaggio, ma niente. Si sentiva ancora di più fuori dal mondo, escluso e solo, l'unico dimenticato da qualche parte dal genere umano. E di fronte a questi pensieri le lacrime ripresero a scorrere veloci sul suo viso, facendo a gara per chi fosse la più dolorosa, solcando l'anima straziata di Minho, stanca di tutto.
A interrompere quel momento fu il suono del campanello. Minho si asciugò le lacrime e prese un profondo respiro con lo sguardo fisso sulla porta: magari qualcuno aveva sbagliato casa. Tuttavia il bussare alla porta lo fece riprendere dai propri pensieri e scattò in piedi. Era sicuramente uno dei suoi amici – se non entrambi –, perché erano gli unici suoi conoscenti a conoscere il pin del suo palazzo. Minho quindi fece una corsa in bagno, si lavò i denti e si sciacquò il viso per scacciare i residui del recente pianto, anche se i suoi occhi rossi erano impossibili da coprire.
Prese un profondo respiro e aprì la porta, ritrovandosi davanti Chan che lo guardava preoccupato. «Ehy hyung. Entra pure» lo invitò Minho, facendosi da parte per lasciarlo passare; poi si chiuse la porta alle spalle con l'ansia nello stomaco. Non si aspettava una sua visita e, doveva ammetterlo, aveva un po' paura di quel che sarebbe potuto venire fuori. «Qual buon vento ti porta qui?» gli chiese osservandolo sedersi ai bordi del letto.
Chan si tolse la giacca in un silenzio assordante e la appoggiò accanto a sé, per poi posare il proprio sguardo serio sulla figura di Minho, ancora accanto alla porta d'entrata. «Cos'è successo?» domandò schietto.
Minho gli si avvicinò e si accomodò su una delle sedie accanto al tavolo. «Mh? Cosa dovrebbe essere successo?»
Non aveva intenzione di rovinargli la giornata con le sue paranoie, perché non erano poi così importanti. Certo, aveva passato alcune delle ore più strazianti della sua vita, ma alla fine lui stesso era diventato uno scarto del mondo – forse lo era sempre stato –, quindi usare del tempo per lui era uno spreco.
«Non fare finta di essere uno stupido. È da ieri, quando ci siamo visti dopo le lezioni, che sei strano. Hyunjin era preoccupatissimo per te quando questa mattina ci hai scritto che non saresti venuto all'università, perché anche lui aveva notato che non stavi bene» affermò Chan con tale durezza da far sanguinare il petto dell'altro. «Però tieniti pure i tuoi segreti, non posso costringerti a dire qualcosa, anche se sono preoccupatissimo».
Minho sospirò: odiava il fatto che Chan fosse così bravo con le parole, perché lo portava ad aprirsi senza che nemmeno se ne rendesse conto. «Ero – e sono – stanco» rispose con lo sguardo puntato sui propri piedi scalzi. «Mi sembra di essere stato lasciato nel dimenticatoio, ma non preoccuparti, domani starò già meglio».
Chan si alzò con un sospiro e gli si avvicinò, circondando il suo busto con le braccia e stringendolo così forte da rendergli difficile respirare. «Non sei nel dimenticatoio, altrimenti io non sarei venuto fin qui» mormorò e, quando qualcosa di bagnato si appoggiò sul suo collo, sentì il cuore spezzarsi. «Mi dispiace che tu stia passando tutto questo, ma sappi che io e Hyunjin ci saremo sempre, in ogni istante, nei giorni che ti sembreranno più duri da affrontare, come tu ci sei sempre per noi».
Minho annuì, con le lacrime che continuavano a scivolare dai suoi occhi senza che lui potesse fare niente per fermarle. Era così felice che qualcuno fosse andato a trovarlo, interrompendo per qualche minuto la solitudine che lo aveva inseguito durante l'intera mattinata. «Lo so. Mi dispiace se vi ho fatto preoccupare, è proprio una giornata no».
Chan si staccò da lui e gli lasciò qualche carezza fra i capelli scuri. «Tranquillo, abbiamo tutti delle giornate no» replicò con un dolce sorriso e si sedette nuovamente sul letto. «C'entra anche la danza?»
Minho abbassò lo sguardo sui propri piedi, non voleva riprendere a piangere. «In realtà non lo so. Forse sì, forse no. Probabilmente c'entra tutto. Mi sembra di non riuscire a reggere il peso del mondo, come invece faccio sempre. Come facciamo sempre tutti. Mi sembra di non avere più le forze per fare niente, nemmeno per sorridere» spiegò con una stretta al cuore.
Odiava aprirsi, parlare di ciò che provava, ma quando era Chan a studiarlo, a chiedergli in silenzio di sfogarsi, non riusciva a dirgli di no. Parlava, parlava e parlava, anche senza seguire un filo logico, perché sapeva che le sue parole sarebbero state ascoltate. Magari Chan non sarebbe riuscito a capirlo, ma perlomeno avrebbe fatto di tutto per non farlo sentire solo con uno dei suoi soliti sorrisi.
E infatti Chan sorrise: i suoi occhi erano tristi, ma si era imposto di piegare le labbra all'insù. Allungò una mano per stringere quella dell'altro. «A volte il mondo è insostenibile, soprattutto quando non hai alcun modo per scaricare questo peso immane da te stesso, ma ripeto: le mie spalle e quelle di Hyunjin saranno sempre pronte a sollevare parte di quel peso insieme a te. Non ti lasceremo mai solo, per nessun motivo al mondo».
Minho sorrise e sentì gli occhi inumidirsi, ma si costrinse a non scoppiare a piangere di nuovo. Era così grato di avere al proprio fianco Chan e Hyunjin, senza di loro la sua vita non sarebbe stata la stessa, lui non sarebbe stato colui che era. E sì, c'erano momenti in cui si odiava, in cui se avesse potuto si sarebbe sdoppiato e si sarebbe preso a pugni, però non credeva nemmeno di essere una persona così cattiva, come invece lo descrivevano alcuni suoi compagni di corso.
«Grazie... Vi voglio davvero tanto bene» sussurrò.
«Anche noi, tantissimo. Tra poco purtroppo devo andare a casa, neuro psicologia mi sta aspettando. Scusa se non posso rimanere più tempo».
«Tranquillo. Sono felice così, non voglio rallentare i tuoi studi». Ed era la verità: a Minho bastava questa breve visita per sopravvivere con un po' più di felicità a quell'orribile giornata.
Chan appoggiò una mano sulla sua gamba. «Ci vediamo domani, okay? Per qualsiasi cosa chiamami, sono sempre disponibile per te».
Minho annuì e lo salutò con la mano, osservandolo avvicinarsi alla porta del suo monolocale. Si morse il labbro inferiore per rimanere in silenzio, ma le parole uscirono comunque dalla sua bocca. «Chan, se tu dovessi scriverti con un ragazzo che non conosci e questo ragazzo ti dovesse aiutare a stare meglio ogni tanto, ma non lo senti da un pezzo... che faresti?»
Chan si voltò a guardarlo con la sorpresa negli occhi, poi si lasciò sfuggire un sorrisetto malizioso. «Se mi interessa parlarci e mi manca, gli scriverei sicuro» rispose e trattenne a stento una risata nel vedere il volto completamente rosso di Minho. «Non mi dirai chi è, vero?»
«Il punto è che non lo so nemmeno io...»
Dopo che Chan fu uscito dal monolocale, sempre accompagnato da un'espressione maliziosa sul viso, Minho rimase per qualche secondo a fissare il soffitto. Il ragazzo-scoiattolo mi manca?, si chiese. Erano solo pochi giorno che parlavano ininterrottamente dalla mattina alla sera, spesso di stronzate – come i gusti migliori di cheesecake oppure gli anime –, eppure sembrava essersi già un minimo legato a quello sconosciuto. Non sarebbe stato poi così strano, dato che molte delle volte che si erano sentiti avevano parlato di argomenti importanti, spogliandosi entrambi delle mura che si erano costruiti per proteggersi dal mondo.
Minho sospirò e si costrinse ad alzarsi dalla sedia, per poi lasciarsi cadere a pancia in giù sul letto. Prese il cellulare, abbandonato in mezzo alle coperte, e rimase a fissare inerme il proprio sfondo per minuti interi: era una foto di lui, Chan e Hyunjin che avevano scattato al mare durante l'estate appena trascorsa. Dopo qualche minuto di riflessione, sbuffò. «Al diavolo!»
– 16:47 –
quokka_
attivo 3 ore fa
ehy
a.a.
so che la storia può apparire un po' lenta, ma è funzionale al progetto più ampio che la concerne: non volevo che fosse una ""semplice"" storia d'amore, ma la storia di due persone, ognuno con le proprie difficoltà, che cercano di aiutarsi a vicenda nel faticoso compito di trovare un senso alla vita e un motivo per vivere (ikigai, appunto). e, forse ingenuamente, spero di poter aiutare qualcuno di voi <3
grazie mille per le 400 visualizzazioni, sono contentissima🥹
sempre vostra,
Giugiu
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