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Juliet Lowe odiava i balli. Li odiava con ogni fibra del proprio corpo, ma, da membro indiscusso dell'alta società qual era, partecipare ad ogni frivolezza del genere era un compito per lei, una specie di faccenda da svolgere da poi depennare dalla lista dei "compiti noiosi di una donna giovane e ricca".

Le domestiche avevano da occuparsi di servizi come cambiare le lenzuola, apparecchiare e sparecchiare la tavola, lavare i pavimenti; lei aveva i balli. Quanto avrebbe preferito indossare un grembiule e una cuffia e girare per la sua villa come una servetta, piuttosto che destreggiarsi tra corsetti, gonne e sottovesti, accomodata ogni sabato sul divanetto di una dimora differente.

Juliet Lowe, giovane donna dell'alta società non più tanto giovane: a ventidue anni compiuti da mesi, difficilmente avrebbe potuto dilettarsi tra veri amori invece che tra pretendenti. I giovani della sua età guardavano ormai solo fanciulle appena... maturate? Sì, appena maturate. Il disgusto più totale. Gli uomini a ventidue anni erano giovani, le donne passabili.

Ma, ecco, se c'era una cosa buona - sia ringraziato il Cielo - che i balli facevano, era quella di vantare il maggior numero di uomini in cerca di moglie. Peccato che somigliassero tutti ai morbosi spasimanti di cui la signorina Lowe desiderava liberarsi piuttosto che al vero amore. Non ne avevano, ahimé, neanche l'aspetto.

Quel sabato sera, come di consueto, Juliet Lowe sedeva su un divanetto in una sala da ballo. Era ospite a Villa Gellerson per il compleanno dell'erede della famiglia (che, tra l'altro, lei non aveva mai incontrato), e si sarebbe risparmiata la presenza se la padrona di casa non fosse stata una specie di vecchia conoscenza della sua famiglia, o almeno questo diceva l'invito.

Accanto a lei c'era una delle sue migliori amiche, Adrianne "Andie" McGlee, più brilla che altro, occupata in quella che doveva essere una conversazione con una cugina ma che in realtà era un susseguirsi di parole prive di senso interrotte da eccessi di risatine sempre più frequenti. Adrianne continuava a mischiare sorsi abbondanti di vino rosso alle risate, e Juliet non smetteva di sperare che il calice si svuotasse, ma il bicchiere della signorina McGlee sembrava senza fondo.

Fosse stata un'ora prima, Juliet le avrebbe strappato via il calice dalle mani e tenuta lontana dal vino. Ma aveva smesso di preoccuparsi al punto da agire sconsideratamente come era solita fare da quando la signorina Louise Fawcett, la sua altra grande amica, aveva incontrato quello che doveva essere l'amore della sua vita, un certo Jack - uno come tanti -, ed era stata risucchiata con lui tra le coppie che danzavano da, appunto, un'ora.

Quel giorno Juliet aveva smesso di occuparsi di Andie e Lou. Aveva sempre tentato di proteggerle dalla crudeltà del mondo, in cui una donna non può esistere senza un uomo a guidarla, ma entrambe sembravano aver scelto come passare la vita. Louise aveva trovato un uomo, e Andie... be', a discapito di qualsiasi avvertimento di Juliet, persisteva nella sua decisione di restare zitella. Dove sperava di arrivare era un mistero, ma se lei ne era convinta andava bene così.

Il vino rosso ancora resisteva nel calice di Andie, e Juliet ebbe una malsana voglia di buttarglielo via, ma si limitò ad alzarsi e a prendere un calice per sé. Forse bere l'avrebbe consolata dall'aver appena terminato di occuparsi di Adrianne e Louise. Fissò lo sguardo su quest'ultima, che rideva tra le braccia di Jack, e, suo malgrado, sorrise anche lei. Lou era davvero felice.

Juliet non si accorse, però, di qualcun altro che si muoveva verso di lei, gli occhi puntati su qualsiasi cosa tranne la propria traiettoria. E lo scontro fu inevitabile. La bella e linda camicia del giovane uomo si tinse di cremisi da bianca che era, e il calice di lei si svuotò del tutto.

«Oh mio Dio!» esclamò, costernata. «Mi... mi dispiace tanto...»

Afferrò un tovagliolo di stoffa e fece per tentare di asciugare la camicia, ma le dita dell'uomo si strinsero attorno al suo polso, allontanando la sua mano da sé con stizza.

Fu allora che Juliet si costrinse a sollevare la testa per osservarlo, con una lentezza tale da procurarle più terrore che disagio. Il suo era un volto angelico, ma ancora non sapeva che sarebbe stato una rovina per lei.

Occhi cristallini come le acque dell'oceano, mandibola pronunciata, capelli di un castano scuro molto simili al nero. Era bellissimo, anche se in quel momento il suo viso esprimeva solo disprezzo. Spostò lo sguardo affilato tra le iridi scure di lei, ed ella si sentì obbligata ad abbassare la testa, incapace di sostenere i suoi occhi.

Ferma a fissare il pavimento, lo percepì passarle accanto, la manica della camicia macchiata le sfiorò il braccio. Una ragazza bionda lo seguiva, e indirizzò a Juliet un'occhiata di acida superiorità. La signorina Lowe si voltò lentamente per vedere l'uomo sparire dalla sala indignato, la fanciulla con lui.

Juliet sospirò, prima di sentirsi chiamare da una voce che credeva non avrebbe mai più udito.

«Buonasera, signorina Lowe.»

Si girò in fretta, fissando lo sguardo castano sul giovane che aveva parlato.

«Rainold?» sussurrò piano, le lacrime agli occhi.

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