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34-JAY

Quando il cellulare vibrò sulla scrivania dell'ufficio lasciando comparire il nome del sergente, era notte fonda: le 3:40.
E quell'ora l'avrei ricordata a vita.

<Jay, torna immediatamente a Chicago> mi informò lasciando trasparire nel suo tono di voce una leggera esitazione <Erin è stata rapita> riattaccai inconsciamente e mi precipitai fuori da quel luogo per prendere il primo volo e recarmi nella mia città.
Non avevo avuto modo di avvisare né Amanda né la Benson e forse avrei causato un disguido, ma attualmente questa era l'ultimo dei miei problemi.

Guardai fuori dall'oblò dell'aereo e scrutai il cielo nero che lentamente si stava schiarendo all'orizzonte. Notai una palla di fuoco in lontananza e mi chiesi come in una notte così perfetta, potesse essere accaduta quella disgrazia.
Come avevo potuto lasciarla partire?
Jessie era a casa o dai nonni?
Ma soprattutto ne era a conoscenza?

Il volo durò due ore e per tutto l'arco di tempo tartassai la mia mente di domande alle quali non sapevo rispondere.
All'arrivo superai quelle poche persone che mi intralciavano il passaggio e uscii dall'aeroporto dove trovai la volante di Burgess e Roman ad attendermi; a grandi linee mi spiegarono la situazione, ma non ebbero il coraggio di dirmi che solo lei era stata rapita e che, di conseguenza, il piano era stato studiato nei minimi dettagli. <Dove stiamo andando?> domandai notando che questa non era la strada né per il distretto né per la scena del crimine. <Portatemi sul luogo dell'incidente> sbraitai. Quasi mi catapultai sul volante pur di farli deviare.

<Jay ma che cavolo?! Hank ha dato l'ordine di potarti a casa e poi andare da Jessie per dargli la notizia. Solo dopo se vorrai potrai mettere piede al distretto> mi informò Roman riprendendo il comando dell'auto. Come avrei potuto informare Jessie se non sapevo nemmeno cosa fosse accaduto veramente?
Nonostante ciò decisi di non obbiettare e, arrivati al mio appartamento, mi precipitai dentro per prendere le chiavi dell'auto per poi dirigermi alla casa dei nonni della piccoletta.

Oggi sarebbe stato il suo primo giorno della seconda media e, se la conoscevo bene, era già pronta dietro la porta ad attendere la sua mammina per recarsi a scuola.
Osservai il cielo limpido e privo di nuvole e accostai davanti al vialetto della casa; presi un bel respiro e bussai. Il nonno rimase perplesso nel vedermi lì tanto quanto lo fu la nipote che si era caricata lo zaino in spalla, ma la fermai facendola sedere sul divano. <Jessie prima di andare a scuola devi sapere una cosa> feci una pausa affinché si preparasse mentalmente a quello che sarebbe avvenuto dopo; nel frattempo ci aveva raggiunti sul divano anche la nonna. <Ieri sera, mentre Erin rientrava a casa, è stata rapita>

<Stai scherzando, vero?> balzò in piedi come se improvvisamente il divano scottasse. Disapprovai con la testa e la vidi svenire di colpo; i nonni si alzarono preoccupati, ma per evitare di affaticarli troppo, rialzai io la loro nipotina. Anche loro erano fortemente scossi dalla notizia, però non si scomposero mostrandosi forti ai miei occhi e successivamente a quelli della ragazzina in braccio a me; gliene fui grato. <Vi accompagno a casa di Hank così non sarete soli quando si sveglierà> li informai dirigendomi verso l'auto con i lampeggianti ancora accesi. Forse sarebbero rimasti traumatizzati per come avevo guidato in quel breve tratto, ma ora come ora l'unico scopo era recarmi al distretto e trovare al più presto Erin.
Come avevo immaginato né James né Camille erano andati a scuola e al lavoro e fu proprio il fratello ad aprire la porta; tentò di abbracciarmi, ma lo schivai fingendo che Jessie mi pensasse e salii nuovamente in auto.

Al distretto entrai dalla porta principale e per questo la Platt, non appena mi vide salire gli scalini a due a due, si affrettò ad aprire la porta per salire al piano dell'Intelligence, dove non trovai nessuno a parte Mouse che aveva lo sguardo fisso sul computer. Non appena si accorse della mia presenza e intuì che non avevo voglia di sentire tante scuse o cose simili, mi indicò con la testa soltanto la sala interrogatori; Hank e Olinsky erano dentro ad ascoltare la testimonianza di Michelle, mentre i restanti uomini si trovavano al di là del vetro ad osservare. Entrai dai primi due che si misero sull'attenti ma mi lasciarono comunque fare.

<Michelle ascoltami bene, ti ha mai parlato di qualcuno che ce l'aveva con lei?> domandai ansioso di scoprire la risposta; lei disse di no e solo in quel momento notai i punti che aveva sulla tempia destra e dei taglietti sulla guancia dello stesso lato causati probabilmente dal finestrino <Anche nel passato, c'è mai stato qualcuno? Ti prego è importante ne vale la sua vita e quella dei bambini> strabuzzò gli occhi sorpresa, come fece anche Olinsky e sicuramente Dawson al di là del vetro. Ora lo sapeva tutta la squadra.
Passarono diversi istanti prima che qualcuno fiatasse e io fremevo impaziente di scoprire la risposta.

<Bambini? Comunque sì> ora spostò lo sguardo sul sergente <Hank te lo ricordi quel ragazzo alle superiori? Come si chiamava?...> si diede dei colpetti sulla fronte come se in quel modo potesse ricordarselo. Anche il sergente sembrò illuminarsi, ma anche a lui sfuggiva il nome. <Le altre, le altre se lo ricordano di sicuro!> esclamò; mi diressi nella sala relax dove avevo visto Natalie e Charlotte e le pregai di ricordarselo, ma anche a loro sfuggiva.

<Chiamo le altre e sento a che punto sono> mi informò Charlotte estraendo il cellulare dalla tasca del pantalone, ma non ce ne fu bisogno perché Nicole e Margaret spuntarono dalle scale accompagnate da Roman. Si stavano per abbracciare, ma ora come ora avevo scordato le buone maniere e le pregai di ricordare quel dannato nome.
Notai Margaret illuminarsi e consegnarmi quel nome su un piatto d'argento: Stanley Robinson.

Raggiunsi Mouse aggiornandolo sul nome e si mise subito a fare delle ricerche. Per i successivi trenta minuti non alzò un solo istante lo sguardo dal computer ma, quando trovò l'indirizzo, il sergente fece preparare tutta la squadra ad eccezione mia e sua e a quel punto non ci vidi.

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