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12-JAY

Una settimana dopo

Tre giorni fa avevamo catturato l'attentatore, dopo una caccia all'uomo durata circa settantadue ore e per l'intera settimana nessun alunno andò a scuola, poiché questa era stata la decisione del sindaco a seguito di una riunione straordinaria con il comandante della polizia.

Dalla mattina dell'esplosione nella scuola di James, non avevo più richiamato i miei genitori (non ne avevo avuto il tempo materiale) e immaginavo già cosa sarebbe accaduto quando lo avrei fatto né avevo più lavorato in coppia con Lindsay dal momento che aveva passato molto tempo in ospedale con il fratello che si stava riprendendo bene; inoltre avevo conosciuto, per via accidentale, Emily Camp, la ragazza di James, quando avevo deciso di portare il pranzo a Erin. Ricordavo anche perfettamente lo sguardo sollevato che mi rivolse all'ospedale e il sorriso vero che le spuntò in seguito.

<Ragazzi vi devo parlare> annunciò dopo essere uscita dall'ufficio del sergente <Allora... So che girano delle voci su me e Voight e volevo informarvi che sono vere> annuii impercettibilmente e le feci segno di proseguire perché capivo che gli altri erano perplessi quanto me la prima volta <Hank e Camille hanno adottato me e mio fratello James quasi undici anni fa a seguito della morte dei nostri genitori; ho sempre avuto paura che se le persone lo avessero scoperto, avrebbero pensato che fossi solo una rac->

<Scherziamo?! Non ti considereremmo mai una raccomandata, perché conosciamo tutti la spietatezza di Voight nel lavoro> si intromise Ruzek e mi venne ad abbracciare seguito da tutti gli altri <Vieni qua leoncina> aggiunse Kevin.

A COMPLEANNO LEONCINA:

Tutto pronto per questa sera?

David: Sì alle 7 Jessy le chiederà di venire da noi perché ha bisogno del suo aiuto; quindi alle 6.30 dovete essere già dentro casa

Natalie: Va bene, se non è un problema pensavamo di venire già verso le 6 o un po' prima, così da sistemare tutto con calma.

Nicole: Esatto, sarebbe un problema?

David: No. A dopo

La giornata trascorse in modo tranquillo che permise al sergente di mandarci a casa tranne ad Erin, che era ancora in punizione e perciò doveva aspettare i suoi comodi. Ridevo al solo pensiero.

A casa feci una rapida doccia; indossai una camicia nera abbinata ad un jeans del medesimo colore, presi il grande regalo e salii in auto. Dieci minuti dopo ero sula soglia di casa di David e Jessica in attesa che qualcuno aprisse; fu proprio la ragazzina ad accogliermi con un sorriso enorme stampato in volto: aveva indosso un abito color terracotta che arrivava poco sopra le ginocchia e una cintura sulla vita e aveva i capelli ondulati sciolti sulle spalle. Sembrava la mamma.

<È il regalo? Posso vederlo?> chiese lasciandomi passare; annuii e aprii a scatola <è meraviglioso; sono sicura che le piacerà molto>

<Ne sono certo anche io. Vado a spostare la macchina> la informai dopo aver appoggiato il pacco in salotto insieme a quelli delle amiche, dei proprietari di casa e della sua famiglia.

Parcheggiai l'auto due case più avanti poi tornai sui miei passi e attesi il momento che avevo aspettato tutta la giornata. "Le sarebbe piaciuto? Si sarebbe arrabbiata? Aveva veramente voglia di festeggiare?" Non potevo rispondere ora e perciò non vedevo l'ora che arrivasse; volevo assolutamente scoprire la sua reazione.

<Erin, vieni dentro che si gela; devo ancora finirmi di preparare> sentii affermare da Jessica quando la festeggiata suonò alla porta; sentivamo i loro passi sempre più vicini finchè, arrivate davanti al tavolo della sala, la più piccola accese la luce e noi uscimmo da dietro la penisola in cucina gridando <Sorpresa!>

Sobbalzò dallo spavento, ma al tempo stesso ne era veramente felice, glielo leggevo negli occhi e scoppiò a ridere capendo tutta la messa in scena di Jessica; il suo sguardo cadde sulle ragazze affianco a me e una lacrima le rigò la guancia. Ci abbracciò uno ad uno, soffermandosi soprattutto sulle amiche e ringraziando tutti della magnifica sorpresa.

<Qui l'unico che dovresti ringraziare è Jay> scherzò Margaret dopo aver spostato lo sguardo su di me. La mia partner mimò un grazie prima di essere attratta dal grande regalo che si muoveva.

<Cosa c'è?> chiese curiosa; Charlotte e Nicole la incitarono ad aprirlo e si ritrovò una cucciola di Alaskan Malamute davanti che la osservava curiosa. <Chi devo ringraziare per questo?>

<La squadra> mi intromisi io, ma dal suo sguardo capii che non ne era affatto convinta. Non indagò oltre e si godette la festa come non mai.

Per un momento tutto sembrò tornare alla normalità, ad un mese prima, però capii che non fu proprio così quando Erin uscì sul terrazzo senza giacca e con una birra in mano fissando l'oscurità. <Tutto a posto?>

<Sì, tranquillo. Stavo solo pensando> affermò dopo aver posto lo sguardo verso l'oscurità <So che sei stato tu ad organizzare tutto e a regalarmi la cucciola, però mi chiedo perché proprio qui e non a casa di Hank o da qualsiasi altra parte?> Sembrava più un monologo interiore che l'inizio di un discorso

<Erin ora ti svelerò una cosa di cui solo pochi ne sono a conoscenza> mi appoggiai al parapetto del terrazzo e imitai lo sguardo della mia partner <Una notte con la mia squadra dovevamo fare un raid notturno; doveva essere una cosa veloce, ma qualcosa andò storto. Gli altri sei membri della squadra saltarono in aria assieme all'edificio e ad un auto davanti, solo io e un altro compagno ci salvammo perché eravamo gli ultimi> feci una pausa perché rievocare quelle immagini mi faceva male <Tornato a casa, non chiusi occhio per un mese e a quel punto i miei decisero che era il momento di parlare; non andai da uno psicologo solo perché papà ci era passato con il fratello e perciò sapeva bene cosa fare. Ricordo ancora quello che mi disse "Figliolo, so che non potrò mai capire ciò che hai provato, ma so anche che quello che sto per ordinarti sarà ancora più difficile: devi andare nei luoghi che li ricordano e devi dirgli addio. Loro sanno che non è stata colpa tua e capiranno la tua scelta". Così feci e provai a convincere anche l'altro mio compagno a seguirmi, senza successo però perché disse che lui aveva trovato la salvezza nella droga> grattai l'etichetta della bottiglia che avevo in mano e la vidi mimare il nome di Mouse <Non potevamo fare la festa ad Englewood, perciò ho pensato che sarebbe stato meglio qui>

<Grazie> mi abbracciò e restammo così fino a che delle ragazze non fecero finta di tossire. Sorridemmo e ce ne tornammo dentro a mangiare la torta.

<Se domani sto male, mi pagherai la badante> scherzai

<Sì, certo, come no. Sarai tu quello che me la dovrà pagare, hai fatto tu tutto quel discorso> rispose sulle rime. Una volta ancora ero stato sottomesso, incredibile.

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