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+Capitolo 1+



.*. IRIS .*.

2 anni prima (Ohio)

«Vieni via con me, Iris» Eravamo nella stalla di casa mia, seduti su delle balle di fieno.
Ormai quell'odore pungente e agre faceva parte del mio olfatto.

Mi fissai la punta dei miei mocassini di vernice nere stringate, che scalciavano della paglia radunata.
Sapevo che Oliver, aspettava una mia risposta.
La verità era che ero in eterna combutta.
La mia vita era quella, insieme alla mia famiglia e la gente del mio popolo, e poi il fatto che avessi solo diciassette anni era un incentivo in più a non scappare.
Per dove, poi? Non sapevo niente del mondo al di fuori di quei campi e quelle stradine.
Il mio destino era già stato tracciato, ma molte volte dicono che é così per tutti.
Quindi perché sarei dovuta andare alla deriva?
La vera ragione che mi frenava era "E se tutto ciò che scopro, potrebbe piacermi"?.

«No...Non posso, Oliver.» Sussurrai più a me stessa che a lui, con un tono arreso e fievole.
Se avessi alzato lo sguardo, non avrei avuto la forza di reggere il suo, che avvertivo comunque supplicarmi.

Emise uno sbuffo frustrato, finché la sua ombra mi oscurò la luce che filtrava leggermente dentro la stalla.
«Non sei stufa di questa vita? Non vuoi scoprire cosa c'è al di là?» Tentava di convincermi, mentre la sua mano mi sfiorò dolcemente la spalla coperta dalla camicia bianca.

Azzardai ad alzare le iridi verso le sue verdi come alghe, ma non era il colore ad attirare la mia attenzione, era il modo in cui mi fissavano pieni di speranza.
«Se non lo facciamo ora nel periodo di Rumspringa, quando potremo?» Continuava imperterrito a dirmi cose che già sapevo e avevo analizzato dentro di me.
Il periodo chiamato "Rumspringa" era quello che ci davano dai sedici anni fino ai venti, per fare tutto quello che facevano i ragazzi che non facevano parte della nostra cultura.

«Oli...» Bloccò di nuovo il suo nome dalle mie labbra screpolate, per non darmi tempo di rimuginare.

«Quattro anni, e poi dovremo tornare qui e sposarci. Vuoi sprecarli così?» Il suo tono era cambiato, era più rabbioso. Scontroso.

Le mie iridi lampeggiarono, quasi mi fossi sentita offesa.
«Ci sono i miei fratelli.» Era una scusa bella e buona. La paura del mondo al di fuori mi faceva aggrappare a qualsiasi cosa, nonostante amassi le mie due sorelle e mio fratello, più piccoli di due, quattro e tre anni, di me.

Una risata amara librò dalle sue labbra.
Quasi di derisione o di chi ha capito tutto ciò che i miei occhi forse rivelavano.
«Pensi che loro, quando avranno quest'opportunità che ora tocca a noi, si tireranno indietro? No, Iris. Ma il problema non sono i tuoi fratelli.» Ribatté aspro.

«Non sono pronta.» Ammisi sconfitta, da quella lotta interna che avveniva tra il dovere e il piacere. Tra paura e curiosità.

Lo vidi annuire, togliendosi il cappello di paglia per passarsi le lunghe falangi tra i capelli biondo grano.
«Vado in New Jersey, Thomas é già lì. A luí restano solo altri due anni e poi tornerà e ti aspetterà. Sai che ti dovrai sposare con lui, quindi se cambierai idea...farò in modo di trovarci.» Certo. Facile per lui. Non avevamo neanche uno di quegli apparecchi telefonici.
E per giunta l'idea di vedere Thomas non mi entusiasmava affatto.

«Beh...Tuo padre ha un computer per il lavoro, ti manderò un E-mail e saprai dove trovarmi.» La sua mano si allungò con gentilezza, sfilandomi un secondo la cuffietta dai capelli, mentre Raimbow nitrì.
La sua voce aveva assunto una sfumatura più calda e morbida, quella che riconoscevo appartenere al mio migliore amico.

Lasciai che le sue dita mi coccolassero le ciocche corvino, che arrivavano fino al fondoschiena, mentre strinsi le mani tra loro sopra la gonna marrone, che sfiorava le caviglie esili.
«Ti prego, Iris...pensaci. Non lasciare che la paura ti proibisca di scoprire cosa c'è al di là. Se non vuoi farlo per me, fallo per te perché non avrai una seconda possibilità.» E con quelle ultime parole mi rimise la cuffietta, si abbassò per lasciarmi un bacio delicato sulla fronte, e scomparì oltre il portellone della stalla, lasciandomi con il mio cavallo Raimbow e mille pensieri in testa fitti come tutta quella paglia.

*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*

Sono passati esattamente due anni da quando Oliver é andato via, e tra due giorni mio padre mi ha informato che tornerà Thomas.
Lo conosco da quando sono piccola, i miei sono molto amici con i suoi genitori e a differenza delle altre Amish, io non ho avuto scelta.
Lui sarà mio marito tra un anno. Ci sposeremo e come di consuetudine lui andrà a lavorare nei campi mentre io dovrò imparare a ricamare le così dette "Quilt", ovvero delle coperte fatte con più tessuti e rimanere a casa dei miei finché non riusciremo a comprare una casa con una fattoria tutta nostra.
L'idea di sposarmi non mi alletta per niente, sopratutto non con Thomas.
Non mi é mai piaciuto. Certo é alto, magro, ma nei suoi occhi azzurri non leggo niente, niente che mi faccia trepidare.

"L'amore é un'utopia, Iris. Imparerai con il tempo a volergli bene e ad essere devota a tuo marito." Queste sono sempre state le parole di mio padre, mentre mia madre é sempre rimasta in silenzio riguardo alla questione.

Molti miei coetanei hanno rinunciato ad essere degli Amish e quindi non accogliere le regole, rimanendo liberi.
Potrei farlo anche io, se solo non fossi già destinata da questo effimero destino che mi lega contro ogni altra cosa, ad essere per sempre una di loro.

Mi perdo ad osservare il laghetto, mentre carezzo la chioma scura di Raimbow.
L'ho chiamato così perché il mio nome vuol dire arcobaleno, e questo ci lega.
«Tornerò, Raimbow.» Rassicuro il mio cavallo e cerco anche di convincermi che comunque vada lì fuori, io dovrò sempre tornare al punto di partenza.

Quando ho scritto ad Oliver cinque giorni fa, non stava nella pelle.
Mia sorella Melanie, verrà con me mentre Timothy e Linsday rimarranno qui, fino al compimento dei sedici anni.

Mi lascio cullare dal rumore pacifico del lago, finché non odo un lieve calpestio di passi sull'erba umida.
So già che é mia sorella, lo specchio d'acqua mi rimanda la sua figura a pochi passi dalle mie spalle.

«Ci hai ripensato?» Chiede timorosa e scuoto lievemente la testa.

Si affianca a me e ora mi permetto di girarmi a metà volto verso il suo radioso.
«Affatto. Ho un anno e intendo spenderlo nel migliore dei modi.» Le rivelo la realtà dei fatti.
Ho ponderato fin troppo e ora che finalmente ho raccolto il coraggio, niente potrà impedirmi di scoprire cosa riserva il mondo al di fuori.

Ride spensierata, allargando le braccia per fare una piroetta attorno a se stessa.
«Sono euforica. Ho già preparato il borsone e...» Si sospende un attimo, per guardarsi attorno e farsi più vicina al mio corpo.

«Appena saliremo sul treno, ci cambieremo con dei capi che mi ha dato Rachel.» Lo confida quasi come un segreto, non celando il brillio che le illumina le iridi del mio stesso colore. Verde brillante come queste foglie che vengono illuminate dai raggi solari.

«Potevamo acquistare qualcosa, appena saremmo approdate.» Innalzo le spalle incurante, mentre sgrana gli occhi e schiocca le labbra tra loro.

«Parli come nostra nonna, dovresti modernizzare il tuo linguaggio e, comunque...avremo tempo per fare shopping, ma voglio subito indossare qualcosa di diverso da queste gonnellone e camicie castigate.» É sempre stata la più ribelle tra tutti, e se così non fosse non l'adorerei.
Mi sono fatta anche coraggio per lei, lei che insieme ai continui messaggi di Oliver via email mi hanno convinta di far esplodere la mia bolla di sapone.
Di uscire dal guscio. Dal bozzolo, e aprire le ali per volare libera.

Rido di cuore nell'osservare la sua smorfia circa il nostro abbigliamento, e un lampo birichino illumina il mio sguardo.
«Credo che allora, sia arrivato il momento di preparare le ultime cose.» La informo limpida e gioiosa.

La sua mano si posa a curva vicino alle labbra, e come se avesse un megafono strepita,
«New Jersey, stanno arrivando le sorelle Parker...Tremate.» E scoppiamo a ridere in simbiosi.

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