Capitolo Tredici
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Grazie e buona lettura 🌼
Harry misurava a grandi passi la sala d'attesa della stazione di Waverly da un tempo che gli sembrava infinito.
In realtà, ne aveva varcato la soglia soltanto da venticinque minuti, ma erano stati abbastanza per sbuffare a intervalli regolari, mettere su un broncio che avrebbe fatto impallidire Mia nel suo giorno più nero e guardare lo schermo del cellulare come un ossesso. Il suo treno sarebbe partito in meno di mezz'ora e di Louis non c'era alcuna traccia, nonostante la sua promessa di trovarsi davanti l'entrata principale della stazione per gli ultimi saluti. Il suo animo era inquieto e lo dimostravano le chiamate e i messaggi che gli aveva indirizzato in quei minuti e che non avevano ricevuto alcuna risposta. Sul suo cellulare continuavano a rimbalzare decine di messaggi in cui amici e colleghi si complimentavano con lui per l'ultimo numero di Serendipity, ma nessuno di questi gli interessava davvero in quel momento.
«...spero che non sia successo niente di grave e che ti vedrò entrare in stazione da un momento all'altro. Io sono sempre qui, davanti al tabellone dell'entrata principale.» sospirò al telefono, grattandosi la nuca. «Ti amo, a tra poco.»
Non riusciva proprio a giustificare la sua assenza e, per quanto avesse solitamente un atteggiamento positivo alla vita, in quel momento non riuscì a far a meno di pensare a eventi catastrofici che avevano impedito a Louis di raggiungerlo in stazione. La maggior parte comprendeva l'improbabile risveglio dei vulcani sui quali era stata costruita l'intera città o di quel drago che tanto piaceva a Mia perché il suo cuore non avrebbe mai retto un incidente o qualunque cosa che avrebbe potuto realmente ritardare il suo arrivo. Si strofinò il volto con i palmi delle mani e trasalì quando la voce metallica degli annunci comunicò l'imminente arrivo del suo treno.
Fu proprio in quel momento che, guardando distrattamente verso l'entrata della stazione, lo intravide tra i passanti.
Louis si guardava intorno mentre un solco profondo gli divideva le sopracciglia corrucciate e sembrava spaesato in mezzo alla numerosa folla. Si muoveva in modo frenetico, sembrava quasi aver fretta di trovarlo e quel modo di fare gli ricordò di averlo già visto in quelle condizioni un paio di settimane prima, quando era alla ricerca di sua figlia al Royal Military Tatto. Eppure, pensò, non c'era alcun motivo per quella preoccupazione che gli stropicciava il volto in quanto lui non era sgattaiolato via, era proprio lì, a qualche metro di distanza, pronto ad accoglierlo a braccia aperte. Harry intercettò il suo sguardo e un sorriso sincero guizzò sulle proprie labbra prima che sventolasse la mano destra per fargli cenno di raggiungerlo.
«Ehi!» esclamò, non aspettandosi affatto lo spintone che ricevette sul petto un attimo dopo e che lo fece arretrare di qualche centimetro un attimo dopo. «Ma c-cosa...»
«È stato per questo?» sputò Louis, i lineamenti del suo viso deformati in una smorfia di disgusto. «È stato per questo che ti sei avvicinato a me, a noi?»
Harry scosse la testa confuso. «N-non so di cosa...»
«Risparmiami la pantomima, cazzo. So tutto, so della rubrica, di come hai venduto la mia storia e...»
«Aspetta, hai già letto l'articolo?»
«No e non voglio neanche farlo, non volevo neanche che la mia storia fosse sbattuta su un cazzo di giornale, ma tu hai deciso per me tenendomi all'oscuro delle tue vere intenzioni.»
«Ho parlato della nostra storia. E di quali intenzioni parli? Sono sempre stato trasparente con te, non c'è mai stata alcuna cospirazione.»
«Sì? E allora come lo chiami l'esserti intrufolato nella mia vita, avermi fatto credere di aver trovato una persona della quale potermi fidare e poi pugnalarmi dietro le spalle? Dio, questa non è la nostra storia. Il Daffodil non fa parte della nostra storia, né Cameron o Mia. La mia vita non doveva essere materiale per la tua stupida rubrica, dannazione. Mi sono aperto così tanto con te, Harry. Ti ho raccontato cose che mai e poi mai avrei raccontato a qualcun altro. E tu? Tu eri attento a ogni parola perché volevi scrivere tutto nella tua cazzo di rubrica, non è così?»
Harry boccheggiò per l'assurdità di quelle insinuazioni. «Come puoi pensare qualcosa del genere? Ti ho ascoltato con attenzione perché ne avevi bisogno, perché volevo conoscerti meglio dal primo istante in cui ti ho visto, ma mai per ingannarti o usarti.»
«Come puoi pretendere che io ti creda quando è tutto nero su bianco?» Louis scosse la testa, prima di esitare per pochi istanti e strabuzzare gli occhi, come se una realizzazione lo avesse colto all'improvviso. «Era questo il progetto a cui stavi lavorando da qualche settimana? Quello di cui non mi parlavi, quello che avrebbe dovuto essere una "sorpresa". Ecco perché non mi lasciavi mai sbirciare lo schermo del tuo computer.»
«Cosa? No, no, non era assolutamente questo. Non era neanche nei miei piani scrivere il nuovo numero su di te, su di noi, mi ero deciso a utilizzare quella vecchia storia ormai. L'idea mi è venuto ieri notte e...»
«...e ti aspetti che io ti creda? Perché dovrei farlo a questo punto?»
«Perché ti amo e non farei mai qualcosa che possa farti soffrire.»
«Se tu mi avessi amato per davvero, non avresti mai dato in pasto ai tuoi lettori la mia storia. Dio, non hai pensato neanche alle conseguenze delle tue azioni. La sala da tè è piena di gente che guarda me e mia figlia come se fossimo due fenomeni da baraccone e tu parli di amore. Mia è spaventata e non fa altro che chiedermi chi è tutta quella gente che conosce il suo nome e quello di suo padre!»
Harry si pietrificò all'istante perché a quell'eventualità non ci aveva pensato neanche lontanamente. «I-io non pensavo di creare tutto questo, i-io volevo solo...»
«È questo il problema, non hai pensato a nulla. Se non mi avessero informato del numero questa mattina, saresti partito a cuor leggero e mi avresti lasciato qua da solo ad affrontare tutta questa sovraesposizione non richiesta. Non volevo che il mio locale diventasse famoso per la tua stupida rubrica, non volevo neanche che mia figlia si sentisse a disagio in quel posto e non volevo tutto questo.»
«Doveva essere soltanto un gesto romantico e...»
«...e nessuno te lo ha mai chiesto, Harry.» ribatté Louis lapidario, prima di scuotere la testa deluso. «Avevo chiesto soltanto una cosa: essere finalmente amato e tu...»
«...e io l'ho fatto, l'ho fatto e continuerò a farlo. Ricordi? Ti amo oggi e ti amerò anche domani e dopodomani.» Gli prese le mani nelle sue e le strinse con veemenza, come se bastasse a fargli comprendere le sue intenzioni. «Ti amo e mi ami anche tu, Lou.»
«Hai venduto la mia vita, quella di Cameron e quella di Mia a un giornale soltanto perché dovevi risollevare la tua carriera in declino. Sono tante le cose che provo in questo momento, credimi, ma l'amore non è tra queste.» Louis si liberò dalla sua presa con un gesto stizzito e fece un passo indietro. «Sono disgustato. Questi mesi non hanno significato nulla per te, sono stati utili soltanto a farti avere la tua storia.»
«Sai che non è così, non era neanche previsto che usassi questa storia per il numero di agosto, ma sentivo che fosse la cosa più giusta da fare ieri notte e l'ho fatto. Mi sono messo a nudo per imprimere nero su bianco tutto quello che è successo in questi mesi e...»
«Dacci un taglio con tutte queste cazzate, ci hai venduti soltanto per una mera soddisfazione personale. Quanti complimenti hai ricevuto? Il tuo redattore ti ha spostato un gradino più in alto? Tua madre ora sarà più fiera di te?» Le ultime parole che pronunciò sfumarono in una risata così amara che gli fece increspare la pelle di brividi. «Spero soltanto che tutto questo sia valso il sacrificio della nostra storia e di quello che di buono pensavo di te, Harry.»
Louis gli lanciò l'ennesima occhiata velenosa, prima di voltargli le spalle e avanzare qualche passo verso l'uscita. Non ancora pronto a lasciarlo andare, Harry lo raggiunse in poche falcate e gli prese la mano invitandolo a voltarsi e a guardarlo ancora una volta negli occhi. Il suo sguardo era vacuo, sembrava svuotato persino dalla rabbia che dapprima lo animava e gli suggeriva che ormai avesse messo su una corazza per proteggersi da lui.
«Non può finire così tra me e te. Cosa ne è stato di tutto quello che ci siamo promessi ieri notte?» lo incalzò, mentre Louis distoglieva lo sguardo dal suo e lo puntava a terra. «Non ho mai voluto ferire te, Mia o il ricordo di Cameron. Sai quanto siete preziosi per me e mi dispiace da morire per non averti parlato del nuovo numero, ma è stata una decisione affrettata e sinceramente pensavo che ti sarebbe piaciuto. Volevo soltanto sorprenderti e, forse, hai ragione tu. Forse sono stato un egoista, un irresponsabile, ma volevo soltanto gridare al mondo intero quanto fossi importante per me.»
Tremava ormai. Harry tremava e non per le correnti che si generavano nell'ampia stazione e che gli scompigliavano i riccioli castani a intervalli regolari. Tremava perché aveva paura di perdere Louis, di perdere quanto di più vero la vita gli aveva donato negli ultimi anni, di perdere ogni loro bacio, abbraccio, sorriso.
«Ti prego, perdonami.»
Le mani erano ancorate alle sue, come se da quest'ultime dipendesse la sua salvezza. Lo sguardo di Louis era ancora schermato dalla frangia color miele e niente gli permetteva di capire se ci sarebbe stato almeno un barlume di speranza, qualcosa per cui lottare. C'era solo un'attesa straziante, fatta di sospiri e di un cuore che batteva erratico ignaro della sorte che lo aspettava.
«Non posso.»
Louis scosse la testa e si sottrasse ancora una volta alla sua presa.
«Per favore, leggi il numero e capirai tutto.» lo pregò Harry avanzando di un passo nella sua direzione. «Leggilo e capirai che non è mai stata mia intenzione ferirti, volevo soltanto raccontare la nostra storia perché fosse d'ispirazione per qualcun altro. Leggilo e capirai quanto ti amo.»
Nessuno, però, sembrò ascoltare quelle preghiere.
«La scorsa notte mi hai detto che non ti importava di non aver trovato molto materiale per la tua rubrica negli ultimi mesi perché avevi trovato me. Mi hai detto che ero la tua serendipità e io ti ho creduto perché per me era lo stesso. Permettimi di correggerti a questo punto, Harry, perché hai trovato la tua storia strappalacrime e chissà cos'altro per la tua carriera, ma hai perso me.» sospirò l'altro grave. «Non voglio vederti mai più.»
Con il cuore a sprofondare nell'abisso più nero, vide Louis scomparire tra la folla in pochi istanti. Gli stessi, pensò, gli erano bastati a innamorarsi di lui pochi mesi prima in un locale affollato, mentre le note di quella vecchia gloria scozzese risuonavano nelle sue orecchie come un'eco dolorosa.
*
Una volta Harry aveva letto in un libro che certe immagini dell'infanzia rimangono impresse nella mente come fotografie, come scenari che si ricordano per sempre e ai quali si continua a tornare nonostante il trascorrere del tempo.
Capì il senso di quelle parole quando, tornato a Londra nel tardo pomeriggio, si ritrovò a percorrere il vialetto d'ingresso della villa di famiglia a Hampstead. Ricordava bene la prima volta in cui aveva messo piede sulla pietra della pavimentazione, il bianco delle murature che gli erano sembrate così imponenti per un bambino della sua età, quel giardino che si estendeva al di là della casa e che gli prometteva innumerevoli avventure. Quel ricordo svanì man mano che avanzava nel vialetto, schiacciato da un senso di sconfitta che cominciò a diffondersi nel suo cuore. Infilate le chiavi nella toppa del portone, non passò molto prima che ascoltasse una serie di passi familiari farsi sempre più vicini.
«Harry!» esclamò Anne, non appena lo vide sulla soglia d'ingresso. «Ti aspettavo ore e ore fa.»
Sua madre, stretta in una tuta celeste e con i capelli alzati in una coda ordinata, lo raggiunse con un sorriso accogliente e Harry si ritrovò a desiderare, nello stesso momento, di correrle incontro e di scappare nella direzione opposta. Non poté scegliere nessuna delle due opzioni, però, perché Anne lo strinse in un abbraccio spaccaossa e gli stampò due baci su ogni guancia impedendogli di sottrarsi alla sua presa.
«Allora, cosa è successo? Il treno era in ritardo?»
Harry boccheggiò per qualche istante, non sapendo neanche da dove cominciare. «Ehm, io...» balbettò, mentre gli occhi cerulei di sua madre cominciavano a scrutarlo con preoccupazione. «...l'ho perso.»
«Hai perso il treno?»
Il treno? Louis? Tutto, pensò. E non poté far a meno di realizzare che fossero così le relazioni, che cominciassero con niente, con uno sguardo o con un sorriso fugace, e che, invece, la maggior parte delle volte, finissero con tutto.
«Ho perso tutto.» soffiò, prima che le sue labbra fossero scosse da un fremito, poi un altro e un altro ancora e delle lacrime cominciassero a rigargli le guance. «Tutto, mamma.»
E per quella che era la prima volta in anni si ritrovò naturalmente a cadere tra le sue braccia alla ricerca di un conforto che sopisse qualunque dolore, che mettesse a tacere quella voce fredda e spietata nella sua mente che gli ripeteva quanto fosse stato sciocco a pensare che sarebbe andato tutto per il verso giusto. Anne non gli pose alcuna domanda, lo cinse tra le braccia e lo confortò come soltanto una madre sapeva fare, accarezzandogli la nuca e lasciandogli dolci baci sulla sua spalla, mentre Harry nascondeva il viso nell'incavo del suo collo.
Non seppe quantificare il tempo trascorso in quel modo. Quando affondò nel divano del soggiorno e sua madre gli sistemò tra le mani una tazza di tè caldo era ormai sera e la stanza era rischiarata soltanto dalla luce fioca di un abat-jour. Le aveva raccontato a grandi linee quello che era successo e per la prima volta lei sembrava averlo ascoltato per davvero senza la necessità di rovesciargli addosso i soliti giudizi severi.
«Tu...insomma, tu lo hai letto?»
Anne annuì. «E l'ho trovato dolce.»
«D-davvero?»
«A tratti l'ho trovato un po' troppo smielato per i miei gusti, ma forse sono semplicemente fuori allenamento.» A quel punto liberò una flebile risata imbarazzata, prima di farsi nuovamente seria. «E, nonostante i nostri punti di vista così diversi praticamente su tutto, in parte ho capito perché lo hai fatto. E mi dispiace non averlo compreso prima, ma grazie alle tue parole ora mi è chiaro perché tu sia innamorato di lui.»
Harry accennò un sorriso flebile. «Era questo il mio intento, voleva essere soltanto una dichiarazione d'amore.»
«Ma come hai potuto pensare che sarebbe stata una buona idea farla in questo modo? Insomma, scrivere di voi due sul giornale per cui lavori o mettere nero su bianco la vostra vita privata è un passo molto importante e forse Louis non era ancora pronto a tutto questo.»
«Non lo so, dovevo immaginarlo, ma...» esitò, scuotendo la testa. «...in pochi mesi Louis è diventato il mio tutto, la mia nuova vita. In ventisette anni non mi sono mai innamorato, l'ho fatto per la prima volta di lui e forse non sono stato in grado di gestirlo in maniera razionale. È il rischio di tutte le prime volte, credo...si perde completamente il senso della misura.»
Sua madre sospirò, prima di tendere una mano verso la sua guancia e accarezzarla teneramente. «Credi che non ci sia più niente da fare ormai?»
«Non lo so, mi ha detto che non vuole vedermi mai più. Soltanto poche ore prima mi aveva detto di tornare tra al massimo un paio di settimane e che sarei stato direttamente da lui. E ora? Ora mi ritrovo a Londra con l'eventuale probabilità di averlo perso per sempre e con il cuore infranto»
Anne si fece più vicina, gli prese una mano nella sua e la strinse forte. «Sai quale è il bello dei cuori infranti?»
Lui scosse la testa.
«Che possono rompersi davvero soltanto una volta, il resto sono soltanto graffi.» mormorò, come se fosse un segreto. «Non ti sto dicendo che non continuerai a soffrire e che non vorrai tornare a Edimburgo almeno una volta al giorno d'ora in poi, ma tutto questo dolore che senti in questo momento passerà e tornerai l'Harry di sempre. Imparerai a conviverci e pian piano farà sempre meno male.»
E forse quello era davvero il suo segreto, il mantra che Anne si era ripetuta per sopravvivere anche dopo la scomparsa di suo padre. Aveva imparato a convivere con la sua assenza e si era costruita un muro intorno al cuore impedendo così che finisse per essere disintegrato completamente dal dolore. Quel muro Harry lo aveva sempre odiato e aveva promesso a se stesso di non innalzarlo mai e poi mai poiché non impediva soltanto al dolore di penetrare, ma anche all'amore e alla felicità. Era successo con Anne, diventata ormai la copia sbiadita di se stessa, e non voleva che succedesse anche con lui. Inoltre, Louis non era suo padre. Louis non era scomparso, era ancora lì, a cinquecento miglia di distanza e aveva il suo stesso cuore infranto. E lui non voleva tornare a essere l'Harry di sempre, quel ragazzo perduto e partito per ritrovarsi, perché gli piaceva ciò che era diventato, come l'altro lo aveva inavvertitamente e inesorabilmente cambiato.
Si ritrovò ad annuire lentamente, pur non condividendo totalmente le parole di sua madre: in quel momento, gli bastava soltanto che gli fosse vicina e che condividesse con lui almeno una parte di quel dolore che gli faceva tremare le pareti del cuore a ogni sospiro.
*
Louis sbuffò il fumo grigio della sigaretta dalle sue labbra sottili con un gesto lento.
Non ne toccava una da mesi, ma quel giorno, soltanto per quel giorno, si era promesso di lasciare da parte i suoi buoni propositi e di vivere un momento che fosse davvero suo. Nessuno sapeva dell'esistenza di quel pacchetto di sigarette sepolto nel terzo cassetto del suo comodino, tra dei vecchi calzini e una maglietta dei Doncaster Rovers. Lo aveva nascosto lì per le emergenze e negli ultimi tempi non gli era mai servito granché perché di emergenze non ce ne erano state. Aveva smesso di fumare da tempo ormai, ma, dopo la giornata che aveva vissuto, non aveva desiderato fare altro che porre le labbra su quel cilindro stretto, aspirarne il fumo e chiudere gli occhi per svuotare la mente.
Era consapevole del fatto che tutti i suoi problemi non sarebbero spariti all'improvviso, ma credeva che ritrovarsi sul tetto del Daffodil in piena solitudine e a notte fonda lo avrebbe aiutato.
E lo fece per davvero perché per un istante dimenticò la chiamata di sua madre, la corsa al Daffodil e la vista della sala da tè gremita di folla alla ricerca del protagonista della rubrica di intrattenimento più chiacchierata del giorno, la discussione con Harry e l'ultimo sguardo disarmato che gli aveva rivolto. Poi, aprì gli occhi e distrattamente concentrò l'attenzione sul quotidiano al suo fianco, il quale nascondeva tra le pagine il vaso di Pandora che aveva innescato quegli eventi, e tutto tornò.
Non sapeva neanche perché lo avesse portato con sé sul tetto.
Una parte di lui voleva credere alle parole di Harry, voleva leggere quell'articolo e cercare di comprendere il suo punto di vista. Magari, azzardò, avrebbe scoperto una parte di sé che non conosceva, avrebbe letto se stesso attraverso le parole di Harry e finalmente avrebbe capito le motivazioni dietro quel suo gesto. Un'altra parte, quella che aveva dovuto avere a che fare con quegli avventori a caccia di scoop per l'intera giornata e aveva realizzato di aver affidato il suo cuore e la sua vita a una persona che non aveva saputo custodirli, invece, voleva soltanto ridurre in mille pezzi quei fogli di giornale. Indeciso sul da farsi e certo che non avrebbe compiuto una scelta quella notte, distolse lo sguardo e continuò a fumare con gesti lenti e misurati.
Ignorò il bruciore che cominciò a diffondersi nel suo petto, ignorò persino il fatto che non fosse colpa della sigaretta, ma dell'anello che portava al collo e che, insieme alla sua coscienza, cercava disperatamente di dirgli qualcosa.
Un nuovo anno e un nuovo capitolo per voi. Ci stiamo avvicinando alla fine della storia, anche se ci sono ancora parecchi nodi da sciogliere.
Fatemi sapere cosa ne pensate nel frattempo!
A presto,
Lucia
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