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Ritorno

Due ali.
Una nera e una bianca.
La seconda sovrasta la prima.
Perché?
Perché la morte è libertà.
-ragazza_complicata

19/05/840

(T/n)'s pov

Uno scossone.
Due.
Tre.

Un ruscello.
Pianure.
Alberi.

Nuvole.
Pioggia.
Buio.

Lividi.
Sangue.
Dolore.

Paura.

Il viaggio di ritorno dal Wall Maria fu un intersecarsi di tutto ciò.

Ormai il mio corpo, veloce e scattante, era stato rovinato e ridotto ad un ammasso di carne coperto di sgradevoli chiazze viola e rivoli sanguinolenti ormai seccati.

La mia forza, che un tempo era la cosa di cui più andavo fiera e che più mi caratterizzava, era stata prosciugata in quei lunghi mesi che avevo passato a dissodare i terreni del Wall Maria.

Mi sentivo vuota, spenta.

Mi mancava il fiato al minimo spostamento.

Al più piccolo movimento, gli arti mi dolevano.

Un dolore da togliere il fiato.
Un dolore che potevi urlare nel vento.

La vista si appannava ripensando ai vecchi momenti passati là sotto.

Una lacrima.
Due.
Tre.

Se avessi saputo che mondo mi avrebbe aspettata risalendo la scala credo sarei rimasta volentieri là, nella sporcizia e nello stile di vita losco e oscuro...ma pur sempre rischiarato dall'allegria dei miei amici.

Sentii tanto freddo durante quel viaggio.

Ci diedero una coperta da dividere. Era sporca e vecchia. Ci rintanammo ugualmente là sotto stringendo i nostri corpi in modo da riscaldarci.

Era maggio, ma ancora si sentiva quel remasuglio di inverno presente nell'aria.

Isabel dormì per tutta la traversata verso il Wall Sina, dove saremo state ancora giudicate.

Quella mattina ci avevano picchiate.

Come al solito fui io quella a prenderne di più. Ero sempre stata esuberante, testara e fottutamente orgogliosa. Ciò mi aveva sempre portata alla rovina.

Il motivo era alquanto insignificante.
Avevo mangiato un tozzo di pane in più, guarda caso quello che spettava proprio alla guardia. Per ripagare il pane aveva provato gusto nel picchiarmi successivamente. Non ero svenuta, avevo finto di esserlo altrimenti avrebbe continuato.

Avevo sentito gli occhi di Isabel addosso a me, per poi spostarsi sul terreno. Avevo visto anche le sue lacrime bagnare la terra sotto ai suoi piedi.

Ne avevo sempre prese io più di lei. Essendo più forte fisicamente non potevo permettere che le facessero qualcosa, dopotutto a me stava meglio cosi...non volevo vederla soffrire.

Era forse mezzanotte quando mi spostai dall'abbraccio della mia amica per affacciare la testa fuori dalla piccola apertura sulla porta.

Il cielo era nero. Senza stelle e senza luna. Sembrava surreale. Era vuoto. Proprio come me.

L'unico desidero era quello di rivederlo. Il solo pensare a lui mi faceva cosi male da dover evitare di soffermarmici troppo.

Cercavo di non piangere. Ma spesso era impossibile.

Arrivammo a destinazione il giorno dopo sul tramonto. Ci fermammo davanti ad un imponente edificio. Delle guardie aprirono il carro e ci misero le manette. Non erano le stesse di quei mesi, per fortuna.

Ci fecero entrare da un ingresso laterale, poi ci accompagnarono in una stanza con un lettino e una scrivania. Poco dopo entrò un signore dal camice bianco, un dottore suppsi.

Ci guardò con aria gentile per poi visitarci e curare tutte le ferite accumulate.

Aveva dei capelli marroni e portava dei curiosi occhiali dalla montatura tonda e argentata, aveva gli occhi verdi.

Al collo portava un ciondolo davvero curioso. Una chiave. Lui notando che la stavo osservando mi sorrise e se la infilò sotto il camice, in modo che non si vedesse più.

«mi scusi, non volevo essere indiscreta»
«figurati»

mentre ci visitava ci fece delle domande tanto per rompere il silenzio imbarazzante che si era andato a creare.

"Come vi chiamate", "come state" e altre delle solite domande inutili di cui tanto conosceva già la risposta.

«e lei invece? Come si chima? Da dove viene?»

Lui si fermò un attimo smettendo di disinfettare un taglio che avevo sul polpaccio sinistro.

Senza alzare lo sguardo dalla ferita, pronunciò queste parole a cui io però non diedi troppa importanza.

«Chiamami pure dottor Yaeger»

il giorno dopo

Dopo la visita ci portarono in una cella in attesa dell'esordio del giudizio sul nostro futuro.

Dopo circa quattro ore sentimmo delle voci che non erano quelle delle guardie che ci schernivano da dietro le spalle, riconobbi subito la voce principale.

«Erwin Smith» sussurrai.

Un uomo sulla trentina si avvicinò alla cella. Aveva i capelli biondi e lisci tenuti ben fermi. Osservandolo meglio notai che la sua capigliatura aveva una certa somiglianza ad un culo, ma tenni la battuta da fare ad Isabel per dopo. Ero sicura avrebbe apprezzato.

«Io sono Erwin Smith, capitano della Legione Esplorativa.» ci guardò severamente dall'alto in basso.

Stava per ricominciare a parlare quando un urlo simile ad un gatto che sputa una palla di pelo misto ad un uccello asmatico, interruppe il suo discorso.

«ERWIIINNN!!»

Una donna sbucò dal corridoio, aveva i capelli bruni e portava un paio di occhiali che però sembrava non usare mai.

Si appoggiò con le mani sulle ginocchia cercando di fermare il respiro affannoso dovuto alla corsa.

«Ah Hanji, capiti proprio a fagiolo» «no Erwin non sono qui per i fagioli» rispose lei ingenuamente.

In quel momento vi giuro sarei andata lì a schiaffarle una mano sulla fronte ma le sbarre, ahimè, me lo impedirono.

«sono loro le due criminali?» «si» «devono ancora effettuare la prova vero?! Perche io DEVO assolutamente esserci» disse lei in un misto tra severo ed entusiasta.

«si si...stavo quasi per dirglielo» rispose il capitano.

«dirci cosa?» fece la mia amica, che fino a quel momento era stata in silenzio. «adesso vi spiego tutto. Il giudizio su di voi si è concluso con tale esordio: effettuerete una prova con il 3DMG e a seconda del risultato potrete o no far parte della Legione Esplorativa.» «beh non sembra difficile» dissi spavalda «la prova è fra un'ora, vedete di riposarvi. Verranno a prendervi due guardie» detto questo se ne andò trascinando dietro di se anche "Hanji".

Quell'ora fu davvero straziante.

Mi ci vollero vari minuti per realizzare coscientemente che tutto ciò non era un sogno e che per rivedere Levi e Farlan avrei dovuto solo superare una stupida prova.

Isabel fremeva quanto me, anche lei non vedeva l'ora solo al pensiero.

Dopo sette fottutissimi mesi in cui avevo pianto, sofferto, provato rabbia e superato depressione e morsi della fame, rivedere loro, la luce della mia vita, mi sembrava uno scherzo.

Ripensai a quel bellissimo bacio dato sul tetto del nostro rifugio nel Sottosuolo.

Ricordai l'angoscia, il dolore e la rabbia provati nel vedere il Corpo di Ricerca, a cui a breve mi sarei unita anch'io, trascinare via due delle cose più importanti per me (la terza era Isabel ovviamente).

Era buffo pensare che le persone per cui ho provato e provo tutt'ora maggior rancore, sarebbero a poco diventate miei compagni di sopravvivenza.

Ma non mi importava più di tanto del rancore, ho giurato che avrei fatto di tutto per riabbracciarli e così sarà.

Guardai Isabel mordersi le unghie con frustrazione. Le rovolsi un sorriso.

Lei ricambiò, mutando la sua espressione e rendendola meno ansiosa.

Dei passi attirarono la nostra attenzione.

Era arrivato il momento.

La mia migliore amica mi rivolse uno sguardo dal valore di più di mille parole, ma che ne lasciavano trasparire solo tre più importanti.

"Ce la faremo".

Hyy gaiss(?)!!

Gomen'nasai se non ho aggiornato prima ma questa settimana avevamo i consigli di classe quindi:

verifiche, interrogazioni, verifiche, interrogazioni e oh...guarda! Ho un compito domani!

Comunque questo capitolo lo so, fa un po ew ma gomen, è di passaggio e cone già sapete questi sono un po'cosi.

Ho fatto apparire a caso un Grisha selvatico per creare più "OMGG CHE CAZZ CI FA LÌ" ma boh mi sembrava figo mettercelo.

Comunque ho aperto da poco una page instagram su manga e anime, si chiama @manganime_memez e se vi va fateci un salto :3

Beh ci vediamo alla prossima gente carina
-Ymir

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