Neve e Fuoco
Scusatemi se pubblico a quest'ora ma ho finito i giga e sto scroccando WiFi da un bar qui vicino lol
(T/n) pov
Il giorno dopo ci svegliammo, o meglio ci svegliarono, all'alba battendo il fucile sulla porta d'ingresso. Potevo semplicemente tapparmi le orecchie e girarmi dall'altro lato no? No.
Battevano quella stramaledettissima arma come se dovessero sfondare la porta. Immaginatevi un gigante che saltella, ecco un rumore simile a quello.
In tutto questo ero ancora completamente mezza addormentata...e deliravo.
«Levi...non rompere il cazzo...altri cinque minuti» dissi immergendo la faccia nel cuscino, per poi rendermi conto che là fuori non c'era Levi a svegliarmi, ma quelli del corpo di Guarnigione. «uff...» sbuffai «ABBIAMO CAPITO FACCE DI CULO ORA CI ALZIAMO» stranamente i colpi si fermarono...ma sentii comunque da fuori una marea di bestemmie che nemmeno io e Levi insieme avremo potuto dire di prima mattina.
Ci alzammo molto di malavoglia e ci vestimmo: una gonna marrone per Isabel e una rossa per me con sopra una camicia bianca per entrambe e un gilet da mettere sopra per il freddo. Legai i miei (l/c) capelli (c/c) in uno chignon disordinato poi andammo a fare "colazione". Tutto ciò che avevamo era un tozzo di pane e un bicchiere d'acqua.
«allora...siamo pronte?» la mia amica mi si affiancò «no per nulla» «dai che vuoi che sia togliere qualche sasso?» disse lei ridendo, a quel punto risi anche io, non so se per disperazione o perche facesse davvero ridere ma poco importava ormai.
Uscimmo, poi ci accompagnarono al campo dove avremo lavorato quel giorno. Dire che era IMMENSO era poco. «ritiro quello che ho detto...» disse Isabel con gli occhi sgranati. «forza iniziate da qui» ci disse uno di quegli uomini. Entrambe iniziammo accovacciandoci sul terreno ed estraendo sassi piccoli medi e grossi. Avevamo un secchio a testa, che poi avremo svuotato in una carriola e successivamente su un carro.
Arrivammo all'ora di pranzo già sfiancate...e avevamo solo venti minuti! «posso imprecare...? Ti prego» dissi riprendendo fiato «no...mangiamo e basta» mi rispose lei guardandomi male. Come erano andate quelle sei ore di lavoro? Tranquillo ma faticoso, se non fosse stato per LORO.
Quei due soldati del cazzo! Se ci fermavamo, ci prendevano a calci o ci frustavano. Io avevo ricevuto un paio di calci negli stinchi mentre Isabel una frustata sulla schiena. Sembravamo animali. Se Levi avesse visto...
Ma lui non c'era, era là tra quei coglioni del corpo di ricerca! Cazzo che frustrazione!
Mi massaggiai i lividi «come va a te Isabel?» dissi mentre mangiava cercando di non appoggiare la schiena «uno schifo...» il pranzo continuò in silenzio.
Alla fine della giornata, il sole era calato da un pezzo ed era buio nonostante fossero soltanto le sette. Faceva un freddo cane e le ultime ore del pomeriggio, dalle cinque alle sette, quando il sole ormai cominciava a calare, aumentava il freddo ed era difficile andare avanti con le mani gelate ed immobilizzate. «n-non ce la faccio» dissi fermandomi un attimo per scaldare le mani con il fiato. «d-dai...m-manca poco» mi rispose Isabel tremando.
«EHI VOI DUE! CHE STATE FACENDO MUOVETEVI» quei due vennero verso di noi. Ovviamente loro non soffrivano il freddo, erano ben equipaggiati per quella stagione, al contrario di noi.
Per Isabel era il primo inverno della sua vita. Essendo nata e cresciuta nel sottosuolo, dove anche nelle stagioni fredde l'aria era umida e afosa, e non essendo mai uscita di lì non poteva saperlo. Io invece...erano come minimo 11 anni che non vivevo l'inverno. Era ancora Autunno è vero, ma le temperature erano decisamente più basse.
Non ricordavo la sensazione del freddo...così pungente e penetrante. Ti entrava sotto i vestiti, nella pelle e arrivava senza pietà fino alle ossa. Ti immobilizzava, ti faceva credere di non poter più muovere un muscolo.
L'uomo arrivò vicino a me, ero ancora ferma sul terreno a guardarmi le mani come se potessi scaldarle con lo sguardo. «che cazzo stai facendo? Muoviti» mi tirò un calcio sul braccio, trattenni un gemito di dolore. «allora vuoi fare qualcosa delinquente di merda?! Dovresti morire pe-» con una mossa fulminea mi alzai e gli tirai un pugno sullo zigomo. L'uomo mi prese per il braccio dolorante e mi sbattè al suolo con violenza. «AHH» urlai «basta la prego...» Isabel aveva le lacrime agli occhi «la prego...» si avvicinò a me ma lui la spinse via.
Iniziò a picchiarmi, non riuscivo a reagire. Forse era il freddo...forse la paura. Sentivo a malapena gli strilli di Isabel. L'uomo non sembrava cessare nel colpirmi, percepivo un liquido caldo fuoriuscire dalla mia bocca. Caddi a terra, sul freddo terreno appoggiando la guancia sui sassi. Piano piano, il dolore aumentava e gli occhi faticavano a restare aperti. L'ultima cosa che vidi fu il volto in lacrime della mia amica.
Poi precipitai nuovamente nel buio e nella debolezza.
«Levi...dove sei?»
xxx
«ehi...ehi (t/n)» mi sentii scuotere «(t/n) ti prego...» era Isabel. Aprii un occhio «oddio...(t/n)» mi sollevò stringendomi tra le braccia «ahi...ahi ahi ahi» gemetti stretta nella sua presa «oh scusa, sono solo felice che tu ti sia svegliata» disse cercando di sorridermi «sono...sono ancora qui?» mi massaggiai la testa, avevo dolore ovunque. Lentamente i ricordi riaffiorano nella mia mente. Mi sentii esplodere di rabbia: perche non avevo reagito? Perché avevo lasciato che mi trattassero cosi?
«ehi Isabel...è ancora sera, che ore sono?» ero ancora stordita e mi sorpresi quando riuscii a pronunciare una frase di senso compiuto. «quell'uomo se n'è andato appena sei svenuta, dovrebbe essere passata un'ora poco più» mi accarezzò i capelli. «niente cena stasera...mi dispiace» «scherzi?! Dispiace a me» dissi alzando la voce «non importa...abbiamo ancora il nostro talento da sgraffignatrici no?» disse sorridendomi complice «sei una piccola furbetta» poi mi aiutò a tornare in casa.
«mettiti sul letto...non fare sforzi» ricaddi malamente sul materasso per lo sforzo «ahi...oggi non voglio proprio smettere di farmi male» dissi ridacchiando mentre mi massaggiavo la schiena «io vado a prendere qualcosa...spero non mi vedano» poi uscì dalla stanza.
Mi ritrovai sola con i miei pensieri. E, indovinate un po', tornai a pensare a Levi.
Cosa stava facendo? Lo stavano trattando bene? Mi pensava?
Le domande mi frullavano nella testa senza sosta anche se sapevo che non avrei avuto una risposta.
Mi mancava. Mi mancava terribilmente. Lui per me era stata una presenza così costante nella mia vita che ero abituata ad averla accanto senza pensarci, come se fosse normale. Mi accorsi di quanto lui fosse importante per me solo in quel momento, quando non c'era più.
Ero abituata a lui che mi preparava il tè la mattina e la sera, alla costante pulizia che regnava in casa, ai frequenti battibecchi amichevoli che ci scambiavano occasionalmente. Si, ero una nostalgica del cazzo ma non potevo farci nulla.
Isabel rientrò nella stanza con una faccia compiaciuta «ho trovato delle cose...» aveva un sorriso stampato sul viso nel mentre pronunciava quelle parole «fa vedere» mi porse del pane, una bottiglia d'acqua e delle patate bollite fredde. «wow bella roba Isabel» commentai soddisfatta. «adesso mangiamo però» divorammo tutto in poco tempo, il mio stomaco brontolava ancora ma lasciai perdere.
«aspetta! Devo curarti le ferite» disse battendosi una mano sulla fronte. Corse fuori dalla camera e tornò poco dopo con del ghiaccio avvolto in un fazzoletto e del disinfettante con alcune bende. «dimmi se ti faccio male ok?» detto questo si mise al lavoro.
La mattina dopo ero: stanca, dolorante e affamata. I lividi invece che migliorare, come si sa d'altronde, prima peggiorano e poi guariscono...perciò mi muovevo a fatica. Dovetti andare al lavoro lo stesso, altrimenti mi avrebbero picchiata ancora e no grazie.
Fu ancora più faticoso del giorno precedente, ad un certo punto fui quasi sul punto di collassare. Isabel in più momenti mi aveva aiutata; se mi fermavo per riprendere fiato, mi copriva dalla vista dei tizi della guarnigione.
Proseguì così la mia vita per i successivi sette mesi.
25 Dicembre 839
Quella mattina mi svegliai come al solito da quando era iniziato il vero e proprio inverno, ovvero per il freddo pungente. Fuori nevicava, ormai erano più di tre giorni che il tempo era grigio e soffici fiocchi cadevano qua e là sul terreno che circondava la casa. La neve però, si posava al suolo senza lasciare quel magnifico tappeto candido in cui sognavamo di rotolarci da bambini.
Quella mattina però i fiocchi decisero che ci avrebbero donato di quella spelndida vista, quasi accecante a parer mio, e di lasciare la loro impronta bianchissima sulla terra.
Isabel era a dir poco entusiasta. Non aveva mai visto la neve e sembrava una piccola bambina desiderosa di giocare...era cosi tenera!
Ma nonostante questo, la nostra giornata non migliorò.
Fin da subito il mio pensiero fisso del giorno fu: "non sarò con Levi per il suo compleanno". Mi sentivo malissimo per questo, mi ero immaginata tutto sognando il momento in cui sarebbe successo. Io che mi sveglio più euforica di lui dandogli il mio eventuale regalo vedendolo finalmente sorridere...un gesto che adoravo vedergli fare.
Anche Isabel mi confessò di essere tremendamente giù di morale per questo, cercammo di supportarci a vicenda, senza però grandi risultati.
Lavorammo anche quel giorno. Fu tremendo, con il senso di colpa, il freddo e la fame a giocare contro di me mi sentivo perdente in partenza.
Ma ero cosi senza di lui, senza il calore che mi donava la sua presenza.
Sentivo freddo costantemente. Forse era lui il vero fuoco che accendeva la mia vita.
Era lui che solo guardandomi mi faceva sentire un calore diverso dentro, non come quando hai caldo o quando bevi un tè bollente...era diverso e lo amavo per questo.
Ok so che questo capitolo fa un po' schifino ma...*scappa*
Piccola curiosità: il compleanno di Levi è il giorno di Natale, ma in Aot questa festività non esiste; per quei tempi lui è nato in un giorno normale c:
-Ymir
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