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ALEX
Attendo con ansia l'arrivo di Arthur e Gabe, sono via da molto ormai. Sento un rombo provenire dal garage e corro al piano di sotto aspettando di vederli entrare dalla porta. Anche mia madre, benché non voglia farlo notare, é molto in ansia. La porta di casa si spalanca e prendo un giornale sul tavolo fingendo di leggere e mia madre finge di tagliare qualcosa.
Alzo lo sguardo dal giornale, ma quello che vedo mi spaventa. Arthur, che questa mattina era impeccabile, ora è senza giacca, la cravatta allentata, la camicia ha perso due bottoni e le sue nocche sono rosse.
<<Cos'è successo?>> Domanda mamma spaventata
<<d-dov'è Gabe>> Domando
<<parliamo dopo, e Gabe sta tornando a piedi>>risponde brusco e va via
<<Arthur>> lo richiamo e lui si ferma, ma rimanendo di spalle
<<è di Gabe quel sangue che hai sulle nocche?>>Chiedo timorosa di sapere la risposta, ma lui senza dire una parola va via confermando la mia teoria. Terrorizzata mi alzo dalla sedia e prendo il giubbino
<<Alex resta qui>> urla mia madre
<<lasciala andare da lui, è giusto così>> risponde Arthur prima di scomparire dalla nostra vista. Apro la porta e corro fuori alla ricerca di Gabe. Dove potrà essere?
Avanzo di qualche passo, e fortunatamente lo vedo seduto su un marciapiede poco distante da casa mia. Mi accosto a lui e in silenzio mi siedo. È sicuramente messo peggio di Arthur. Il suo naso e la bocca sono sporchi di sangue, la sua camicia bianca è diventata per metà rossa, la giacca è sporca di terra e la cravatta è rovinata.
Ha gli occhi lucidi e rossi, segno che ha pianto. Non riesco a pronunciare una sola parola, non saprei cosa dire o cosa fare, mi sento fuori posto, ma allo stesso tempo è l'unico posto dove vorrei stare. Contraddittorio vero? Ma la mia vita è semplicemente fatta da un'insieme di paradossi e azioni impulsive.
<<Mi dispiace, mi dispiace per tutto>> dice scoppiando in lacrime e poggia la testa sulla mia spalla. Confusa gli accarezzo i capelli e la guancia
<<andrà tutto bene>> gli sussurro
<<no Alex no, è finita, per te, per me, per Matt, Jas, per tutti. Ci ha condannati a morte>>dice fra le lacrime. Ma di cosa sta parlando?.
<<Gabe non so di cosa tu stia parlando, ma l'istinto mi dice che ti stai riferendo ad Arthur, ma so che non ci farebbe mai del male, ha sempre un piano b>> dico provando a tranquillizzarlo ma scuote il capo. Così inizia a raccontarmi nei minimi dettagli l'incontro con il Senatore e cosa li ha portati a litigare fino a picchiarsi. Riesce a spiegarmi emozioni, sensazioni, parole di troppo, tutto.
Al termine del racconto resto senza parole, mio fratello sarebbe capace davvero di farci rischiare così tanto?
<<Gabe ascolta, so che fa male, ma noi abbiamo giurato che nel bene e nel male avremmo lottato, rischiato, e saremmo perfino morti pur di difendere il nostro paese. Siamo agenti, la nostra missione di vita è aiutare gli altri, non dimenticarlo mai>> dico continuando ad accarezzargli i capelli
<<io non posso perderti>> dice quasi in un sussurro
<<non mi perderai, io sono sempre qui>> rispondo e alza la testa dalla mia spalla. Ci fissiamo a lungo, le parole sarebbero inutili, i nostri occhi così diversi riescono a comunicare ciò che stiamo provando. Il suo sguardo è spaesato, spaventato e distrutto, e odio vederlo così.
<<Cosa ne dici se andiamo a casa e ti cambi? Hai bisogno di pulirti il sangue, metterti vestiti puliti e riposare>>dico alzandomi e porgendogli la mano
<<e parlare con Arthur>> aggiunge alzandosi
<<e parlare con Arthur>> ripeto. Inizio a camminare quando la sua voce mi richiama
<<grazie>> dice
<<per cosa? Io non ho fatto nulla>>
<<mi sei stata vicina>> risponde e sorrido.
GABE
Come aveva detto Alex, questa doccia mi ha davvero aiutato. Oltre ad essermi tolto da dosso il sangue e il terreno, mi ha aiutato a distendermi e rilassarmi per un po'. Indosso dei vestiti presi a caso dall'armadio e mi asciugo velocemente i capelli. Non mi cimento nel dargli una forma precisa e li lascio scompigliati. Esco dalla camera e mi imbatto in Arthur.
<<Ehm, io ecco, ero venuto per sapere come stavi>> dice imbarazzato. Sorrido e gli faccio cenno di entrare in camera. Chiudo la porta e mi volto verso di lui
<<sto bene, è stato un colpo basso il tuo, sai il mio punto debole>> dico con un pizzico di fastidio <<lo so e mi dispiace, per tutto>> precisa
<<lo so, non è nemmeno la prima volta che litighiamo. Ti ricordo che siamo diventati amici dopo che mi hai pestato a sangue>> dico ridacchiando
<<già, ma in te ho sempre trovato oltre che ad un amico, una spalla su cui sorreggermi e l'unica persona di cui davvero mi fidi. Sai che non voglio mettere le vostre vite in pericolo, siete tutto ciò che ho, come vostro capo avrei dovuto preservarvi e come vostro amico e fratello avrei dovuto proteggervi, ma non ho fatto nulla di ciò. Preso dalla paura, terrore di perdere tutto e di deludere la memoria di mio padre sono stata egoista, e ora siamo tutti in pericolo>> dice affranto
<<in fondo non è colpa tua, hai fatto solo quello che ti sentivi di fare, non rimuginarci troppo, è il nostro lavoro questo, siamo nati per fare ciò e moriremo per quello in cui crediamo>> dico ricordando le parole di Alex e sorridendo
<<mi perdoni quindi? Per il pugno intendo>> dice guardandomi dispiaciuto
<<ma certo che si, che razza di migliore amico sarei se non ti perdonerei>> dico dandogli una pacca sulla spalla
<<nessuno lo farebbe dopo un pugno sul setto nasale>> risponde lui
<<ma io sono speciale>>rispondo ed entrambi scoppiamo a ridere sereni, almeno per ora.
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