37 - Vendette
[Sirius' Pov]
Hogwarts, dicembre 1976
«Mi stanno fissando tutti» mormora Remus con voce tombale, seduto accanto a me al tavolo dei Grifondoro in Sala Grande.
Sopra di noi, il soffitto incantato mostra un cielo plumbeo e pesante, coperto da nuvoloni grigi, saturi di pioggia. Un'immagine che ben si addice all'umore cupo che stamattina aleggia attorno al nostro gruppo, soprattutto su Remus. È da quando abbiamo messo piede in sala che se ne sta rigorosamente a testa bassa, gli occhi incollati al pavimento, terrorizzato di incrociare gli sguardi carichi di curiosità che gli altri studenti continuano a lanciargli di nascosto.
Mentre addento vorace la mia fetta di pane tostato, non posso fare a meno di grugnire, seccato non soltanto per l'atteggiamento di Remus, fin troppo remissivo e pessimista per i miei gusti, ma anche per la totale mancanza di ritegno da parte dei miei compagni di scuola.
«Ti fissano solo perché sei terribilmente affascinante, Moony» sdrammatizza James allegro, mentre la sua bocca si stiracchia in uno dei suoi classici sorrisi sghembi.
«Oh piantala, Prongs!» sbotta Remus bruscamente, «Lo sai benissimo perché mi fissano! Ormai tutti sanno cosa sono...»
«Nessuno sa un accidente» ribatte James con voce inaspettatamente dura. «Ciò che la gente dice in giro su di te non è altro che mero pettegolezzo, tanto rumore per nulla»
«Peccato, Prongs, che questi pettegolezzi corrispondano alla verità...»
«Silente in persona li ha smentiti e tanto ci basta! Perciò smettila di preoccuparti.» sentenzia James con il tono tipico di chi non ha intenzione di ascoltare ulteriori obiezioni.
Remus ammutolisce, ma non sembra essere per nulla convinto, né confortato dalle parole dure del nostro amico. Continua a restarsene a testa bassa, con sguardo pieno di rassegnazione e le labbra piegate in una smorfia contrita.
Per un po', un denso silenzio si dilata fra di noi, carico di una tensione così pesante da risultare palpabile.
Percepisco il mio corpo invaso da un'insopportabile impazienza, avvertendo crescere in me l'impellente bisogno di fare qualcosa, qualunque cosa pur di scacciare via quest'orribile onta di paura, ansia e disagio che si è improvvisamente avviluppata attorno a noi.
Ma non c'è proprio nulla che io possa dire o fare per stemperare la viscida tensione che ci attanaglia. Anzi, un mio qualsiasi commento rischierebbe persino di mandare definitivamente in frantumi anche quell'ultimo residuo di precario equilibrio a cui è appeso il nostro umore, scatenando scontri collerici e dannosi per il nostro rapporto d'amicizia altrimenti incrollabile. Ad essere sincero, sono le reazioni di James a spaventarmi maggiormente. Non tanto per i modi con cui potrebbe gestire una discussione, anche assai accesa (soprattutto con il sottoscritto), ma piuttosto per la sua innata capacità di centrare, con una precisione a dir poco spietata, il punto esatto in cui risiede il torto del suo interlocutore.
Benché condividiamo da sempre la medesima voglia di affrontare il rischio, di buttarci senza remore in avventure che, molto più spesso di quanto vorrei ammettere si trasformano in bravate, e in egual modo il desiderio di provare sulla nostra pelle quell'unico senso di ebbrezza misto a onnipotenza che solo lo sfidare le regole ci sa dare, James, al contrario di me, sa bene come riconoscere il limite consentito entro il quale contenere la portata delle nostre imprese di malandrini, quella linea sottile (che ai miei occhi appare tanto labile da sfuggirmi) che non possiamo assolutamente permetterci di oltrepassare.
La stessa linea che separa un semplice scherzo, benché deplorevole ma comunque innocuo, da un'azione potenzialmente fatale, dalle conseguenze irreparabili.
Ed è proprio questo il crimine di cui mi sono macchiato. Accecato dal mio odio verso Pivellus e il suo perpetuo intento di spiare ogni nostro movimento per trovare un pretesto per farci espellere, alla fine ho ceduto al mio recondito desiderio di fargliela pagare. Sono stato io a suggerirgli in che modo accedere alla Stamberga Strillante, nonché nostro Quartiere Generale. E, in questo modo, offrirgli l'allettante occasione di scoprire quel segreto che ci spinge a sgattaiolare fuori dal castello di nascosto, almeno una volta al mese. Ci teneva così tanto.
Come sempre mi accade quando sono in preda alla rabbia, però, ho finito per agire d'impulso, senza minimamente pensare alle conseguenze delle mie azioni. Il mio unico obiettivo era quello di far prendere a quel ficcanaso di Pivellus uno spavento tale da indurlo a smetterla, una volta per tutte, di starci alle calcagna come un segugio.
Certo non ho considerato l'eventualità che Piton potesse avvicinarsi a Moony (trasformato in lupo mannaro) così tanto da rischiare di rimetterci la pelle.
A mio avviso, sarebbe dovuto bastare un ululato o il lontano rumore degli artigli di Remus contro le pareti a mettere Piton in fuga, prima ancora che potesse raggiungere l'ingresso della Stamberga. Ma a quanto pare, le cose non sono andate così. Se non fosse stato per James, che è intervenuto ed è riuscito ad allontanare Piton appena in tempo, ora sia io che Remus saremmo belli che espulsi.
Al solo pensiero, un brivido mi s'inerpica lungo la schiena. Per istinto, lancio un'occhiata sottecchi a James il quale siede di fronte a me, comportandosi con la sua disinvoltura di sempre, giusto per dare prova a tutti coloro che continuano a fissarci e a studiarci in silenzio che nulla di ciò che si vocifera in giro è realmente accaduto. È così che Prongs tenta in tutti i modi di proteggere Remus, di salvare il salvabile della situazione nella quale ci troviamo.
Tuttavia, noi quattro sappiamo bene cosa è successo per davvero alla Stamberga Strillante. E, per quanto il mio migliore amico si ostini a nasconderlo, percepisco chiaramente quanto il suo animo sia turbato. James ce l'ha con me. Non sono uno sciocco, né così cieco da non riconoscere la rabbia che prova nei miei confronti. D'altronde, non posso biasimarlo. Anch'io ce l'ho a morte con me stesso. Per colpa mia, ho rischiato di mettere Remus seriamente nei guai.
Rapidamente, abbasso gli occhi e torno a scrutare i riflessi dorati del mio piatto, attento a non incrociare lo sguardo di James, sicuro di trovarlo carico di un tacito rimprovero che difficilmente riuscirei a sostenere.
E non è nemmeno tanto il fatto che lui ce l'abbia con me a rendermi così nervoso e insofferente. Non ho paura di affrontare la collera di James, se mai dovesse finalmente decidersi a farla esplodere. Anzi, lo considererei un sollievo. Una furiosa discussione, condita magari da una bella scazzottata o da una rissa di incantesimi, sarebbe proprio quello che ci vuole per dipanare l'assurda tensione che si è condensata fra di noi, creando quest'insopportabile barriera, invisibile sì, ma abbastanza spessa e impenetrabile da allontanarci. Mi lascerei colpire da James più che volentieri, gli permetterei persino di prendermi a pugni in faccia o di affatturarmi, se ciò servisse a riaggiustare le cose e ad espiare, almeno in parte, la mia colpa.
Ma non è così che Prongs è abituato a manifestare la sua rabbia. E ciò che mi spaventa non sono tanto i pugni con cui potrebbe colpirmi né tantomeno le fatture che potrebbe scagliarmi addosso.
È il suo sguardo che mi terrorizza.
Uno sguardo muto, senza urla o insulti, ma saturo di una delusione così profonda e intensa da poterla percepire fisicamente nella mia carne, ferendomi come una pugnalata in mezzo al petto.
Perché per James non esiste niente di peggio al mondo che tradire la fiducia di un amico.
Per questo motivo, evito più che posso di incrociare i suoi occhi. Ne resterei inevitabilmente annientato, lo so. Ho agito come un idiota, ho messo nei guai Moony, sono venuto meno al mio voto fatto anni fa di proteggere a qualunque costo il suo segreto e, così facendo, ho deluso i miei migliori amici. Ho deluso James, che considero come un fratello.
Colpito da tale penosa consapevolezza, sento esplodere dentro di me un rimorso feroce, il quale si diffonde velocemente in ogni fibra del mio essere. Una fitta dolorosa mi si impiglia in gola, rendendomi impossibile il gesto di inghiottire qualsiasi altro boccone di cibo.
Abbandono malamente le posate sul piatto, provocando un fastidioso tintinnio che attira subito le occhiate ansiose dei miei amici. Avverto i loro sguardi incollarsi su di me, pesanti come macigni.
«Non ci vengo oggi a lezione. Ho mal di stomaco, me ne torno in dormitorio» annuncio spiccio, dicendo quella che considero una mezza verità. D'altronde, è vero che ho la nausea, anche se non c'entra assolutamente nulla con il mio stato di salute.
E senza lasciare loro il tempo di replicare, mi alzo di scatto ed esco veloce dalla Sala Grande. Mi dirigo dritto alla Torre di Grifondoro, determinato più che mai a rifugiarmi in camera e chiudere fuori il resto del mondo.
Dopo aver sbattuto bruscamente la porta della nostra stanza in dormitorio dietro le mie spalle, mi butto a peso morto sul letto, lasciando vagolare lo sguardo lungo la stoffa e i drappi scarlatti che rivestono il sontuoso baldacchino sopra la mia testa. Tutti i miei compagni di Casa adesso sono a lezione, perciò mi ritrovo immerso in un silenzio così assoluto che quasi mi pare di sentire il rumore dei pensieri che mi affollano la mente.
Esalo un sospiro pieno di amarezza, mentre il peso del rimorso torna a torturarmi.
Che diavolo mi è passato per la testa? Perché ho detto a Piton di entrare nella Stamberga Strillante? continuo a ripetermi aspramente, mentre mi passo una mano sugli occhi.
Sono le stesse domande che mi ha posto James la notte scorsa, dopo avergli raccontato del mio scherzo geniale.
La verità è che conosco fin troppo bene la risposta, ma non ho avuto - e mai avrò - il coraggio di esprimerla ad alta voce, soprattutto di fronte a Prongs.
È vero che volevo farla pagare a Piton per il fatto che ci sta costantemente addosso... tuttavia non è solo questa la ragione che mi ha spinto ad agire in modo così sconsiderato.
In mezzo al turbinio dei miei pensieri, d'un tratto affiora un nome, il cui solo suono è in grado di far vibrare le corde più nascoste del mio cuore.
Lily Evans.
Ed è proprio da questo nome che ha origine il vero motivo delle mie azioni contro Piton. Certo, non è mai stato un mistero che io non sopporti la vista di quello stravagante Serpeverde dal naso adunco e i capelli perennemente unticci.
Tuttavia, il mio odio nei confronti di Pivellus si è acuito in maniera esponenziale da quando, l'estate scorsa, ha osato insultare Evans, chiamandola con un termine spregevole, pieno di un disprezzo che mi è fin troppo famigliare, visto che i miei genitori (e sospetto anche mia sorella e mio fratello) utilizzano la medesima parola per definire coloro che, ai loro occhi, sarebbero da considerare impuri, indegni di essere maghi o streghe.
Il solo ricordo di quel giorno in riva al Lago Nero mi provoca un immediato fremito di collera, mista a pura indignazione.
Pivellus meritava di essere punito per come ha trattato Evans, penso furioso, a pugni chiusi, stritolando l'aria della stanza tra le dita.
Certo è che avrei dovuto vedermela da solo, senza mettere in mezzo ingiustamente Moony e le sue letali trasformazioni mensili. Sono stato troppo avventato e ho agito come il peggiore degli amici.
Ma non provo alcun dispiacere verso Piton, né mi sento in colpa per il pericolo che ha corso a causa mia. Per me lui rimane un verme, indegno di perdono o di compassione, e tale rimarrà.
Inoltre, è colpa sua se ora alcuni dei nostri compagni di scuola hanno iniziato a sospettare di Remus e della sua licantropia. Nonostante i chiari moniti di Silente di tenere la bocca chiusa riguardo ciò che ha visto alla Stamberga Strillante, quel viscido di un Pivellus non si sta facendo nessuno scrupolo a sbrodolare in giro la sua versione dei fatti.
Stringo ancora più forte i pugni, avvertendo crescere dentro di me un forte desiderio di vendetta. Ma sono costretto a reprimere l'impulso, è necessario che mi controlli. Quando ha convocato sia me che James nel suo ufficio, Silente è stato molto chiaro: un altro passo falso e saremo espulsi. Ricordo bene come i suoi occhi azzurri scintillavano di autorità e fermezza, dietro i suoi occhiali a mezzaluna, mentre ci ammoniva. Ho avuto persino l'impressione che il suo sguardo duro, ma al contempo immancabilmente comprensivo, avesse indugiato su di me un po' più a lungo, come se avesse perfettamente intuito che la colpa dell'intera questione fosse soltanto mia, benché Prongs abbia cercato in ogni modo di passare come mio complice.
In conclusione, devo stare molto attento al mio comportamento d'ora in avanti. L'ho scampata bella questa volta e non ci tengo proprio a farmi espellere.
Però, il pensiero di Pivellus intento a recitare la parte della vittima in giro per il castello, mentre getta fango sulla reputazione di Moony mi manda in bestia. Di scatto, mi sollevo a sedere sul letto, come se questo mi aiutasse a ragionare con maggior chiarezza. Sbuffo infastidito dai miei stessi pensieri, mentre con lo sguardo setaccio la stanza alla ricerca di qualcosa che sia in grado di distrarmi. Sopra al comodino di James bivacca la Mappa del Malandrino, una pergamena incantata da me e i miei amici affinché mostri i nomi e movimenti, in tempo reale, di tutti coloro che si trovano dentro Hogwarts. Uno strumento assai utile, che ci ha permesso di non farci beccare né dal vecchio Filch né dai professori, in più di un'occasione, durante le nostre scorribande notturne.
L'afferro e comincio a studiarla, osservando divertito lo sciame di puntini e cartigli che affollano i disegni in scala dei corridoi e delle aule. D'un tratto, mi salta all'occhio il nome di Severus Piton, il quale sta entrando in biblioteca. È da solo, in mezzo a un corridoio deserto... la situazione perfetta per tendergli un agguato... Un brivido d'eccitazione mi attraversa il corpo.
«Devo calmarmi. Meglio non pensarci o finirò nei guai... ancora!» mormoro a me stesso, nel vano tentativo di non cedere all'impulso di uscire dalla Torre di Grifondoro e raggiungere Pivellus all'istante.
Sfortunatamente, però, i miei occhi cadono sul baule aperto di Prongs, dal quale penzola il lembo di una stoffa che mi è subito famigliare. È il suo Mantello dell'Invisibilità.
Per istinto, la mia bocca si arcua in un sorriso storto, beffardo, mentre un'idea mi s'insinua nella testa. Forse, potrebbe esserci un modo per dare sfogo al mio bisogno di vendetta e uscirne comunque indenne... È vero che ho promesso di rigare dritto, di non compiere nulla di sconsiderato (soprattutto contro Piton), ma se rendessi le mie azioni invisibili agli occhi altrui, non correrei il rischio di essere accusato.
Il mio corpo si muove veloce e, senza pensarci due volte, agguanto il magico mantello di James, infilandolo nella mia cartella. In un attimo, sono già fuori dalla stanza, camminando deciso verso il varco coperto dal ritratto della Signora Grassa.
Una volta scito dalla sala comune di Grifondoro, caracollo per le scale e attraverso i vari corridoi che mi separano da Piton quasi correndo. Giunto al terzo piano, mi guardo attorno circospetto e, dopo essermi accertato che non ci sia nessuno che possa vedermi, mi butto addosso il Mantello dell'Invisibilità.
Resto immobile, con la schiena appoggiata contro il muro in pietra, gli occhi fissi sull'ingresso della biblioteca.
La mia mano si muove senza nemmeno che io mene renda conto, estraendo la bacchetta dalla tasca dei miei pantaloni. Da un momento all'altro, Pivellus oltrepasserà la soglia e, a quel punto sarò, pronto ad affatturarlo. Inspiro profondamente, assaporando il dolce gusto di vedere Piton a terra tramortito, o pietrificato a sorpresa, senza nemmeno capire da dove - e da chi - potrebbe essere scaturito il colpo.
Sento un formicolio impaziente invadere il palmo della mia mano, le dita si stringono con forza all'impugnatura della bacchetta. Fremo dalla voglia di attaccare.
Ed ecco che, finalmente, scorgo la scura sagoma di Piton comparire sulla soglia. Sorrido compiaciuto, mentre levo la bacchetta, puntandogliela contro...
«EHI!»
Una voce femminile echeggia nel corridoio, minacciosa. Colto alla sprovvista, mi blocco, restando completamente immobile sotto al mantello, il braccio sollevato a metà.
Anche Pivellus sussulta per la sorpresa, vedo il suo volto irrigidirsi, diventare improvvisamente pallido.
A gridare è stata una ragazza di Grifondoro, come suggeriscono i colori della sua divisa. Folti capelli rosso scuro le incorniciano il viso, adorno di un paio di occhi a mandorla di un verde brillante, incredibilmente intenso...
Il mio cuore salta un battito nel riconoscere Lily Evans. Senza fiato, la osservo avvicinarsi rapida a Piton, che continua a scrutarla con aria sbigottita.
«Ti stai divertendo, non è vero?» dice Lily gelida, con un'espressione particolarmente combattiva.
Piton non risponde. Tergiversa come un ebete, limitandosi ad assumere una smorfia confusa.
«Non fare il finto tonto!» incalza Lily freddamente. «So benissimo che sei stato tu a mettere in giro certe assurde voci su Remus Lupin. Per colpa tua, sta vivendo una situazione orribile... ma scommetto che la cosa ti diverte, non è così?»
«Non ho messo in giro nessuna voce assurda. Ho soltanto raccontato la verità» ribatte Pivellus con quella sua voce così fastidiosamente melliflua, «Il tuo caro amichetto di Grifondoro è davvero un lupo mannaro. L'ho visto trasformarsi con i miei occhi...»
«Taci!» lo interrompe Lily, «Stai dicendo un sacco di menzogne. Il tuo è soltanto un meschino tentativo di vendetta contro Black e Potter. Ma, come al solito, preferisci prendertela con chi è più vulnerabile...»
«Lupin non è affatto vulnerabile! E' un mostro, Lily! Una creatura pericolosa, da cui è meglio stare alla larga. Dovrebbero espellerlo!»
Un moto di rabbia mi assale nell'ascoltare le perfide parole di Pivellus su Moony. Ma, ancora una volta, la voce di Lily anticipa la mia intenzione di affatturare il Serpeverde in piena faccia.
«Un mostro, dici tu...» ripete gelida, «Remus Lupin è un ragazzo gentile e altruista. Non ha mai fatto nulla di male a nessuno, è sempre stato corretto con tutti qui a scuola. Persino con te. Tu ce l'hai con lui solo perché è amico di Potter e di Black, che odi con tutto te stesso... E non è la prima volta che sputi veleno su qualcuno per semplice rivalsa personale o per dimostrare di essere migliore»
Lily tace per un secondo, ma solo per riprendere fiato. I suoi occhi, ridotti a due fessure, continuano a fissare Piton con sdegno.
«Per quanto mi riguarda, Lupin può anche essere un licantropo, o il figlio di un troll, ma... ai miei occhi, sei tu l'unico vero mostro da cui bisogna stare alla larga. Sei tu che ti stai trasformando in una creatura pericolosa, di gran lunga peggio di un lupo mannaro.» dichiara accalorata.
Da sotto il Mantello dell'Invisibilità, la guardo ammirato, colpito dalla determinazione e dall'affetto gratuito con cui ha appena difeso uno dei miei amici più cari.
Avverto il mio cuore vibrare di una nuova emozione, piena di calore, capace di scaldarmi l'animo. La rabbia, che fino a un attimo fa annebbiava la mia mente, è magicamente scomparsa.
Lo stesso non si può dire di Piton il quale, miseramente schiacciato dalla spietata impetuosità di Lily, a fatica riesce articolare una risposta comprensibile, mugugnando poche parole sconnesse:
«Lily, io...» mormora, infine, quasi implorando.
«Resta fuori dalla mia vita! E se ti becco ancora a mettere strane voci in giro sui miei compagni, giuro che non mi farò nessuno scrupolo ad affatturarti di fronte a tutta la scuola, pivellus.» replica Lily con una risolutezza a dir poco feroce.
Vedo Pivellus trasalire. Sconfitto, distoglie lo sguardo, incapace di sostenere gli occhi dardeggianti di Lily, che ancora lo squadrano da capo a piedi con disprezzo. Da sotto il Mantello, non posso che avvampare di puro orgoglio nell'assistere a tale scena. Anche senza il mio intervento, quel viscido di Piton ha ricevuto comunque la punizione che si meritava, forse persino più dolorosa di qualsiasi fattura avessi avuto in mente di infliggergli.
Infine, Lily si volta e, senza aggiungere altro, se ne va, imboccando le scale che portano ai piani superiori del castello.
Piton la imita, prendendo però il tragitto opposto. È talmente ricurvo su sé stesso per la vergogna e l'umiliazione che non mi sorprenderei se cominciasse a strisciare. Una parte di me vorrebbe seguirlo, in attesa dell'occasione giusta per scagliargli contro qualche incantesimo.
Tuttavia, i miei occhi restano incollati su Lily Evans, mentre avanza verso il quarto piano, totalmente incantato dall'aura di forza e di fierezza che emana dalla sua figura in questo momento; resto incantato ad osservare i suoi capelli rossi accarezzarle le spalle, ondeggiando sinuosi a tempo dei suoi passi. Sospiro pesantemente, mentre a stento reprimo l'impulso di scivolare fuori dal mantello, correrle incontro, stringerla vigorosamente fra le mie braccia e baciarla, avvolgendola con tutta la passione che ho in corpo.
D'un tratto, a metà dello scalone, Lily si gira di scatto. La sua espressione, dapprima combattiva, diventa confusa, mentre scruta circospetta il corridoio nel quale mi trovo. Per la frazione di un istante, ho l'impressione che i suoi occhi smeraldini si soffermino proprio su di me, come se potesse vedermi in carne ed ossa, il che è impossibile dato che ho ancora indosso il Mantello dell'Invisibiltà di Prongs. Per istinto, trattengo il fiato rammentando quanto sarebbe rischioso per me se qualcuno scoprisse la mia presenza qui.
Lily scuote la testa, come per scacciare un pensiero assurdo, prima di riprendere il suo cammino. Resto immobile a osservarla, incapace di distogliere lo sguardo da lei.
Solo quando scompare definitivamente dalla mia vista, riesco a riacquistare di nuovo il controllo del mio corpo. Mi stringo il mantello sulle spalle, attento a coprire bene anche il capo e il volto, affinché nessuno possa scorgere nemmeno uno scampolo della mia pelle. Ritorno, infine, sui miei passi, dirigendomi alla Torre di Grifondoro.
Per l'intera durata del tragitto, i miei pensieri non possono fare a meno di vorticare attorno al ricordo di Lily Evans, del suono fiero della sua voce mentre riversava tutta la sua indignazione su Pivellus, del luccichio che le irradiava il verde incredibile dei suoi occhi...
Sono proprio senza speranze, rido tacitamente di me stesso, mentre le mie labbra si stirano in un sorriso storto. Esalo un sospiro amaro, ormai irrimediabilmente vinto dalla consapevolezza che non c'è proprio nulla che io possa fare per reprimere i miei sentimenti nei confronti di Lily Evans. Loro saranno sempre lì, pronti a pungolarmi il cuore, a torturarmi con la loro dolcezza spietata, che sa annientarmi come la più potente delle maledizioni.
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