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36 - La Strillettera

Hogwarts. Dicembre 1976

Un cielo nero come inchiostro ammanta Hogwarts e i suoi confini, annunciando così l'arrivo della notte. Nonostante l'ora tarda e gli sbadigli che mi tormentano insistenti, mi costringo a restare sveglia, seduta al mio tavolino preferito in sala comune, intenta a terminare il lungo tema che la professoressa McGonagall ci ha assegnato come compito durante l'ultima lezione di Trasfigurazione. Le mie amiche si sono arrese praticamente subito, ritirandosi veloci nella nostra stanza in dormitorio dopo aver scritto a malapena un paragrafo.

Ma, al contrario loro, io non ho nessuna intenzione di procrastinare oltre questo tema, perciò resto qui da sola, armata di tutta la mia determinazione, tentando di lottare contro una stanchezza che diventa sempre più opprimente man man che trascorrono i minuti.

La sala comune di Grifondoro è pressoché deserta al momento, a farmi compagnia ci sono soltanto lo scoppiettio allegro del fuoco e il vociare sommesso di un gruppetto di ragazzine del quarto anno, accoccolate sulle poltrone vicine al camino.

Tento invano di rimanere concentrata sul mio compito, ma ben presto la mia attenzione viene catturata dalla miriade di bisbigli e risatine ansiose che riempiono la stanza.

«Sentite un po' qua!»

«Pare che uno dei nostri compagni sia in realta un lupo mannaro»

«Chi?»

«Remus Lupin!»

«L'ha detto quel Piton...»

«Ma sarà vero?»

«Se lo fosse, sarebbe una cosa spaventosa!»

Indignata, balzo in piedi.

«È tardi, è meglio se ve ne andate a dormire adesso. Domani c'è lezione.» annuncio perentoria, cogliendo alla sprovvista le ragazzine chiacchierine del quarto anno, le quali ammutoliscono di colpo.

Fortunatamente, obbediscono al mio suggerimento - o, forse, sarebbe più corretto definirlo ordine - senza protestare vista la mia carica di Prefetto, ritirandosi in silenzio nella loro stanza in dormitorio. Tuttavia, nel mentre che salgono le scale, mi scoccano in tralice occhiate sdegnose, indispettite per essere state interrotte così bruscamente.

Indifferente ai loro sguardi carichi di malcontento, le ignoro. Dopo essermi accertata che nessun altro sia rimasto a bighellonare in sala comune, raccolgo frettolosamente i miei libri e le mie pergamene fitte di appunti dal tavolo e mi dirigo a mia volta verso il dormitorio femminile.

Entro furtiva in camera e, attenta a non svegliare le mie compagne che già dormono saporitamente, mi infilo silenziosamente tra le coperte del mio letto, chiudo gli occhi e aspetto di addormentarmi.

Tuttavia, il sonno tarda ad arrivare. La mia mente è ancora sveglia e attiva, lavora febbrile, assillata da mille pensieri e domande.

Cos'è successo la notte scorsa tra Severus, Potter e Black?

Perché Severus si trovava nei pressi del Salice Schiaffeggiante? Cosa stava cercando? E cosa ha visto veramente là sotto?

Ciò che è accaduto in quella fatidica notte rimane avvolto da una coltre di mistero, resa ancora più inscalfibile dalla miriade di pettegolezzi e sciocche ipotesi che si stanno diffondendo qui a Hogwarts.

Remus Lupin è un lupo mannaro.

È questa l'assurda voce che circola da ore per i corridoi della scuola, nata proprio dalla bocca di quel ragazzo che un tempo consideravo il mio migliore amico.

Conosco molto bene la teoria di Severus su Lupin. Per anni ho ascoltato paziente le sue continue illazioni sulla presunta licantropia del mio compagno di Casa. Ed è esattamente questo che Severus proclama, senza alcun riserbo, di aver visto la notte scorsa, sotto al Salice Schiaffeggiante: Remus Lupin trasformato in un lupo mannaro, pronto ad aggredirlo.

Eppure, lo stesso Silente è intervenuto, in uno dei suoi soliti solenni discorsi in Sala Grande, durante il banchetto, assicurandosi di mettere a tacere tali insinuazioni sul nascere e ammonendoci tutti su quanto possa essere riprovevole cedere a pettegolezzi sciocchi, utili soltanto a ledere la buona reputazione di un nostro compagno.

Dopo un discorso del genere, pronunciato dal Preside in persona, mi chiedo come sia possibile avere ancora dei dubbi su Lupin. Tuttavia, Severus non si dà pace e, imperterrito, continua a propinare la sua personalissima versione dei fatti a chiunque sia disposto ad ascoltarlo e a concedergli un minimo di credito.

Mentre rimugino su queste cose, sento accendersi in me un moto di rabbia. Una parte di me comprende l'ostinazione di Severus. Dopotutto Lupin è un grande amico sia di Potter che di Black, i quali, da anni, si impegnano più che possono per tormentarlo ogni volta che incrociano il suo cammino. Ma so anche che Remus Lupin si è sempre comportato in modo corretto con Severus. La sua unica colpa è stata quella di rimanere in disparte.

Per questo motivo, vedere come Severus sta agendo contro Lupin mi dà sui nervi. Lo sta usando come semplice capro espiatorio, se la prende con lui solo per rendere pan per focaccia a Potter e a Black e avere così la sua rivincita per tutte le angherie che ha subìto da quei due.

Conosco fin troppo bene Severus, so quanto sia impossibile per lui abbandonare il suo rancore. Io stessa, l'estate scorsa, sono stata vittima delle sue parole crudeli, solo perché accecato dall'umiliazione. E credo proprio che gli infimi pettegolezzi che sta mettendo in circolazione a scuola siano guidati dal medesimo viscido sentimento.

Immersa nel torpore che si è creato al di sotto delle coperte, sospiro amaramente, mentre inizio a percepire una pesante stanchezza colare addosso al mio corpo e ai miei occhi. I pensieri piano piano si stiracchiano, perdono lucidità. Nel frattempo, ho come l'impressione che il buio della notte diventi sempre più fitto, impenetrabile.

Chiudo gli occhi e, esausta per il troppo rimuginare, finalmente mi addormento.

***

Il giorno seguente constato con dispiacere che la situazione non è migliorata affatto. Le voci su Remus Lupin e la sua presunta licantropia continuano a impregnare i corridoi della scuola, rimbalzando di bocca in bocca con una naturalezza così spietata da inorridirmi.

Mi si stringe il cuore nel vedere Lupin camminare perennemente a testa bassa, attento a non incrociare il benché minimo sguardo curioso degli altri studenti. A lezione, se ne sta in disparte, rigorosamente muto, a capo chino sui suoi libri, l'espressione affranta, quasi come se non desiderasse altro che sprofondare nell'antica e dura pietra del pavimento del castello, per rendersi invisibile alla vista di chi gli gravita attorno.

Accanto a lui, anche James Potter e Sirius Black mostrano la medesima aria tesa, contrita. Per la prima volta in sei anni di lezioni, nessuno dei due ha osato proferire parola oggi, evitando di interrompere le spiegazioni dei professori con le loro solite battute da spacconi. Immagino che siano attanagliati dal senso di colpa per ciò che sta vivendo il loro amico. Dopotutto, è a causa loro e dei loro stupidi scherzi se Severus ha deciso di vendicarsi, mettendo in giro certi pettegolezzi su Lupin.

Un moto di frustrazione mi esplode in corpo. Potter, Black e Severus si comportano da stupidi e l'unico a pagarne in prezzo è Remus Lupin, un ragazzo innocente e gentile, che non ha mai torto un capello a una mosca... è terribilmente ingiusto!

All'improvviso, la campanella suona mettendo fine all'ora di Difesa Contro Le Arti Oscure e riscuotendomi bruscamente dai miei pensieri. Uscite dall'aula, io e le mie amiche ci separiamo. Marlene, Hestia e Mary si dirigono verso i sotterranei dove le attende una noiosa lezione di Divinazione; io, invece, punto allo scalone della Sala d'Ingresso, per recarmi al settimo piano, dove mi aspetta un'intensa ora di Aritmanzia.

Man mano che supero i vari piani del castello, i corridoi si svuotano, diventando sempre più deserti.

Mi trovo al terzo piano, all'altezza della biblioteca della scuola. Oltre a me, non c'è nessun altro in quest'area del castello e un silenzio grave aleggia nel vasto corridoio. L'eco di ogni mio passo rimbomba solenne sulla pietra del pavimento. Ad un tratto, intravedo la famigliare sagoma ricurva di Severus emergere dall'ingresso della biblioteca. Dall'espressione distesa che gli campeggia in volto, mi pare di buon umore. Un fremito di rabbia mi assale nel vederlo gironzolare per il castello così spensierato, come se ciò che sta accadendo in queste ore a Lupin gli risultasse totalmente estraneo.

Mi sono sempre considerata una persona assennata, poco incline a gesti irrazionali; oggi, però, sembra che la parte più razionale di me stessa, quella che di solito tende a valutare ogni possibile pro e contro di una situazione, abbia deciso di restarsene nascosta, lasciandomi in balìa di un'impulsività che raramente mi appartiene.

Le mie gambe si muovono da sole ed io marcio decisa verso Severus, puntandolo come una belva che ha appena addocchiato la sua preda.

«Ehi!» urlo in mezzo al corridoio. Colto di sorpresa, Severus sussulta, voltandosi di scatto al mio indirizzo. Un poco impallidito, mi scruta ansioso, quasi come se davanti a lui si fosse appena materializzato uno spettro. I suoi occhi neri come inchiostro sembrano tremare quando incrociano i miei, ora ridotti a due fessure minacciose. Per la frazione di un secondo, ho persino l'impressione di vedere l'ombra di un sorriso balenargli sulle labbra.

«Ti stai divertendo, non è vero?» sibilo gelida, guardandolo con disprezzo.

Severus tentenna, senza dire una parola; il sorriso che mi è parso di scorgere un secondo fa si spegne all'istante, lasciando il posto a una smorfia cupa, delusa. Mi fissa confuso, fingendo di non capire di che cosa sto parlando. La cosa mi fa ribollire ancora più di rabbia, perciò incalzo implacabile:

«Non fare il finto tonto! So perfettamente che sei stato tu a mettere in giro certe assurde voci su Remus Lupin. Per colpa tua, sta vivendo una situazione orribile... ma scommetto che la cosa ti diverte, non è così?»

«Non ho messo in giro nessuna voce assurda. Ho soltanto raccontato la verità» ribatte Severus con voce fastidiosamente calma, «Il tuo caro amichetto di Grifondoro è davvero un lupo mannaro. L'ho visto trasformarsi con i miei occhi...»

«Taci!» lo interrompo io adirata, senza lasciargli il tempo di terminare la frase. «Stai dicendo un sacco di menzogne. Il tuo è soltanto un meschino tentativo di vendetta contro Black e Potter. Ma, come al solito, preferisci prendertela con chi è più vulnerabile...»

«Lupin non è affatto vulnerabile! E' un mostro, Lily! Una creatura pericolosa, da cui è meglio stare alla larga. Dovrebbero espellerlo!»

«Un mostro, dici tu...» ripeto con sussurro inorridito, fremendo di collera nel notare una chiara scintilla di trionfo luccicare nelle dense iride scure di Severus, mentre proclama la sua perfida sentenza sul mio compagno di Casa. «Remus Lupin è un ragazzo gentile e altruista. Non ha mai fatto nulla di male a nessuno, si è sempre mostrato come una persona corretta. Tu ce l'hai con lui solo perché è amico di Potter e di Black, che odi con tutto te stesso... E non è la prima volta che sputi veleno su qualcuno per semplice rivalsa personale o per dimostrare di essere migliore» pronuncio con voce glaciale, piena di sdegno.

Per un breve istante, un silenzio grave si dilata fra di noi. Severus si irrigidisce, probabilmente in preda a un vago rimorso; deve aver colto il mio riferimento all'insulto che mi ha vomitato addosso l'estate scorsa.

«Per quanto mi riguarda, Lupin può anche essere un licantropo, o il figlio di un troll, ma... ai miei occhi, sei tu l'unico vero mostro da cui bisogna stare alla larga. Sei tu che ti stai trasformando in una creatura pericolosa, di gran lunga peggio di un lupo mannaro.»

Le parole sgorgano spietate dalle mie labbra come un fiume in piena, senza che io sia in grado di fermarle. Sento il cuore palpitare infuriato, gli occhi mi bruciano di rabbia e di frustazione. Dal canto suo, Severus boccheggia, con lo sguardo fisso su di me, immobile, smarrito, incapace di controbattere. Nelle profondità oscure dei suoi occhi neri come pece, vedo fluire via quell'ultimo barlume di speranza che lo aveva probabailmente portato a credere, nel momento in cui gli ho rivolto la parola, che le cose fra di noi potessero aggiustarsi, che potessimo tornare a essere gli amici di un tempo.

Tuttavia, gli basta un istante per ricredersi, per capire di essersi sbagliato. Il legame che ci univa si è ormai spezzato irrimediabilmente. Non c'è nulla che Severus possa dire o fare per dipanare il profondo senso di delusione e di disprezzo che ora provo nei suoi confronti.

«Lily, io...» mormora, infine, quasi implorando.

«Resta fuori dalla mia vita! E se ti becco ancora a mettere strane voci in giro sui miei compagni, giuro che non mi farò nessuno scrupolo ad affatturarti di fronte a tutta la scuola, pivellus.» replico con voce dura, mettendo particolare enfasi sull'ultima parola. E senza concedergli il lusso di rispondermi, lo fulmino con la mia occhiata più sprezzante, per poi riprendere il tragitto che conduce ai piani alti del castello.

Nel mentre che salgo i gradini in pietra dello scalone principale, percepisco su di me l'inequivocabile insistenza di uno sguardo incollato alla mia schiena. Credendo che si tratti di Severus e della sua probabile intenzione di seguirmi, mi giro di scatto, con aria combattiva, pronta a intimargli di starmi lontano. Però, quando i miei occhi catturano l'immagine del corridoio del terzo piano, non vedo nessuno. A quanto pare, Severus, sconvolto e umiliato dalle mie parole, deve essersi dileguato come un ladro.

Per qualche lungo istante, resto ferma sulle scale, setacciando con circospezione ogni angolo dell'ambiente sottostante; ma il corridoio resta muto e immobile, più che mai deserto. Perplessa, scuoto la testa, rammentando a me stessa che, se non mi sbrigo, rischio di fare tardi alla lezione di Aritmanzia. Ritorno sui miei passi e mi affretto a salire le scale. Eppure, la sensazione di essere osservata non mi abbandona, continua a restarmi appiccicata addosso fino a quando sia il corridoio del terzo piano sia l'entrata della biblioteca non scompaiono definitivamente dalla mia vista.

***

Hogwarts, Torre di Grifondoro. Dicembre 1976.

Un'atmosfera sonnacchiosa permea la sala comune di Grifondoro questa sera.

Insieme a Hestia, guardo Mary e Marlene sfidarsi agli scacchi magici. Le pedine della mia amica bionda si stanno rivelando particolarmente agguerrite, tanto che sembrano divertirsi un mucchio a disintegrare, letteralmente, le statuine di Mary, le quali, dopo aver abbandonato quasi subito qualsivoglia schema o strategia di gioco, si sono dati alla fuga, correndo qua e là per la scacchiera e gridando terrorizzati «Si salvi chi puòòò!»

«Uffa, così è impossibile giocare!» sbuffa Mary, contrariata.

Non posso fare a meno di ridacchiare divertita, mentre aiuto la mia amica ad acchiappare le sue pedine intente a scappare. Intanto, per istinto catturo con lo sguardo l'immagine generale della stanza, la quale mi appare assai affollata. Intravedo anche i quattro Malandrini, immancabilmente appollaiati sulle loro poltrone preferite, di fronte al camino acceso. Tuttavia, sono incredibilmente taciturni questa sera e ognuno di loro sfoggia un'espressione molto più seria del solito, con i nasi immersi dietro le spesse copertine di voluminosi testi scolastici. Esterrefatta, strabuzzo gli occhi, incapace di credere a ciò che sto osservando: mai, in sei anni che li conosco, mi è capitato di vedere Potter o Black così concentrati nello studio di una qualsiasi materia.

«Credo proprio che me ne andrò a dormire, sono esausta» annuncia Mary, all'improvviso, ancora un poco risentita per aver perso a scacchi.

«Mi aggrego, non riesco più a tenere gli occhi aperti. Domani ho pure gli allenamenti di Quidditch!» si accoda Marlene, spalancando la bocca in un gran sbadiglio.

«E tu, Lily, non vieni?» mi domanda Hestia, alzandosi e unendosi alle altre due.

Io scuoto la testa, sfoderando dalla borsa un libro babbano che mia madre mi ha spedito via gufo proprio stamattina. Tutte e tre le mie amiche mi sorridono e, senza insistere oltre, si avviano verso la nostra camera. Mary, Hestia e Marlene mi conoscono bene ormai e sanno perfettamente quanto io adori leggere fino a tardi, nel confortevole calore della sala comune, quando ne ho la possibilità.

Dopo aver augurato la buonanotte a ciascuna delle mie compagne, mi accoccolo su una poltroncina color cremisi, rimasta libera accanto alla finestra. Cullata dal chiacchiericcio sommesso che riempie la stanza, intervallato di tanto in tanto dal gradevole crepitio del fuoco, mi immergo rapidamente nella lettura, dimenticandomi del mondo che mi circonda.

Sono già a metà del primo capitolo quando, tutt'a un tratto, sento qualcuno picchiettare alla finestra, strappandomi bruscamente dalle pagine del libro. Sobbalzo sulla poltrona quando, al di là del vetro, riconosco la figura di un grosso gufo reale, il quale mi fissa altero con i suoi occhi arancioni, con una busta rossa stretta nel becco arcuato.

«Ehi, Potter, sbaglio o quello è il tuo gufo?» annuncia Frank Longbottom a gran voce, indicando la finestra.

«Uhm, sì... pare proprio che sia Godric» osserva Potter laconicamente, emergendo a fatica dalle pagine del suo manuale scolastico, benché mi abbia dato l'impressione di non averne letto nemmeno una parola. Non so spiegarmene il motivo, ma negli ultimi tempi Potter mi sembra particolarmente distratto, molto più di Lupin o di Black.

«Meglio farlo entrare o si congelerà le piume lì fuori al freddo» insiste Longbottom, facendomi cenno di aprire la finestra.

Il gufo di Potter irrompe nella stanza con un fragoroso sbattere d'ali (sospetto sia il suo modo di comunicare l'offesa per essere stato lasciato in attesa tanto a lungo) per poi planare con naturale eleganza sulla spalla del suo padrone. Dopo aver recapitato la busta rossa che aveva in becco in mano a Potter, Godric spalanca nuovamente le ali e, senza perdere tempo, vola fuori dalla finestra, svanendo nel cielo nero come inchiostro, trapunto di stelle.

Infreddolita dagli spifferi, mi affretto a richiudere la finestra, tornando poi a fissare con curiosità Potter e la sua misteriosa lettera.

«Oh no...» mugugna Pettigrew con voce sepolcrale, scrutando terrorizzato la busta rossa come se dovesse esplodere da un momento all'altro. «Quella è una Strillettera!»

«Allora sarà meglio leggerla da solo, in un luogo più riservato...» commenta Potter con una disinvoltura posticcia, benché dalla sua espressione, improvvisamente rigida, traspaia una nota di preoccupazione.

Tuttavia, non fa in tempo ad alzarsi dal divano che la lettera gli sfreccia via dalle dita, librandosi in aria nel bel mezzo della sala comune.

I lembi scarlatti della busta con uno scatto si spalancano e un ruggito acuto esplode, tanto da far vibrare i vetri della finestra a me accanto.

«JAMES FLEAMONT POTTER! NON HAI LA MINIMA IDEA DI QUANTO IO SIA DISGUSTATA DAL TUO COMPORTAMENTO...»

Le urla di quella che intuisco essere la madre di James Potter rimbombano tonanti per l'intera stanza, perforando i timpani dei presenti. Molti si tappano le orecchie per proteggersi, senza però staccare gli occhi dalla Strillettera. Potter, nel più completo imbarazzo, ha il volto infuocato e l'aria tipica di chi non vorrebbe altro che sprofondare tra i cuscini del divano e scomparire all'istante.

«... UNA LETTERA DA SILENTE IERI SERA! HAI RISCHIATO DI ESSERE ESPULSO! IO E TUO PADRE SIAMO MORTI DI VERGOGNA! E PER COSA? PER UNO STUPIDO SCHERZO! QUANDO TI DECIDERAI A COMPORTARTI DA ADULTO? NON TI ABBIAMO CRESCIUTO PERCHÉ TU DIVENTASSI UNA SOTTOSPECIE DI DELINQUENTE! CI HAI PROFONDAMENTE DELUSI! ASPETTA DI TORNARE A CASA E VEDRAI...»

La Strillettera, dopo quella che mi appare un'assordante eternità, finalmente si placa e tace. Con un fremito, la carta si contorce, prende fuoco e in un attimo si trasforma in cenere. Un silenzio assoluto e pesante cade di colpo nella sala comune.

James Potter siede sul divano pietrificato e con un'espressione attonita dipinta in volto, come se avesse appena incassato un doloroso pugno nello stomaco. Lupin e Black lo scrutano preoccupati, mentre Pettigrew ancora fissa sgomento i resti della Strillettera che giacciono sul pavimento.

Lentamente, un lieve brusio si propaga nella stanza e il silenzio tombale colato poco fa viene spezzato dalle risate di coloro che hanno assistito alla scenata.

«Non avete di meglio da fare? Fatevi gli affari vostri!» ringhia Sirius Black, scattando istantaneamente in difesa del suo migliore amico.

Ma James Potter pare non accettare il fatto di essere diventato il bersaglio di scherno dei presenti, perciò stizzito e con una smorfia sconfitta che raramente gli ho visto addosso, balza in piedi e si avvia veloce verso il dormitorio maschile, seguito naturalmente sia da Lupin che da Pettigrew.

Anche Sirius Black si accinge ad andarsene, ma non prima di aver scoccato un'occhiata minacciosa a coloro che ancora ridacchiano sotto i baffi, zittendoli all'istante.

Una volta giunto ai piedi della scala a chiocciola, però, Black si blocca, come investito da un pensiero improvviso, voltandosi verso la sottoscritta.
Per la frazione di un secondo, i miei occhi si allacciano ai suoi, grigi e glaciali, scintillanti come le fredde stelle illuminano le notti d'inverno. Incapace di distogliere lo sguardo, sento lo stomaco contorcersi, il cuore palpitare all'impazzata.

Per tutti i cappelli di Godric! impreco dentro di me, Credevo di aver superato la mia infatuazione per Sirius Black.

Ma la verità è che non ho superato proprio niente. La sola presenza di Sirius, il suo solo sguardo così intenso e magnetico, avranno sempre questo fatale effetto su di me.

«Ehi Evans» esordisce Black, rivolgendomi uno dei suoi ammaglianti sorrisi. Un brivido mi scivola lungo schiena nell'udire la sua voce articolare il mio nome. Resto momentaneamente senza fiato e, incapace di parlare, mi limito ad abbozzare un timido sorriso in risposta.

«Io... ehm, volevo...» borbotta Sirius, esitante. Lo guardo confusa, in attesa che termini la frase. Ma lui ammutolisce, sospirando rumorosamente.

«Nulla, lascia perdere... Buona notte, Evans» aggiunge con fare spiccio, prima di svanire su per la scale.

Totalmente perplessa, rimango qualche secondo immobile a fissare un punto indefinito di fronte a me - lo stesso occupato dalla sagoma di Sirius Black un istante fa - domandandomi cosa avesse mai voluto dirmi con quelle quattro sillabe incomprensibili.

Tuttavia, i miei pensieri iniziano presto a vorticare su nient'altro che l'immagine di quel sorriso che Sirius mi ha rivolto. Un sorriso indecifrabile, ma al contempo terribilmente intrigante. Al solo ricordo, mi sento avvampare...

Un lungo sospiro mi sfugge dalle labbra, carico di una latente amarezza.

No, non l'ho superata affatto!

Nota Autrice:

Eccomi qua finalmente con un nuovo capitolo!

Che dire, quando si tratta di Sirius Black, la mia versione di Lily diventa sempre un po' sottona xD

Comunque, come avrete notato, per il passaggio della Strillettera ho preso impunemente spunto dalla Strillettera che Ron riceve da sua madre nel secondo libro, la Camera dei Segreti :)
È un richiamo voluto, nel senso che la mamma di James me la immagino un po' come Molly Weasley. Mi piace che ci sia questa similitudine... Come la signora Weasley, anche Euphimia Potter me la immagino come una persona molto generosa e materna, tanto che accoglierà Sirius in casa sua come un secondo figlio (esattamente come farà Molly con Harry ❤️), dopo che Sirius scappa da Grimmauld Place - devo ancora scrivere di questo evento nella storia, ma ci arriverò presto.

E nulla, volevo rendervi partecipi di questo mio pensiero :D

Come sempre, spero che il capitolo vi piaccia. Fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate^^

Un abbraccio
~Vale ♡







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