11 - Amicizie scomode
Hogwarts, Torre di Grifondoro. 3 settembre 1971.
La giornata scivola fluida verso sera.
Durante il banchetto della cena, Hestia e Marlene - soprattutto Marlene - cercano ancora una volta di riprendere il discorso su Severus e su quanto sia rischioso per me essere sua amica. Ma io, tenace, rintuzzo ogni loro subdola esca di discussione.
Per fortuna, Hestia si arrende presto all'evidenza che non esiste né modo né argomentazione in grado di farmi cambiare idea. Lo stesso non si può dire di Marlene, che al contrario pare diventare sempre più agguerrita man mano che ci addentriamo nella questione.
Mary ci guarda tutte e tre in silenzio, con aria preoccupata e un poco dispiaciuta. Forse, teme che ci mettiamo a litigare seriamente. In realtà, dubito che qualcuna di noi desideri un risvolto del genere.
Tuttavia, non posso certo negare quanto l'insistenza di Marlene mi stia irritando. Il suo costante atteggiamento da maestrina sta cominciando a offendermi; come se si considerasse l'unica esperta riguardo le dinamiche di Hogwarts, delle sue quattro Case e, persino, dell'intero mondo magico, mentre io, una semplice Nata Babbana, ai suoi occhi non posso che ricoprire il ruolo di novellina ingenua, a cui si deve spiegare tutto con pazienza.
In fondo, ciò che succede qui tra gli studenti di Hogwarts, non è poi così diverso da ciò che accadeva nella mia vecchia scuola elementare babbana. Perciò non ho proprio bisogno di qualcuno che mi indichi come mi devo comportare. E non ho la minima intenzione di mettere a repentaglio la mia amicizia con Severus solo per colpa di antichi e insulsi pregiudizi, che a malapena riesco a comprendere. Marlene può dare aria alla sua bocca per tutto il tempo che vuole, ma non riuscirà mai a persuadermi.
Solo quando gli avanzi svaniscono dai nostri piatti dorati, per lasciare spazio ai dolci, Marlene finalmente desiste, gettando la spugna a malincuore.
«Mi preoccupo per te, Lily. Ma se tu hai davvero così tanta fiducia in lui...» sospira arresa, lasciando in sospeso la frase, come se una parte di lei ancora non si fosse del tutto rassegnata a cedermi il punto. Dal canto mio, non posso fare a meno di rivolgerle un sorriso soddisfatto.
Marlene sa essere fastidiosamente ostinata quando ci si mette, questo è indubbio. Ma mi sono dimostrata ben capace di tenerle testa e me ne compiaccio.
Come premio per la mia tenacia, mi servo una grossa fetta della torta di mele che è appena apparsa sul vassoio scintillante davanti a me. Mi alzo in piedi e mi allungo col coltello in mano, in modo da tagliare la mia porzione. Ed ecco che ancora una volta intravedo, a qualche metro di distanza, Sirius Black e James Potter fissarmi con sguardi astiosi.
Per una frazione di secondo rimango bloccata, raggelata dalla tacita minaccia che trapela dai loro occhi. Entrambi sembrano avercela con me, benché non ne comprenda il motivo.
Fortunatamente, mi ci vuole un istante per riscuotermi e ricompormi, tornando immediatamente a sedere al mio posto con il piatto pieno di torta.
Per tutto il resto della cena, mi concentro sugli spassosi discorsi di Mary riguardo le sue vacanze estive, con cui ci intrattiene mentre mangiamo i nostri deliziosi dessert, ignorando di proposito le occhiate insistenti di quei due antipatici.
Se prima era soltanto un dubbio, ora invece sono più che certa che non siano altro che degli attaccabrighe ed io non ho la benché minima intenzione di avere a che fare con loro.
Purtroppo però, né Black né Potter sembrano essere del mio stesso avviso.
***
Dopo cena, ci avviamo verso la Torre di Grifondoro.
Non appena oltrepasso il passaggio segreto, nascosto dietro il ritratto della Signora Grassa, una voce vispa e squillante attira la mia attenzione.
«Lily!» mi sento chiamare fra la folla di studenti che si sta sparpagliando dentro la sala comune.
Mi guardo intorno e scorgo Frank Longbottom seduto a un tavolo rotondo in legno, intento a sbracciarsi per farsi notare da me. Senza indugio, corro a raggiungerlo. Anche le mie amiche mi seguono, vagamente incuriosite.
«Ciao Frank!» lo saluto allegra, rivolgendogli un gran sorriso. Sono veramente contenta di vederlo. Nonostante apparteniamo entrambi a Grifondoro, fino adesso non c'era ancora stata occasione di incontrarci. Dopotutto, Frank è del secondo anno e i suoi orari di lezione sono completamente diversi dai miei.
Insieme a lui, ci sono altre due persone; uno è Benjamin Wood, il Prefetto che ha accompagnato noi del primo anno fin qui alla Torre di Grifondoro, durante la nostra prima sera a Hogwarts. La spilla a forma di P continua a scintillare fieramente sul suo petto.
Non appena ci vede, Wood accoglie sia me che le mie compagne con un caloroso sorriso, che noi ricambiamo con un più timido cenno di mano. Wood è un ragazzo del quinto anno, del resto, e la sua autorità di Prefetto ci mette un pochino in soggezione.
Oltre a Benjamin Wood, noto una terza presenza. Si tratta di una ragazzina paffuta, della stessa età di Frank. Anche lei deve essere del secondo anno. Ha soffici capelli castano chiaro, che le arrivano sciolti fino alle spalle; il suo sguardo è profondo e gentile, addolcito anche dai lineamenti tondi e morbidi del viso.
«Lei è Alice Prewett. Frequenta con me le lezioni del secondo anno.» annuncia Frank, presentandoci la sua amica.
Sussegue un gran intreccio di mani e di nomi, mentre io, Mary, Hestia e Marlene ci presentiamo a nostra volta, sempre un poco impacciate. Alice ricambia educatamente i nostri saluti, dedicando a tutte noi sorrisi pacati. Tuttavia, per un fulmineo istante, ho come l'impressione che il suo sguardo si indurisca quando si posa su di me. Ma forse me lo sono solo immaginato.
In seguito, Wood ci chiede come sono stati i nostri primi giorni di lezione e che impressione ci hanno fatto i professori. Immediatamente, la conversazione prende una piega piuttosto allegra, la quale ci accompagna per diversi minuti.
«Ehi, Wood!»
Una voce trascicata interrompe, tutt'a un tratto, la nostra piacevole chiacchierata. Il volto del prefetto diventa di colpo serio, quando si accorge di chi è stato a chiamarlo in modo così brusco e imperativo.
Un ragazzino smilzo e occhialuto, con i capelli neri e spettinati, si avvicina sfrontato al nostro tavolo, suscitandomi un immediato moto di stizza. Insieme a lui, c'è anche Sirius Black.
«Potter» lo saluta Benjamin Wood educato. Tuttavia, non posso fare meno di cogliere una nota di fastidio nel suo tono, come se non fosse particolarmente felice di vederlo. E, in tutta onestà, non posso proprio dargli torto.
«Mi domandavo se avessi avuto modo di riflettere sulla mia offerta...» esordisce Potter, con un sorrisetto impertinente incollato sulle labbra.
Benjamin, di rimando, si lascia sfuggire un lieve sospiro contrariato.
«Non c'è proprio nulla su cui riflettere, Potter. Come ti ho già spiegato, gli alunni del primo anno non possono essere ammessi nella squadra di Quidditch. È la regola, nessuna eccezione!» replica, risoluto.
«Mi sa che ti è andata male, amico.» sghignazza Sirius Black alle spalle di James Potter, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Il sorrisetto obliquo sbiadisce all'istante dalla bocca dell'amico, arricciandosi invece in una smorfia offesa.
«Ma che peccato! E dire che con me in squadra avreste avuto almeno una possibilità di vittoria, quest'anno... Ma è evidente che non vi dispiace fare la figura dei perdenti.» sibila Potter, acido.
Un grave silenzio, carico di una palpabile tensione, si diffonde subitaneo tra di noi. Allibita, fisso Potter indignata. Non riesco a credere a ciò che le mie orecchie hanno appena udito. James Potter ha davvero una bella faccia tosta per rispondere in questo modo a un Prefetto. E, a giudicare dalle espressione attonite che mi circondano, non sono l'unica a pensarla così.
Il mio sguardo rimbalza poi su Benjamin, il quale è diventato di colpo paonazzo. La sua espressione è dura, granitica. Ma è questione di un secondo prima che i suoi muscoli facciali si rilassino e che la fiamma ardente della rabbia sbiadisca dagli zigomi. Dentro di me, non posso fare a meno di ammirare il suo autocontrollo.
Per tutto il tempo, Benjamin non proferisce parola, ancorato a un calcolato e maturo mutismo, limitandosi a fissare James Potter con sguardo che stilla pura intransigenza.
Il mio antipatico compagno dai capelli arruffati risponde al tacito rimprovero del prefetto con aria di sfida, come se stesse valutando fino a che punto sia andata a fondo la sua provocazione. Ma l'impassibile reazione di Benjamin lo obbliga a ripiegare.
«Be' se queste sono le regole della scuola, non posso farci niente...» commenta infine Potter, scrollando le spalle con sufficienza.
Si gira, quindi, verso il suo compare, Sirius Black, il quale continua a guardarlo con aria divertita, come se trovasse assai spassoso l'atteggiamento da spaccone dell'amico. Entrambi sembrano essere sul punto di andarsene e la tensione che era colata sul nostro tavolo inizia piano piano a dipanarsi.
Tuttavia, James Potter si blocca di colpo, ritornando sui suoi passi, come se si fosse appena ricordato di un qualcosa di estremamente importante.
«A proposito di perdenti...» esordisce, calcando particolarmente l'ultima parola.
Dopodiché, si volta lentamente, posando i suoi occhi color nocciola, schermati da occhiali rotondi, su di me.
«Come hai detto che ti chiami, tu?» mi domanda serio.
«Non l'ho detto.» replico io secca, rifilandogli un'occhiata gelida.
Potter inarca di riflesso un sopracciglio, prima di rivolgermi uno dei suoi fastidiosi sorrisetti obliqui. Con gesto veloce, si sistema gli occhiali che gli pendono un poco verso destra sul naso sottile.
«Be', devo avvertirti che certi tipi di amicizie sono da evitare qui a Hogwarts. E, a giudicare da quel che ho visto durante la nostra recente lezione di Pozioni, credo proprio che tu abbia bisogno di consigli al riguardo.»
«Sono perfettamente in grado di scegliermi gli amici da sola. Non ho certo bisogno di consigli... specialmente i tuoi!» lo rimbecco pronta e combattiva.
Dopodiché, distolgo altezzosa lo sguardo, offrendogli nient'altro che il mio profilo indifferente.
«Oooh, che tipetto!» commenta Sirius Balck, ridacchiando. Tuttavia, non mi sfugge la fugace occhiata ostile che mi scocca sottecchi. Rabbrividisco, trafitta da quegli occhi scintillanti, imperscrutabili.
La bocca di Potter si contrae ancora una volta in una smorfia indispettita, ma evita di replicare.
Lui e Black si scambiano uno sguardo d'intesa, che, però, non riesco a interpretare; per fortuna, pare decidano di lasciare cadere lì la questione e abbandonano il campo, dirigendosi con tracotante nonchalance verso la porta del dormitorio maschile.
Tutti noi al tavolo restiamo qualche istante immersi in un cupo silenzio, osservando un poco sconcertati e indignati le figure di James Potter e di Sirius Black mentre si allontanano.
«Quei due ci creeranno dei guai, già lo so... Sarà meglio tenerli d'occhio!» sospira Benjamin, con vaga rassegnazione.
Ed io non potrei essere più d'accordo.
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