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07 - La Cerimonia dello Smistamento

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. 1 settembre 1971

La folla si accalca addosso agli sportelli, spintonando per uscire. Severus ed io veniamo trascinati dal fiume di studenti che si riversa all'esterno e, in un batter d'occhio, ci ritroviamo su un marciapiede stretto e buio. Il sole è ormai completamente scomparso e un brivido di freddo mi si inerpica lungo la schiena, al contatto con l'aria gelida della notte.

D'un tratto, scorgo la luce di una lanterna comparire al di sopra del mare di teste che mi circonda.

«Primo anno! Primo anno da questa parte!» tuona potente una voce maschile, che lacera il silenzio teso che grava sul manipolo di ragazzini, del quale io stessa faccio parte. Rivolgo lo sguardo in alto, all'indirizzo della luce traballante della lanterna e per poco non mi sfugge un gridolino di stupore.

Dall'ombra della notte, vedo emergere la figura dell'uomo più gigantesco che io abbia mai visto. Una lunga criniera di capelli scuri e disordinati gli riveste il capo, mentre il viso è coperto da una folta barba aggrovigliata. Tuttavia, nonostante l'aspetto apparentemente grottesco, l'uomo - che sospetto sia un gigante o qualcosa di simile - emana un'aura gentile, per nulla minacciosa, come suggeriscono i suoi grandi occhi neri, che scintillano calorosi in mezzo a quel groviglio incolto di peli e capelli.

Severus ed io, insieme a una piccola folla di altri studenti del primo anno, ci raduniamo attorno al gigante, condividendo la medesima espressione intimorita e sperduta.

«Forza, seguitemi... per di qua! E attenti a dove mettete i piedi! Alcuni punti sono scivolosi.» ci incoraggia gioviale l'omone barbuto.

Docili come pulcini, seguiamo la nostra mastodontica guida lungo lo stretto marciapiede. Scivoliamo incespicando giù per un ripido sentiero, inoltrandoci sempre più nella densa oscurità della notte. Mentre avanzo, attenta a non inciampare nei miei stessi passi, getto occhiate curiose attorno a me; una timida paura mi lambisce lo stomaco, vedendo quanto è fitto il buio che mi circonda. A quanto pare, la stradina che stiamo percorrendo deve essere fiancheggiata da una folta coltre di alberi.

«Ci siamo quasi. Fra poco, avrete la vostra prima vista panoramica su Hogwarts!» annuncia il gigante che ci guida, con evidente orgoglio a irradiargli lo sguardo. «Ecco, dopo questa curva!»

E, come diretta risposta alle parole dell'uomo, il sentiero che stiamo calpestando si spalanca all'improvviso, regalandoci l'immagine di un immenso lago, dalle acque così nere da sembrare inchiostro. In lontananza, arroccato in cima a una rupe, troneggia un castello imponente e maestoso, dotato di torri e guglie che svettano verso il cielo trapunto di stelle. Numerose sono le finestre illuminate che costellano le sue mura in pietra, la cui luce dorata si riflette crepitante sulla superficie densa e scura del lago.

Un coro di «Ohhhh!» si leva dalla folla, mentre gli occhi di tutti si riempiono di pura meraviglia, dinanzi a un tale spettacolo mozzafiato.

«Salite sui battelli. Non più di quattro su ciascuno.» ci avverte il gigante barbuto, riscuotendoci all'istante dall'incanto di quel meraviglioso panorama.

Punto gli occhi sulle acque del lago e scorgo una piccola flotta di barchette, appollaiate vicino alla riva. Come suggerito dall'omone, io e Severus, insieme ad altri due ragazzini, ci apprestiamo a salire su una delle imbarcazioni.

«Tutti a bordo?» grida il gigante dalla sua barca personale, sincerandosi che nessun allievo sia rimasto indietro, sulla sponda. «Ottimo... SI PARTE!»

I piccoli battelli si staccano dalla riva all'unisono, scivolando placidi sulla liscia e vitrea superficie del lago autonomamente, come trainati da funi invisibili. Un religioso silenzio regna sovrano sulla flotta; nessuno osa emettere un fiato, siamo tutti ancora troppo ammaliati dal glorioso profilo frastagliato del castello che incombe su di noi per riuscire a parlare. Più ci avviciniamo al promontorio sul quale è abbarbicato, più questo s'ingrandisce, sovrastandoci in un modo quasi minaccioso.

«Giù la testa!» ci ammonisce d'un tratto il gigante, lacerando la densa quiete della notte con voce potente e fragorosa.

Senza farcelo ripetere due volte, abbassiamo all'unisono il capo, mentre raggiungiamo la scogliera, attraversando un fitto sipario di umida edera, dietro al quale si nasconde un passaggio. Ci infiliamo, quindi, in un tunnel buio e tetro, che ci conduce a una specie di porto sotterraneo.
Non appena i musi dei nostri battelli approdano sul ciglio della sponda, l'omone irsuto che ci fa da guida scende solerte dalla sua imbarcazione e, con gesti imperiosi, ci fa segno di imitarlo.

Obbedienti, lo seguiamo fino a un passaggio scolpito nella roccia della scogliera. Ben attenti a non scivolare, ci arrampichiamo incerti su per la scalinata, finché, ansanti e affaticati, non emergiamo al cospetto di un imponente portone di quercia.

«Ci siamo tutti?» ci domanda premuroso il gigante, abbracciando con il suo sguardo scuro e scintillante la piccola folla di studenti, tutti esausti e infreddoliti.

Accertatosi che il nostro gruppo sia ancora integro e privo di dispersi, la nostra mastodontica guida si volge verso la porta e, con pugno possente, batte tre colpi vigorosi contro il legno massiccio.

Il portone si apre un attimo dopo, rivelando sulla soglia l'alta figura di una donna, dai capelli neri, raccolti sulla testa in una crocchia impeccabilmente ordinata. In effetti, non posso fare a meno di notare quanto tutto nel suo aspetto sottolinei un ineccepibile rigore, a partire dallo sguardo aquilino e dall'espressione severa e intransigente con cui ci accoglie.

«Ecco, questi sono gli allievi del primo anno, professoressa McGonagall.» annuncia il gigante, all'indirizzo della strega.

«Grazie Hagrid» risponde la donna, rivelando così il nome della nostra possente guida irsuta, «Da qui in avanti li accompagnerò io. Voialtri, entrate e seguitemi!» ci ordina perentoria, spalancando ulteriormente il portone di quercia.

L'austera insegnante ci conduce, quindi, in quella che presumo sia la Sala d'Ingresso del castello. È una stanza immensa, delimitata da alte pareti in pietra, le quali sono illuminate dalle fiamme vivaci di numerose torce accese. Sollevo gli occhi e il mio sguardo percorre curioso i perimetri della sala; vengo colta da un immediato senso di vertigine e per poco non traballo sul posto, quando mi rendo conto di quanto alto è il soffitto, che a stento riesco a scorgere sopra di me.

La professoressa McGonagall ci concede giusto pochi istanti per godere della sontuosa vista della Sala d'Ingresso, prima di richiamarci all'ordine. Proseguiamo obbedienti dietro di lei, mentre l'eco dei nostri passetti incerti rimbomba grave per l'intero perimetro.

Entriamo, poi, in una seconda sala, molto più piccola e discreta, quasi sgombra. Qui, la severa strega che ci scorta arresta il passo, e lo stesso facciamo io e gli altri miei compagni del primo anno, radunandoci attorno a lei, pigiati come sardine.
Un senso di densa tensione si propaga per tutta la stanzetta, in attesa che la donna dallo sguardo aquilino ci dica cosa fare o dove andare.
Per istinto, getto una fugace occhiata a Severus, il quale mi è stato fedelmente accanto per l'intera durata del tragitto. La sola consapevolezza di saperlo al mio fianco è sufficiente a tranquillizzarmi, placando in parte l'agitazione che imperversa nel mio petto sin da quando siamo scesi dall'Hogwarts Express.

«Benvenuti a Hogwarts» esordisce con voce alta e solenne la professoressa McGonagall, catturando in un attimo l'attenzione di tutti i presenti, «Il banchetto previsto per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo fra poco, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, sarete smistati nelle vostre Case. A Hogwarts esistono quattro Case: Tassorosso, Corvonero, Grifondoro e Serpeverde.»

Io e Severus non possiamo evitare di scambiarci un'occhiata nervosa, memori dei nostri discorsi in treno, riguardo la misteriosa selezione da affrontare. Ci mettiamo bene in ascolto, desiderosi di carpire dalle parole della professoressa qualche utile informazione che ci possa aiutare a scoprire in cosa consiste la prova che ci aspetta.

«Lo Smistamento è una cerimonia molto importante: per tutto il tempo che trascorrerete qui a Hogwarts, la Casa in cui sarete smistati rappresenterà la vostra famiglia. I trionfi e i successi che vi aggiudicherete faranno guadagnare punti alla vostra Casa; in caso di violazione del regolamento scolastico, invece, il punteggio diminuirà. Alla fine dell'anno, la Casa che avrà ottenuto il maggior numero di punti vincerà una coppa, ovvero la Coppa delle Case. Mi auguro che ognuno di voi si impegnerà a recare prestigio e onore alla propria Casa.» conclude con cipiglio austero la professoressa McGonagall.

Noi matricole l'ascoltiamo in rigoroso silenzio, limitandoci ad annuire febbrilmente, intimoriti dallo sguardo serio e rapace dell'insegnante.

«Bene. La cerimonia avrà luogo fra pochi minuti. Sarete smistati davanti a tutti gli altri studenti della scuola. Tornerò non appena sarà tutto pronto. Nell'attesa, vi consiglio di prepararvi e di aspettare qui in silenzio.» si raccomanda la donna, prima di uscire dalla stanza.

Non appena la porticina si richiude dietro le spalle della professoressa McGonagall, un mormorio eccitato si diffonde rapido nella piccola sala. Molti dei ragazzini intorno a me e a Severus iniziano a parlottare in modo esagitato tra di loro, sciorinando le più disparate teorie sulla prova di selezione. Un brivido di terrore mi assale, quando odo qualcuno nominare persino eventuali duelli contro draghi e troll. Possibile che in una scuola sia previsto a degli undicenni indifesi di battersi con creature del genere?

Fortunatamente, la professoressa McGonagall rientra poco dopo nella stanza, mettendo subito a tacere le subdole e spaventose ipotesi che mi affollano la testa, soppiantando il mio buon senso.
Anche il chiacchiericcio degli altri miei compagni si affievolisce all'istante, dissolvendosi nell'aria come fumo al vento.

«Bene, di là è già tutto pronto. Seguitemi.» ci esorta la docente.

L'atmosfera che aleggia nella piccola stanzetta muta rapidamente, diventando di colpo più tesa, e un secondo brivido di agitazione si diffonde attorno al nostro gruppo di studenti.

Mentre m'incammino al seguito dell'insegnante, percepisco le mie gambe divenire di colpo pesanti come il piombo; un'infida ansia mi assale, aumentando sempre più, man mano che attraversiamo le varie stanze del castello. Usciti dalla stanzetta, ci ritroviamo ancora nell'ampia Sala d'Ingresso, dopodiché oltrepassiamo un paio di doppie porte, fino raggiungere quella che la professoressa McGonagall ci annuncia essere la Sala Grande di Hogwarts.

Non appena la porta che precede il salone si apre, non posso fare a meno di restare senza fiato, di fronte alla stanza più immensa e splendente che io abbia mai visto. Per lunghi secondi, i miei occhi rimangono abbagliati, vittime della radiosa luce dorata che regna sovrana nell'ambiente. Un fitto stormo di candele galleggia sospeso a mezz'aria, come sostenuto da corde invisibili. Sotto di esso, ci sono quattro lunghi tavoli, intorno ai quali siedono tutti gli altri studenti della scuola. Il loro vociare allegro ci accoglie, mentre noi matricole del primo anno avanziamo timidamente dentro al salone. I tavoli sono riccamente apparecchiati con piatti e calici d'oro, che scintillano fieri e preziosi, immersi del riverbero dorato delle candele volanti.

In fondo alla grande stanza luminosa, scorgo un altro tavolo, attorno al quale sono seduti gli insegnanti. Ed è proprio lì che la professoressa McGonagall ha intenzione di condurci, come intuisco dal passo deciso con cui la donna incede per uno dei corridoi che si allungano tra i tavoli gremiti di ragazzi.
In fila, come docili anatroccoli, io e le altre matricole ci affrettiamo a seguirla, sfilando davanti ai giovani commensali.

Un intenso disagio mi attanaglia improvvisamente lo stomaco e una parte di me non desidera altro che sprofondare nel lucente pavimento della sala. Sono sempre stata una bambina piuttosto riservata, non mi piace stare al centro dell'attenzione. Farei qualunque cosa pur di sfuggire dall'opprimente imbarazzo che sto provando in questo momento; persino duellare con un drago mi sembrerebbe più allettante!

Cerco di distrarmi, imponendomi di ignorare gli innumerevoli sguardi incuriositi con cui ci scrutano gli studenti più grandi. Rivolgo la mia attenzione verso l'alto e, di nuovo, il respiro mi si blocca in gola per lo stupore. Al posto di un sontuoso soffitto, vedo allargarsi sopra di me un vasto cielo notturno, nero come inchiostro, tempestato da miriadi di stelle luminose.

«È tutta opera della magia» mi sussurra Severus all'orecchio, in fila dietro di me. «Un potente incantesimo rende il soffitto identico al cielo che c'è all'esterno.»

Io annuisco sinceramente ammirata, prima di riabbassare veloce lo sguardo, giusto in tempo per accorgermi che siamo arrivati in fondo al salone. Ci fermiamo di fronte alla vasta platea di studenti, dando al contempo le spalle agli insegnanti. Con una rapida occhiata, catturo un'immagine completa dell'ambiente che mi circonda; solo ora mi rendo davvero conto di quanto la Sala Grande sia gremita di ragazzi. Centinaia di occhi sono puntati su di noi, come se fossimo una schiera di gatti di razza a una mostra felina.
Ancora una volta, mi ritrovo a combattere dentro di me una tacita battaglia contro il prepotente senso di vergogna che, inevitabilmente, mi investe.

Nel frattempo, la professoressa McGonagall dispone davanti a noi matricole uno sgabello in legno a quattro piedi, sopra al quale pone un vecchio cappello a punta, tutto logoro e tappezzato di macchie e toppe. In un istante, l'allegro ed eccitato brusio che aleggia in sala si spegne ed ora l'intera attenzione degli studenti- e anche dei docenti - è rivolta al consunto copricapo che bivacca sbilenco sullo sgabello.

Immediatamente, un brivido d'ansia scivola lungo la mia schiena, mentre mi domando se quel vecchio cappello rattoppato non abbia qualcosa a che vedere con la nostra selezione.

Tuttavia, non faccio in tempo a perdermi nelle mie fantasiose ipotesi che la stoffa consunta del cappello si contrae, come colpita da una scossa elettrica. Allibita, fisso il copricapo con occhi sgranati: uno strappo compare all'improvviso lungo il bordo, aprendosi come una bocca. Il vecchio cappello comincia così a parlare, intonando una lunga filastrocca in rima che tutti i presenti ascoltano con il massimo rispetto. Terminato il canto, l'intera sala si riempie degli applausi degli allievi e degli insegnanti.

Dopodiché, la professoressa McGonagall si posizione dirimpetto al nostro gruppo di matricole, vicino allo sgabello, srotolando davanti al proprio naso una lunga pergamena.

«Quando chiamerò il vostro nome, fatevi avanti, indossate il cappello e sedetevi sullo sgabello.» spiega la donna. Un brivido collettivo di agitazione si propaga tra noi studenti del primo anno ed io ne sono vittima esattamente come gli altri. La gola mi si secca per l'emozione; d'istinto, mi giro verso Severus, in cerca di rassicurazione. Anche lui si è voltato per guardarmi e, vicendevolmente, ci scambiamo un veloce sorriso d'incoraggiamento.

Con un sonoro colpetto di tosse, la professoressa McGonagall si schiarisce la voce, pronta a dare inizio alla famosa Cerimonia dello Smistamento.

«Adam Ginnifer.» chiama con tono vigoroso. Dal manipolo di matricole, sbuca esitante una ragazzina con una lunga treccia bionda, la quale si avvicina vacillante allo sgabello.

Non appena la stoffa del logoro cappello le tocca il capo, di nuovo compare lo strappo a forma di bocca tra le pieghe.

«CORVONERO» annuncia il cappello e il penultimo tavolo che si trova alla mia destra esplode in un boato di applausi e acclamazioni. La bionda ragazzina con la treccia scende quindi dallo sgabello e si affretta a raggiungere i suoi nuovi compagni, mostrando un viso molto più rilassato. Anch'io ammetto di sentirmi decisamente sollevata, ora che ho scoperto come funziona la selezione. Fortunatamente, non sono previsti né duelli con strane creature né prove d'incantesimi.

E mentre mi domando fra me e me in quale Casa mi manderà il cappello magico, la voce tonante della professoressa McGonagall mi riporta subito alla realtà, annunciando un nome alquanto bizzarro, che mi fa drizzare le antenne.

«Black Alya Merope» chiama la strega. Dalla nostra piccola folla, emerge un'altra ragazzina, dai lunghi capelli corvini, la quale avanza impettita e con cipiglio altero, dandosi arie d'importanza. Mi basta un'occhiata per riconoscere all'istante la proprietaria di quell'atteggiamento protervo. È la stessa ragazzina con cui mi sono scontrata sul treno.

Un moto di stizza mi invade, mentre la osservo avvicinarsi con spavalda sicurezza allo sgabello. Non pare per nulla preoccupata per la selezione, né intimorita dal fatto di essere sotto gli occhi di tutti. Anzi, dalla glacialità del suo sguardo sembra giudicare i presenti, compresi gli insegnanti, come degli esseri inferiori. Che ragazza snob! Spero di averci a che fare il meno possibile.

«SERPEVERDE» proclama deciso il cappello parlante, non appena la ragazzina lo indossa sulla testa.

La Sala Grande si riempie, ancora una volta, di applausi esultanti, stavolta provenienti dall'ultimo tavolo in fondo a destra. La piccola e smorfiosa Black trotterella soddisfatta in quella direzione, beandosi il fiero benvenuto che le riservano i suoi nuovi compagni di Casa.

Un poco mi incupisco, mentre assisto a tale scena. Serpeverde... è la stessa Casa tanto decantata da Severus... Tuttavia, considerando le persone antipatiche che ne fanno parte, confesso che non sono più tanto sicura di voler essere smistata lì.

«Black Sirius» la professoressa McGonagall annuncia a gran voce il nome successivo del suo elenco e, di nuovo, mi metto in allerta. È lo stesso cognome della ragazzina snob.

Riconosco all'istante il profilo arrogante del tizio con cui ho condiviso i primi minuti di viaggio sull'Hogwarts Express. Come l'altra Black, anche lui raggiunge il cappello magico camminando a testa alta, ostentando un'altera sicurezza di sé, che scintilla evidente nei suoi occhi di ghiaccio. Ancora una volta rimango impressionata dalla somiglianza che lega i due ragazzini. Severus aveva ragione: sono proprio gemelli!

Tuttavia, il verdetto pronunciato dal cappello parlante mi lascia di stucco.

«GRIFONDORO!» esclama con fermezza.

Come è successo alla gemella, mi aspettavo di vedere il ragazzino di nome Sirius Black smistato in Serpeverde. D'altronde, lui stesso ha affermato che tutti i componenti della sua famiglia hanno fatto parte di quella Casa. Eppure, non c'è traccia di delusione nel suo viso, mentre si accomoda baldanzoso al tavolo dei Grifondoro. Anzi, sembra sinceramente compiaciuto della scelta del cappello, sollevato persino.

Colta da un'improvvisa curiosità, volgo subito lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde, individuando all'istante la ragazzina di nome Alya Merope Black. Al contrario del gemello, non pare per nulla felice del verdetto. Continua a fissare il fratello con espressione rabbuiata, che stilla disapprovazione da tutti i pori.

Sono talmente assorta dalle mie personali considerazioni che, per qualche secondo, smetto di prestare attenzione alla Cerimonia dello Smistamento. Altri nomi si susseguono, ciascuno accompagnato dagli applausi da parte degli studenti delle quattro Case di Hogwarts, che accolgono con calore i loro nuovi giovani compagni.

«Evans Lily»

Quando sento la professoressa McGonagall chiamare a gran voce il mio nome, quasi sobbalzo sul posto, colta alla sprovvista. Rapidamente mi ricompongo e mi avvicino veloce allo sgabello, pregando in cuor mio di non inciampare nei miei stessi piedi, a causa dell'emozione.

Avverto un calore improvviso esplodermi sulle guance, quando vedo che tutti gli occhi in sala, adesso, sono puntati su di me. Mi infilo frettolosamente il cappello in testa e, in un attimo, mi ritrovo immersa nel buio. Resto in attesa, col fiato sospeso.

«Mmm... vediamo un po' che cosa abbiamo qui...» mi sussurra una vocina all'orecchio. «Vedo coraggio in te... tanto coraggio. Di sicuro, hai voglia d'imparare e di metterti alla prova. In più, hai un cervello notevole, non c'è che dire. C'è talento, oh, perbacco se ce n'è! Eh sì, credo proprio che ti manderò a... GRIFONDORO!»

Così grida il Cappello Parlante a tutta la sala e un immediato scroscio di acclamazioni e applausi si leva dal tavolo in fondo a sinistra. Svuotata di ogni apprensione, mi sfilo il vecchio copricapo dalla testa e, con passo leggero, raggiungo gli altri Grifondoro.

Tra i vari ragazzi e ragazzini sorridenti, ne scorgo uno in particolare, che sta sventolando concitato il braccio al mio indirizzo.

«Lily! Lily!» grida, indicando un posto libero accanto a lui.

«Frank!» trillo con gioia, quando finalmente riconosco chi mi sta chiamando. Felice di vedere una faccia amica in mezzo a quella marea di sconosciuti, non perdo tempo e corro a sedermi accanto a Frank, il quale mi accoglie entusiasta.

«Che bello! Anche tu sei una Grifondoro!»

«Già... sono felice di rivederti!» replico con sincera allegria.

Rivolgo, poi, la mia attenzione al tavolo degli insegnanti. Da dove sono seduta riesco a vederlo perfettamente. Individuo all'istante il faccione barbuto di Hagrid, il gigante che ci ha scortato fino all'ingresso del castello. La sua figura mastodontica e massiccia spicca in modo notevole in mezzo agli altri docenti di statura più umana.

Con avida curiosità, lascio che il mio sguardo scorra su tutti i docenti, finché non riconosco l'inconfondibile volto serafico e canuto di Albus Silente. A differenza dei colleghi, il Preside siede su un sontuoso scranno d'oro, al centro del tavolo. Sembra gradire molto lo spettacolo offerto dalla Cerimonia dello Smistamento, a giudicare dal benevolo sorriso che bivacca in mezzo alla sua folta barba argentea.

Intanto, la selezione procede senza intoppi, con in sottofondo la solenne voce della professoressa McGonagall che, imperterrita, continua a chiamare i nomi scritti sulla sua lista.

«Lupin»... «Mcdonald»... «McKinnon»... «Moon»... «Mulciber»... «Pettigrew»...

Man mano che la Cerimonia prosegue, il gruppo delle matricole diventa sempre più esiguo. Ormai, sono rimasti in pochi a non essere stati ancora smistati. Tra questi c'è Severus, il quale mi appare assai teso. Ha la bocca serrata in un'espressione rigida e il suo viso affilato ha assunto un colorito tendente al verdognolo. In cuor mio, condivido la medesima agitazione. Desidero vivamente che venga smistato nella mia stessa Casa, anche se so che non l'apprezza granché. Ma, perlomeno, saremmo insieme.

«Potter James» chiama, nel frattempo, la professoressa McGonagall.

Un secondo moto di stizza mi colpisce, quando vedo presentarsi il ragazzino smilzo che era nel mio stesso scompartimento, all'inizio del viaggio. Con fare tracotante, si affretta ad agguantare il magico copricapo. Il cappello non fa in tempo a sfiorargli la testa scompigliata che grida: «GRIFONDORO!»

Non posso fare a meno di arricciare le labbra in una smorfia contrariata, mentre osservo Potter unirsi al nostro tavolo, con aria molto compiaciuta; raggiunge subito il suo amico, Sirius Black. I due si scambiano un'occhiata di complice intesa, battendosi il cinque.

Finalmente, arriva il turno di Severus. Mi dimentico all'istante sia di Black che di Potter, non appena sento la professoressa McGonagall pronunciare il nome del mio migliore amico.

Severus avanza esitante verso lo sgabello. Pare quasi rimpicciolirsi, davanti alla marea di sguardi che lo scrutano con implacabile curiosità. Quando appoggia il cappello sulla testa, resto in apnea, in attesa del responso.

«SERPEVERDE» grida il copricapo.

Un'intensa tristezza mi esplode in petto, mentre osservo Severus unirsi al tavolo dei Serpeverde. La stessa tristezza che intravedo nei suoi occhi neri e liquidi, i quali, dalla parte opposta della Sala Grande, mi cercano disperati in mezzo alla fitta folla dei Grifondoro.

Per un tempo che mi pare indefinito, i nostri sguardi rimangono allacciati, legati dalla medesima afflizione.

Infine, mi costringo a rivolgere a Severus - che mai come adesso mi appare così irrimediabilmente e misteriosamente lontano - un debole sorriso rassicurante. Dopotutto, non m'importa se apparteniamo a due Case differenti. Noi due continueremo ad essere amici. Sempre*.

Nota dell'autrice

*Scusate, non ho saputo resistere.

Inserisco questa nota giusto per dire una cosa. Come avrete notato, questi primi capitoli sono molto simili ad alcuni presenti nell'originale (Harry Potter e la Pietra Filosofale, per intenderci. Mentre molti dialoghi li ho ripresi da Harry Potter e i Doni della Morte, dal capitolo sul ricordo di Piton). Nonostante non mi piaccia molto l'idea di "copiare" delle parti, questa cosa è voluta, un po' perché vorrei che gli avvenimenti di questa storia s'incastrino con quelli già descritti nell'originale (sapete che mi piace rendere le mie storie plausibili) un po' perché, soprattutto per quanto riguarda l'ingresso a Hogwarts, mi emoziona l'idea che Harry e sua madre Lily abbiano condiviso le stesse sensazioni in questo giorno speciale e, più in generale, durante il loro ingresso ufficiale nel mondo della magia.

In conclusione, sarebbe stato molto difficile stravolgere ciò che ha descritto la Rowling in questi capitoli, perciò perdonate se molte parti risultano simili o uguali, ma non sono riuscita a fare di meglio.

Spero comunque che la storia vi stia piacendo^^

Come al solito, vi chiedo di farmi sapere le vostre opinioni. Le leggo sempre molto volentieri ❤

Grazie e buon proseguimento!
Valentina

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