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XII. Indignato tra le ombre


Ogni volta che Annabeth rivedeva il familiare padiglione del Campo Mezzosangue, il suo cuore cominciava a battere più veloce.
Era quella la sensazione che ogni volta associava se qualcuno le nominava la parola casa.
E pensare che di lì a poche ore, forse il campo non ci sarebbe stato più...
Era qualcosa che non poteva sopportare.
Il primo semidio che vide fu Malcolm.
Era una persona che raramente esprimeva ciò che davvero provava, lei, che odiava il contatto fisico.
Le ci era voluto tanto prima di aprirsi con Percy, ma vedere lì suo fratello le sciolse il cuore.
Gli corse incontro, stringendolo in un abbraccio.
Avevano sempre avuto un rapporto speciale, loro due.
Era molto più legata a Malcolm rispetto che a tutti i suoi altri fratelli e sorelle.
"Sono felice che tu sia tornata" le sussurrò lui all'orecchio.
Annabeth sorrise.
"Mi consideri davvero la stratega più importante che abbiamo qui?" gli domandò.
Il figlio di Atena si staccò da lei, guardandola con gli occhi grigi strabuzzati.
"Vuoi scherzare?"
All'improvviso, udirono un tonfo.
"Nico!" esclamò Percy.
Annabeth si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere il figlio di Poseidone che prendeva tra le braccia l'esile corpo del figlio di Ade.
Gli corse incontro, inginocchiandosi accanto a lui.
"Cos'è successo?" chiese.
Nico era ghiacciato, come se fosse rimasto in pigiama nel pieno di una bufera di neve.
"È caduto qualche secondo dopo averci trasportato qui" spiegò Percy.
Annabeth cercò di prendere la mano del ragazzino, per sentire se il cuore battesse ancora.
Ma la sua mano sembrò attraversare l'aria.
Trattenne il respiro, mentre provava un'altra volta.
Pensò di essersi immaginata tutto, di essersi immaginata il fatto che la mano di Nico fosse diventata improvvisamente quella di un'ombra, perchè ora la stava stringendo.
Il cuore batteva ancora.
Alzò gli occhi e incrociò lo sguardo verde dell'altro.
"Hai..." esitò, abbassando la voce "hai visto?"
Percy si limitò ad annuire.
"Ci serve dell'ambrosia, presto!" si voltò verso il resto dei semidei che si erano accalcati intorno a loro.
"Fate largo!" Impose una voce "Lascatemi passare!"
Will Solace si inginocchiò accanto ai tre semidei.
Posò una mano sulla fronte di Nico, che continuava a rimanere svenuto.
"Io glielo avevo detto..." borbottò, tra sè e sè il figlio di Apollo "Percy, aiutami a portarlo in infermeria"
Il figlio di Poseidone annuì, mentre alzava il figlio di Ade.
Annabeth li imitò.
"No" la fermò Percy "tu sarai più utile qui. Organizzate la difesa. Quando avremo rimesso in sesto Nico, vi raggiungerò"
Lei annuì, mentre li guardava allontanarsi velocemente.
Si voltò verso Malcolm.
"Forza, abbiamo bisogno di una base operativa" decise.

***

"Come ci si sente ad essere un'ombra, figlio di Ade?"
Minosse lo guardava dall'alto del suo trono.
Nico si trovava negli Inferi, in fila tra le altre anime per essere sottoposto al processo di Minosse.
Dove sarebbe finito?
Dritto nei Campi della Pena o nei Campi Elisi? Per lui non c'erano vie di mezzo, non ci sarebbero mai state le Praterie degli Asfodeli.
Nico si guardò le mani e vide che erano fatte di ombra.
Alzò di scatto lo sguardo, guardando con odio il re degli spettri.
"Hai così paura di me, Minosse?" lo sfidò "Temi di scontrarti con me direttamente?"
Minosse rise.
"Oh piccolo mortale, tu non sai niente di me. Io ho migliaia di anni"
"Eppure questo non ti ha garantto la vita eterna. Questa è la tua vita ora? Giudicare altre ombre?"
"Ero l'ombra più importante di tutte" il re si alzò in piedi "ed ora sarò anche il mortale più importante. Fra poche ore, figlio di Ade, quando la luce e il buio avranno la stessa durata, in quel momento, io governerò di nuovo il mondo. Riporterò Creta al suo antico splendore"
Gli puntò il suo scettro a forma di conchiglia e Nico si svegliò.
Sbattè un paio di volte le palpebre, per abituarsi di nuovo alla luce.
Era nell'infermeria del Campo Mezzosangue, in un lettino.
I ricordi cominciarono a riaffiorare lentamente.
La magia del labirinto aveva assorbito tutta la forza di Nico, ma almeno lo aveva portato dove voleva arrivare.
"Forza, bevi questo"
Si voltò di lato e vide Will Solace che gli porgeva un bicchere con la cannuccia.
"Cos'è?" volle sapere.
Si tirò su, guardandolo.
Gli occhi del figlio di Apollo erano incredibilemnte belli.
Azzurri come il cielo, stranamente rassicuranti.
"Non ti fidi del tuo dottore?" replicò, ma il suo tono non era leggero "È ambrosia"
Nico ne bevve un sorso.
Il sapore della torta al cioccolato che sua madre faceva sempre a lui e Bianca, la domenica, gli inondò la bocca.
Will borbottò qualcosa tra sè, andando a mettere a posto alcuni unguenti.
"Si può sapere che ti prende?" sbottò il figlio di Ade.
Will si voltò di scatto.
"Cosa mi prende?" ribattè "Dopo il viaggio nell'ombra sei svenuto, come ti avevo detto. Oh e non solo: stavi diventando un'ombra"
"Un'ombra?"
Nel sogno, Minosse non si stava riferendo al fatto che fosse negli Inferi.
Si riferiva al fatto che nel mondo reale stava pian piano diventando un'ombra.
Will sospirò.
"Non puoi andare oltre i tuoi limtii, Nico" gli disse, in tono più calmo "te lo proibisco"
"E tu chi saresti per farlo?"
Il figlio di Apollo aprì la bocca di scatto, poi la richiuse.
Abbassò gli occhi.
"Qualcuno che tiene alla salvezza del campo" rispose "e che sa che il campo ha bisogno anche di te"
C'era davvero qualcuno che credeva in lui?, pensò Nico, Qualcuno a cui importava che stesse bene?
Si sentì stanamente felice.

***

Annabeth si vide riflessa sulla lama del suo pugnale di bronzo celeste e si spaventò.
Era bianca come un fantasma, le guance scavate e gli occhi cerchiati di nero.
Non ricordava nemmeno più l'ultima volta in cui aveva dormito, forse era stato nell'hotel delle Cacciatrici a Salem.
Era stato solo due giorni prima, ma sembrava passato un secolo.
Mancavano poche ore al tramonto, al momento in cui Minosse avrebbe attaccato.
Come all'inizio di quella settimana, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo all'anno prima, quando dovevano combattere Luke all'entrata del labirinto.
Sospirò, sfregando più forte la pietra sulla lama.
Aveva ideato con i suoi fratelli e sorelle una strategia, ma non avendo idea del numero preciso dei componenti dell'esercito di Minosse era stato difficile.
Anche considerando che non erano a conoscenza di tutte le entrate del labirinto, in quando molto probabilmente non erano le stesse di quelle di Dedalo.
Oppure gli automi sarebbero marciati attarverso il ponte di una nave, magari direttamente dalla baia di Long Island.
Non ne aveva idea, e non sapere le cose l'aveva sempre irritata.
Avevano disposto alcune sentinelle intorno ai confini del campo, per avvisare dell'arrivo dell'esercito, e alcuni vicino al Pugno di Zeus.
Tutti, poi, avrebbero dovuto combattere, perfino dare la vita e fare di tutto pur di proteggere il campo.
"Ehi" disse una voce.
Percy le diede un bacio sui capelli, poi si sedette di fronte a lei nell'Arena.
"Nico come sta?" domandò lei, alzando lo sguardo.
"Se la caverà" rispose lui "Will dice che sarà pronto per combattere fra qualche ora"
Annabeth annuì.
"A proposito di questo..." iniziò Percy.
Sembrava esitante, come se stesse scegliendo con attenzione le parole da pronunciare.
Lei riuscì a fare un sorriso.
"Guai a te se proponi di combattere da solo, Testa d'Alghe" disse "anche Achille aveva bisogno di Patroclo"
Il figlio di Poseidone la guardò negli occhi.
"Vorrei che per questa battaglia Patrcolo non fosse in prima linea"
Il sorriso della figlia di Atena si smorzò poco a poco.
"Cosa intendi?" chiese.
"Non voglio che tu combatta, Annabeth" disse.
Lei sbattè un paio di volte le palpebre, sicura di aver sentito male.
Insomma, non aveva senso.
Perchè Percy avrebbe dovuto impedirle di combattere?
Erano anni che combattevano fianco a fianco.
"Stai scherzando, non è vero?" replicò.
"Mai stato più serio"
Annabeth si alzò in piedi e lo guardò.
Percy la imitò, alzando le mani per calmarla.
Era bianco come un fantasma, come se fosse la cosa più difficile che avesse mai fatto.
"Ma cosa ti prende, Percy?" ribattè lei "Ho sempre combattuto. Sai di cosa sono capace. Perchè proprio ora vuoi che non combatta?"
"Perchè è pericoloso!"
"E gli scorsi anni non lo è mai stato? Abbiamo affrontato Crono, insieme. Credi che Minosse mi spaventi?"
"Ma non sappiamo cosa ci aspetta"
"Non lo abbiamo mai saputo"
Fece un respiro profondo.
"Ascolta" disse "non voglio che adesso le cose cambino perchè stiamo insieme. Come combattevo prima, combatterò ora"
"No"
"No? Non puoi impedirmelo, Percy"
"E invece sì! Tu non combatterai, a costo di legarti qui!"
Annabeth divenne rossa di rabbia.
Perchè si stava comportando così?
"Percy" gli disse "che cos'è successo quando sei scomparso?"
Percy strinse i pugni, ostinandosi a non guardarla e rimanendo in silenzio.
"Di Immortales, Percy!" gridò lei "Vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?"
Lui alzò di scatto la testa.
"Succede che ti amo e non posso perderti! E se anche tu mi amassi, lo capiresti. Capiresti che non posso vivere senza di te, che non posso nemmeno immaginare il pensiero di un mondo in cui non ci sei. E per questo, per questo, non posso sopportare il fatto che possa succederti qualcosa in questa battaglia"
Annabeth rimase per un istante immobile.
Non sapeva se tirargli uno schiaffo o baciarlo.
Ma entrambe le due opzioni erano dettate dalla parte irrazionale di sè, e lei era pur sempre figlia della dea della razionalità.
Forse fu questo il suo sbaglio.
"Hai ragione allora" disse, asciugandosi una lacrima che le era caduta dagli occhi grigi "forse non ti amo nello stesso modo, perchè non ti capisco"

***

"Sono qua!" gridò una voce "Sono qua!"
Nico si alzò in peidi di scatto, cercando Will con lo sguardo.
L'infermeria stava diventando buia, con il calare del sole.
Vide fuori dalle finestre un sacco di semidei armati di tutto punto correre verso il Pugno di Zeus.
"Per Apollo..." borbottò Will, in piedi accanto ad essa "sono tantissimi"
Nico afferrò il suo giubotto da aviatore e la sua spada in ferro dello Stige.
"Cosa stiamo aspettando?" disse.
Sentiva l'adrenalina a mille, come durante la battaglia di Manhattan.
"Non fare cose stupide" il figlio di Apollo gli puntò un dito contro, mentre prendeva una spada appesa alla parete.
L'esercito di Minosse era intorno al Pugno di Zeus, uscito da crepe che si erano create dalla terra.
Minosse era circondato da una folla incalcolabile di non morti e automi, seduto su una portantina con al centro lo stemma di una conchiglia.
"Eccoti, figlio di Ade" disse, quando vide Nico tra la folla "pensavo ti stessi nascondendo tra le ombre"
"Intendi quelle che sei costretto per l'eternità a controllare sotto il dominio di mio padre, un dio greco?" replicò.
Forse fu un errore punzecchiarlo, poichè gli occhi scuri del re mandarono lampi.
"Attaccate" esclamò, rivolto al suo esercito "non voglio nessuno schiavo"
Fu Percy il primo a lanciarsi in battaglia, con Vortice sguaianata.
Da quel momento, il mondo intorno a Nico fu un susseguirsi di macchie sfocate e fendenti.
I figli di Ares combattevano con valore, ma era il figlio di Poseidone quello che stava davvero facendo danni.
Pareva un vortice, come un piccolo tornando in miniatura, mentre menava affondi e fendenti; di tanto in tanto, poi, gettava alcuni nemici nella baia delle canoe lì accanto.
Nico si ritrovò a combattere contro Thalos, il comandante dei non morti.
"Non vedo l'ora di ucciderti, figlio di Ade" sogghignò lui.
Nico si tuffò di lato e lo ferì alla gamba.
Thalos fece per colpirlo con la lama della spada, ma il semidio si alzò in piedi e lo colpì al petto.
"Dicevi?" ribattè, con il fiato corto.
Il nemico scomparve diventando polvere.
Fu in quel momento che udì l'urlo di Annabeth.
Si voltò di scatto e vide che la figlia di Atena era a terra, accerchiata da tre automi.
Si teneva il braccio, il viso pallido per il dolore.
"Annabeth!" gridò Percy.
Al figlio di Ade parve di vivere la scena al rallentatore: vide Percy che respirava affannosamente, guardando disperato nella direzione della semidea.
Era come se gli avessero appena tolto il cuore dal petto, notò Nico, come se sapesse che la fine di Annabeth era vicina.
Vide poi Annabeth incrociare lo sguardo del figlio di Poseidone e stringere i denti, mentre i suoi occhi grigi diventavano una vera tempesta.
Lanciò un urlo di sfida e si alzò, saltando da un automa all'altro, ferendoli con il suo pugnale.
Nico si voltò a vedere la situazione e si rese conto di quanto i semidei fossero in minoranza.
Non essendo estate, poi, moltissimi erano al college o a scuola.
Non ce l'avrebbero mai fatta a vincere, nemmeno con le frecce scoccate da Chirone che galoppava per il campo.
Fu in quel momento che Nico capì cosa doveva fare.
Era lui che Minosse voleva, era colpa sua quella battaglia, era lui quello della profezia: doveva essere lui a porre fine a tutto.
Doveva essere lui a salvare il campo.
"Ora basta!" gridò.
Un'onda di oscurità avvolse per un istante tutti i combattenti, che si fermarono, sia gli alleati che i nemici.
"Minosse" si voltò verso il re, protetto da una serie di automi altissimi che allontanavano chiunque tentasse di arrivare al loro sovrano "ti sfido a duello"
Minosse scoppiò a ridere.
"Sì, come no" replicò "vuoi davvero morire davanti a tutti?"
"Io vivrei a palazzo, negli Inferi, ma tu? Certo, se hai paura di sfidarmi..."
"Non mi inganni, figlio di Ade"
"Oh, ma io non voglio ingannarti. Sei tu che governerai questo posto, una volta che ci avrai sconfitti. Vuoi che i tuoi sudditti stiano agli ordini di un codardo? Perchè è questo che sei, se non combatti con me"
"Ne ho abbastanza"
Minosse scese dalla portantina, prendendo una spada da uno degli automi di guardia.
"È stata una terribile decisione, quella che hai appena preso, Di Angelo" gli disse "ti ho avvertito"
Nico si mise in posizione, con la spada tesa davanti a sè.
Il re menò un affondo, che Nico parò.
Si giravano intorno, sfidandosi con lo sguardo a fare una qualche mossa.
Questa volta fu il semidio a menare un fendente, che il re parò abilmente.
Sfortunatamente, Minosse rigirò il piatto della lama della sua spada, con un movimento così veloce da essere quasi invisibile all'occhio umano.
Nico perse la presa sull'elsa della sua, che cadde a terra.
Minosse soffocò una risata.
"Tutto qui quello che sai fare?" lo prese in giro "Nessun trucchetto da figlio degli Inferi?"
Nico si guardò disperatamente intorno, alla ricerca di un'arma.
Secondo le antiche regole dell'aristia, nessuno poteva aiutare i due duellanti.
"Sai, di Angelo, forse era scritto nella storia che sarebbe andata così" disse "voglio dire, sono figlio di Zeus, e Zeus ha sempre vinto sui suoi fratelli. Non è vero, Jackson?"
Percy rimase stranamente zitto.
"Hai le tue ultime parole? Prima che ti uccida e riporti la cultura cretese al primo posto, com'è giusto che sia?"
Nico si limitò a guardare con odio il re.
Sperò dentro di sè che almeno la sua morte avrebbe permesso agli altri di attaccare Minosse, colto alla sprovvista.
Così, almeno, avrebbe davvero fatto qualcosa di eroico nella sua vita.
"Oh be'" Minosse lanciò a terra la spada e sguainò il suo scettro con la conchiglia.
Lo puntò verso l'alto, facendo tuonare il cielo.
Fu quando il fulmine scese dal cielo ad una velocità incredibile che Nico si tuffò a terra, recuperando la sua spada e deviando la folgore con la lama dello Stige.
Con una capriola, si rimise in piedi, mentre Minosse lo guardava davvero allarmato per la prima volta.
"Mi dispiace, figlio di Zeus" disse "ma questa volta vince Ade"
Con un affondo, conficcò la lama scura come la notte nel petto largo del re.
"Questo è per Bianca" sussurrò, vicino a qualche centimetro dal viso dell'altro.
Minosse, con gli occhi ormai vitrei, emise un unico gemito soffocato.
"Faceva parte del patto" mormorò guardando la terra sotto di lui, mentre il sangue gli colava ai lati della bocca "avevi promesso, avevi promesso Ge..."
Poi cadde a terra, fuggendo indignato tra le ombre.

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