VI. Eroe
C'era una statua di Atena davanti all'entrata della casa sei.
Lo sguardo severo della dea aveva sempre intimorito Percy.
Chiunque avesse scolpito quel pezzo di marmo bianco doveva aver conosciuto Atena di persona, perchè era identica alla dea che il figlio di Poseidone ricordava.
E lo sguardo che tutte le volte in cui avevano parlato gli aveva riservato era identico a quello della statua.
Percy bussò alla porta d'argento.
"Si può?"
Nessuno rispose.
Lui spinse la porta ed essa si aprì.
La casa sei era completamente deserta, se non fosse stato per una figura ad un angolo della stanza.
"Quindi è così?" mormorò Annabeth, senza alzare lo sguardo "Ritorneremo nel Labirinto di Dedalo? Ritorneremo laggiù?"
"Annabeth?" fece Percy.
Lei rimasse zitta.
"Annabeth" dichiarò l'altro, con voce ferma "guardami"
La figlia di Atena obbedì.
"Sono terrorizzata, Percy" Annabeth proruppe in una risata nervosa "Dei, sono completamente spaventata. Non voglio tornare lì"
Il labirinto era troppo per entrambi.
Il labbro cominciò a tremarle, mentre chinava di nuovo lo sguardo e stringeva i pugni.
Poi sembrò accettare la situazione, perchè, esattamente come l'anno prima, rialzò lo sguardo.
I suoi occhi grigi incontrarono quelli verdi di Percy, mentre apriva le braccia.
Il figlio di Poseidone la raggiunse e la strinse a sè, soffocando sulla sua maglietta arancione i singhiozzi di lei.
Le carezzò la schiena, cercando di tranquillizzarla.
"Tutta questa situazione, il campo che sta per essere attaccato, noi che dobbiamo tornare laggiù..." balbettò lei "mi ricorda la battaglia del Labrinito, l'estate scorsa. Quando Luke..."
Percy sapeva che la ferita che portava il nome del figlio di Ermes era ancora troppo fresca per non farle male.
Era stato come un fratello per lei.
Come poteva non soffrire?
"Sarò io la tua famiglia, d'ora in poi, Annabeth" le sussurrò, baciandole i capelli "non sarai mai da sola, finchè ci sarò io. E io sono uno che mantiene le promesse, capito?"
Ora sì che era consapevole delle parole che stava pronunciando.
Non era mai stato così sicuro di qualcosa in vita sua.
Non avrebbe mai lasciato che accadesse qualcosa di brutto ad Annabeth, non finchè fosse vissuto.
Le prese il volto tra le mani, carezzandole le guance.
"Dimmi che mi credi" mormorò.
Lei lo guardò così intensamente, come mai aveva fatto.
"Giuralo, Percy, ma non sullo Stige"
"Su cosa, allora?"
"Su noi due, perchè in questo momento non c'è niente in cui creda di più"
Quella frase gli diede speranza.
Se Annabeth giurava su di loro, se diceva che non ci sarebbe mai stata cosa su cui avrebbe creduto di più, era perchè lo pensava davvero.
E ciò significava che non aveva rovinato tutto.
"Lo giuro"
La figlia di Atena lo baciò di scatto, intrecciando le mani tra i suoi capelli neri.
Fu il bacio più intenso e carico di emozione che si fossero mai dati, ancora di più di quello sul tetto della casa uno.
Quando si staccarono, lei aveva ancora gli occhi chiusi e il respiro leggermente affannato.
"Va meglio ora?" sussurrò Percy.
Annabeth fece un mezzo sorriso, annuendo.
"Bene" riprese lui, prendendola per mano e allontanandosi un po' "perchè ho una proposta"
La figlia di Atena inarcò un sorpacciglio.
"Una proposta?"
"Grover ha pensato di vederci nella sala ricreativa, nella Casa Grande, per un'ultima mattinata insieme prima di partire per l'impresa. Cosa ne pensi?"
Questa volta lei sorrise davvero.
"Penso sia perfetto"
Fu così che si ritrovarono a ridere e scherzare insieme al satiro, abbuffandosi di sacchetti di pattatine e frullati alla fragola.
Parlarono di ciò che avevano passato, di come le loro vite fossero cambiate così in fretta.
"Sembra solo ieri che avevamo dodici anni e siamo partiti per cercare la folgore di Zeus" commentò Annabeth, sorridendo.
"E invece sono passati quattro anni" osservò Grover, sdraiato su una poltrona rossa, di fronte ai due semidei che erano seduti su un divano bordeaux "per Pan, come vola il tempo"
"A me piacerebbe avere ancora dodici anni" s'intromise Percy "ci pensate? A scuola si fanno cose semplicissime, altro che disequazioni e sistemi line-qualcosa. Poi ci sono molti meno problemi, come la scelta del college o cosa fare dopo..."
La figlia di Atena gli tirò un pugno sul braccio.
"Percy!" lo riprese.
"Che c'è? È la verità"
"Ora sai molte più cose che prima ignoravi. Come il fatto che sei un semidio, ad esempio. Il fatto che il mondo non è come sembra"
"E questo dovrebbe essere una cosa positiva? Vivevo così bene nell'ignoranza"
"Sei un vero idiota, Testa d'Alghe"
Annabeth gli diede un bacio e poi appoggiò la testa sulla sua spalla, sorridendo.
"Certe cose non cambiano mai" mormorò Grover, a bassa voce, con un sorriso che gli aleggiava in viso.
Percy non replicò, ma sorrise dentro di sè, mentre guardava l'amico e stringeva Annabeth a sè.
Erano sempre loro tre alla fine, come durante la sua prima impresa.
Certo, alcune cose erano cambiate.
Lui e Annabeth stavano insieme ora, mentre Grover era diventato un membro importante nel consiglio degli Anziani e sarebbe presto partito per continuare l'opera di Pan e salvare la natura.
Ma nonostante tutto, continuavano ad essere loro tre contro il mondo.
***
"Come faremo a sapere dove andare?" chiese Annabeth "Rachel era l'unica che sapeva come orientarsi qua sotto"
Nico si voltò a guardarla e si sforzò davvero di capire cosa Percy ci trovasse in lei.
E non lo pensava con cattiveria.
La osservava – come osservava le ragazze in generale – ma non riusciva a capire perchè non sentisse niente.
I capelli biondi di lei erano legati in una coda alta e cadevano lateralmente sorpa le spalline dello zaino sulle spalle, con tutto il necessario per sopravvivere ad un'impresa, anche se non si era mai abbastanza preparati.
"La profezia diceva che non ce ne sarebbe stato bisogno" commentò Percy "ma non ho idea di cosa voglia dire. Nico?"
Il figlio di Poseidone si girò verso il figlio di Ade, in attesa di un suo parere.
In questo caso, Nico poteva chiaramente capire cosa Annabeth trovasse in Percy.
Illuminato dai raggi bronzei che Vortice creava nell'oscurità della caverna, era bellissimo come un dio greco nel massimo dello splendore.
"Nico?" ripetè lui.
Il figlio di Ade si riscosse, arrossendo.
Per fortuna il buio impedì ai due di notarlo.
"Io sono la guida" rispose "anche se non so esattamente come, ma so di esserlo. Sento un legame con questo posto"
Temeva che le sue parole suonassero strane, e molto probabilmente lo erano, ma gli altri due annuirono, senza dire nulla.
"Rachel vedeva il simbolo di Dedalo, una delta" soggiunse Annabeth "magari anche tu vedrai qualcosa del genere"
"Il figlio di Ade è più sensibile di così, temo" disse una voce.
I tre semidei si mossero come una squadra, il che mosse qualcosa nel cuore solitamnete freddo di Nico, puntando le loro armi.
Per una volta, non affrontava una missione da solo.
Per una volta aveva qualcuno con cui condividere il peso che aveva sulle spalle.
Anche se propriamente non era stata una sua scelta avere Percy ed Annabeth come compagni, in quanto gli erano stati imposti dalla profezia, eppure era bello lo stesso.
Nico strinse l'elsa della sua spada di ferro dello Stige, affilando lo sguardo.
Le ombre erano il suo mondo.
"Chi sei?" domandò Annabeth impugnando il suo pugnale di bronzo celeste "Mostrati!"
Due occhi dorati comparvero nel buio.
"Facciamo la cosa più stupida?" disse Percy "Seguiamo gli occhi?"
"Sto già correndo" replicò la figlia di Atena.
I tre corsero verso gli occhi che si allontanavano sempre di più.
Dovettero lottare con uno stormo di grifoni e di strigi, completamete al buio.
Fu Percy ad ucciderli tutti, grazie alla benedizione di Acghille.
Ma quando finalmente si fermarono, in una stanza avvolta dalla luce, si vedeva quanto fosse stanco.
I tre si ritrovarono in un giardino splendido, dove i cespugli verdi sorgevano rigogliosi e si sentiva nell'aria il suono di un ruscello anche se non si vedeva da nessuna parte nessun corso d'acqua.
I mirti e i ginepri facevano la loro figura, così come un paio di scoiattoli fulvi.
Era la perfetta definizione di Locus Amoenus che davano i poemi omerici, perciò i peli di Nico gli si drizzarono sulle braccia.
Niente di così bello poteva essere innocuo.
E poi vide la donna.
Era avvolta in una veste candida, bordata d'oro.
I capelli lasciati sciolti sulle spalle cadevano rossi in morbide onde, e gli occhi dorati brillavano.
Non erano solo gli occhi della donna a brillare, ma tutto il suo corpo emanava una luce dorata.
"Figlia di Elios" Nico la riconobbe, inchinandosi con riverenza.
"Tu!" esclamò Percy, sconvolto "Tu mi hai trasformato in un porcellino d'India!"
La maga Circe fece un sorriso di scuse, e pareva sincera.
"È un trattamento che pochi hanno scampato negli ultimi secoli, lo ammetto" disse.
"Maga Circe" esordì Annabeth, in tono diplomatico "cosa ci fai qui?"
Circe raddrizzò le spalle, spolverandosi le mani.
Nico notò che aveva un cesto sotto il braccio, e vi scorse dei fiori al suo interno.
"È la prima volta che vedo il labirinto" disse, e nella sua voce c'era qualcosa che il figlio di Ade conosceva, anche se non riusciva a capire cosa fosse "Dedalo aveva parlato di un modo per contenere il Minotauro e alla fine ce l'ha fatta"
Nascose un sorriso.
Da come parlava, pareva che la sua mente fosse a migliaia di anni dalla realtà.
"Sapete, ho aiutato mia sorella Pasifae a dare alla luce Asterione" raccontò "e nell'antichità lui era l'unico mostro che popolava questi corridoi. Ma ora è diverso. Ora c'è un'insidia all'agguato dietro ogni angolo"
"Sì, lo sappiamo" commentò Percy, irritato – probabilmente si era legato al dito il suo primo incontro con la maga "ma non ha senso. Con la morte di Dedalo, il labirinto è andato distrutto"
"Non tutto" spiegò Circe "il labirinto aveva tre forze vitali: Dedalo, Pasifae e Minosse stesso"
"Quindi siamo nel labirinto di Minosse?" fece Annabeth "Per tutti gli dei"
"Sono qui per avvertirvi"
Circe puntò i suoi occhi dorati su Percy.
"Figlio di Poseidone" declamò "una volta un uomo è arrivato sulla mia isola per colpa di tuo padre"
"Ulisse"
La dea annuì.
"Essendo figlia di Elios posso vedere scorci di futuro: ma c'è come un velo sul tuo. Dovrai tenere duro, Perseus, molte fatiche ti attendono"
Spostò poi gli occhi su Annabeth, che alzò il mento sfidandola con i suoi occhi grigi.
"Figlia di Atena" disse "un tempo tua madre mi diede del vero filo da tocere, come io ne diedi a lei. Rese l'infaniza di mio figlio un inferno e vedo che l'inferno c'è nel tuo futuro. Forse conoscere troppo è davvero un male"
"Me la caverò, mia signora, puoi starne certa"
Circe fece un fugace sorriso.
"Hybris" disse, quasi con una punta di dolcezza "se fossi una semidea, sarebbe anche il mio difetto fatale, temo"
"Perchè hai detto che sono più sensibile riguardo il Labirinto?" Nico prese la parola "Come posso guidarli?"
Circe posò infine il suo sguardo su di lui.
Ed esso si addolcì per davvero.
"Mi ricordi davvero tanto mio figlio, Nico Di Angelo" disse, con un sospiro "so cosa significa perdere un fratello, come tu hai perso tua sorella"
"Eete? Il re mago della Colchide?"
La dea annuì.
"Ma gli dei non possono morire"
Vide con la coda degli occhi Percy e Annabeth scambiarsi un'occhiata.
"Perdere non è sinonimo di morire, figlio di Ade, tu meglio di tutti dovresti saperlo" fece Circe "Ho perso Eete in un modo che è quanto di peggio possa esistere per noi immortali. Ma se lo rivedessi, se lui si ripresentasse da me, io non mi fiderei più di lui. Quando una persona se ne va e poi torna, non è più la stessa"
Lo guardò intensamente, come se volesse sottintendere qualcosa.
Nco abbassò lo sguardo.
"Buona fortuna, eroi" concluse lei "il vostro destino è sempre tragico, ma non per questo non conoscete la felicità. È per questo che ho sempre ammirato voi mortali. Avete paura e non ve ne vergognate, prendete consapevolezza di essa e la portate a vostro favore. Se solo gli dei prendessero più spunto da voi, invece che pensare di essere così perfetti..."
La luce che le brillava intorno si fece più intensa, inondando l'intera stanza.
Nico si mise una mano davanti agli occhi, stringendoli forte
Quando li riaprì, del magnfico giardino non c'era traccia.
"E questo cos'è?" chiese Percy.
Il figlio di Ade si rese conto che davanti a lui, così come a Percy e ad Annabeth, c'era un piccolo fiore bianco.
Si chinò e lo prese delicatamente in mano, squadrandolo.
Emanava potere, non c'era dubbio.
Un potere immenso.
"Moly" rispose Annabeth "secondo le antiche leggende, Ermes lo diede ad Ulisse per proteggersi da Circe. Chi lo mangia è protetto da qualsiasi magia divina per un lasso di tempo"
"E perchè Circe dovrebe avercene lasciati tre? Come regalo di scuse per la trasformazione in porcellino d'India di tre anni fa?"
"Credo ci voglia dare un mano, Percy. Penso creda che ne avremo bisogno"
"Forse non tutti gli dei sono dalla nostra parte"
Il figlio di Poseidone sospirò.
"Ho proprio voglia di duellare di nuovo con un dio" ironizzò "d'accordo, ma prima è il caso di dormire. Domani ci penseremo e vedremo anche di capire questo legame di Nico con il labirinto"
Annabeth annuì.
"Faccio io il primo turno di gurdia" disse Nico.
Percy lo guardò con riconoscneza, mentre la stanchezza lo avvolgeva.
Gli diede un pacca sulla spalla e crollò immediatemnte.
Annabeth fece un piccolo sorriso, alzando gli occhi al cielo.
Si chinò e posò il suo zaino sotto la testa dell'altro, perchè fosse più comodo.
Nico la osservò anche se avrebbe tanto voluto non farlo.
Il cuore pareva spezzarglisi in tante schegge che gli colpivano il petto.
"Sicuro di fare il primo turno?" gli chiese la figlia di Atena, guardandolo "Io non sono stanca, sul serio"
Nico si setiva la stanchezza fin dentro le ossa, ma aveva bisogno di riflettere sulle parole di Circe.
Aveva uno strano presentimento su Bianca.
"Non c'è problema, riposati" si sforzò di sorriderle.
Annabeth non sembrava convinta, ma annuì lo stesso, sdraiandosi accanto a Percy.
"Non fare l'eroe" lo avvertì, scherzosamente "sveglia me o Percy per farti dare il cambio"
Non ti preoccupare, pensò lui, io non sono un eroe.
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