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Capitolo 1


" These days are fast, nothing last, there ain't no time to waste"
🎵 " These days" - Bon Jovi


UNA SETTIMANA PRIMA

BRENT

🗓️23 agosto 2023
🕒10:00 del mattino

"Brent, per favore", sussurrò mia madre mettendo delicatamente una mano sulla mia gamba che non smetteva di tremare, producendo un fastidioso rumore sul pavimento di piastrelle. "Sta tranquillo andrà tutto bene", le fece eco mio padre sporgendosi dalla sedia su cui era seduto con la schiena drittissima e le braccia conserte, segno che era lui quello ad essere agitato. A conferma della mia intuizione, infatti, guardò l'orologio da polso e si allentò il nodo della cravatta abbinata al suo completo di sartoria. I miei genitori erano due famosi avvocati divorzisti che, a dispetto della loro professione, avevano il matrimonio più saldo e duraturo del mondo; entravano in contatto ogni giorno con coppie che si scioglievano per i motivi più svariati mentre loro erano insieme dal liceo. La coppia perfetta con la vita perfetta, o quasi.

Tutto era filato alla perfezione fino a tre anni prima, il momento in cui era stata data una diagnosi terribile al loro unico figlio di quindici anni. Avevo scoperto di avere una rarissima forma di tumore ai polmoni dopo essere svenuto tra le braccia dei miei compagni nella palestra della mia scuola, dove stavamo disputando una partita di basket. Da quel momento era stato un susseguirsi di visite ospedaliere, controlli su controlli, nuove cure e mesi passati in ospedale sperando che tutto sarebbe andato bene.

Tre anni dopo ero ancora vivo, nonostante il parere discordante dei medici. Il motivo per cui ci trovavamo qui, in questo piccolo ufficio al terzo piano dell'ospedale, era per visionare i risultati dei miei ultimi esami, il mio destino si sarebbe deciso oggi e non potevo fare a meno di pensare a quanto alcuni attimi possano avere un peso enorme sulla vita delle persone. Era da anni ormai che sognavo una vita diversa, volevo poter vivere libero, lontano da quelle quattro mura bianche e asettiche dell'ospedale, senza più dovermi preoccupare del tempo che andava avanti lasciandomi inesorabilmente indietro.

Viaggiare, passare l'estate con i miei amici, andare al college, viveri giorni interi facendo piani per il giorno dopo, senza una data di scadenza, senza avere sempre sulla testa una spada di Damocle.

L'orologio appeso al muro segnava le dieci e mezza e l'ansia che gia mi stava mangiando dentro cominciò a crescere come un mostro dalle zanne affilate. Da quando avevo ricevuto la diagnosi, l'avevo affrontata con coraggio e avevo promesso a me stesso che non avrei mai più versato una lacrima. Oggi, però, non potevo stare calmo, anche perché la dottoressa Andrews era in ritardo, e questo voleva era un cattivo presagio.

Pochi minuti dopo, infatti, la porta si aprì rivelando una dottoressa dal volto tetro e sconsolato, che si diresse verso di noi senza nemmeno incrociare il mio sguardo. Il panico iniziò ad avere la meglio, e la mia gamba riprese a muoversi ancora più forte facendo picchiettare insistentemente il piede sul pavimento di piastrelle. Cercavo di rilassarmi fissando le lancette dell'orologio e ,concentrandomi sul loro ticchettio, provavo a calmare il mio respiro. D'altronde, avevo già ricevuto brutte notizie, ma ero ancora qui, ero ancora vivo.

Dio, quanto odiavo gli orologi.

"Buongiorno a tutti, scusate il ritardo, sono stata trattenuta", la dottoressa Andrews prese posizione nella sedia dietro alla sua scrivania, poi frugò in un cassetto alla sua destra, tirò fuori una cartellina azzurra e la aprì. La dottoressa mi aveva seguito sin dal principio e non si era mai arresa nemmeno quando la situazione sembrava disperata.

Ora, a guardarla, era chiaro che fosse preoccupata e che non dormisse da giorni, profonde occhiaie le adornavano gli occhi e la sua pelle era di un pallore molto accentuato. I miei genitori e la dottoressa, dopo i convenevoli, discutevano di tutti gli esami e le operazioni che avevo sostenuto negli ultimi anni; io avevo lo sguardo fisso solo su di lei anche se non stavo ascoltando affatto quello che dicevano, come fossi in una bolla. Dopo quella che sembrò un'eternità, la dottoressa smise di parlare e ci guardò. Non l'avevo mai vista così, con gli occhi spenti e privi di speranza: forse ero davvero arrivato al capolinea.

Cominciai a muovere più velocemente il piede sul pavimento, le lancette dell'orologio sembravano andare a rallentatore quasi come se il tempo stesse per fermarsi e il pavimento aprirsi sotto ai miei piedi per risucchiarmi.

Se avessi potuto mi sarei alzato e avrei staccato quel dannato orologio dal muro per poi distruggerlo in mille pezzi.

La dottoressa Andrews fece un gran respiro e poi disse: "I risultati delle ultime analisi non sono per niente buoni. Se non troviamo un donatore compatibile al più presto non ci resta molto tempo". Aveva parlato al plurale, ma ora guardava soltanto me, era consapevole di aver dato tutta sé stessa, di essere riuscita a darmi tre anni in più.

Ero preparato all'idea di morire, ma non è mai facile sentirselo dire in faccia. Le lancette dell'orologio segnarono le undici: il mio tempo stava per scadere.

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BRENT

🗓️23 agosto 2023
🕒11:30 del mattino

Quando i miei genitori lasciarono l'ospedale per andare a prendermi tutto il necessario per trascorrere qualche giorno qui in reparto, finalmente restai solo. Dopo l'annuncio, la dottoressa aveva deciso che sarebbe stato meglio ricoverarmi per fare degli esami e decidere il da farsi. Non l'avrebbe mai detto ad alta voce, ma sarebbe stato un miracolo trovare un donatore compatibile in poco tempo.

Non vedevo l'ora che tutti se ne andassero per raccogliere i pensieri e provare a calmare il cuore che stava martellando nel mio petto da ore. Non potevo permettermi di crollare davanti ai miei genitori perché l'unica cosa che li rincuorava era vedermi combattere.

Ed era vero, non potevo mollare proprio ora, ma questa volta c'era qualcosa di diverso, qualcosa che mi faceva venire voglia di scappare il più lontano possibile. Le pareti bianche e asettiche della stanza d'ospedale dove mi avevano portato, sembravano avvicinarsi sempre di più a me, la testa mi girava e le mani mi stavano sudando copiosamente.

Cosa mi stava accadendo? Io non ero così, rimanevo calmo in ogni situazione e non perdevo il controllo.

Volsi lo sguardo al soffitto bianco e subito immaginai mille disegni incrociarsi ed intrecciarsi sulle pareti. Sin da quando ero piccolo avevo la passione per il disegno, ogni volta che la mia mente era affollata di pensieri, che mi mancava l'aria e non riuscivo più a respirare, prendevo carta e matite colorate e creavo qualcosa. E quando non avevo l'occorrente, cercavo di immaginare con la mia mente pennelli e pastelli muoversi sulle superfici intorno a me. Sulle pareti di questo ospedale avevo dipinto molte volte: sul muro dell'ufficio della dottoressa, sul soffitto della sala d'attesa del pronto soccorso, sui corridoi del reparto oncologico. Tutto ormai era diventato la mia tela.

Sul soffitto della mia stanza presi il blu e dipinsi un cielo terso, poi il grigio e il bianco per le montagne, il verde per i prati, il giallo per il sole, e finalmente un paesaggio apparve davanti a me come fosse vero. Disegnare mi dava la possibilità di andare in posti lontani, vivere migliaia di vite. Più lo guardavo più diventava vero, più riuscivo a sentire l'aria di montagna nei miei polmoni malandati, il sole sulla pelle, l'erba fresca sotto ai piedi. Presi un gran respiro e provai ad alzarmi, dovevo tenere la mente occupata in qualche modo o sarei impazzito. Mi alzai lentamente ma nel farlo urtai con la gamba qualcosa di duro che con un tonfo finì a terra.

Un piccolo libricino dalla copertina nera era finito sul pavimento di piastrelle. Mi accovacciai ai piedi del letto e afferrai il misterioso oggetto.

La copertina era completamente spoglia e lo stesso valeva per le pagine che erano tutte bianche e prive di un qualsiasi segno di riconoscimento, eccetto per una. Sulla prima, infatti, era inciso in lettere maiuscole: "Scrivi qui i sette giorni più belli della tua vita".

Rimasi a fissare per un attimo le lettere che brillavano sulla carta bianca mentre mille domande mi passavano per la testa: Chi lo aveva lasciato qui? E perché? Cosa mai voleva dire?

Mentre pensavo a tutto questo, attraverso la finestrella della mia stanza, che dava sul corridoio del reparto, vedevo passare medici, infermieri e pazienti, ognuno andava in una direzione diversa, aveva il suo passato e il suo futuro, ognuno stava passando un qualcosa che magari nessuno poteva sapere, ognuno portava con sé tante storie e segreti.

Chissà se almeno una di queste persone aveva mai vissuto i giorni più belli della propria vita?

E fu proprio mentre li guardavo e immaginavo tutti i posti in cui erano stati, i volti che avevano visto, le esperienze che avevano fatto e creavo chissà quale fantastica storia per loro nella mia mente, che mi venne l'idea. Era folle e totalmente sconsiderata, per non pensare nemmeno ai
rischi che avrei potuto correre e al disastro che avrebbe potuto scatenarsi.

Ma alla fine a questo punto tanto valeva rischiare il tutto per tutto, era meglio finire nei guai che avere rimpianti, dovevo fare questa cosa per me, soprattutto visto che non avrei avuto un'altra possibilità.

Aprii uno dei cassetti della piccola cassettiera che giaceva in un angolo della stanza, cercando un qualcosa con cui scrivere, con stupore tirai fuori un pennarello nero di quelli che si usano sulle lavagne bianche. Mi avvicinai alla grande parete che avevo davanti, spoglia come una tela in attesa di essere dipinta.

Sorrisi, dentro di me, mentre una serie di emozioni stavano facendo a gara nel mio stomaco. Avevo paura, se avessi davvero messo in atto questo piano poi sarebbe stato davvero difficile tornare indietro. Ma il ritrovamento del diario era un segno, il destino mi stava offrendo un'altra possibilità e io dovevo coglierla al volo.

Cominciai a tracciare mille linee e segni sulla superficie, seguendo un'idea precisa che avevo in mente. Dopo qualche minuto fissai il risultato soddisfatto. Probabilmente se la dottoressa Andrews o i miei genitori l'avessero visto sarebbero impazziti, in particolare mio padre che odiava di più il mio lato ribelle.

Presi il cellulare e vidi i messaggi dei miei amici che mi chiedevano come fosse andata la visita. Ed era proprio a loro a cui stavo pensando ora, era egoistico forse ed era una pazzia coinvolgerli, ma sapevo che in fondo ognuno di loro ne aveva bisogno, e speravo vivamente che la mia idea avrebbe aiutato tutti noi. Dovevo solo convincerli a seguirmi in quest'ultima avventura.

In quel momento non potevo saperlo, ma sperai con tutte le mie forze che, tutti insieme, avremmo potuto davvero vivere i sette giorni più belli delle nostre vite. 


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti popolo di Wattpad! Non pubblicavo una storia da tanto tempo e sono veramente fiera di essere riuscita a farlo di nuovo.

Questo è l'inizio dell' avventura, siete curiosi di sapere che cosa precisamente ha in mente di fare Brent ( effettivamente la trama è un pò spoiler) e se i suoi amici lo seguiranno così facilmente come crede?

E come la prenderanno i suoi genitori e la fedele dottoressa?

Se vi è piaciuto lasciatemi un commento e una stellina, per me vale moltissimo!

Scrivetemi nei commenti ,se volete, quali sono stati i sette giorni più belli delle vostre vite.

-Vitty🌟

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