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Ecco la terza parte! Se avete dubbi o perplessità scrivetemelo nei commenti e nel caso vogliate supportare la mia storia lasciate una stellina. Buona lettura!


Il mastodontico edificio che mi si para davanti alla fine del viale ricorda un vecchio castello in stile gotico. Mentre le facciate secondarie sono parzialmente ricoperte di edera rampicante, quella principale invece è curata nei minimi dettagli, con striscioni di benvenuto e stemmi raffiguranti i simboli dei sei poteri: il triangolo che rappresenta la mente per il Cerebrum, la capacità di leggere nel pensiero e di comunicare telepaticamente; la linea verticale tagliata da due bande orizzontali per l'Extremis, il potere che acuisce i sensi e fornisce forza e velocità inimmaginabili; i tre cerchi concentrici che rappresentano passato presente e futuro per la Divinazione, il dono della capacità premonitoria e della chiaroveggenza, nonché potere di mia madre; il rombo tagliato da una linea orizzontale della Telecinesi, la capacità di muovere gli oggetti con la forza della mente; le due bande ondulate per l'Illusionis, il dono che permette di confondere la vista mostrando una realtà alterata; e infine la linea orizzontale tagliata da due frecce che si guardano per la Trasmutazione, la capacità di trasportarsi da un luogo all'altro, dono di Lavanda e mio padre.

Il portone in legno intagliato è aperto e appena entrata vengo sopraffatta dalla maestosità del luogo. La luce che filtra le finestre in vetro colorato crea giochi fantasiosi sulle pareti e si rifrange sulle norme scalinata col corrimano in legno sulla quale i ragazzi stanno iniziando ad accalcarsi seguendo le indicazioni verso i dormitori. Secondo la brochure la mia camera non dovrebbe essere lontana. Salgo le scale e svolto in un susseguirsi di corridoi labirintici apparentemente uguali. Inizio quasi a pensare di essermi persa quando finalmente giungo in con quella che dovrebbe essere l'ala dei dormitori femminili del primo anno. E dico dovrebbe perché la quantità di maschi presenti e uguali a quella delle femmine. Scavalcò alcuni bagagli in mezzo al passaggio e osservo le camere attraverso le porte aperte: abbastanza grandi, molto semplici, con due letti singoli ai lati lati opposti. Semplici e classiche tutto sommato, per essere quelle di una delle scuole più rinomate del paese. 102, il numero inciso in ottone sullo stipite è lo stesso di quello della mia chiave, finalmente sono arrivata alla mia stanza. La porta è aperta e senza neanche entrare arriva alle mie narici un forte odore di erbe psicotrope. Nonostante il retrogusto pungente non mi infastidisce, ci sono abituata in fondo dopo tutto il tempo passato a tentare di creare pozioni e infusi magici, spero solo che non mi si attacchi ai vestiti. La metà destra della camera è già decorata con poster in stile dark e in fondo a uno dei letti sta sdraiata scompostamente una ragazza intenta ad osservare il soffitto con sguardo sognante, mentre inala dense boccate di fumo da una pipa intagliata dal vetro vulcanico. I capelli, legati in uno chignon scompigliato, sono scuri con ciocche rosse e gli occhi, rossi con i capelli a causa del fumo sono decorati con spesse line di matita nera. Lo stile dark è completato da alcuni piercing, un anello al naso ed uno al labbro inferiore, nonché da un set impressionante di orecchini su entrambi i lobi. Non appena si accorge della mia presenza tossisce per la sorpresa dopo che l'ultima boccata di fumo le va di traverso ed agita la mano cercano di dissipare la nebbia che si sta formando nel nostro cubicolo.

«Ciao, scusami tanto, la spengo subito. Io sono Marissa Tomlinson. E tu sei...»

«Lili, Lili Hale. E non preoccuparti finisci pure» dico avvicinandomi con sorriso amichevole per stringerle la mano, prima di rendermi conto di quanto sembri formale.

«Grazie al cielo.»

Sembra improvvisamente rilassata. Si si guarda attorno con sguardo corrucciato, come se cercasse qualcosa, poi chiude gli occhi, inspira profondamente e li riapre di colpo infilando una mano sotto al cuscino per estrarre un obsidian nero pece, la pietra del fuoco, probabilmente per riaccendere la sua pipa di vetro.

«Divinazione?»

Capisco immediatamente, dopo aver visto mia madre concentrarsi in quel modo per tanti anni.

«Eh già. Anche se devo ammettere che è stato più complicato del solito» ammicca alludendo alla sua condizione alterata.

«Anche tu hai sedici anni?» Cerco di intavolare un discorso mentre inizio a sistemare i miei bagagli.

«Diciassette, ma frequento il primo.» Evidentemente Deve accorgersi del mio sguardo perplesso così aggiunge «Prima che tu lo chieda, so che dovrei essere al secondo ma ho perso un anno per problemi di salute. Questa» fa alzando la pipa sorridendo «è roba medica. Qual è il tuo dono invece?»

Mi pietrifico all'istante, non voglio che pensi subito che sono strana e visto il comportamento delle ragazze all'ingresso non so come potrebbe reagire. Dopo tutto però è la mia compagna di stanza, ci dovrò convivere per un anno intero e questo non è un segreto che può essere celato per molto tempo.

«Ah scusa, non ti ho chiesto se ne vuoi un po'.» Dice allungando l'arnese colorato verso di me.

Declino gentilmente, grata che abbia cambiato discorso, sperando che si dimentichi della domanda precedente.

«Capito, beh se cambi idea chiedi pure. Anche se forse adesso è meglio avviarci alla presentazione.»

«Giusto!» Esclamo ricordandomi improvvisamente del programma sulla brochure. «Andiamo assieme?»

«Ovvio.»

Prende un cardigan a rete dalla valigia, la perfetta aggiunta al suo stile goth, ed usciamo dalla stanza. Sembra una ragazza a posto dopotutto, socievole e alla mano. Credo potremmo diventare buone amiche. Per un secondo inizio a pensare che le cose possano andare per il verso giusto. Stiamo varcando la soglia quando si ferma di colpo.

«Ah aspetta.» Dice tornando indietro attraverso la camera con passi lenti per poi spalancare la finestra. «Scusa ancora per il fumo» sorride.

«Nessun problema.»

Mi sta già simpatica.

Percorriamo a ritroso le scalinate e i corridoi fino al piano terra. In giro non c'è quasi più nessuno, gli ultimi ritardatari si fanno strada verso l'auditorium seguendoci a pochi passi. Attraverso le grandi vetrate ammiro il cortile esterno, ornato da aiuole e statue parzialmente di coperte di muschio. Acqua chiara sgorga dalle fontane di pietra e le chiome dei cipressi mosse dalla brezza mattutina mi infondono un senso di pace. Deve essere il posto perfetto per rilassarsi in tranquillità senza essere disturbati. Vista l'assemblea obbligatoria sembra deserto, tranne per un ragazzo appoggiato al tronco di un albero, completamente solo, che legge intensamente un libro con aria triste. Per un attimo mi chiedo se sappia della riunione. Come richiamato dei miei pensieri si volta verso di me guardandomi fissa negli occhi, anche se deve essere il frutto della mia immaginazione visto che da quella distanza e contro sole è improbabile che riesca a vedere all'interno dell'edificio. Anche da lontano riesco però a scrutare i tratti del suo volto spigoloso, con labbra carnose e occhi cupi. È di una bellezza stranamente inquietante e sconvolgente. Distolgo lo sguardo come se mi avesse sorpreso a fare qualcosa di sbagliato, ma con la coda dell'occhio lo osservo allontanarsi in mezzo alla vegetazione e sparire nel bosco.

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