78 - Soldi, soldi, soldi
Germana distese le labbra in un sorriso nervoso. "Se questo è uno scherzo, non sto ridendo." Si scrocchiò le dita e tornò a concentrarsi sulla tastiera. Le mani sudavano e le palpitazioni erano così forti da provocarle il mal di testa.
"Allora non ci siamo capiti." Baldo si alzò e chiuse il monitor del pc.
Germana indietreggiò con la sedia ed ebbe appena il tempo di ritirare le braccia per evitare che le dita rimanessero schiacciate. Il suono provocato dall'urto del monitor rimbombò nell'ufficio come il ruggito della statua del leone che osservava la scena a bocca aperta dal suo metro di altezza.
"Io e lei faremo una lunga chiacchierata, che le piaccia o no."
Germana si drizzò, la paura repressa in un angolo della sua mente. "Sei impazzito? Se il pc è rotto, dovrai ricomprarmelo!"
"Certo, lo porterò sulla sua tomba al posto dei crisantemi."
Germana ammutolì. Sbatté le palpebre, la voce spezzata dalla tensione. "Mi... mi sa che il whisky l'hai già bevuto, dato che sei ubriaco come gli zingari dei Murazzi."
"Secondo lei puzzo di alcol? No, non sono mai stato così lucido. Ho atteso da fin troppo tempo questo momento e voglio godermelo appieno."
Mise una mano in tasca e Germana tentò una via di fuga raggiungendo la finestra. "Smettila di straparlare e dimmi cosa cazzo sei venuto a fare!"
Baldo la seguì, mantenendo una mano nella salopette verde. "Io e lei faremo una chiacchierata che durerà l'intera notte... e domattina, quando Viola tornerà, sarà finalmente libera dall'incubo che ha vissuto lavorando in questo posto imbevuto di falsità."
Germana alzò il mento per guardare oltre le spalle dell'uomo: sulla scrivania spiccava un tagliacarte, la sua salvezza. "Ascolta, se vuoi dei soldi io..."
"Soldi, soldi, soldi." Baldo alzò la mano nascosta in tasca e contò banconote immaginarie. "Secondo voi ricchi i soldi sono il passepartout per ogni cosa. Costruire prove false? Soldi. Corrompere testimoni? Soldi. Comandare a qualcuno di sbarazzarsi di un cadavere?"
Con un gesto della mano la incitò a rispondere e Germana alzò gli occhi al soffitto. Doveva costringere Baldo ad abbassare le difese, solo così avrebbe potuto avvicinarsi al tagliacarte. "Soldi."
Baldo si complimentò con un inchino per la sua risposta. "Lei e suo marito siete maestri in questo."
Germana sentì ribollire il sangue. "Non ti azzardare a parlare di lui, chiaro?" Si protrasse in avanti, la voce cristallina. I taglienti occhi neri parevano due lamine di onice, capaci di scalfire l'anima con la loro intensa oscurità.
Baldo fece una smorfia. "Certo... non oserei mai parlare di quel brav'uomo se non fosse necessario." Calcò le parole con un lacerante disprezzo. Abbassò leggermente il capo e alzò lo sguardo su di lei. I suoi occhi la vedevano, ma la mente era assorbita in una valanga di ricordi. "Antonio Panfi era così integerrimo e rispettoso della Legge da non esitare a calpestarla per tornaconto personale... a rovinare vite, a distruggere una famiglia per bieco danaro." Baldo aveva sognato quel momento da tutta la vita: sputare l'odio che aveva covato per anni e che aveva tenuto a bada come un cucciolo addestrato per uccidere. "Le dice qualcosa il nome Margherita Caneschi?"
"Dovrebbe?" replicò stizzita Germana, le braccia incrociate sotto al generoso décolleté. Si sorprese di non aver mai sentito quel nominativo.
"E Saverio Nerini?" la incalzò Baldo con crescente divertimento. "È un docente universitario, insegna all'Accademia Albertina di Belle Arti." Inclinò la testa. "Tiene ancora il corso di Arte del Fumetto?"
Udito quel nome, Germana spalancò la bocca. Sciolse le braccia e batté un piede sul parquet in rovere. "Dimmi di cosa cazzo stai parlando o ti butterò fuori a calci!" I tentativi di assecondarlo si erano sciolti non appena aveva capito la serietà della situazione. Conosceva bene quel professore e il pensiero che qualcuno indagasse in proposito la inorridiva.
"Mi dica se lo conosce!" tuonò Baldo a pochi centimetri dalla sua faccia, la dentatura perfetta e qualche schizzo di saliva che impregnò quella frase di ulteriore disprezzo.
Germana si ripulì una guancia. "Certo, è... è stato un mio cliente. Gli è suc..."
"Balle!" gridò ancora Baldo con il volto in fiamme e la vena del collo in evidenza. "Saverio Nerini era un cliente di suo marito... l'imputato in un processo di stupro!"
Germana abbassò lo sguardo, il cuore così pesante che non reggeva il peso di quel ricordo.
Baldo si allontanò per riprendere fiato e per trattenere le lacrime. "Suo marito" ricominciò girandosi verso di lei, "ha difeso un porco schifoso che aveva abusato di una ragazza di venticinque anni. Lei l'aveva denunciato e in aula è stata costretta a ripercorrere tutto con tanti sguardi su di sé... gli sguardi di Saverio, di suo marito, del giudice... e dei presenti al processo... inclusi i miei genitori. Perché sì, Margherita Caneschi è mia sorella."
Germana si passò una mano tra i boccoli biondi. "Mio marito ha semplicemente fatto il suo dovere... e il giudice ha dichiarato l'imputato innocente perché il fatto non sussiste. Non c'entro niente, vai a prendertela con chi ha letto la sentenza!"
Baldo rise per la sua finta ingenuità. "Suo marito non era Perry Mason... Ha prodotto prove false dalle quali risultava che mia sorella non aveva assunto alcuna droga e si era trattato di un rapporto consenziente... e aveva convinto alcune sue compagne di corso a deporre in giudizio per raccontare presunte confidenze fatte da Margherita sull'interesse che nutriva nei confronti del suo relatore. Di sicuro avrà fatto loro testimoniare il falso in cambio di denaro o sbocchi occupazionali futuri... Per mia sorella Saverio Nerini era solo il docente che doveva aiutarla a scrivere la tesi... e invece per lui quella giovane appassionata d'arte era un'ossessione."
Germana fece una smorfia e applaudì per quella teoria strampalata. "Complimenti... è una storia così squallida che ci stavo cascando."
Lui le afferrò un braccio, lo sguardo temerario e appassionato che bruciava di rabbia. Odiava tutto di quella donna e finalmente aveva modo di dirglielo. "Sono io che non ci casco più... Sa benissimo di cosa parlo e non sopporto che sminuisca così il mio dolore!"
"Da quando i matti provano dolore?" lo sbeffeggiò a denti digrignati. Nei suoi oggi grigi leggeva odio puro, ma non voleva lasciarsi intimorire. "Tua sorella in tribunale si è contraddetta più volte e non ha fornito una descrizione chiara e lucida del legame con il suo professore. Ripeto: mio marito ha soltanto svolto il suo lavoro. Insultami, sputami addosso, picchiami... ma nulla di tutto questo corrisponde a quell'ideale di giustizia che sbandieri quando ti conviene."
Baldo strinse la presa e Germana abbassò il capo per il dolore. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla urlare, d'implorare il suo perdono. Lei era estranea a quella faccenda e non si sarebbe assunta colpe altrui.
Baldo la costrinse a seguirlo accanto alla finestra e alzò la serranda premendo l'apposito pulsante. Si diffuse nell'ambiente il rumore del meccanismo, così stridulo e ripetitivo che somigliava al suono delle dita sulla lavagna. Stava creando un solco nel cuore di entrambi, stava preparando il finale perfetto per quella faccenda intrisa di sangue e bugie.
Germana sgranò gli occhi verso la finestra, gli zigomi rifatti bagnati dal sudore e dalle lacrime. Si divincolò, invano. Il vetro le restituì il suo volto deformato dall'orrore, il cuore martellante batteva con una furia disordinata e le pulsazioni erano così intense da far vibrare il torace. Con uno sbuffo si tolse un boccolo biondo ricaduto sulla fronte. La finestra rifletteva il volto della morte, perché era certa di trovarsi al suo cospetto e ne vedeva il viso: il proprio. Nella vita si era macchiata di azioni ignobili e tante altre era disposta a compierne, ma per l'ironia del destino sarebbe perita per colpe non sue.
Baldo aprì la finestra e una folata di vento scompigliò i loro cuori in tumulto. Lui sentì un'eccitazione crescente al pensiero di essere vicino alla realizzazione del suo sogno. "Ho aspettato dodici anni questo momento..." sussurrò al suo orecchio. "Avrei voluto che al suo posto ci fosse Antonio Panfi, ma qualcuno mi ha preceduto e..."
Germana si voltò verso di lui, incurante del vento che le appiccicava i capelli dorati al viso trasformandoli in un'ulteriore rete mortale. "Uccidimi. Ma ricordati che mentre sarai dietro le sbarre, quel Nerini sarà libero. Perché non te la prendi con lui, con il giudice, con quelle che hanno testimoniato il falso? Perché proprio io, tra tutti loro? E perché hai aspettato dodici anni per vendicarti?"
Baldo estrasse le cesoie dalla salopette verde, gli occhi grigi accecati dal furore. "Arriverà anche il loro momento, ma lei non sarà qui per vederlo." Con una mano la tenne ferma, mentre con l'altra le accarezzò il braccio con le fredde cesoie.
Germana drizzò la schiena, percorsa da brividi di morte. Le dita di Baldo tremavano e perciò erano ancora più pericolose.
L'uomo arrivò sulla spalla nuda di lei e percorse un tratto della tuta elegante che indossava Germana. Passò dall'imbottitura vicino alla scapola fino allo scollo a V, per poi fingere di lacerare il motivo delle foglie bianche sparse sul tessuto granata. "Adesso indietreggi."
Il respiro di Germana, accelerato e ansimante, si univa al tumulto interno creando un'armonia inquietante di panico e disperazione. Eppure lei non voleva arrendersi: gli assestò un calcio nelle parti basse e si affrettò verso la scrivania per prendere il tagliacarte, ma la mano di Baldo la precedette e afferrò l'arma.
"Brutta cagna" sputò lui, per poi buttare l'oggetto di sotto. "Si avvicini alla finestra e non faccia altri scherzi!"
Germana si passò una mano sul taglio procurato sul braccio durante la colluttazione. Aveva capito il suo piano: non voleva sporcarsi le mani, preferiva costringerla a gettarsi nel vuoto.
Baldo le si avvicinò con un solo balzo e con la mano libera le strinse il collo.
Germana ricadde indietro e la schiena batté contro il davanzale. "Lei non capirà mai quello che abbiamo passato dopo il processo..." continuò lui stringendo i denti, le guance color carminio e la fronte segnata da profonde rughe di tensione. "Dopo che Nerini era stato dichiarato innocente, mia sorella è rimasta chiusa in casa per settimane. Finché un giorno... è scappata, ha raggiunto uno dei piani più alti dell'Accademia Albertina di Belle Arti e ha tentato il suicidio..." Le lacrime ardenti caddero sul volto deformato dal terrore di Germana. "Da quel giorno è paralizzata e riesce solo a muovere gli occhi... Tutti voi farete la sua fine! Lei, Nerini, il giudice, tutti quelli corrotti... Non avrò pace finché..."
Mentre il giardiniere pronunciava quelle parole che parevano una sentenza di morte, Germana emetteva rantoli di paura. Il suo solito tono incisivo e altisonante era stato reciso da quella mano grande e ruvida che la strangolava come carne da macello. Non aveva nemmeno la forza di sollevare le braccia e le gambe per difendersi; era così assorta nelle braci grigie dello sguardo assassino di Baldo da non accorgersi di un arrivo imprevisto. Al suo respiro strozzato e al fiato corto dell'uomo su di sé, si unì un'altra voce femminile.
"Baldo, smettila!" urlò Viola dopo aver lanciato un grido di spavento.
Lui continuò a tenere le cesoie con una mano e con l'altra sollevò Germana reggendola dall'ascella. "Vattene, non sono affari tuoi! Nessuno m'impedirà di portare a termine la mia vendetta."
"Ve-vendetta?" Viola si avvicinò, attenta a non calpestare i fogli caduti dalla scrivania durante la colluttazione. "Cos'è questa storia? Lasciala, non fare pazzie!"
Germana riusciva soltanto a emettere suoni soffocati dal pianto, le lacrime le ricoprivano il viso dalla vergogna.
"Questa non è una pazzia... è l'unica fine che merita chi sapeva e ha taciuto, chi ha contribuito a rovinare la vita di mia sorella e non ha il coraggio di ammetterlo."
Viola corrugò la fronte. "Da quando hai una sorella?" Vide che con l'altra mano impugnava le cesoie e sentì il terrore montare nel petto. Lo sguardo cominciava ad annebbiarsi, come se i suoi occhi si rifiutassero di credere che quello che stava aggredendo Germana era lo stesso uomo che l'aveva baciata settimane prima in macchina. Lo stesso che l'aveva avvertita sulla pericolosità della donna, lo stesso che rispondeva amorevolmente ai suoi messaggi. Lui continuò a invitarla ad andarsene e lei si riscosse dalla confusione. Si umettò le labbra. "Non so perché tu lo stia facendo, ma ti capisco e..."
"Non puoi capire!" la interruppe sollevando di poco Germana, che ormai non aveva più la forza di reagire. La sua testa era contro il davanzale della finestra, la schiena piegata e braccia e gambe molli. "Il mio dolore è..."
"Non mi riferisco al tuo dolore" lo interruppe a sua volta, "ma alla tua rabbia." Chiuse gli occhi e li riaprì, come se pochi secondi fossero bastati per visualizzare il carico emotivo che l'aveva portata sei mesi prima a sparare a Fulvio. "Ti senti solo, in debito con la vita per averti strappato la cosa più preziosa che avevi. Quando finalmente la ruota ricomincia a girare a tuo favore, accade qualcosa che sconvolge l'equilibrio e ti senti di nuovo tradito, sconfitto. Vuoi sfogare la tua frustrazione verso ciò che credi essere la causa dei tuoi mali, ma lei..." e indicò il corpo di Germana, "è un pretesto per non vedere che il vero problema sei soltanto tu."
"Sciocchezze!" tuonò Baldo voltandosi verso Viola. "Non ti permetto di giudicarmi come se..."
"Dopo aver oltrepassato la linea di confine tra immaginazione e realtà" riprese lei senza battere ciglio, "starai peggio di prima, perché sentirai il vuoto sotto ai tuoi piedi." Si toccò il petto. "Io l'ho provato quel vuoto, Baldo! So cosa significa abbattere la tua furia verso qualcuno e ricordo l'impotenza che si prova dopo." Mentre parlava si avvicinava a lui e piccoli passi, un braccio teso a prendere le cesoie che tremavano tra le sue mani. "Non oltrepassare quella soglia, potresti trovare demoni più potenti di quelli che adesso ti tormentano. Non rovinare la tua vita e ciò che potremmo essere." La sua mano si avvicinava alle cesoie, la voce spezzata dalla tensione. "Sei la cosa più preziosa che mi sia successa... e te lo dimostrerò."
Afferrò le cesoie e le gettò dalla finestra, mentre Baldo indietreggiava per quelle parole colme di affetto. Fissava Viola e non riusciva a staccarsi, come se l'avesse stregato con una promessa dal sapore d'infinito. Lasciò ricadere il corpo di Germana sul pavimento e continuò a retrocedere, lo sguardo svuotato di ogni emozione.
Viola accennò un lieve sorriso. "Bravo. Qualsiasi problema ci sia, lo affronteremo insieme."
Lui arrivò sulla soglia dello studio, la mascella serrata e le dita che tormentavano il pizzetto ispido. "Stai dalla parte sbagliata... quando lo capirai, sarà troppo tardi."
Restò un secondo di troppo a guardare le carte che aveva fatto cadere, tracce della sua follia, e sparì nel corridoio dopo aver battuto un pugno sulla porta.
Viola s'inginocchiò vicino a Germana. "Signora, come sta?"
Le scosse un braccio e la donna sembrò destarsi dal torpore. Tossicchiò e tentò di sollevarsi, ma il dolore alla schiena e la paura che ancora le avvolgeva le gambe stanche non le consentivano di muoversi. "Come u-una che hanno appena tentato di uccidere... che ca... di domanda..." Contrasse la bocca per una fitta al collo e usò la sedia come perno per drizzarsi.
"Sicura di farcela? La aiuto?" domandò apprensiva Viola, sollevandosi a sua volta.
"Il tuo turno di lavoro è finito, mi pare." Nonostante le parole fossero sprezzanti, il timbro gracchiante tradiva ancora incertezza e spavento.
Cercò di chinarsi per raccogliere i fogli, ma Viola la precedette. "Ci penso io."
"Chiudi anche la finestra" ordinò Germana tenendosi il collo. "E smettiamola di buttare tutto di sotto, questa non è una discarica", riferendosi al tagliacarte, alle cesoie e alla fine che avrebbe voluto farle fare Baldo.
Viola obbedì e abbassò la serranda, ma il rumore del meccanismo innervosì Germana.
"Smettila!" le urlò infastidita. "Lasciami lavorare. Devo scrivere una relazione per domani e ho già perso fin troppo tempo."
Viola alzò un sopracciglio. Avevano appena tentato di ucciderla e voleva mettersi al lavoro? "È sicura? Vedo che è ferita, vuole che chiami l'ambulanza?"
"No!" esclamò avvicinando la sedia alla scrivania.
"E... la polizia?" Soltanto dopo si rese conto delle conseguenze che la denuncia avrebbe avuto su Baldo e si morse la lingua.
"Sì, vabbè, l'esercito" la canzonò Germana guardando il sangue che sgorgava dalla ferita sul braccio e si confondeva con il tessuto granata della tuta.
Viola si pizzicò l'interno della guancia. Si aspettava almeno un grazie per essere accorsa in suo aiuto.
"Che fai lì imbambolata? Non voglio mica farti restare a cena" commentò Germana mentre cercava dei fazzoletti nei cassetti per tamponare il taglio.
Viola abbozzò un sorriso e le augurò una buona notte con tono monocorde. Quanto era strana quella donna: era ancora sudata per il momento drammatico vissuto e cercava di fingere come fosse appena tornata da un pomeriggio di jogging. Le costava così tanto esprimere due parole di riconoscenza nei suoi confronti?
"Ancora due cose" commentò Germana mentre Viola era ormai sulla soglia. "Che ci facevi qui?"
"Me n'ero andata, ma in taxi mi sono ricordata di aver lasciato il cellulare in carica in salone e ho chiesto al tassista di tornare indietro. Il cancello non era chiuso bene e sono entrata senza..."
"Ti ho detto mille volte di controllare che il cancello sia chiuso bene" si lamentò Germana mentre buttava i fazzoletti sporchi di sangue nel cestino.
Viola sospirò dalle narici. L'aveva appena salvata e aveva il coraggio di rimproverarla? "Cos'altro deve dirmi?" chiese con un filo di speranza.
Germana alzò il monitor del portatile. "Posso contare sulla tua discrezione?"
Viola socchiuse le labbra e per un attimo fu tentata di voler concludere ciò che aveva cominciato Baldo, ma le bastò stringere la fredda maniglia della porta per sfogare la sua rabbia. "Certo, mia signora." Dopo essersi rivolta a lei con tono ironicamente ossequioso, attraversò il corridoio maledicendosi per essere intervenuta. Anche se, in fondo, una persona come Germana meritava una fine più atroce di quella che Baldo aveva deciso per lei.
Spazio Sly
Ho pubblicato un nuovo capitolo, scusatemi per il ritardo.
Viola è intervenuta in tempo per placare la furia di Baldo. Cosa ne pensate? Sono già emersi molti elementi sul motivo della vendetta di Baldo, ma pian piano saranno chiarite anche le zone d'ombra.
Non mi aspettavo di dedicare tutto il capitolo a questa scena: in fondo si è trattato di una parte molto difficile da scrivere e quindi ho voluto prendermi tutto il tempo disponibile per sondare le emozioni dei personaggi.
Piccola chicca: il professore citato è lo stesso che Germana aveva affermato di conoscere qualche capitolo fa quando ha proposto a Perla il modo di sbarazzarsi di Fiammetta. Vi ricordate quando aveva detto che un docente universitario le doveva un favore?
Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.
Ci vediamo nel prossimo weekend con un nuovo capitolo!
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