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71 - Benvenuti, miei cari

Guglielmo giocherellava con la cerniera del bomber, incapace di rivelarle la reazione dei genitori. "Non te l'aspetteresti mai."

Perla si mise una mano sul fianco, nervosa. "Ti sembro un'indovina? Dimmelo subito!"

Lui si voltò verso la balaustra e appoggiò entrambe le mani sulla superficie in ferro, lo sguardo rivolto ai tavolini strapieni del bar davanti all'università. "All'inizio erano titubanti... si sono guardati per un attimo eterno e poi mia madre mi ha chiesto se fossi felice."

Lei si portò una ciocca di capelli ribelle dietro all'orecchio. "E... cos'hai risposto?" Il cuore iniziò a battere fortissimo, come se quella risposta potesse capovolgere l'intera situazione. Aveva sempre pensato che sarebbe arrivata a fine gravidanza con lui, mano nella mano, e che Guglielmo avrebbe assistito al parto. La rivelazione del tradimento con Riccardo aveva scombinato tutti i piani, ma forse c'era ancora una speranza che potessero realizzarsi. Pendeva dalle sue labbra come un neonato cercava l'affetto della madre.

Il ragazzo le rivolse un sorriso forzato. "Cosa potevo dirle secondo te?"

Perla alzò gli occhi al cielo. "Ancora questi indovinelli? Io..."

"Le ho detto che sono felice." Guglielmo spostò il peso da un piede all'altro. "Che ti amo e voglio passare la mia vita con te, con o senza il loro permesso. Le ho detto che sarai la madre dei miei figli e che devono abituarsi all'idea di diventare nonni."

Perla sorrise, nonostante un forte mal di testa per la marea di domande che s'infrangeva nella sua anima. Lui si sporse per baciarla, ma lei gli mise una mano sul petto. "Aspetta... non ho capito bene." Rise. "Parlavi sul serio o..."

Lui appoggiò le mani sulle sue spalle. "In queste settimane ho riflettuto molto su quello che è successo da quando ci siamo conosciuti. Ho cercato di non pensarci buttandomi nel lavoro, ma ogni canzone che inserivo nella console mi rimandava ai nostri guai. Abbiamo sofferto, ci siamo allontanati, abbiamo pianto, gioito, ma ci siamo ritrovati. Alla fine siamo qui, i nostri cuori... hanno comunque trovato il modo di battere all'unisono."

"Smettila di parlare come se fossimo in un film di Rosamunde Pilcher!" lo rimproverò bonariamente con un colpetto sulla spalla. "Sii più chiaro."

Lui allargò le braccia. "La situazione è questa: voglio portarti via dalle grinfie di quel porco di Riccardo. Adesso è in ospedale, è vero, ma prima o poi si riprenderà e tornerà tutto alla normalità. Continuerai a fingere che non sia successo nulla tra voi e lui continuerà a fantasticare che possa riaccadere, che una sera lui possa uscire dal letto di Elettra per infilarsi nel tuo."

"Riccardo non è così! Lui non..."

"Devo credere alla favoletta secondo cui lui prima si è innamorato di te e poi di tua mamma? Ciò che lo eccita è il proibito, la trasgressione. Quando siete andati a letto insieme, ad agosto scorso, si è approfittato dell'attrazione che sentivi e chissà quante altre occasioni ci sarebbero state se non fossi rimasta incinta!"

Perla inclinò il capo, confusa. "Stai dando la colpa a lui? Non è andata così. Non sono una che si fa sottomettere dal primo uomo che le passa davanti."

"Riccardo era l'uomo per cui provavi un forte sentimento, accantonato per amore di tua madre. Ti sei lasciata andare perché con le sue lusinghe ti ha adescata." Perla emise un verso di disappunto, ma lui continuò: "Voglio portarti via da questo loop di dolore, regalarti la vita che abbiamo nascosto sotto al tappeto per colpa di Fiammetta e di Riccardo." Le mise una mano sul ventre e Perla intrecciò le proprie dita lunghe e affusolate con quelle tozze del ragazzo. "E poi voglio dare a questi angioletti il padre che meritano..." le sussurrò Guglielmo avvicinandosi, al punto che i nasi si sfiorarono.

Perla deglutì, le braccia tese per sostenere quella dolce carezza al ventre. "E se non fossi tu?" Glielo domandò fissando i pezzi di pietra lavica incastonati negli occhi, sperando di annegare in loro. "Se non fossi tu il padre?" Lo urlò per dare autorevolezza alla domanda, i respiri quasi uniti.

La risposta arrivò dai gemelli, che scalciarono al punto da farle incurvare la schiena e poggiare le labbra sulle sue. Si aggrappò alla bocca di Guglielmo come se la sua vita avesse un senso soltanto assaporando i loro baci; gli passò le mani sui capelli corti mossi e lo strinse mentre le loro lingue si cercavano. Un bacio intriso di disperazione, voglia, sete di verità e certezze.

Si staccarono soltanto quando rimasero senza fiato, a malincuore, le labbra stremate da quel contatto fuori dal tempo. Anch'esso, come il bacio che si erano scambiati al Giardino Roccioso, era un sigillo d'amore.

Perla si accoccolò al suo petto, incurante delle occhiate curiose degli altri ragazzi. "Sicuro di non farlo per una sorta di sfida contro Riccardo? Per un senso di colpa nei suoi confronti per ciò che gli è successo?"

Lui le accarezzò la fronte. "Credevo di avertelo dimostrato con questo bacio. Le labbra mentono solo quando le usiamo per parlare, non per baciare." Lo sguardo cadde sulla Mole Antonelliana che sbucava impettita tra i palazzi. "I miei vogliono parlarti, sei invitata a cena a casa nostra."

Lei forzò un sorriso, non credendo possibile che i suoi genitori accettassero la loro relazione. "Quando?" Il mal di testa si acuiva a ogni parola.

"Domani sera." Guglielmo notò la schiena della ragazza irrigidirsi. "Nei prossimi weekend sono a Milano per affari e..."

"Nessun problema, ci sarò" replicò Perla con un sorriso.

Lui le accarezzò il naso con un polpastrello. "Ci saremo... e faremo vedere ai miei quanto siamo innamorati."

Risero e si baciarono di nuovo, come se avessero bisogno di un ossigeno fatto di carezze e passione.

Il tramonto scendeva su Torino come un manto dorato che donava ai palazzi una colorazione bronzea. Dalla macchina di Guglielmo, Perla osservava il paesaggio cambiare: da edifici alti e ingombranti a caseggiati bassi e radi, per poi restare immersi tra le strette viuzze della collina.

La villa dei Santospirto, in cima a un'altura, dominava Torino come un rapace con la sua preda. Stavano attraversando Cavoretto, il borgo collinare che faceva parte di una circoscrizione della città nonostante l'isolamento per la folta presenza di alberi sempreverdi. Le case, spesso di calciatori o imprenditori, erano abbarbicate in un labirinto di stradine in salita che mettevano a dura prova la pazienza degli abitanti. Ogni sforzo era compensato dalla vista delle colline piemontesi che stringevano la città in un caldo abbraccio circondato dalle montagne innevate, maestose quanto pericolose.

Perla era già stata a villa Santospirto, ma mai con il favore del tramonto. La luce riverberava sulle morbide colline rendendole labbra scintillanti e persino gli edifici più grandi del capoluogo piemontese – il Grattacielo della Regione, la Mole Antonelliana e la Torre Littoria – sembravano appiattirsi di fronte alla bellezza della natura.

Perla fece un respiro profondo, pensierosa. Si sentiva come loro: grande se considerata singolarmente, ma piccola in confronto al timore che le incutevano i genitori di Guglielmo. Teneva le dita intrecciate per non scompigliarsi i capelli e rovinare lo chignon basso che Ingrid le aveva preparato. Le aveva addirittura prestato una forcina argentata che impreziosisse l'acconciatura.

Guglielmo le accarezzò una mano. "Sei tesa?"

Lei mascherò la tensione in un no convinto. I genitori di Guglielmo non l'avevano mai ritenuta all'altezza del figlio perché non proveniva da una famiglia benestante. Non perdevano occasione, soprattutto la madre, di sottolineare velatamente quanto fosse inadatta per gusti, comportamenti e linguaggio. Forse cercavano una ragazza trofeo da esporre nelle serate di gala: una fanciulla docile e rispettosa destinata a restare chiusa in casa o a dedicarsi ad attività di beneficenza che dessero lustro alla famiglia. Perla non sarebbe stata così: aveva subito chiarito a Guglielmo che sarebbe andata all'università e avrebbe inseguito i suoi sogni a prescindere da lui. Non avrebbe resettato la sua vita per un uomo. Le circostanze la stavano portando ad accantonare la carriera universitaria per concentrarsi sui figli, ma presto sarebbe tornata la ragazza studiosa di sempre.

Quella sera doveva lasciare fuori dalla porta tutti i problemi e rilassarsi, nonostante i genitori di Guglielmo ne avrebbero approfittato per metterla in difficoltà. Doveva essere all'altezza della situazione, ma rimanere fedele a se stessa e ai suoi ideali. Loro avevano fatto un passo verso di lei accettandola in famiglia, però non avrebbe fatto altrettanto se le avessero proposto di rinchiudersi in una gabbia dorata.

"Ci siamo quasi." Guglielmo indicò una villa in cima alla stretta strada che attraversavano. Perla si passò una mano sulla fronte sudata. Aveva bisogno di una battuta di Corrado per farle sciogliere i muscoli, ma lui non faceva più parte della sua vita. Eppure era convinta che sarebbe stato fiero di lei per aver parlato a Guglielmo del tradimento.

"Mi raccomando." Il suo ragazzo cominciò a rallentare. "Non una parola sulla scappatella con Riccardo."

"Mi hai presa per scema?"

"No" replicò lui girandosi verso di lei. "Sei tu che li sottovaluti se pensi che sarà una passeggiata."

Lei appoggiò la schiena sul sedile. "Tu sì che sai come rincuorare le persone, dovresti fare il mental coach."

Un sorriso le spuntò sul viso stanco. Quella era la battuta che avrebbe fatto Corrado e di cui aveva tanto bisogno.

Al loro arrivo, trovarono il cancello aperto. Parcheggiarono l'auto vicino a una macchina nera e slanciata, che Perla scoprì essere una Bugatti. Dopo essere scesi, percorsero una scalinata decorata da vasi laterali di coccio che ospitavano fiori variopinti.

In cima, un uomo alto e magro li aspettava impettito cinto nella giacca scura. "Benvenuti, miei cari." Salutò Perla con un baciamano.

La ragazza avvampò, incredula. "B-Buongiorno... cioè buonasera." Mantenne un sorriso impeccabile nonostante la gaffe.

Il ragazzo salutò il papà con una pacca sulla spalla e avvolse la schiena di Perla in un abbraccio. "Grazie per l'invito, tu e la mamma non potevate rendermi più felice."

Lei notò l'emozione di Guglielmo e incontrò i suoi occhi lucidi. Quel gesto le fece capire quanto tenesse alla cena e a essere benvisto in famiglia; era incredibile che nutrisse dell'affetto nei loro confronti nonostante lo avessero costretto a frequentare Fiammetta.

L'uomo fece un sorriso circondato dalla barba curata e sollevò una mano. "Questo e altro per la nuova generazione dei Santospirto."

Perla poteva giurare che avesse indugiato un attimo di troppo sul suo ventre, coperto da un abito nero in organza. Abbassò lo sguardo sulle piccole foglie verdi che facevano da motivo al vestito e sentì un crampo allo stomaco. Non sapeva interpretarlo come indice della fame, nausea o un campanello d'allarme.

"Ragazzi, venite." Una voce dolce e cantilenante li fece voltare verso l'ingresso. La madre di Guglielmo apparve sulla porta, una mano sul bacino e l'altra sul coprispalle in chiffon color lavanda. "Non prendete freddo, mio figlio è cagionevole."

Guglielmo le stampò un bacio sulla guancia. "Non prendo un raffreddore dall'anno scorso."

"E non è questo il momento" replicò sistemandogli la cravatta grigia sotto l'abito scuro monopetto a spina di pesce.

La donna rivolse un tenero sguardo a Perla, che per poco non rimase abbagliata dalle pietre preziose che ornavano il suo corpetto drappeggiato.

"Buonasera, Angelica." Le porse una mano, sforzandosi di dimenticare le occhiatacce con cui l'aveva squadrata in passato.

La donna ricambiò la stretta. "Buonasera, tesoro. In questi giorni nostro figlio ci ha parlato così bene di te... di voi..."

"Suo figlio è gentilissimo, non me lo merito."

"Perché puntare alle stelle quando puoi avere la luna?" Gli orecchini di Angelica, intarsiati da una fila di diamanti, seguivano il ritmo della testa.

Perla rispose con un sorriso forzato, imbarazzata.

Il padre di Guglielmo si avvicinò alla moglie. "Luna, stelle... continuiamo questa conversazione astronomica a tavola? Ho un certo appetito."

Angelica simulò una risata di circostanza. "Hai ragione, prima bisogna nutrire il corpo e poi la mente."

Mentre padre e figlio si dirigevano verso la sala da pranzo, Angelica sussurrò a Perla: "Arrigo è più emozionato di me... e quando è agitato mangia come un plebeo. Non sarai abituata."

Perla alzò un sopracciglio, avendo l'impressione che stesse rimarcando la distanza tra le loro classi sociali. "Per me può mangiare come vuole. Non sono nessuno per dire come deve comportarsi."

Incrociò i suoi occhi castani, lunghi come ali di uno scarafaggio, e sostenne lo sguardo con una fierezza di cui non si sarebbe sentita capace. Non solo non si era scomposta per quel gioco di negazioni, ma le aveva pure risposto a dovere.

Continuando a fissarla negli occhi, le indicò la strada. "Dopo di lei." La donna si avviò con un'eleganza innata e Perla sentì un brivido lungo la schiena a ripensare a quelle iridi su di sé. Sembravano colme di disprezzo, ma le avrebbe fatto rimangiare ogni parola eccessiva che le avrebbe rivolto.

Attraversarono il salotto ostentante ricchezza e arrivarono in un ampio salone con un tavolo centrale. Rimase folgorata dal trompe l'oeil rappresentato sul soffitto: un intrico di rami correva da un angolo all'altro delle pareti e delle rose spuntavano tra il fogliame fino ad arrivare a un bouquet di fiori in concomitanza del lampadario di cristallo. I suoi occhi verdi catturavano ogni dettaglio di quel meraviglioso affresco, al punto da dimenticarsi il motivo della visita.

"Amore, accomodati" la invitò Guglielmo cingendole la schiena.

Si sedette vicino a lui e Angelica si posizionò il tovagliolo rosso sulle gambe. "Mi fa piacere che la nostra ospite apprezzi l'ambiente, d'altronde avrei già dovuto capire che ha ottimi gusti."

Guglielmo appoggiò i gomiti sul tavolo. "Perla non è un'ospite."

Angelica, seduta davanti alla ragazza, passò lo sguardo da uno all'altra. In quell'istante entrò il maggiordomo per chiedere ad Arrigo se potesse servire le pietanze. Dopo un suo cenno, sparì in una camera adiacente.

"Lo so" esordì Angelica per riprendere l'argomento, "volevo dire che la nostra Perla è un'intenditrice. Prima o poi ognuno ha quello che si merita, per quanto sia lontana la meta."

La ragazza sentì l'ennesimo brivido lungo la schiena. Il pizzo che dal corpetto si allungava sulle maniche le pizzicava le braccia. La infastidiva quel continuo ribadire il divario tra le loro origini: quella cena doveva essere un'occasione di pacificazione e, invece, era una vera e propria imboscata. Si passò una mano sul collo, a disagio. "Avete una bella casa, ma chissà che sforzo tenerla in ordine. È già tanto se riesco a pulire la mia stanza."

Angelica sorrise. "Abbiamo chi se ne occupa. Dovresti saperlo, non è la prima volta che vieni."

Arrigo si versò da bere. "Perla ha ragione: non è affatto semplice, ma ci avvaliamo di professionisti. E poi..." Allargò le braccia. "Qui ci sono troppe cianfrusaglie. Dovremmo buttare qualcosa, se non vogliamo che i nostri nipoti possano inciampare."

Il riferimento alla gravidanza sembrò provocarle uno sfarfallio: persino i gemelli si erano agitati per essere stati tirati in ballo. Si passò una mano sul ventre e ringraziò mentalmente il maggiordomo per l'entrata provvidenziale con le pietanze.

Durante la cena spaziarono da un argomento all'altro: la gravidanza, gli studi di Perla, gli scioperi davanti Palazzo Nuovo, tematiche sociali viste con gli occhi degli aristocratici. Angelica cercava di coglierla in fallo e spesso rivelava l'ignoranza di Perla su questo o quell'altro tema. Arrigo, al contrario, evidenziava la giovane età e la spingeva a raccontare le sue passioni – perlopiù ritenute frivole dalla madre, a giudicare dalle sue smorfie.

Man mano che consumavano le pietanze, Perla capiva quanto fosse distante dal loro mondo. Soffocava in quel dedalo di discorsi senza fine, nonostante offrisse il suo punto di vista come la rosa che spuntava in mezzo ai rovi dell'affresco.

Persino il cibo – cucina piemontese – sembrava preparato per farle venire mal di stomaco: gli agnolotti sembravano crudi e la carne gomma da masticare, o almeno questa era la sua impressione. Forse era la compagnia a non permetterle di cenare in pace.

Quando il maggiordomo passò a ritirare l'ennesima portata e annunciò il dolce, Angelica batté le mani. "Vedrai come ti piacerà, Perla. Non hai mai assaggiato un bonèt buono come quello della nostra cuoca."

La ragazza bevve un sorso d'acqua, più per bagnarsi le labbra che per dissetarsi. "Ne dubito. Mio zio era un pasticcere e ricordo con affetto i suoi gustosi dolci. Ha gestito per anni la pasticceria Lavanda, la conosce?"

"Certo, all'epoca tutti parlavano delle sue prelibatezze... e sono state ventilate varie ipotesi sulla sua chiusura. Cos'è successo?"

Perla abbassò lo sguardo sul ricamo della tovaglia in lino, in cui farfalle abbozzate si libravano nel cielo puntellato. Per una volta che raccontava qualcosa di cui poteva vantarsi, quella serpe la metteva in difficoltà. Come faceva il marito a sopportarla? Mentre raccoglieva i pensieri per fornire una risposta il più concisa possibile, udì il suono di un telefono. "Mio zio si è fidato della donna sbagliata."

Angelica sogghignò. "È una costante di molti uomini... esclusi i presenti."

Perla, che teneva le braccia sotto al tavolo, strinse una mano a pugno. Se fossero continuate quelle provocazioni, sarebbe sbottata.

"Mi scusi, signore" esordì il maggiordomo rivolgendosi al padre di Guglielmo. "Il notaio l'attende al telefono, è urgente."

Arrigo si pulì le labbra con il tovagliolo e si alzò. "Vorrete scusarmi, arrivo subito."

"Fai con calma, tesoro, noi ti aspettiamo" commentò la moglie sollevando una mano.

Guglielmo si drizzò. "Ne approfitto per andare in bagno. Ho bevuto troppo vino..."

Perla gli lanciò un'occhiataccia, ma lui non colse la sua tacita richiesta di aiuto e sorrise con le guance rosse per l'ebbrezza.

"Così gli uomini di casa ci hanno lasciate sole" proruppe Angelica con l'ennesimo ghigno.

"Ho notato." Perla si portò una mano sulla nuca per tenere una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Per l'emozione si era dimenticata di avere uno chignon basso e quel gesto apparve dettato dall'imbarazzo. Si concentrò su un cassettone in un angolo, sopra al quale uno specchio ovale con la cornice argentata rifletteva gli intrichi del lampadario e di parte dell'affresco. I minuti sembravano non passare mai e cominciò a chiedersi chi sarebbe arrivato per primo tra padre e figlio.

Angelica si alzò. "Ti va di ingannare l'attesa accompagnandomi in un posto? Ti voglio far vedere qualcosa che ti lascerà senza fiato." 

Spazio Sly

Mi scuso per l'attesa, spero sia valsa comunque la pena!

Capitolo un po' lento per i miei standard, lo ammetto, ma mi serviva per creare la giusta atmosfera. Ci voleva tempo per entrare nel mondo aristocratico dei Santospirto e, adesso che Perla ne è immersa, non sa cosa l'aspetta...

Cosa pensate dei genitori di Guglielmo? Vi anticipo che sono solo delle comparse, ma uno di loro sarà fondamentale per la trama. Non vedo l'ora di scrivere il prossimo capitolo e soprattutto non vedo l'ora di farvelo leggere, perché sarà particolarmente pregno di colpi di scena.

Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

A presto!

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