65 - Entro stasera tornerà
Corrado chiuse lo sportello della Seat Ibiza rossa e diede fine alla miriade di discorsi che si era preparato. Si guardò attorno per ricordare in quale dei palazzi attorno alla piazzetta abitasse Diego. Tra quei caseggiati a due piani ve n'era uno alto e si avvicinò al cancello verdognolo. Erano passati due mesi e mezzo da quando era stato lì ed erano erano accaduti talmente tanti eventi che era un miracolo si ricordasse la via.
Trovato sul citofono il cognome Balti, tirò un sospiro di sollievo. Mise una mano in tasca per assicurarsi di non aver lasciato Trentino in macchina e premette sulla pulsantiera. Si schiarì la voce e si passò una mano sui riccioli dorati, ripassando ciò che doveva dirgli: ringraziarlo per il portafortuna – grazie al quale aveva ottenuto 27 – invitare Diego a prendere un aperitivo e indagare sul suo strano comportamento quando parlavano di Ingrid e dei fatti accaduti al Borgo Medievale. Forse non in quell'ordine, ma sapeva si sarebbe impappinato appena avesse visto le sue sexy orecchie a sventola e i profondi occhi neri.
Rimase col naso incollato al citofono più del previsto e corrugò la fronte. Diego non era in casa? Avrebbe dovuto avvertirlo, ma aveva avuto paura che accampasse scuse. Eppure non smetteva di pensare a quanto fosse stato dolce Diego a prestargli il suo portafortuna: significava che aveva messo una pietra sopra al suo inganno. Anche se lo sguardo rivoltogli prima di uscire dalla biblioteca lo inquietava.
Risuonò al citofono e spostò il peso da un piede all'altro, impaziente.
Quando se ne stava andando, sentì un rumore dalla pulsantiera. "Ehi, sei tu?"
Corrado rimase in silenzio non riconoscendo quel tono basso e spento.
"Diego, dimmi se sei tu!"
Solo in quel momento riconobbe il timbro di Fulvio. "No, sono Corrado. Scusa il disturbo, ma vorrei parlare con Diego."
"Senti, non è aria, passa un'altra volta."
"Okay, ma... va tutto bene? Tuo fratello come sta? Devo dargli una cosa e..."
"Ti ho già detto che non è un buon momento! Diego non è in casa, fi-fidati per una buona vol-volta!"
Se il contenuto dell'ultima frase gli ricordava la travagliata storia tra Fulvio e Viola, il tono lo impensieriva. Il cuore accelerò, come se stesse succedendo qualcosa di strano alla persona cui apparteneva: Diego.
Corrado batté una mano sul muro a mattoni rossi accanto alla pulsantiera. "Apri il cancello e fammi entrare, altrimenti rovescio i bidoni dell'immondizia!" Si chiese dove avesse trovato il coraggio di fare una minaccia che non avrebbe mai concretizzato.
Seguì un istante di silenzio, poi Fulvio tirò su col naso. Un clangore del cancelletto anticipò l'apertura.
Corrado attraversò come una saetta il vialetto e salì i gradini a due a due, la gola divorata dalla curiosità di scoprire cosa fosse successo a Diego.
Al quarto piano, vide l'uscio socchiuso ed entrò con impeto sbattendo il battente contro il muro. Non ricordava che il corridoio fosse così stretto.
"Ahia" sentì una voce lamentarsi.
Corrado chiuse la porta e vide Fulvio massaggiarsi con una mano la fronte e con l'altra il lato posteriore della testa.
"Ti hanno detto che non si entra in casa altrui scardinando la porta?"
Corrado si coprì la bocca con una mano. Probabilmente Fulvio era dietro alla porta quando era entrato e aveva sbattuto la fronte per poi finire contro il muro. "Oh, Dior, perdonami. Avevo ansia, non... Non volevo farti piangere."
Fulvio si asciugò gli occhi. "Non piangevo per quello. Diego... è scomparso."
Corrado sgranò gli occhi e indietreggiò, le mani che lasciavano il viso. La frase rimbombava come una campana stonata. Una fitta nebbia era calata nel suo cervello e non riusciva ad afferrare gli scenari suscitati da quell'affermazione. Si riscosse alzando un sopracciglio biondo. "I-In che senso?" Il terrore che fosse successo qualcosa di brutto a Diego gli avviluppava il cuore e rischiava di scardinarlo dal petto come la porta poco prima.
Il ragazzo alzò le mani tatuate. "Non so dove sia finito." Lo sorpassò e camminò lungo il corridoio.
Corrado lo seguì in camera con passo felpato, incapace di dare un senso a quelle informazioni confuse.
Fulvio prese un bigliettino vicino a un aereo con un'ala sola ancora in costruzione. "Mi ha lasciato questo. Dice che non devo cercarlo e che deve risolvere una questione importante."
Corrado glielo strappò dalle mani, al punto che si lacerò in una parte. Fece una smorfia e glielo riconsegnò alzando le spalle. "Beh, poteva andare peggio. Mannaggia, mi hai fatto preoccupare. Per un attimo ho pensato che non sarebbe tornato." Si avvicinò ai due letti accanto alla parete, una mano sul fianco. "Entro stasera tornerà. Avrà combinato qualche guaio o vorrà farsi perdonare qualcosa." Adocchiò una foto sopra una mensola in cui i due fratelli facevano una linguaccia. "Chiama Nanà, saranno insieme. Diego ha preso 30, vorrà festeggiare con lei." Osservò il viso bianco di Fulvio e gettò dalla finestra quelle ipotesi strampalate. "A-Allora?"
Il ragazzo si girò verso un alto mobile in cui erano esposti i suoi modellini e un lamento strozzato gli fece tremare la gola. Corrado gli si avvicinò per accertarsi che stesse bene e Fulvio si allontanò asciugandosi gli occhi. "No, Nanà non posso chiamarla... Si sono lasciati due settimane fa, non è con lei."
Corrado sbatté le palpebre più volte. Doveva sentirsi più leggero, ma l'inquietudine che avvolgeva Fulvio lo incupiva. La disavventura al Borgo Medievale era avvenuta due settimane prima... "Perché?"
Fulvio sbuffò e si sedette sul letto disfatto, per poi passare freneticamente le mani sui capelli biondo platino tagliati a spazzola. "Non sono cazzi tuoi."
I suoi occhi castani e strabici lo puntavano come volessero spaventarlo, ma Corrado avanzò d'un passo. "Devo sapere se la rottura è dovuta ai fatti del Borgo Medievale. Ti ha detto Diego che una mia amica stava per essere ammazzata? E che lui non voleva chiamare la polizia nonostante Nanà lo pregasse?"
"Tu non sai niente!" urlò Fulvio dopo essersi alzato. "Non puoi accampare ipotesi come se fossi il paladino della giustizia. In saccoccia non hai la verità, al massimo fazzoletti sporchi."
Corrado infilò le mani in tasca toccando il portafortuna che voleva restituire a Diego e lo strinse a pugno ricordando la sua relazione tormentata con Viola. Deglutì la rabbia e lo squadrò con occhi taglienti. "Io so solo che Ingrid stava per essere uccisa e forse è colpa di tuo fratello. E so che anche Viola stava per morire e di sicuro è colpa tua."
Fulvio alzò gli occhi al cielo. "Ancora? È stato un incidente! Quello che ti ha raccontato Diego è falso, voleva solo denigrare Viola."
Corrado schioccò la lingua sul palato. Era la prima volta che parlava con lui dopo aver scoperto la verità dal fratello. "Con questa storiella puoi incantare Elettra – d'altronde le nascondono cose peggiori – ma non me. Se Viola ha tentato di spararti, è perché le hai fatto qualcosa. Una ragazza dolce come lei non oserebbe mai impugnare una pistola."
Fulvio si accarezzò il piercing al naso adunco. "Dolce Viola? Non la conosci abbastanza."
"Lo era prima di conoscerti." Non si trattava di vincere un ping pong di parole, ma di chiarire ogni zona d'ombra. "Era triste per la scomparsa della madre e l'hai trascinata nel baratro. Le hai pure dato uno schiaffo, vuoi negare anche questo?"
Fulvio fece un lungo lamento a labbra sigillate. "Non voglio parlare con te di ciò mentre mio fratello è là fuori che rischia la vita. Sei qui per lui o per usarmi come pungiball per le tue frustrazioni?"
Corrado tirò giù la zip del giaccone. Lasciò cadere la domanda nel dimenticatoio e si concentrò sulla prima frase. Fulvio aveva ragione: era lì per avere notizie del suo amico e magari in seguito avrebbero continuato la discussione su Viola. "Allora parlami di Diego. Se questo è un altro dei tuoi raggiri, giuro che..."
Fulvio scoppiò in un pianto lungo e sommesso, il viso coperto dalle dita tatuate. Il corpo tremava per la tensione trattenuta. "Non lo vedrò più... è finita... morirà!"
Biascicava parole disperate e le orecchie di Corrado tentavano di acciuffarle come una rana con i moscerini. A ogni termine negativo il petto si appesantiva e gli pizzicavano gli occhi. Si sistemò la montatura sul naso e gli indicò il letto. "Adesso calmati. Siediti, ti porto un bicchiere d'acqua."
Si recò in cucina e aprì le ante della credenza alla ricerca di bicchiere e bottiglia, per poi versare dell'acqua. Mentre tornava in camera, per poco non scivolò sul tappetino con motivi floreali. Era troppo scombussolato per agire lucidamente. Aveva persino lasciato le ante aperte, con il rischio di sbatterci contro.
Tornato in camera, gli porse il bicchiere e si sedette accanto a lui.
Fulvio si asciugò gli occhi e bevve d'un sorso, come se fosse uno shottino. Alcune gocce gli bagnarono il collo e finirono sulla felpa scura della band heavy metal Black Label Society. Appoggiò il bicchiere sulla mensola, intrecciò le dita e guardò la foto rappresentante lui e il fratello. "Diego mi ha detto di tenere la bocca chiusa."
"Noi vogliamo la stessa cosa: che torni a casa sano e salvo. Prima hai detto che è finita, che morirà... Capisci che mi preoccupo? Non tenermi sulle spine."
Fulvio si massaggiò le ginocchia. "Okay, spero che mi perdonerà." Si alzò e afferrò quella fotografia con occhi tristi. La fissò e la rimise al suo posto, per poi darle le spalle. "Quando i nostri genitori sono scomparsi in un incidente stradale, io e Diego potevamo contare solo l'uno sull'altro. Nessuno ci è stato vicino, tranne i parenti. Lui aveva finito il liceo e si iscrisse all'università per darci un futuro migliore. In qualche modo dovevamo pagare le bollette e i suoi lavoretti non bastavano a coprire le spese, così ci siamo trasferiti in un'abitazione più piccola." Sorrise amaramente. "Vedevo mio fratello pochissimo, a volte non lo sentivo nemmeno rientrare a casa. Faceva dei turni massacranti. Io mi sentivo in colpa perché non facevo nulla a parte studiare e così ho fatto piccole rapine insieme a degli sbandati, finché la polizia mi ha beccato a fare il palo." Si guardò le dita tatuate. "Da lì ho rigato dritto. Ma accusavo Dio di averci abbandonato ed esprimevo la mia rabbia con piercing e tatuaggi che ormai sono una seconda pelle."
"E Diego cosa pensava?"
Fulvio abbassò lo sguardo sul pavimento. "Mi aiutava, ma a volte non avevo il coraggio di parlargliene. I miei problemi – seppur gravi - erano briciole in confronto al suo sforzo nel far quadrare i conti con lavoretti saltuari. Un giorno arrivò a casa felice e buttò sul tavolo una busta con sei biglietti da duecento euro." Si avvicinò al mobile che ospitava i modellini. "Mi raccontò che era entrato in un giro di corse clandestine in motorino in una zona isolata della campagna piemontese. Non chiedermi come abbia conosciuto quei brutti ceffi."
Corrado ricordava la passione di Diego per il motociclismo, anche se non si aspettava che si sarebbe spinto oltre.
Fulvio mise le mani in tasca e osservò uno di quei modellini a due ruote. "Presto si è guadagnato il rispetto degli avversari e molti scommettevano su di lui. Le gare avvenivano poche volte l'anno, ma i soldi che guadagnava ci bastavano per campare. Quando scoprì che la sua moto non era più performante, capì che la causa era una persona del suo team che l'aveva sabotata. Lui si fidava di questo ragazzo, capisci? Lo considerava un vero amico."
Corrado finse indifferenza, nonostante quelle parole avessero riaperto la ferita: avendolo ingannato per la questione di Natalia, Diego doveva essersi sentito tradito un'altra volta. "Poi?" Per spegnere il senso di colpa doveva continuare ad ascoltare.
Fulvio sospirò, come se quell'ultima parte fosse dolorosa da raccontare. "Uscì dal giro e parlò alla polizia delle gare clandestine. Fece i nomi dei partecipanti e diede indirizzi. Le autorità multarono molti di loro e alcuni finirono i-in carcere." Tossicchiò e si girò verso il bicchiere vuoto. Stava rivivendo dei momenti atroci e non era pronto, ma non poteva fermarsi.
"È finita bene, no?" domandò Corrado allargando le braccia.
"Sì, se solo una delle persone finite in carcere non si fosse suicidata. E si dà il caso che il fratello di questo, ritenendo Diego responsabile, da qualche mese lo sta minacciando e gli invia..." Si grattò il capo. "Beh, dita mozzate, che Diego sospetta essere di suoi ex collaboratori uccisi."
Corrado sentì un pugno allo sterno e incurvò la schiena, gli occhi spalancati: ricordava il dito trovato nell'auto di Diego due mesi e mezzo prima. Il ragazzo si era giustificato, ma quella faccenda gli era sembrata strana. Si guardò le mani come la cosa più preziosa che aveva e un conato di vomito gli salì lungo la gola.
"E poi..." Fulvio stava continuando, ma Corrado aveva paura di quello che avrebbe detto. Gli tornò in mente la frase che aveva letto sul cellulare di Diego davanti all'albero di melograno nel Borgo Medievale, Prenditi cura di chi ami, dopo la quale erano corsi via e avevano udito lo sparo. "Sono passati allo stadio successivo... ma forse questo l'hai intuito da solo."
Corrado emise un verso strozzato, come se gli avessero strappato le corde vocali. Gli sembrava fantascienza ciò che poteva essere successo. "V-vuoi dire che quel giorno l'obiettivo era Natalia e hanno sparato a Ingrid perché aveva la stessa acconciatura?"
Ora capiva perché Nanà avesse deciso di lasciare Diego. Si alzò e per poco non cadde in avanti, le gambe che parevano impiombate sul pavimento. "Oh, mio Dio. Oh, mio Dio. Oh, mio Dio."
Si strappava i riccioli biondi e a ogni parola pronunciata sentiva la schiena percorsa dal panico. Se da un lato era preoccupato per Diego, dall'altro lo odiava per aver messo in pericolo la vita della sua amica. Si detestava per essersi avvicinato a lui, per aver desiderato una vita insieme. Se non l'avesse incontrato, Ingrid non avrebbe rischiato di morire. Provò a pensare a cosa sarebbe successo se quel proiettile l'avesse colpita, ma un velo nero gli calava sugli occhi.
Si tolse gli occhiali arancioni. "Racconta tutto alla polizia, altrimenti lo faccio io."
Fulvio indicò il bigliettino. "Hai letto anche tu: dobbiamo dare fiducia a Diego. Sarà andato a chiarire la situazione."
Corrado alzò un sopracciglio, sorpreso. Si rimise gli occhiali e premette una mano sulla spalla di Fulvio. "Ti giuro che se Diego tornerà vivo dovrà vedersela con me." Si allontanò con una grande rabbia in corpo e Trentino in tasca, portafortuna che attirava troppi guai.
Elettra posteggiò l'auto in un parcheggio ghiaioso e alzò il capo verso il ristorante. Mise una mano sullo sportello, ma sentì una lieve scossa che la fece tentennare.
Mentre si massaggiava le dita, osservò il locale: non era cambiato rispetto a quando l'aveva visto un mese prima, con Perla e Riccardo. Il rosa antico dei muri le aveva trasmesso un'energia positiva, la consapevolezza che avrebbe trovato Oscar e ripreso il rapporto con lui. Ora, invece, quel colore le ricordava la rabbia provata quando era uscita dal ristorante mentre suo fratello imprecava contro di lei.
Aprì lo sportello e lo richiuse dietro di sé con un colpo secco. Aveva viaggiato un'ora e mezza per raggiungere Garessio all'insaputa di tutti e non poteva tirarsi indietro proprio ora. Voleva chiedere spiegazioni a Oscar su ciò che le aveva detto quando si erano rivisti dopo sedici lunghi anni.
"Mia sorella, Elettra... Via, vattene! Hai capito? Fuori da casa mia!"
"Come ti permetti di chiedere scusa dopo tutto il male che hai fatto alla nostra famiglia? Questa è casa mia, capito? Mia! E tu l'hai disonorata..."
"Hai disonorato il nome della famiglia, della pasticceria! Hai perso la tua dignità... sei una schifosa prostituta!"
Elettra sentiva aumentare la confusione. Suo fratello non si era mai avventato contro di lei, possibile che fosse cambiato?
Lui non le aveva mai dato della schifosa prostituta; era stato l'unico a difenderla quando nemmeno i genitori erano disposti ad accoglierla dopo essere sfuggita a quell'organizzazione criminale. Possibile che avesse cambiato idea nel tempo? Elettra non aveva mai avuto paura dei suoi occhi di ghiaccio, e non voleva cominciare ad averne.
Si fermò tra due botti che reggevano altrettanti vasi di bucaneve, antistanti l'ingresso, e tirò un lungo sospiro. Stavolta sarebbe finita diversamente: non aveva preso mezza giornata libera dal lavoro e percorso più di cento chilometri per essere insultata.
L'entrata di Elettra provocò uno scampanellio. La donna strinse la borsa e, sorpresa, notò che il locale era deserto. Avanzò di qualche passo, confusa, e guardò l'ora al polso: erano le quattro del pomeriggio, non l'orario ideale per mangiare al ristorante.
Girò tra i tavoli coperti da una pregiata tovaglia rossa e sulle pareti, oltre a padelle antiche d'abbellimento, distinse fotografie in bianco e nero. Una ritraeva una ragazza in compagnia di un uomo, davanti al locale.
Ricordava dove aveva visto lui: prima di partire aveva cercato informazioni e aveva letto un'intervista della proprietaria, Olga, che citava il padre come fonte d'ispirazione. L'uomo, adesso medico in pensione, aveva trasmesso alla figlia la stessa passione, che lui stesso non aveva seguito da giovane per imposizioni genitoriali. C'era qualcosa nell'espressione di quel tipo che l'angosciava.
"Desidera prenotare?"
Elettra si voltò verso la cameriera. "N-No, grazie. Vorrei parlare con Oscar Leoni. Sa dove posso trovarlo?"
La ragazza passò dietro al bancone. "Ha finito di lavorare poco fa" e si abbassò per sistemare delle bottiglie.
Elettra sbuffò, dispiaciuta di aver fatto quei chilometri invano; poteva chiederle dove lo poteva trovare, in fondo era sua sorella.
Mentre stava per decidere come convincerla, la cameriera riapparve da sotto il bancone. "Se è fortunata, lo trova nel parcheggio di fianco riservato ai dipendenti."
Elettra biascicò un rapido ringraziamento e uscì dal ristorante come se avesse iniziato una gara di velocità. Si fermò davanti alla sbarra adiacente al locale e distinse un'auto avvicinarsi. La traversa si alzò ed Elettra riconobbe i capelli sale e pepe e il viso scavato di Oscar alla guida. Aspettò che fosse vicina e appoggiò le mani sul cofano. Era arrivata la resa dei conti, dopo sedici anni.
Spazio Sly
Contro ogni previsione, sono riuscito a pubblicare un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?
La storyline di Corrado è a un punto di svolta: ora ha scoperto il segreto di Diego. Cosa potrebbe succedere? Questo colpo di scena era previsto già da tempo e preparato sin dall'inizio: la telefonata misteriosa che ha ricevuto Diego nel capitolo "12 - Ehi, Occhiali fashion", la scoperta del dito mozzato nel capitolo "40 - Siamo qui solo per studiare" e i continui riferimenti alla stessa acconciatura di Ingrid e Natalia (persino Diego aveva scambiato l'amica di Corrado per la sua ragazza nel capitolo "56 - Sei il mio principe giallo evidenziatore"). Questa è la dimostrazione, ancora una volta, di quanto certi dettagli all'apparenza innocui si possano rivelare di capitale importanza.
Sembrano esserci novità anche per Elettra: riuscirà a chiarirsi con Oscar? Ci stiamo addentrando sempre più in una vicenda che, ne sono certo, vi lascerà col fiato sospeso.
Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.
Ci vediamo nel prossimo weekend con un nuovo capitolo!
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