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48 - Stavolta è diverso

Perla respirava affannosamente, le gambe molli. Si tolse la giacca per attenuare la sensazione di freddo data dal contatto con l'acqua. "Sei completamente pazza..." farfugliò mentre strizzava con una mano i lunghi capelli bagnati.

Fiammetta rise e alzò la bottiglietta a mo' di brindisi. "No... sono stata cieca, ma adesso non più" e i suoi occhi furenti passarono su Perla e su Guglielmo come per decidere con chi arrabbiarsi per prima. "Credevo..." La voce spezzata le impedì di continuare. Non si sarebbe mai immaginata una scena simile, non dopo l'amore che lui le aveva dimostrato e la fiducia che aveva riposto in lei.

"Lascia parlare me" si fece avanti Perla, i denti che battevano per il freddo. "Non è come pensi."

"Non è come pensi?" urlò Fiammetta, gli occhi azzurri come vetri appannati. "Sei una casciaball" e indicò entrambi con la bottiglietta. "Tutti e due... bugiardi fino al midollo... disgraziati!"

Perla tolse dell'acqua rimasta nel cappuccio e guardò Guglielmo per implorarlo d'intervenire, ma lui era paralizzato come se quella svolta gli avesse mandato in cortocircuito il cervello. "C'è una spiegazione logica" riprese lei, rivolgendosi a Fiammetta. "Lasciami spiegare."

"L'unica cosa da spiegare" replicò la ragazza con i capelli blu, gli occhi ovali stretti in due fessure. "È da quanto va avanti questa storia..." Poi si mise una mano in bocca, come se avesse ricordato vari momenti vissuti con Perla. "Adesso capisco... L'insistenza sulla mia vita privata, il fatto che quel pomeriggio avessi citato Guglielmo senza che te ne avessi parlato... Il pedinamento, le frecciatine in macchina..." Nel frattempo Guglielmo si era ripreso e, sconvolto, si passava una mano sui capelli neri bagnati. Anche lui tremava, per la paura di veder distrutta ogni possibilità di ottenere la fiducia di Fiammetta. "E, infine, quello che mi hai detto in biblioteca la scorsa settimana... Dio, come sono stata stupida!" Strinse la bottiglietta come se fosse il collo dei due ragazzi, il rumore della plastica che concretizzava il suono del suo cuore spezzato.

Perla scosse la testa e avanzò di un passo. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento, avrebbe dovuto prevederlo da quando si era diretta da lei per presentarsi. "Ascoltami" e congiunse le mani. "Sono contenta di aver conosciuto un animo così puro. Soffrivo a doverti tenere nascosta una cosa come questa." Allargò le braccia. "Cercavo sempre scuse perché... mi ero affezionata a te e non volevo farti soffrire..." Deglutì e si voltò verso Guglielmo, per poi rivolgersi a Fiammetta: "Non ha senso mentire, devi sapere tutto." Tirò su col naso, le narici chiuse dalla paura. "All'inizio volevo conoscerti per curiosità. Volevo sapere cosa l'avesse spinto tra le tue braccia. Poi..."

"Quindi" s'intromise Fiammetta, una mano sulla fronte, "ti sei infiltrata nella mia vita come una serpe velenosa. Mi hai mentito da subito... Dio, che stronza." Indietreggiò. "Ti ho pure detto che non eri brava a mentire... No, tu sei la regina della falsità." Dagli occhi umidi non uscivano lacrime, come se si trattenesse dall'apparire debole. "E io che mi facevo mille complessi per le bugie sulle mie origini... Mi hai pure fatto sentire piccola davanti agli altri studenti, di fronte alla biblioteca." Fece un respiro profondo. "Mai avrei pensato di svoltare l'angolo e trovare voi due che vi baciavate. Quanto puoi essere ipocrita?"

Perla alzò le mani. "Hai tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata, ma ascoltami. Dicevo..." Si umettò le labbra, per poi guardare Guglielmo che continuava a rimanere immobile. "Col tempo ho capito quanto fossi buona e mi sentivo in colpa. Ho passato tante notti in bianco pensando a quello che ti stavo facendo."

Fiammetta alzò l'indice. "No, cara, la vittima sono io. Io che ti ho parlato delle mie aspirazioni. Io che ti credevo un'amica vera... quando di vero, tu, non hai neanche la pelliccia di quel cappuccio."

Perla alzò gli occhi al cielo coperto dalle nubi, il freddo che le entrava nelle ossa. "Vuoi sapere perché ho fatto tutto questo? Per sapere quanto fosse stabile la vostra storia, se fosse un flirt o qualcosa di più solido." Mise le mani sul grembo, coprendo la visuale con la giacca bagnata. "Perché devi sapere che sono in..."

"Innamorata di me" intervenne Guglielmo con un passo in avanti. Le ragazze si girarono verso di lui, che si schiarì la voce. Finora aveva pensato a come sistemare la situazione e lei gli aveva dato l'assist perfetto. Doveva solo cercare di dirottare il discorso dove voleva. Si voltò verso Perla. "Adesso basta mentire, non serve a nulla. Non ti amo, quante volte devo dirtelo? Ti sei intrufolata nel rapporto tra noi due, ma adesso basta." Indicò Fiammetta, sempre rivolgendosi alla ragazza. "Spero che adesso ci lascerai in pace."

Perla inclinò il capo, confusa. Le pupille dilatate di Guglielmo esprimevano tutto il suo terrore. Ancora una volta stava mettendo il piano contro Fiammetta davanti al loro amore. Era convinta che lo stesse dicendo solo per salvare la situazione, ma non poteva accettarlo. Non poteva sopportare di essere trattata in quel modo. Rise. "Fiammetta ha visto come mi baciavi... Io l'ho sentito. Se quello era un bacio di una persona non innamorata..."

Guglielmo le strinse le braccia. "Non ti amo, né mai lo farò." Continuava a fissare Perla negli occhi, sperando che capisse la sua strategia. "Basta assillarmi con questa storia che siamo fatti l'uno per l'altra, ho scelto lei. E il nostro bacio..." Deglutì, sperando che quella messinscena calmasse Fiammetta. Voleva verificare la sua reazione, ma non poteva staccare lo sguardo dall'espressione scombussolata di Perla. Doveva essere credibile. "Mi hai costretto a baciarti..."

"Non mi sembrava" replicò Fiammetta con le braccia incrociate. Il neo sul mento sembrava essersi ingrandito, come un terzo occhio giudicante. "Eri coinvolto."

Guglielmo si tolse dalla fronte l'ennesima goccia d'acqua. "Dovevo, lei mi ha minacciato."

Perla si toccò d'istinto il cuore. "I-Io?"

"Sì" continuò lui con voce roca. Sapeva che Perla stava soffrendo ma doveva tenere a bada Fiammetta, altrimenti il piano sarebbe fallito e i genitori non avrebbero mai accettato il loro rapporto. "Basta" sussurrò. "Allontanati da noi.. per il tuo bene."

Lei gonfiò le guance, rosse per lo sgomento, e sbatté le palpebre per cacciare le lacrime. Non poteva parlarle così, stavano per avere due gemelli.

Perla era a un bivio: poteva smascherare Guglielmo oppure reggergli il gioco nell'attesa che il piano funzionasse, ma sapeva che in entrambi i casi qualcuno avrebbe sofferto. Lei era al centro di quel boomerang d'inganni.

La risata di Fiammetta la riportò alla realtà. "Elmo, tra me e te non c'è più un noi. Avresti dovuto dirmi delle avances di Perla, non cedere come un allocco." Fece una smorfia e impugnò la bottiglietta d'acqua semivuota come una clava. "Sapete che vi dico? Vaffanculo!" e la gettò ai loro piedi, per poi andarsene.

Il rumore della plastica sul terreno riecheggiò nelle orecchie di Perla come il boato di un vulcano, il cuore lacerato ma felice di avere una nuova possibilità con il ragazzo. Guglielmo la guardò negli occhi come se per chiederle scusa e rincorse Fiammetta, arrivata all'altezza di una palina.

Quel gesto portò Perla ad accasciarsi, le gambe cedute sotto il peso di quella mole di emozioni. Le sembrava incredibile che per poter stare con Guglielmo dovesse sottostare a quel gioco pericoloso. Era partito tutto da un segreto che, per quanto dolce e squallido, si era trasformato in una valanga che stava travolgendo la sua vita e quelle di chi conosceva. Batté un pugno sull'asfalto, la bottiglietta accanto a lei e la giacca che le copriva le gambe. Come poteva portare avanti una gravidanza e crescere due gemelli in una situazione così tesa? Ora poteva piangere, gridare, sfogarsi. Arrabbiarsi con Dio per quella catena di sfortune.

"Etciù!" Perla tirò su col naso e usò un fazzoletto per pulirsi. Lo nascose in una tasca della felpa e guardò il cellulare, per poi appoggiarsi al comodo schienale dietro di lei. Si toccò la fronte, come per far cessare quel pesante mal di testa, in sottofondo il tubare dei piccioni.

"Eccoti" proruppe Elettra avvicinandosi al gazebo. "Ho sentito starnutire... Non potevi che essere tu." Ridacchiò e si sistemò ai piedi del divano angolare. "Fa freddo qui. Rientra, ti prenderai una polmonite" e si avvolse le spalle in uno scialle scuro con le frange.

Perla mise il cellulare all'orecchio. "Voglio prendere una boccata d'aria..." Dopo aver sentito la segreteria telefonica, sbuffò.

Elettra si sistemò un cuscino bianco dietro di sé. "Provi a chiamare Guglielmo?"

"No, Fiammetta." Perla ebbe la tentazione di mangiarsi le unghie, ma mantenne salda la stretta sul cellulare. Avvolse una ciocca di capelli intorno alle dita, la chioma che si schiariva grazie alla tenue luce proveniente da una lampada a sfera dell'altezza di Mirko.

Elettra appoggiò un braccio sullo schienale. "Hai ancora sentito Guglielmo?"

Perla fissò il tavolino di vetro davanti a lei. "Non chiama da lunedì sera." Risbuffò. In quell'occasione le aveva detto di voler riconquistare Fiammetta per continuare il piano e lei aveva chiuso bruscamente la telefonata. "Sono passati tre giorni... e lei non vuole parlarmi."

Elettra accavallò le gambe. "Logico, dopo quello cui ha assistito lunedì." Le toccò un piede. "Se avessi visto un'altra donna baciare Riccardo, sarei impazzita."

Le gambe di Perla, distese sul divano, s'irrigidirono. La ragazza le ritrasse. "Che c'entra? Parliamo di me, non di te."

"C'entra eccome" proseguì Elettra. "Tiferò sempre per te e Guglielmo, ma non dovevi baciarlo. Dovevi aspettare che si chiarissero." Sorrise. "Avrei voluto vedere la scena... Dev'essere stato comico."

Perla digrignò i denti. "Comico? Si è comportata da immatura."

"Avrebbe dovuto piangere e andarsene come quando li hai visti baciarsi? Anche tu sei stata immatura a diventare sua amica mentendole."

Perla le lanciò uno sguardo di fuoco. "Certo, la colpa è mia. Mi accuseresti pure della fame nel mondo..."

Elettra tentò di avvicinarsi, ma la figlia si scostò. "Perlina, t'invitavo soltanto a riflettere sulle conseguenze delle tue azioni. L'autocritica è essenziale." Si massaggiò le gambe e abbassò lo sguardo sul tappeto verde e bianco, il cui motivo rappresentava delle foglie di palma. "L'ho scoperto mio malgrado... In questi giorni sto facendo molta autocritica e..." Intrecciò le mani dietro la testa. "Se avessi preso altre decisioni, adesso Oscar sarebbe qui sotto questo gazebo."

Perla posò il cellulare vicino a un cuscino. "A proposito di zio... novità? I vicini hanno detto qualcos'altro su quella sera?"

"No, mi hanno confermato che la loro telecamera non ha ripreso movimenti sospetti. Mirko ha parlato con un fantasma."

"Assurdo" commentò Perla, per poi riavvicinarsi alla madre. "È ancora più assurdo che la polizia non voglia indagare."

Elettra alzò le spalle. "È troppo poco per aprire un'indagine; per verificare la morte di Oscar devo chiedere al Comune, ma chissà qual è stata l'ultima residenza... sicuramente Viviana non vorrà dirmelo."

La figlia le strinse una mano. "Cosa senti? Secondo te zio..."

"Tu? Cosa suggerisce il tuo cuoricino? Le donne incinte hanno un ottimo intuito."

Perla rise. "Non lo sapevo... e, comunque, anche se ho appena cenato gli ormoni della gravidanza mi suggeriscono solo di mangiare, mangiare e mangiare. Diventerò un pallone."

Elettra rise con lei e le accarezzò una guancia. "Menomale che ci siete voi. Senza te, Riccardo e Mirko mi sentirei persa. Siete la mia famiglia."

Perla tirò di nuovo su col naso. "È meglio se... rientriamo." Prese il cellulare e si alzò. Arrivata davanti alla portafinestra, constatò che la madre era rimasta seduta. "Non vieni?"

Le si avvicinò ed Elettra si aggiustò lo scialle. "Sì, è che sto pensando... a Viola."

Perla sentì una folata di vento scompigliarle i capelli e arricciò il naso rosso. "Non perdere tempo con lei, te l'ho già detto."

Elettra si alzò. "Già, ma non il motivo. Sono successe così tante cose in questi giorni che non ne abbiamo parlato. Viola è una ragazza d'oro, merita un nuovo lavoro. Credo possa andare d'accordo con Germana."

Perla si avviò verso l'interno della villetta. "Entriamo, devo raccontarti quello che mi ha detto Corrado su quella matta. Scommetto che taglierai i ponti con lei."

Elettra corrugò la fronte e richiuse la portafinestra dietro di sé.

Gustavo si pulì le labbra sottili con il tovagliolo. "Stellina mia, le pennette al salmone erano buonissime."

Viola gli sorrise e si alzò con in mano i due piatti, sui quali erano rimaste tracce di panna. "La prossima volta aggiungerò del cognac, saranno più saporite!"

Il padre si toccò la pancia prominente. "Il cognac no... non voglio ubriacarmi alle otto di sera."

La ragazza ripose i piatti nel lavandino. "Adesso chiudi gli occhi. C'è qualcosa che ti aspetta." Gustavo si riparò la vista. "Non sbirciare" raccomandò lei spostandosi in un angolo. Prese un piatto, coperto a sua volta da un altro, e lo mise in tavola. "Aprili" e la ragazza tolse il coperchio.

Gli occhi piccoli e castani dell'uomo si allargarono. "Sembra squisita!" Avvicinò il viso per sentire il profumo di quell'invitante torta al cacao.

"Spero non sia solo bella d'aspetto" rifletté lei prendendo il coltello. "Domani portane una fetta a lavoro, così non spenderai soldi a pranzo."

Il padre appoggiò i gomiti sul tavolo, orgoglioso. "Grazie... Non me l'aspettavo."

Viola, sempre sorridente, tagliò un pezzo di torta. "È il minimo che possa fare."

Gli servì la fetta e lui impugnò la forchetta, pensieroso. "È da giorni che torno a casa dal lavoro e trovo la cena pronta, ma fino a qualche tempo fa odiavi cucinare. Cos'è successo?"

Viola si accomodò a tavola. "In queste tre settimane ho pensato a quello che mi ha detto una persona." Annusò anche lei il profumo del dolce. "Essendomi licenziata, passo tutta la giornata in casa e ho avuto tantissimo tempo per pensare. Un pomeriggio sono uscita e... non so dire come mi sono sentita." Spostò lo sguardo sulla tovaglia, in cui i quadratini viola e gialli si rincorrevano fino alle pieghe del tavolo. "Per la prima volta da tempo ho visto il mondo a colori. Per la prima volta da tempo ho ascoltato i suoni della natura e ho pensato a quanto bella fosse la vita."

Gustavo fece una smorfia di soddisfazione. "Incredibile... Chi è questa persona?"

"Fulvio."

Il sorriso sul volto dell'uomo sparì. "Ancora quel ragazzo?"

"Stavolta è diverso" e gli accarezzò un braccio. "Tre settimane fa l'ho visto per l'ultima volta e abbiamo parlato di tante cose, compresa la questione dei soldi." Il padre spostò il piattino da un lato. Risentire il nome di quel ragazzo gli aveva chiuso lo stomaco. "Fulvio mi ha spiegato che gli avevi mandato quei soldi per allontanarlo da me, ma lui li ha regalati a un clochard." Il sorriso a trentadue denti le illuminava il viso. "Così ha fatto del bene al prossimo!"

"Gli credi?" domandò gelido, le braccia incrociate sopra la pancia.

"Certo! Fulvio ama aiutare gli altri." Spalancò la bocca come se le fosse venuta un'idea improvvisa. "Se facessi volontariato? Cucinare è bellissimo, ma cucinare per tante persone dev'essere stupendo."

Il padre cacciò quell'idea con una mano. "Devi cercare un lavoro serio, chiederò in giro."

Viola annuì, sempre col sorriso sulle labbra. "Sarebbe stata una bell'idea." Si alzò dalla tavola. "Prendo le forchettine, così non ci sporchiamo le mani."

Mentre Viola cercava le posate nella credenza, il padre pensò a quanto fosse cambiata. Non era più una ragazza gelida e strafottente. Nell'ultimo tempo c'erano stati cambiamenti: prima aveva cominciato a parlargli di più, poi a fargli compagnia davanti alla televisione e a riempirlo di abbracci. Infine l'inaspettata iniziativa di imparare a cucinare, grazie alla quale aveva scoperto di essere portata per i dolci.

Quando gli porse la forchettina, un tarlo s'insinuò nella sua mente: se fosse una strategia?

Tirò a sé il piattino. "Cosa ti ha detto Fulvio per farti riflettere?"

"Mi ha lasciato" rispose Viola con calma serafica. Aveva mantenuto l'espressione tranquilla di sempre, ma non più velata dalla freddezza. "Ha detto che non eravamo fatti per stare insieme e che tu avevi ragione nel volerci separare. Abbiamo ripercorso la nostra storia e ha cercato di inculcarmi nella testa che ci stavamo solo facendo del male. Abbiamo fatto degli sbagli, abbiamo bisogno di... un amore migliore, ha detto così."

L'uomo si toccò il naso bulbiforme. "Quanta maturità..."

"È un bravo ragazzo, te l'ho sempre detto" commentò lei dopo aver tagliato una fetta di torta. "Ha fatto cose che nessun altro avrebbe fatto per me."

Gustavo stava per mangiare un pezzo, ma lo ripose nel piattino. "Tipo tentare di violentarti minacciandoti con una pistola? Ti ha costretto a mentire ai vicini e a me."

Viola si massaggiò un braccio. "Lui..." Si toccò la fronte. Tremava al pensiero di raccontargli cos'era successo quel pomeriggio, ma aveva deciso di gettare alle spalle tutte le bugie e non ripescarle più. Inspirò ed espirò per calmarsi. Era suo papà, non doveva averne timore. "Lui i-in realtà davanti ai vicini mi ha protetta." Prese coraggio e gli raccontò nel dettaglio cos'era successo quel pomeriggio: lei che aveva preso la pistola dalla cassaforte del padre e l'aveva caricata, il nervosismo provato nel pensare che per l'ennesima volta Fulvio l'aveva lasciata sola in un'occasione importante. Le orecchie le fischiavano a risentire gli insulti che gli aveva lanciato quando gli aveva puntato la pistola. Poi quello sparo, che per poco non l'aveva colpito, e la paura che le esplodeva nel petto. Era corsa da Corrado, traumatizzata.

Gli occhi verdi si colmarono di lacrime. "Scusa per averti trattato male quella sera, quando abbiamo parlato. Scusa per aver insinuato che avessi rivelato tu la combinazione a Fulvio. Scusa per non averti ascoltato mille volte e per averti quasi ucciso con quel sonnifero. Pensavo che fossi cattivo perché volevi separare me e Fulvio." Si asciugò gli occhi. "In queste tre settimane ho finalmente capito che lui tirava fuori la parte peggiore di me. Non è colpa mia né sua, ma è successo e non voglio ricapiti."

Gustavo continuò a fissarla, dubbioso. "È strano... Già una volta mi hai mentito, perché dovrei crederti?"

Viola allargò le braccia. "Te lo dimostrerò, adesso." Intrecciò le dita delle mani. "C'è una cosa che vorrei dirti da giorni, è arrivato il momento di farlo ora." 

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?

Abbiamo tanto da commentare... Ho adorato scrivere la scena iniziale tra Fiammetta, Perla e Guglielmo, così come ho adorato quando Elettra le ha fatto notare quanto fosse stata immatura. 

Riguardo a Viola, so cosa state pensando: è una strategia o è davvero cambiata? Sono buono e vi anticipo che sta provando a cambiare. Certo, non sarà facile, ma ha davvero intenzione di lasciarsi alle spalle tutto quello che è successo con Fulvio. Non è che un giorno si è svegliata ed è cambiata: è un percorso graduale fatto di passi avanti e tentazioni, ma (senza spoilerare troppo) capite anche voi che lavorare nella villetta di Germana non è il massimo per una persona che ha appena passato un periodo buio...

A questo punto, come dimostrerà al padre che vuole davvero cambiare?

Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

Ci vediamo domenica con un nuovo capitolo!

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