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44 - Per te sono tutte sante

Nella Galleria Subalpina ogni rumore era amplificato: le espressioni stupite dei turisti sulla meravigliosa volta in vetro e ferro battuto, le chiacchiere dei clienti ai tavolini del bar, tra una aiuola e l'altra, e i passi svelti dei camerieri che servivano efficienti.

Uno di loro si avvicinò a Corrado e Ingrid. "I vostri bicerin" e diede loro due piccoli calici di vetro nei quali il caffè e il cioccolato parevano soffocati dalla panna semi-montata.

"Grazie" disse lei con un veloce sorriso, l'acquolina in bocca. Si strinse nelle spalle, felice di trovare ristoro dal freddo della città.

Corrado, impegnato a guardare il cellulare, si sistemò gli occhiali arancioni. "Oh, Dior. Ho appena trovato il regalo per Perla."

Ingrid mangiò uno dei pasticcini che il cameriere aveva portato prima. "Ho paura di chiederti cos'è."

Lui alzò l'indice. "Un passeggino gemellare doppio, reclinabile e pieghevole, con parapioggia e capottina. Perla l'adorerà!" e mostrò il telefonino all'amica.

"Sei pazzo? Costa 260 euro!"

Corrado sbuffò. "Sempre a guardare il prezzo! Ringrazia che non aspetta tre gemelli, altrimenti costerebbe di più. Questo è il più economico... E c'è la faccia di un bellissimo gattino sopra le sedute."

Ingrid iniziò a mescolare con un cucchiaino intarsiato. "Quel gattino è inquietante, piangerei tutto il tempo." Sorseggiò la bevanda sentendo il perfetto connubio di caffè caldo e cioccolato fondente. "A parte questo, è troppo presto per fare un regalo del genere... e dovrebbero pensarci Perla ed Elettra."

Corrado infilò il cellulare nella borsa a tracolla e si voltò verso delle signore che guardavano una libreria antiquaria. "Saremo gli zii di questi bambini e dobbiamo fare un regalo all'altezza." Si mise una mano sulla fronte, come se nel suo cervello si fosse appena accesa una lampadina. "Magari possiamo organizzare un baby shower! Ho sempre sognato di farne uno!"

Ingrid spalancò gli occhioni grigi. "Smettila di dire cavolate! Mi viene voglia di buttarti addosso 'sta cosa" e indicò il bicchierino. "Non lo faccio solo perché è troppo buono."

"Ah, non perché mi provocheresti un'ustione di terzo grado" ironizzò lui inclinando il capo.

"Te lo meriteresti... E chi inviteresti a questo baby shower? Guglielmo, i genitori, Fiammetta, Germana, Riccardo... Più che una festa, per Perla sarebbe una veglia funebre."

Lui iniziò a bere, ma ritrasse la lingua perché scottava. "Bocci sempre le mie idee..."

"Non è colpa mia se assomigliano a questo cioccolato fondente..."

Lui si appoggiò allo schienale imbottito. "Allora cosa proponi? Una scorta di shampoo fino alla maggiore età?"

Ingrid si pulì le labbra carnose con un tovagliolino. "Lasciare a Perla la libertà di scelta? Magari un giorno potremmo accompagnarla in uno di quei negozi in cui si comprano le cose per i bebè e osservare cosa le piace."

Lui si mise un dito sul mento. "Ingegnoso..." Ingrid fece un sorrisetto compiaciuto, ma Corrado smorzò il suo entusiasmo: "Non ha alcuna voglia di entrare in quei negozi..." Abbassò lo sguardo verso la tovaglia gialla del tavolo. "Peccato che un periodo così bello come una gravidanza sia oscurato dai segreti che mantiene."

Ingrid fu d'accordo con lui: "Per non parlare dell'incertezza sulla paternità... Io scoppierei, invidio la sua calma. Poverina..."

Corrado provò ad accavallare le gambe, ma le assi centrali che sostenevano il tavolino non lo permettevano. "Beh, poverina no. Non parliamo di Madre Teresa di Calcutta." Alzò lo sguardo sulla balconata sopra le loro teste che percorreva l'intero perimetro della galleria, ovvero un salone di cinquanta metri.

"Ma neanche di Cicciolina."

Corrado s'impose di bere per non replicare e si tolse un po' di panna finita sul naso. "Se è in questa situazione assurda, un po' – un po' tanto – se l'è cercata. Non parlo solo del fatto che menta a sua mamma, ma anche di quello che fa a Fiammetta. È logico avvicinarti alla ragazza del tuo ex senza rivelargli chi sei, sapendo che sei incinta e che il padre potrebbe essere lui? Quale mente contorta avresti per pensare che una cosa così sia normale?"

Ingrid alzò una mano, non sapendo come rispondere. "Un po' di comprensione."

"Comprensione?" ripeté, un sorriso beffardo. "Questo è masochismo." Indicò le signore che s'interessavano al negozio di libri antichi. "Se raccontassi loro la situazione di Perla, mi prenderebbero per matto. Perché è vero: questa è pura fantascienza e io non ci sto a continuare a fingere sapendo che si sta facendo solo del male."

Ingrid voleva sbattere la testa contro il tavolino. Perché ogni volta che erano da soli discutevano di Perla? Desiderava passare la pausa pranzo in sua compagnia con argomenti leggeri e invece l'attenzione si spostava su di lei. "È nostra amica, dobbiamo rispettare le sue volontà. Che cosa possiamo fare? Organizzare quel baby shower e trasformarlo in un processo?"

Corrado scosse la testa. "No, ma dovremmo farla rinsavire. Questa situazione sta rovinando troppe vite. La menzogna non porta mai cose buone." Si guardò attorno accorgendosi che gli altri clienti si stavano interessando alla conversazione, così abbassò il tono: "Non possiamo continuare ad appoggiarla come se fosse una vittima... Se fosse una santa, sarebbe la protettrice dei falsi e dei bugiardi."

Ingrid per poco non gli pestò un piede. "Ti sembra il caso di parlare così di un'amica? Non sei stato d'accordo con lei dall'inizio, ma..."

"Mi sono stancato" concluse lui con tono deciso. "Parliamoci chiaro: se Perla dicesse la verità alla mamma, Elettra caccerebbe Riccardo di casa e le terrebbe il broncio per... un mese? Forse di più, ma è sua figlia e la perdonerebbe. Invece no" e con un braccio simulò un cerchio. "Perla tiene tutto nascosto e mente, mente al mondo intero per non assumersi le sue responsabilità, ma la vita non è così."

Ingrid mise un gomito sul tavolino, seccata. "E com'è la vita?"

"Se si commette un errore, bisogna chiedere scusa ed essere sinceri. Nonno diceva Val püsè na bóna làpa, che na bóna sàpa. Vale più avere una buona lingua, che una buona zappa." Dopo aver bevuto un altro sorso, spiegò: "È meglio dire la verità che nascondersi per avere i privilegi dati dalle bugie."

Ingrid si sforzò di non ridergli in faccia. "Guarda, non penso intendesse questo..." Si spostò la treccia a lisca di pesce su un lato. "A parte ciò, non sei la persona più indicata per farle la morale." Corrado alzò lo sguardo verso l'ampia volta, fingendo di non capire, e l'altra continuò: "Non puoi intimare agli altri di essere sinceri se tu per primo non lo sei."

Lui si grattò il collo e si concentrò sulle nicchie create dal susseguirsi delle centine e sui cornicioni che rendevano eclettico lo stile della galleria. "Io sono il volto della sincerità."

Ingrid sospirò. "Non ci credi neanche tu" e avvicinò il viso con fare confabulatorio. "Quello che hai fatto a Diego? Quando l'ho sentito, ho faticato a crederci."

Corrado liquidò la questione con un gesto della mano. "Metti davvero le due cose sullo stesso piano?"

Ingrid alzò gli occhi. "Hai preso il cellulare di Diego fingendoti lui e hai scritto a Nanà che sei – cioè che è – fidanzato. Che cazzo ti è preso?"

Corrado si guardò intorno, nervoso. Non sopportava quando qualcuno lo pungeva nel vivo. "Era una bravata..."

"Una bravata? Hai distrutto il loro rapporto!"

"Calmina" obiettò ripartendo all'attacco. "Nanà avrebbe potuto ricontattarlo quella sera per dirgliene quattro e Diego avrebbe saputo tutto. Se il loro rapporto fosse stato così forte, si sarebbero scritti di nuovo o avrebbero parlato al telefono. Nanà è stata solo il divertimento di una sera."

Ingrid assottigliò gli occhi. "Quanto daresti per essere tu il suo divertimento di una sera?"

Corrado diventò paonazzo e si tolse gli occhiali. "Non sono geloso di Nanà, semplicemente non era la ragazza giusta per lui... e io, in un modo bizzarro, gliel'ho dimostrato." Si rimise gli occhiali. "Avrebbe potuto richiamarlo e insultarlo in tutte le lingue del mondo, ma non gliene fregava niente di lui."

"O forse soffriva troppo, non la conosci..."

Il ragazzo allargò le braccia. "Un'altra vittima? Per te sono tutte sante..." La voce gli s'incrinò e tirò su col naso per celare quel momento di titubanza. Guardò Ingrid negli occhi. "Non sai cosa significa parlare tutti i giorni con qualcuno senza avere il coraggio di rivelargli i tuoi sentimenti." Lei contrasse le labbra carnose e strinse il cucchiaino, imponendosi di rimanere calma. Spostò lo sguardo sulle vetrine della libreria antica. Corrado rincarò la dose: "C'è una bella differenza tra rimanere incinta, forse del proprio patrigno, e quello che ho fatto io."

"Fanno schifo entrambe le cose" replicò Ingrid, gli occhi lucidi puntati sulle signore imbellettate che passeggiavano come se appartenessero all'alta borghesia d'inizio Novecento.

"Fanno schifo entrambe le cose, già" rifletté Corrado, per bevve la sua bevanda. "Per questo ti dico che dobbiamo aiutare Perla."

Ingrid si asciugò velocemente gli occhi con un dito e rovistò nella borsa. "Puoi darmi il tuo cellulare? Il mio è scarico."

"Certo" le disse con un sospiro.

Mentre l'amica armeggiava con il suo telefonino, lui si concentrò sull'ingresso della Galleria. Il professore di Filosofia, alle superiori, gli aveva detto che Friedrich Nietzsche passava ore a camminare in quel salone, riecheggiante i passages parigini dedicati allo svago borghese. Il fatto che si trovasse in un luogo in cui era stato anche un grande pensatore lo affascinava sempre.

"Da quando non vedi o senti Diego?"

Corrado tornò a rivolgersi a Ingrid: "Quasi una settimana, perché? Menomale che in questo periodo niente lezioni, non voglio parlare con lui dopo la questione di Fu..."

Prima di concludere la frase, Ingrid gli porse il telefonino sul quale compariva una chiamata in corso. "Gli ho telefonato, spero non ti dispiaccia."

Corrado increspò la fronte. "Sei pazza? Ti ho detto che..."

"Metti il cellulare all'orecchio" gli suggerì decisa. "Risparmia gli improperi per dopo."

Lui obbedì e sentì una voce dall'altra parte della linea. "Corrado? Sei tu?"

Il ragazzo si schiarì la voce. "Ciao Diego, sì." Dopo un attimo di silenzio, continuò: "Come va?"

L'amico gli raccontò che stava facendo una passeggiata in via Roma. "Voglio comprare qualcosa da vestire, ma è tutto carissimo... Non spenderò mai cento euro per una felpa che al mercato costa un quarto."

Ingrid tese l'orecchio per ascoltare, ma Corrado si ritrasse indispettito. "Certo, concordo."

Dopo un altro istante di silenzio, Diego domandò: "Vuoi qualcosa?", un forte vento in sottofondo.

Il ragazzo gonfiò le guance. "No... no, perché?"

"Ehm... perché di solito mi chiami quando vuoi qualcosa."

Stupido, è solo una scusa pensò Corrado mordendosi la lingua. "Veramente non sono io che ti ho c..." Ingrid lo fermò simulando di spezzargli il collo se avesse continuato. "Cioè" si corresse. "Ti ho chiamato per chiederti scusa per... come mi sono comportato la scorsa settimana. Non avrei dovuto parlarti in quel modo di Fulvio."

Ingrid tirò un sospiro di sollievo e Corrado le lanciò una linguaccia. Perché lo costringeva a dire cose che non pensava? Però ascoltare la sua voce rassicurante gli aveva scaldato il cuore, molto più del bicerin. "Senti, sono vicino a via Roma. Ti va se... sì, insomma..." Si mise una mano tra i riccioli biondi. "Conosco un negozio economico in cui hanno roba interessante, possiamo andarci."

"Se è quello dove hai preso quelle orrende scarpe verdi coi lacci fluo, meglio di no" ironizzò Diego. "D'accordo, tra un quarto d'ora nell'incrocio tra piazza Castello e via Roma" e riattaccò.

Corrado sbatté le palpebre e staccò il telefonino dall'orecchio.

"Allora?"

"Ha insultato le mie scarpe verdi coi lacci fluo."

Ingrid raccolse con il cucchiaino il cioccolato rimasto sul fondo. "Okay, poi?"

Corrado alzò lo sguardo sognante verso la balconata sopra di loro. "Ci vediamo tra un quarto d'ora." Si ridestò e si alzò. "Vado, devo arrivare prima di lui."

Ingrid irrigidì le gambe. "Non finisci il bicerin?"

"Bevilo tu" replicò infilandosi la giacca.

La ragazza si scurì in viso vedendo che si preparava per andarsene. "Non devi... dirmi qualcosa?"

Corrado sospirò. "Già." Guardò nella borsa a tracolla e tirò fuori una banconota. "Offro io." Tirò su la zip della giacca e le diede un buffetto sulla guancia. "Scherzo, voglio anche dirti che ti voglio bene" e le stampò un bacio sulla fronte. "Sei la migliore amica di tutte le migliori amiche del mondo."

Ingrid arrossì e lo seguì con lo sguardo mentre trotterellava tra i tavolini e le aiuole. Tirò un profondo sospiro e si appoggiò allo schienale, la sedia vuota davanti a lei. Nonostante le contraddizioni di Corrado, era contenta di avere un amico come lui. Da sempre sperava di poter essere qualcosa in più, ma si accontentava. O mentiva a se stessa.

Corrado torturava impaziente il laccio della borsa a tracolla. Era sotto i portici, tra piazza Castello e via Roma, e guardava la fiumana di persone che gli passava davanti: turisti, lavoratori in pausa pranzo, studenti con zaini colmi. Tutti erano troppo impegnati per incrociare gli occhi di chi camminava nella direzione opposta. Pensò a quante vite s'intrecciavano ogni giorno lì sotto, quanti sconosciuti s'incontravano per un secondo per poi non vedersi più.

Si voltò verso un negozio di telefonia e notò il proprio riflesso sulla vetrina. Si sistemò la felpa che indossava sotto la giacca e tentò di mettere in ordine i riccioli biondi, per poi controllare se avesse gli angoli delle labbra sporchi di cioccolato.

"Corrado, che fai?" domandò una voce.

Lui per poco non batté una testata sul vetro per lo spavento e si girò, impettito, come per fare il saluto militare. "Ehi, Diego, sei..." Sei bellissimo avrebbe voluto dire, ma dalla sua bocca uscì un poco convincente: "Sei in ritardo."

L'amico rise. "Minchia, solo di cinque minuti. Sei fiscale oggi..."

Corrado gli strinse una mano e con il braccio libero gli diede una pacca sulla spalla. Quanto gli era mancato toccarlo. Si fermò a vedere i suoi capelli scompigliati dal vento e invidiò quelle folate che si posavano su di lui. Per non parlare delle orecchie a sventola, vicino alle quali avrebbe voluto sussurrargli sconcezze.

"Ci incamminiamo?" propose Diego con un ampio sorriso, le mani nelle tasche del giubbotto scuro.

Corrado annuì e si immisero nel flusso di persone che attraversava i portici. Mentre a destra campeggiavano i grandi marchi, Diego prese a parlare. "Sono contento della tua telefonata, credevo che fossi arrabbiato con me."

Corrado gli rivolse un veloce sorriso. "Con te no, con Fulvio sì." Alzò lo sguardo verso il soffitto a cassettoni. "Senti, non voglio che la mia opinione su di lui rovini il nostro rapporto. La pensiamo in modo diverso, ma non significa che non possiamo essere... amici."

Diego fece una smorfia. "Come posso essere amico di una persona che considera mio fratello un troglodita? Lui è una vittima di Viola."

Corrado scosse la testa: un altro che parlava di vittime... "Cambiamo argomento? Potremmo parlare del tuo lavoro, del clima, dell'università... Dobbiamo riorganizzarci per fare ripetizioni. Potremmo andare in biblioteca o in un bar. A casa tua no... cioè... solo se non c'è tuo fratello." Si accorse di essersi riferito a Fulvio e sbuffò infastidito.

Diego scoppiò a ridere e gli circondò le spalle con un braccio. "Dovrei avercela con te, ma non ce la faccio... Come fai?"

Corrado sbiancò; stavano continuando a camminare, ma quel gesto improvviso in mezzo alla strada aveva attutito tutti i rumori circostanti. Come se fosse più intimo di un bacio. Sicuramente l'aveva fatto per scherzo, per gioco, ma lo rendeva felice e desiderava che non smettesse più. "Io... io sono così, prendere o lasciare" disse poco convinto, non riuscendo a smettere di pensare a quanto fossero vicini.

Diego si staccò. "Modesto, tutti dovrebbero avere un Corrado Mancini nella loro vita."

Quelle parole parvero una stilettata nel petto. Non sapeva se stava ancora scherzando, ma la sua stima rendeva più doloroso il brutto gesto di Corrado. Era conscio di aver sbagliato a intromettersi nel rapporto con Nanà, ma l'aveva fatto per sano egoismo. Per cancellare dalla sua vita una persona che non sarebbe mai dovuta entrare.

"Fulvio mi ha detto che tu e Viola avete avuto una storia."

"Sì, ai tempi dei dinosauri" specificò Corrado sistemandosi la montatura degli occhiali.

"Adesso c'è qualcuna nella tua vita?"

Corrado si stava per strozzare con la saliva e giurò di aver visto Diego fargli un occhiolino. Tossicchiò e guardò le vetrine, per temporeggiare. Gli sembrava di essere tornati alla sera in discoteca, nella quale per distrarre Diego da quella domanda gli aveva detto che due ragazze lo stavano guardando quando in realtà non era vero... e così aveva conosciuto Nanà. Forse il destino gli stava dando la possibilità di rimediare. Ingrid sarebbe stata fiero di lui se avesse avuto il coraggio di rivelargli i suoi sentimenti. "Ve-veramente ho scoperto di essere g..." Diego si fermò e Corrado si girò verso di lui, notando che aveva gli occhi sbarrati. "Che hai? Sembra che hai visto Maurizio Gucci in persona."

Diego gli indicò il negozio di abbigliamento a destra. "Nanà... lavora lì!"

Corrado indietreggiò pallido, lo sguardo sul marchio dalle lettere argentate che sfavillava sullo sfondo nero. "No-non può essere. Quando te l'ha detto?"

Gli occhi strabuzzati passavano veloci dal ragazzo al negozio. Era chiaro che volesse entrare.

Diego spiegò concitato: "Quand'eravamo da soli..." e si precipitò davanti alle vetrine per guardare all'interno se riusciva a notarla. Il suo comportamento teso non sfuggiva alle occhiate veloci dei passanti.

Corrado batté i piedi sul pavimento.

"C'è, l'ho vista! Vieni" e lo prese per un braccio.

Corrado s'impuntò e riuscì a divincolarsi. "Aspetta, no! Che c'entro io?"

Diego, accorgendosi solo in quel momento di star dando spettacolo, gli sussurrò: "Dai, devi solo appoggiarmi come hai fatto quella sera. Andiamo..."

Corrado mise una mano sulla borsa a tracolla e finse di star ricevendo una telefonata. Estrasse il cellulare. "È mia mamma, devo rispondere" e si allontanò pian piano. "Tu entra pure, poi fa-fammi sapere. Cioè, io ti aspetto qui" e si mise il telefono all'orecchio, cominciando a simulare una conversazione.

Diego si sfregò le mani ed entrò con passo deciso, mentre Corrado si spostò vicino all'ingresso per poter vedere meglio la scena. Cavolo, adesso Nanà lo uccide!

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo (interamente dedicato a Corrado). Cosa ne pensate?

Lo spettro di Nanà si insinua nel rapporto tra lui e Diego. Cosa succederà all'interno del negozio?

Ho amato scrivere la scena nella Galleria Subalpina: all'inizio doveva essere più breve, però i due personaggi hanno cominciato a parlare e a discutere e hanno fatto tutto loro. Spero sia piaciuta anche a voi!

Ne approfitto per dirvi che Corrado ha vinto il premio come Miglior protagonista maschile nella categoria Narrativa generale di Italian Academy Awards 2021, concorso organizzato dagli Ambasciatori italiani di questa piattaforma. Che dire? Per me è una grande gioia, perché mi rivedo molto in lui e in alcuni suoi comportamenti e penso che questo si percepisca (tranquilli, non ho mai rubato cellulari).

Dalla prossima settimana credo che aggiornerò nel weekend, perché si sono aggiunti altri impegni. Tengo tantissimo a questa storia e non voglio abbandonarla, ma non vi garantisco al cento per cento che riuscirò a pubblicare settimanalmente. Non sono Superman, ahimè, ma prometto che farò del mio meglio.

A presto!

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