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43 - Apri gli occhi

Grida lontane, fiato corto. Le gambe che sembravano muoversi da sole, un rumore di ruote sempre più vicino. Un dolore al fianco e...

Perla aprì gli occhi. Risbatté le palpebre e fu accecata dalla luce del pannello reticolare sul soffitto. Voltò la testa e mugugnò qualcosa, per poi sentire un fastidio al fianco e il cuore sobbalzare spaventato. Alzò una mano verso il ventre, il braccio formicolante. Nel suo campo visivo, in contrasto con le pareti grigie, entrò un medico. Lei assottigliò gli occhi e vide muoversi le labbra di quella persona, non riuscendo a capire cosa diceva. Era come se nelle orecchie udisse ancora quelle grida lontane e quel rumore di ruote.

Pian piano il vortice di suoni si dissolse e lasciò il posto alle parole del dottore. "Perla, mi senti? Mi riconosci?"

La ragazza richiuse gli occhi e fece un grande respiro profondo, per poi annuire.

Il dottore le controllò il polso. "Ricordi quello che è successo?"

Perla cercò di dare un senso ai rumori che avevano dominato la sua mente. Ricordava di aver visto Guglielmo, di aver corso lontano da lui e di aver sbattuto contro una barella che arrivava da un altro corridoio. Lanciò uno sguardo preoccupato al ginecologo. "Dottore... il mio bambino? Non mi dica che..."

"Non ci sono state perdite" la rassicurò stringendole la mano. "Per sicurezza dobbiamo effettuare l'ecografia. Secondo gli infermieri che portavano la barella l'impatto non è stato violento, ma sei finita contro la parete e ti sei accasciata a terra."

Perla girò la testa dalla parte opposta per non mostrare quell'attimo di debolezza. Chiuse le palpebre, intensamente, sperando che tutto quello fosse solo un sogno. Non avrebbe dovuto correre via. Aveva commesso l'ennesima imprudenza che poteva costare cara al suo bambino.

Le ritornarono in mente le parole che sua mamma le aveva detto il giorno in cui aveva scoperto della gravidanza: "Ora siete in due, tesoro. Qualunque scelta farai, ricorda che ha delle conseguenze anche per lui. E che non sempre ciò che è meglio per te è meglio per entrambi."

Si morse l'interno della guancia e fu sopraffatta dal senso di colpa. Era tutto sbagliato... La sua vita, da quando aveva conosciuto Riccardo, era la somma di decisioni sbagliate che l'avevano portata fin lì. Forse c'entrava Dio... forse Lui la stava punendo per la sua vigliaccheria, per la sua cattiveria nel giocare con le vite degli altri come in uno spettacolo di marionette. Quella era la fine, dalla quale ripartire con la consapevolezza di dover trovare il coraggio di guardare in faccia la realtà. Senza scudi, senza bugie.

Mentre la sua mente era immersa in vicoli ciechi, il ginecologo avvicinò una sedia. "Perla, ascoltami. Apri gli occhi." Lei obbedì e calde lacrime le rigarono le guance. L'uomo continuò: "Devi farti forza. Tra poco passeremo nella stanza qui accanto ed effettueremo l'esame, ora c'è un mio collega che sta visitando."

Le sorrise e le strinse di nuovo la mano. Sapeva di non dover empatizzare troppo, ma la storia di quella ragazza l'aveva colpito. Conosceva Elettra, era una sua paziente, e sentirsi diviso tra due fuochi metteva anche lui a disagio. Indicò la porta. "Prima là fuori due ragazzi hanno chiesto di te. Vuoi... che li faccia entrare?"

Perla strabuzzò gli occhi verdi. "Là fuori ci sono Riccardo e Guglielmo, i possibili padri del bambino... Non posso vederli ora."

L'uomo annuì. "Però sarà meglio che vada ad avvisarli, saranno preoccupati." Si alzò e si avvicinò alla porta.

Mentre stava per uscire, Perla lo chiamò. "Dottore... pensa che sia una brutta persona, vero?"

"Non è mio compito dare giudizi personali sui pazienti."

Quella risposta fredda inaridì il cuore di Perla. Lei si rivolse di nuovo verso il pannello reticolare del soffitto. "Mi ha già risposto..."

Sentì la porta aprirsi e richiudersi, così serrò gli occhi e si rituffò nei suoi pensieri. Nelle stradine pregne di preoccupazione del suo cervello, sorse una domanda che la portò ad allertare i sensi: chi aveva avvisato Guglielmo? Era stata sua mamma... o Ingrid?

Ricordava come la sua amica se n'era andata e ricordava le parole che le aveva rivolto mentre erano sulle scale: le aveva detto che la stava già aiutando. E se avesse rivelato tutto a Guglielmo per sbrogliare quella matassa di segreti?

La porta si riaprì. "Perla, possiamo andare nell'altra stanza."

La ragazza si tirò a sedere e il medico l'aiutò a mettersi in piedi.

Passarono di là attraverso una porta che collegava le due camere senza passare dal corridoio. La sala era simile alla precedente, con l'aggiunta del macchinario per poter effettuare l'ecografia.

Perla si sdraiò sul lettino e alzò la maglia. Il medico preparò l'attrezzatura e la ragazza guardò a destra. Affrontare quel momento da sola le faceva seccare la gola: avrebbe voluto qualcuno che le stringesse la mano. Forse di lì a poco avrebbe avuto delle notizie spiacevoli e voleva condividere il peso di quel dolore, ma non poteva chiamare né Riccardo né Guglielmo. Non sapeva chi dei due era il padre del bambino e non voleva illuderli.

Il medico si sedette davanti al monitor e prese la sonda per l'esame. "Rilassati, mi raccomando."

Perla alzò lo sguardo: l'ennesimo pannello reticolare, uguale al precedente, posava i suoi mille occhi su di lei per ispezionarla. Rilassarmi... Come faccio?

Mentre il medico dava inizio all'ecografia, Perla chiuse gli occhi. Si ripeteva che sarebbe stata pronta ad affrontare ogni conseguenza della caduta e che sarebbe uscita da lì con la consapevolezza di dover essere più matura. Troppe volte aveva evitato la verità invece di affrontarla a muso duro. Il gel freddo a contatto con la pelle le irrigidì il corpo e di fronte al silenzio del medico un gelido sospetto s'infiltrò sotto la cute. Le aveva detto che non c'erano state perdite, ma magari il feto poteva essere stato danneggiato durante la caduta. O forse l'ansia accumulata nelle settimane precedenti aveva corroso il suo fagiolino.

Voleva aprire gli occhi, ma una parte di sé desiderava rimanere nel limbo dell'incertezza, in quel tiepido stato in cui c'era ancora una speranza che le cose andassero bene. Si aggrappò a essa con tutte le sue forze e finalmente la voce del medico portò un piccolo spiraglio nella sua mente ottenebrata dai cattivi pensieri: "Perla, apri gli occhi."

"Perché?" Lei strinse il lembo della maglia, il cuore iniziò ad accelerare. "Mi dica se è successo qualcosa..."

"No. Voglio che tu lo veda, apri gli occhi."

Perla obbedì e fu di nuovo investita dalla luce del soffitto. Voltò la testa e il campo visivo, ancora disturbato dalle macchie reticolari, ci mise un po' a focalizzare il monitor. Ciò che vide all'inizio la spaventò: lo schermo nero, con qualche zona bianca, e poi...

"Avrei dovuto immaginarlo" disse il ginecologo, serio. "Le beta hCG erano abbastanza alte." Perla vide due corpi che galleggiavano ognuno in una chiazza scura. Spalancò la bocca, pietrificata, e il medico commentò: "C'è una doppia camera gestazionale, di diversa lunghezza l'una dall'altra."

Doppia camera gestazionale ripeté Perla tra sé e sé. Quindi... sono due gemelli? Non aspetto un bambino, ma due!

Sentì il cuore scoppiare dall'emozione e le lacrime riaffacciarsi. Due gemelli significava doppio senso di colpa, doppio odio che avrebbero vissuto sulla loro pelle se non avesse preso le decisioni giuste.

Le parole del medico la strapparono dai cupi ragionamenti. "So cosa pensi, ma guarda cosa sei stata in grado di fare. Le gravidanze gemellari prevedono qualche accortezza in più e dobbiamo stilare una nuova tabella di marcia, ma adesso concentrati sul monitor. Vuoi ascoltare il loro battito?"

Lei diede un flebile cenno di assenso e il ginecologo mosse un dito sulla tastiera, che le ricordava quella che Guglielmo utilizzava come disk jockey. "Prima il battito dell'embrione nella camera gestazionale più grande" e Perla udì un suono simile a un cavallo al galoppo: forte, veloce, come se il bambino non vedesse l'ora di salutare la mamma. "E adesso quello dell'embrione nella camera gestazionale più piccola." All'inizio Perla faticò a distinguere il rumore, ma poi sentì un debole rintocco che le ricordava l'arrivo placido delle onde sulla spiaggia. Mentre il ginecologo le parlava della misurazione degli embrioni, nelle orecchie udiva ancora quei due battiti cardiaci. Come se ormai li avesse scolpiti nell'anima.

I pensieri negativi legati al doppio peso che avrebbe portato da lì in avanti erano stati alleviati dalla gioia immensa nel dare un'identità a ciò che la faceva stare sveglia ogni notte. Le linee sul test di gravidanza si erano concretizzate con una forma e un suono, i più belli della sua vita.

Il ginecologo le rivolse un sorriso gentile. "Se è tutto chiaro, puoi rivestirti."

Perla si tirò a sedere. "Quindi la caduta non ha provocato danni ai feti?" Avrebbe dovuto abituarsi a usare sempre il plurale.

Si rivestì e nel frattempo il ginecologo si sedette davanti al computer. "Le placente sono in buone condizioni. Ma potrebbero verificarsi conseguenze a lungo termine, per cui bisogna tenere monitorata la situazione" e digitò sulla tastiera. "Ora ti fisserò degli esami. Mi sa che dovremo vederci più spesso, nei prossimi mesi. Cominciamo da..."

Perla notò la sua interruzione e lo vide togliersi gli occhiali. "Che c'è?" chiese lei, appoggiando una mano sullo schienale della sedia.

"È beninteso che, essendo una gravidanza gemellare, non si può effettuare il test di paternità."

Perla si sentì mancare il terreno sotto i piedi. "Sta scherzando?"

Il medico si rimise gli occhiali. "No, il test di paternità in una gravidanza gemellare è vietato."

"Quindi dovrei vivere così per sette mesi? Siamo nel 2020!"

"Mi dispiace" replicò continuando a compilare un foglio online. "Siediti, dobbiamo fissare i prossimi appuntamenti."

Perla si mise le mani nei capelli. Era così convinta che presto avrebbe saputo l'identità del padre del bambino che, dopo quella scoperta, desiderava solo uscire sbattendo la porta. Ma poi avrebbe incontrato Riccardo e Guglielmo e voleva ritardare quel momento il più possibile. Si sedette con un sospiro, stanca.

Perla era appollaiata sulla sedia con lo schienale a forma di cuore. Le dita avvolgevano le ciocche dei capelli castani e lo sguardo si perdeva sul pavimento laminato, di cui seguiva gli intrichi. Negli auricolari, il suo cantante preferito. Di solito apprezzava un altro genere di musica, ma Sting riusciva sempre a portarla in un'altra dimensione, una dimensione in cui le sembrava di fluttuare su un tappeto di nuvole. Un mondo senza preoccupazioni, drammi, segreti. Senza doppi segreti.

Involontariamente, seguire gli intrichi del pavimento e le melodie delle canzoni la riportava sempre in quella stanza d'ospedale, nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato. Dopo aver concluso la visita era uscita nel corridoio e ad aspettarla c'era stato solo Riccardo, che le aveva detto di aver visto Guglielmo andarsene via infuriato. In macchina, mentre tornavano a casa, aveva provato più volte a contattare il suo ex ragazzo, ma non rispondeva. L'aveva tempestato di messaggi, ma finora non le aveva risposto e cominciava ad avere paura. Si chiese come avesse reagito, quali pensieri gli avessero affollato la mente quando aveva scoperto della gravidanza.

Nonostante cercasse di pensare ad altro ascoltando la musica, non riusciva a liberare il proprio corpo dai pesi che lo costringevano a mantenere i piedi ben piantati a terra.

La porta si aprì, sbucò la testa di Riccardo e Perla si tolse una cuffietta.

"Scusa se disturbo" iniziò rivolgendole un veloce sorriso. "Ho preparato una spremuta per Mirko, ne vuoi un po'?"

Lei scosse la testa e si rimise l'auricolare, stoppando la musica.

"Sicura? Non è come quella che prepara Elettra, ma me la cavo."

Perla continuò a fissare il pavimento, fingendo di ascoltare la musica. Era combattuta tra la volontà di sfogarsi e tener chiusi i pensieri nella mente.

L'uomo entrò nella stanza. "Se è per quello che è successo oggi..."

Perla si tolse le cuffiette. "Riccardo. sette luridi mesi." Si alzò. "Come faremo a continuare questa pantomima?"

Lui si mise una mano sulla fronte. "Sono preoccupato anch'io. Se penso che saprò se sarò padre tra sette mesi, mi esplode la testa. Due figli, Perla. Due figli che..."

"Dobbiamo mantenere il segreto. Non so come farò a continuare a parlare con mamma, ma devo farlo. E anche tu."

Lui mise le braccia conserte. "Ti avevo detto che prima avremmo fatto il test di paternità e poi avremmo pensato se dirle la verità, ma ora che dobbiamo aspettare sette mesi bisogna rivedere tutto."

"Non dobbiamo rivedere nulla." Perla fece un passo in avanti. "Non m'importa un cazzo di cosa dirà il test di paternità, il padre non sei tu." Digrignò i testi, infuriata con la vita per le tragedie che si abbattevano su di lei. "Non possiamo aspettare sette mesi, okay? Voglio parlare con Guglielmo... lui è il padre del bambino, lo dev'essere agli occhi di mia mamma e anche ai tuoi."

Riccardo si massaggiò il dorso del naso. "Come puoi fare una cosa del genere a Guglielmo? Ti ha sempre trattato bene." Guardò l'orologio al polso. "Tra poco dovrebbe arrivare tua mamma, le dirò tutto..." e alzò lo sguardo. "Stavolta non mi fermerai."

Una scossa di paura le fece incurvare la schiena e gli si avvicinò con passo felpato. "Sai cos'ha detto il ginecologo?" Spalancò gli occhi, come impazzita. L'unico modo per impedire a Riccardo di dire la verità era puntare sulla salute. Sua e dei bambini. "Le gravidanze gemellari prevedono una percentuale di rischio maggiore rispetto a quelle singole e converrai con me che parlare di questo a mamma sia nocivo."

Riccardo indietreggiò. "E continuare a mentire non causerebbe altro stress? La costante paura di essere scoperta avvelenerebbe quelle povere creature giorno dopo giorno, goccia dopo goccia. Non ti permetterò di fare questo ai miei figli."

Uscì e Perla lo seguì nel corridoio. "Non lo farai, lo so." Riccardo arrivò vicino alla stretta scala a chiocciola che portava al piano inferiore e lei gettò benzina sul fuoco: "Non hai le palle per farlo." Allargò le braccia. "Ti piace questa vita, questa casa. E anche le donne che la abitano."

Riccardo si voltò, dubbioso. "Cioè?"

Perla alzò il mento. "Questa situazione ti eccita. Ti eccita il rischio di essere scoperto. Ti eccita scopare mamma sapendo che al piano di sopra posso sentire e fantasticare." Arrivò a pochi centimetri da lui. "Il vostro rapporto si nutre della tua attrazione per me. Negalo, se puoi."

Sentirono suonare il citofono: Elettra era arrivata.

Riccardo le rivolse uno sguardo carico di risentimento. "Questo gioco piace anche a te" e indicò il suo ventre, per poi scendere i gradini.

Perla sbuffò, isterica. Non sapeva da dov'erano uscite delle parole così pesanti. Forse le aveva sempre serbate nel cuore e, complici gli ormoni della gravidanza e lo stress cui era sottoposta, aveva sbottato. Era sicura di averlo confuso così tanto da avergli tolto dalla mente l'idea di confessare.

Camminò avanti e indietro per il corridoio, pensierosa: era convinta che Riccardo fosse un debole e non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontare sua mamma.

Dal piano inferiore sentì la madre chiedere di lei e allora schiarì la voce e scese le scale. "Arrivo!" Appena la vide, allargò le braccia con un caloroso sorriso. "Sono così contenta di vederti!"

Elettra l'abbracciò entusiasta. "Perlina! Amore, adesso fammi salutare anche i miei due nipotini." Si staccò e le accarezzò il ventre.

La ragazza continuò a sorridere, mentre Riccardo le fissava a disagio.

"Cos'ha detto il ginecologo? Va tutto bene? Ti ha dato delle foto dell'ecografia? Non vedo l'ora di vederle!"

Perla rise per quella sequela di domande e la invitò ad accompagnarla nella sua stanza per dare un'occhiata ai documenti e alle fotografie.

In quel momento dal soggiorno spuntò Mirko. "E a me non mi saluti?" disse mogio, le mani dietro la schiena.

"Come ho potuto dimenticarmi?" domandò Elettra correndo verso il figlio per dargli un caldo abbraccio. "È andata bene la giornata?" gli domandò scompigliandogli i capelli corti e scuri.

Mirko alzò una mano, vittorioso. "Mi sono divertito tantissimo, a Fortnite ho vinto il trofeo Esploratore di mondi!"

Elettra gli solleticò il nasino. "Che bravo! Vediamo, com'è messo il mio esploratore preferito con i compiti?"

"Quelli per domani li ho finiti" rispose con un'espressione furbetta stampata in faccia.

Elettra mise una mano sulla spalla di Perla. "Dopo controllo, ora devo fare una cosa con tua sorella."

Le due andarono nella camera della ragazza, mano nella mano.

"Gemelli!" commentò la donna, un sorriso a trentadue denti. "Oggi l'ho detto a tutti, ero troppo euforica!"

Arrivarono in stanza e Perla mostrò alla madre i vari documenti e le foto.

Elettra guardò le immagini con spiccato interesse. "Secondo me saranno due femminucce."

Perla si sedette sul letto. "Tu credi?"

"Istinto di nonna" sentenziò Elettra accomodandosi vicino a lei. "Come hai preso la notizia? Sarai scioccata. Ma non preoccuparti: io e... Riccardo ti aiuteremo."

Perla si alzò. "Stavi per dire Guglielmo? Gli hai detto della gravidanza?"

Elettra annuì e si alzò congiungendo le mani. "Guglielmo doveva saperlo. E non domani o tra una settimana... ma oggi."

Perla si risedette sul letto. Non aveva nemmeno la forza di replicare, stanca com'era. "Non erano affari tuoi" fu tutto ciò che riuscì a dire.

"Sono tua mamma, la nonna di queste splendide creature. E ogni bambino merita di avere una mamma e un papà. Anche se tra voi non ci sarà nulla, lui doveva sapere." Si riaccomodò accanto a lei. "Quindi si è presentato in ospedale?"

Perla le raccontò cos'era successo e aggiunse che Guglielmo non rispondeva alle sue chiamate.

Elettra si limitò ad abbracciarla. "Supererai anche questa. Io e Riccardo faremo di tutto per te."

Perla sentì un brivido percorrerle le braccia e si staccò.

"Ho detto qualcosa di male?"

"No... devo riposare."

Elettra le diede un bacio sulla fronte. "Vado a controllare tuo fratello." Sulla soglia, si voltò. "Perla... Sai che tu, Mirko e Riccardo siete il mio tesoro più grande?"

La ragazza rise, per stemperare la tensione. "E questo sentimentalismo?"

Elettra si appoggiò alla porta. "A volte temo di perdervi... com'è successo con tuo papà."

Perla mascherò l'agitazione con un sorriso forzato, il cuore martellante. "Io e Riccardo non ti lasceremo, promesso." 

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?

Per me è stato un parto scriverlo... Mi sono documentato molto sulla scena dell'ecografia e spero di averla scritta bene. Se c'è qualche inesattezza, fatemelo sapere. E riguardo all'impossibilità di determinare il padre del bambino... questo è stato un colpo di scena anche per me. Avevo preparato una vicenda incentrata proprio su questo, ma la gravidanza gemellare complica tutto. Non importa, succederanno altri eventi molto succosi!

La scorsa volta vi avevo detto che in questo capitolo sarebbe riapparso Corrado... Purtroppo non ce l'ho fatta, ma vi garantisco che tornerà nel prossimo capitolo e sarà assoluto protagonista. 

Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

Ci vediamo venerdì con un nuovo aggiornamento! 

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