40 - Siamo qui solo per studiare
Diego rise ed entrò in auto. "Spero tu stia scherzando."
Corrado lo seguì, pallido. "Dico sul serio, sembrava un dito mozzato."
"Finto" aggiunse l'amico mettendosi la cintura di sicurezza. "Un dito mozzato finto. Ora sei tranquillo?"
"Allora spiegami che ci fa un dito mozzato finto nel tuo cofano."
L'amico sistemò lo specchietto retrovisore. "Sabato, per la serata di Halloween, nel ristorante in cui lavoro noi camerieri ci siamo presentati in costume." Si voltò verso di lui e abbozzò un sorriso. "Ho scelto quello da vampiro e ho comprato su Internet delle dita mozzate fatte di un materiale particolare. Sembravano vere" e allungò una mano come per azzannarlo.
Corrado aggrottò la fronte. Non aveva mai sentito di vampiri con le dita mozzate. Una nuova frontiera dell'horror? Storse le labbra e guardò le auto parcheggiate davanti a sé. "Sarà... ma sembrava vero! Quello finto simula la pelle umana con il colore rosa, quello invece era violaceo... come se si decomponesse."
Diego si grattò il collo, a disagio. "Non sapevo fossi un esperto di horror."
"La mia amica Ingrid mi ha fatto vedere così tanti film che ho l'occhio allenato. E poi dove sono finite le altre quattro dita? Lì ce n'era uno."
Diego alzò gli occhi verso il tettuccio dell'auto. "Saranno nella confezione. Quello mi sarà sfuggito..." Corrado si guardò intorno, sospettoso, e lui continuò con un mezzo sorriso. "Tranquillo, non ci sono altre dita in giro." Mise le mani sul volante. "Ti spiace se prima passiamo in tintoria?" Non ricevendo risposta, si voltò verso il viso cadaverico di Corrado e posò una mano sulla sua spalla. "Se te la senti. Non pensare che taglio dita alla gente."
Il ragazzo s'irrigidì. Non aveva nulla da temere, ma la spiegazione di Diego non lo convinceva: quello non era un dito finto, era troppo realistico. Il pensiero di viaggiare in auto con quella macabra scoperta nel cofano gli rivoltava lo stomaco, ma non poteva fare altrimenti. Non capiva perché Diego gli mentiva: se era in pericolo, perché non voleva parlargliene? Forse non si fidava o preferiva tenerlo all'oscuro per evitare guai. Si voltò a sua volta e gli sorrise. "Non lo penserei mai... Ma dopo mettiti il costume da vampiro!"
Diego accese il motore. "Ma come? Dovresti sapere che i vampiri appaiono solo di notte..."
Allora staremo insieme fino all'alba. Moriva dalla voglia di dirglielo, ma queste parole rimasero rinchiuse nella sua gola. "Già, ma all'odore del sangue non possono resistere..."
"Non ti morderei mai, non sei il mio tipo."
Quelle parole ironiche nascondevano un'amara realtà che Corrado faticò a ingoiare. Durante il viaggio rimase con la testa verso il finestrino e la mente bombardata da un'unica frase: "Non sei il mio tipo". La situazione non poteva essere più chiara: per loro non ci sarebbe stato un futuro, dal punto di vista sentimentale.
Corrado strizzò gli occhi per non piangere e ripensò ai momenti passati a fantasticare sulla loro potenziale relazione. Era stato così stupido da allontanarlo da una ragazza solo perché voleva avere più chance con lui. Voleva sprofondare, cancellarlo dalla mente e dal cuore. Non si sarebbe accontentato di una semplice amicizia, da lui voleva di più e il pensiero che non avrebbe potuto averlo lo scombussolava.
Dopo aver compiuto quella commissione, l'auto di Diego si fermò in uno spiazzo di forma triangolare in cui altre macchine erano parcheggiate. Scesero dal mezzo e Corrado notò uno stretto e lungo sentiero contornato da siepi che portava a un palazzo magenta di quattro piani. Intorno altri caseggiati, più o meno alti, formavano una cittadella immersa nel verde degli alberi e della vicina collina.
I due percorsero a piedi quel tratto che collegava i vari edifici e Diego aprì un cancello verdognolo accanto a un piccolo lampione. Entrarono e dopo qualche minuto furono davanti all'appartamento.
Corrado si era trascinato fin lì con l'espressione fredda: le parole dell'amico l'avevano tirato giù di morale e ora vedeva come una forzatura entrargli in casa. Vedere quella quotidianità che non avrebbe potuto condividere con lui gli sembrava un dispiacere troppo forte.
Eppure, mentre si trovava davanti a quell'appartamento e aspettava che Diego aprisse la porta, aveva cominciato a vedere quella situazione da un'altra prospettiva: almeno erano amici. Almeno poteva vederlo quando voleva, poteva parlare con lui. Almeno poteva rivolgergli la parola senza sentire su di sé il peso del rifiuto. Certo, in un certo senso Diego l'aveva comunque respinto, ma il fatto che non ne avessero parlato esplicitamente rendeva tutto più leggero da sopportare. Una goccia di consolazione in un mare di confusione.
L'amico aprì di poco la porta. "Vieni, entra pure. Riesci a passare?"
Corrado rinforzò la presa sulla borsa a tracolla. "Penso di sì..."
Quando fece il suo ingresso, notò perché non aveva spalancato la porta: il battente rischiava di sbattere contro un mobile posto davanti all'entrata. Non si aspettava un corridoio così stretto.
"So cosa pensi" iniziò Diego posando le chiavi nello zaino. "L'alloggio non è grande, ma io e mio fratello ci troviamo benissimo."
Corrado guardò le tinte blu pastello delle pareti. "È un bilocale?"
"Sì, mi sembra di avertelo detto. Posiamo le nostre cose in cucina."
Entrarono in un'altra area, divisa in due: il piano per cucinare, con il tavolo, e un piccolo divano con una televisione.
Mentre si toglieva il giubbotto, Corrado domandò: "Dove studiamo?"
Diego indicò il tavolo. "Qui, okay?"
Annuì ed estrasse dalla borsa a tracolla il quaderno di Latino. "Tuo fratello non c'è?"
Diego aprì un'anta del mobile. "Rientrerà stasera. Posso offrirti qualcosa?"
"Una Coca-Cola."
Diego ridacchiò controllando tra le ante. "Chiedi troppo, va bene un po' d'acqua?" e nel frattempo tirò fuori una confezione bianca con i bordi neri. "Oppure dei gianduiotti?"
"Uh, li adoro!" replicò sfregandosi le mani. Prese posto e mise il quaderno da parte.
Diego tentò di aprire la confezione, invano. Allora Corrado lo aiutò e le loro dita si sfiorarono per un attimo che gli sembrò interminabile. Era stato un istante, ma la sua mano gelida in contrasto con quella calda dell'amico aveva avuto un tremito come se avesse preso la scossa.
Corrado ritirò il braccio, sorridendo: anche se non era il tipo di Diego, non poteva smettere di provare qualcosa per lui. Il suo corpo gli dava segnali che si rifiutava di ascoltare. Come il fatto che non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, ora che si era tolto la giacca: il maglione bianco a collo alto segnava la sua figura, rendendolo più attraente. Quante volte aveva immaginato di rimanere da soli in un luogo tranquillo come quello. Quante volte aveva sognato di accarezzargli i pettorali, così scolpiti da scoppiare. O quel maglione era troppo piccolo o a Corrado pareva di vivere in un sogno erotico, immaginando cose non vere. Mentre Diego cercava di schiudere la scatola, immaginò di lasciargli focosi baci sul collo, togliergli il maglione ed esplorare con le dita fredde il suo fisico bollente e atletico.
"Vai in palestra?" gli domandò in un sussurro. Chiuse la bocca, sbigottito. Nel tentativo di immaginare cosa si nascondesse sotto i vestiti aveva dato voce a uno dei suoi pensieri, il meno peccaminoso.
Diego riuscì ad aprire la confezione. "No, non posso permettermi un abbonamento."
"Ah" replicò Corrado, vedendo frantumare ogni speranza che avesse un fisico scolpito.
"Però mi alleno a casa e anche al parco, quando fa caldo" aggiunse con noncuranza posando la confezione sul tavolo.
Corrado si leccò le labbra e prese un cioccolatino. Avrebbe voluto chiedergli di mostrargli i risultati del suo allenamento, ma spense i bollenti spiriti scartando il gianduiotto e mangiandolo.
Abbassò lo sguardo, sospirando rumorosamente: doveva frenare la sua attrazione. Siamo qui solo per studiare si ripeté svariate volte.
Spostò lo sguardo sui girasoli del tappeto vicino al lavabo, per interrompere ogni sporca fantasia. Avrebbe avuto tutta la notte per fare sogni erotici, non era quello il momento appropriato. Eppure essere vicino a concretizzare ciò che fino a quel momento aveva solo immaginato gli creava un rigonfiamento nelle mutande. Tossicchiò e si sistemò gli occhiali. "Cominciamo... la lezione?"
Diego annuì con la bocca piena. "Sì, vado a prendere il dizionario" e poi si fermò sulla soglia della cucina. "Ti va di accompagnarmi?"
Corrado si voltò ed ebbe la sensazione che gli avesse fatto l'occhiolino. Avvampò e sbatté più volte le palpebre, come se credesse di averlo solo immaginato.
"Allora, vieni? Sennò vado da solo..."
"Arrivo" disse Corrado alzandosi, intimorito, il cuore correva nel petto. Lo seguì in camera e, mentre percorreva lo stretto corridoio, sentiva le gambe leggere e le braccia sciogliersi di passione. Forse Diego gli aveva detto che non era il suo tipo solo per gioco, per tenerlo sulle spine. Magari fino a quel momento l'aveva solo stuzzicato e adesso era arrivato il momento di gettare la maschera e togliersi i vestiti. Giocare a carte scoperte, giocare con le loro lingue fino ad avere il fiato corto. Stringersi per non lasciarsi mai, sentire l'odore dell'altro e diventare una cosa sola.
Arrivato in camera, notò due letti accanto alla parete e la portafinestra chiusa dalla quale si affacciava la luce che illuminava le spalle larghe di Diego.
Corrado si avvicinò, fremente di lussuria, e l'amico gli indicò il muro opposto della stanza. "Ecco i modellini di mio fratello. Ti ho già detto che sono la sua passione?"
Corrado si soffocò con la sua stessa saliva. Mentre l'amico prendeva il dizionario di Latino dal mobile, sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime. Voleva mostrarmi i modellini... i modellini...
Si schiarì la voce per guarire il suo cuore ferito, ora somigliante a una Ferrari andata a sbattere contro un muro. La sua errata interpretazione di certi segnali l'aveva portato a schiantarsi al suolo dopo essere stato vicino al toccare il cielo con un dito. Ma non era tutto perduto... Forse poteva aprirgli il suo cuore ferito, ma la paura della reazione era più forte. Non avrebbe reagito bene a un rifiuto, meglio vivere nel dubbio.
Ora capiva perché Perla continuava a mentire a sua mamma. Erano situazioni molto diverse, ma il timore di affrontare le conseguenze di certe azioni e sensazioni li bloccava in un limbo di insicurezza e tormento.
"Ehm..." iniziò Corrado grattandosi il capo. "Credevo che tu e tuo fratello aveste stanze separate." Cambiando discorso, forse sarebbe riuscito a pensare ad altro.
"No, te l'ho detto, questo è un bilocale. Ci siamo trasferiti poco dopo la scomparsa dei nostri genitori, non riuscivamo a pagare le bollette."
"Non vi ha aiutati nessuno?" domandò Corrado togliendosi gli occhiali per asciugarsi gli occhi.
Diego afferrò il dizionario. "Nessuno. Conosci il detto Gli amici si vedono nel momento del bisogno? Ecco, nel nostro caso sono scomparsi tutti. Il giorno prima eravamo i ragazzi più popolari della scuola e il giorno dopo le bestie nere da cui stare alla larga."
Corrado incrociò le braccia. "Devi aver sofferto molto."
Diego forzò un sorriso. "Sì, ma quello che mi preoccupava più di tutto era mio fratello. I miei l'hanno adottato quando era piccolo e, quando sono mancati, è stato come rivivere l'abbandono una seconda volta."
Corrado seguì la direzione del suo sguardo e vide che si stava concentrando su una foto sopra una mensola accanto a uno dei due letti. L'immagine mostrava due ragazzi che facevano una linguaccia all'obiettivo, mentre i genitori sembrava li stessero riprendendo per quel gesto scherzoso.
Corrado piegò le labbra vedendo quanto era carino Diego anche qualche anno prima: stesse guance paffute, le ormai iconiche orecchie a sventola e l'immancabile ciuffo ribelle sulla fronte. Anche il fratello sembrava carino: era più alto dell'altro nonostante gli anni in meno, i capelli biondi tagliati a spazzola. Percepiva una strana sensazione guardando quell'immagine.
Sentì lo squillo di un cellulare e Diego si portò la mano alla tasca dei pantaloni. "Scusa, devo rispondere."
Si allontanò in cucina e Corrado, indeciso se seguirlo o meno, spostò la sua attenzione sui modellini nella parete opposta: navi, macchine, aeroplani e un treno antico facevano a gara per richiamarlo. A giudicare da quanto fossero ben tenuti, dovevano essere costosi. Teneva molto al fratello per comprarglieli nonostante le difficoltà economiche.
Davanti a quella collezione, le lacrime minacciarono di riemergere: Diego era un bravo ragazzo, disposto a sacrificarsi per il bene di chi amava, e lui l'aveva ingannato con la faccenda di Nanà. Spostò il peso da una gamba all'altra e capì di non meritare la sua amicizia.
"E tu che ci fai qui?"
Corrado sobbalzò, al punto che per poco non cadde in avanti sui modellini. Si voltò, confuso, e mise una mano alla bocca quando vide chi lo fissava con occhi strabici e dardeggianti: Fulvio, la mascella sporgente trasudante rabbia. Corrado strinse le mani a pugno. "No, tu che ci fai qui!"
Fulvio avanzò minaccioso. "È casa mia... e adesso fammi il favore di andartene!"
Il ragazzo alzò le mani, scuotendo la testa: lui... lui non poteva essere il fratello di Diego, doveva esserci un errore.
"Ho detto fuori!" urlò Fulvio con tutto il fiato che aveva in gola, le vene gonfie del collo e una mano puntata verso l'ingresso.
"Che succede qui?" domandò Diego accorrendo nella stanza. Guardò il fratello e Corrado e poi spiegò: "Calma, è un mio amico."
Fulvio rise e si mise una mano su un fianco. "Non può essere tuo amico, non è possibile... lui è l'ex di Viola!"
"Cosa?" replicò Diego, girando il volto confuso su Corrado.
Lui tirò su dal naso gli occhiali arancioni. "Sì... non è un delitto!" e indicò Fulvio. "E io non credevo che un buzzurro come questo fosse tuo fratello!"
"Ehi, buzzurro a chi?" disse Fulvio a denti digrignati lanciandosi verso di lui.
Diego lo fermò. "Smettila!" e si voltò verso Corrado. "E tu scusati..."
"Neanche per tutte le cravatte vintage del mondo" obiettò deciso. Era incredibile come fosse cambiato tutto in pochi secondi. Sentiva le gambe pesanti al pensiero che un ragazzo amorevole come Diego fosse fratello di uno scimpanzé senza cervello come Fulvio. Stava per uscire dalla stanza, ma sentì suonare il campanello.
Diego e Fulvio si guardarono, perplessi, e il primo si avvicinò allo spioncino. Dalla sua espressione inebetita, non doveva essere un ospite gradito.
Diego socchiuse la porta e sbucarono i capelli ramati di Viola. "Sotto ho trovato aperto, io..."
Quando lei vide Corrado, sentì formarsi un nodo alla gola. Cosa ci faceva lì? Dall'espressione confusa dei fratelli, sembrava non stesse succedendo nulla di buono.
"Vattene!" le ringhiò Fulvio.
Viola gli si avvicinò e lui scappò in camera, dove Diego lo raggiunse per tentare di calmarlo e rassicurare lei.
Le loro voci formarono una baraonda che Corrado faticava a sopportare e alzò gli occhi al soffitto. "Prima che arrivi qualcun altro, me ne vado!" e si spostò in cucina a ritirare il quaderno.
Diego, dubbioso se lasciare soli Fulvio e Viola o parlare con l'amico, lo raggiunse. "Ehi, ti devo una spiegazione."
"Mi devi lasciare in pace" replicò Corrado mettendosi la borsa a tracolla. "Ho sbagliato tutto con te." Uscì dalla porta, ancora semiaperta, e scese le scale mentre Diego lo seguiva a ruota per chiarire con lui.
Fulvio sentì la porta sbattere, ma non se ne curò. Rimase con lo sguardo rivolto ai modellini e le braccia tatuate incrociate al petto.
Viola si trovava vicino a uno dei due letti e, dopo aver reagito a quel rumore con un sussulto, indicò la soglia della stanza. "Che ci faceva Corrado qui?"
Lui continuò a non degnarla d'uno sguardo. "È amico di mio fratello, credo..."
Viola sorrise. "Non ci credo... È una situazione assurda!"
Fulvio scosse la testa, sempre con il volto verso i modellini. "Proprio tu parli di situazioni assurde... ironico."
Lei gli mise una mano sulla spalla. "Dobbiamo parlare. Non ti sei fatto sentire da quando ho avuto l'incidente e credevo che... ti avessero arrestato."
Lui si voltò. "Arrestato?"
"È quello che papà mi ha fatto credere... Sono arrivata a pensare che la collana che mi hai regalato fosse parte della refurtiva di quella rapina. Mi sento idiota a esserci cascata."
Lei si avvicinò sempre di più, per abbracciarlo, ma lui si mise tra i due letti. "Tuo papà ti ha raccontato una bella bugia..." Abbassò lo sguardo, non riuscendo a incrociare i suoi occhi verdi colmi di speranza. "Scusa per averti fatto soffrire... Però devi andartene."
Viola scosse la testa. "Non vorrei essere da nessun'altra parte." Lui stava per parlare, ma lo interruppe: "Prima io..." Intrecciò le mani, cercando il coraggio di affrontare quel discorso. Più ci provava, più la voce le moriva in gola. Riusciva a formulare solo parole sconnesse. "I soldi... perché hai accettato?" Alzò la voce: "Perché hai accettato i soldi di papà?" Prendendo sempre più coraggio, fece un passo in avanti. "Per quale motivo, se non ti hanno arrestato, non hai fatto nulla per farmi sapere la verità? Potevi contattarmi sui social, invece non hai mosso un dito per me" e gli mostrò l'indice. "Cosa devo pensare?" Allargò le braccia. "Ricordi cosa mi hai detto davanti alla Basilica di Superga, ormai un mese fa? Mi hai augurato che la vita potesse darmi sempre il meglio."
Indicò entrambi. "È questo il meglio, Fulvio? È questo il meglio che mi merito? È questa situazione schifosa? Tu non sai quanto ho sofferto a sapere che eri in prigione, tu non sai quanto ho sofferto a sapere che mi avevi ingannato... Mio padre, lui mi ha convinto con i suoi paroloni che avesse ragione, ma non è così. Non è così, capisci?" Con un altro passo in avanti gli accarezzò le guance. "Queste settimane lontana da te mi sono servite a capire che ti odiavo. Ti odiavo con tutto il cuore per quello che mi avevi fatto, ma ora... ora ti amo. Ora ho capito che non potrei mai amare qualcun altro come amo te." Le loro fronti si toccarono, lo sguardo di lui sempre rivolto al pavimento. "Dimmi solo una cosa: perché in queste settimane non mi hai avvisata del tranello di papà? Perché hai accettato i suoi soldi?"
Fulvio le accarezzò le braccia, il naso colante dalla tensione e la voce impastata. "Perché era giusto così."
Spazio Sly
Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?
Eh sì: Fulvio è il fratello di Diego! Avevo in mente questa svolta da parecchio tempo e non vedevo l'ora di scriverla. Più volte, se avete notato, ho giocato dandovi qualche indizio di questa parentela inaspettata...
A questo punto cosa succederà tra Fulvio e Viola? Ho già scritto tutta la loro discussione, ma era troppo lunga e ho preferito dividerla concludendo il capitolo in un momento tensivo. Vi anticipo che questa conversazione è una sorta di resa dei conti.
Ci vediamo venerdì con un nuovo capitolo!
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