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34 - Cin cin

Corrado scrisse velocemente:

Ci conosciamo?

Rialzò lo sguardo, il professore continuava a parlare con Diego. Abbassò gli occhi e lesse la risposta:

Sono Nanà... Ricordi?

Il ragazzo notò che come immagine del profilo lei aveva un pianoforte con due mani intente a suonare e tornò in azione:

Sei bionda?

Il messaggio fu visualizzato, la replica sarebbe arrivata presto. Più le scriveva spacciandosi per Diego, più sentiva il cuore accelerare. Stava commettendo una pazzia, ma era tutto sbagliato. Nanà era entrata nelle loro vite solo perché lui aveva cambiato argomento quando Diego gli aveva chiesto se avesse una ragazza. Aveva spostato l'attenzione su due fanciulle presenti alla festa, era nato per un capriccio. Non poteva immaginare che Diego avrebbe voluto parlare con loro.

Quei pensieri furono interrotti dall'arrivo di un nuovo messaggio:

No...

Ci siamo pure baciati...

Le lenti di Corrado si offuscarono: Non ricordo...

Il cellulare vibrò. Imprecò, rifiutò la telefonata e scrisse:

Senti, non so cosa vuoi, ma ho una ragazza

Si morse la lingua e alzò lo sguardo, aprendo la bocca sbigottito. Diego stava salendo le scale, facendosi largo tra i vari ragazzi.

Corrado scrisse perentorio Mi dispiace, ciao e cancellò la chat, non prima che lei rispondesse con un'emoticon triste. Poi eliminò le chiamate dal registro e incrociò le braccia sulla panca, fingendo uno sbadiglio. "Hai risolto?"

"Sì" spiegò l'amico dopo essersi accomodato. "Mi ha proposto di comprare un libro uscito quest'anno. Ora me lo segno..." e prese il cellulare.

Lui sollevò la schiena, teso. Quando Diego afferrò il telefonino, Corrado si rese conto di ciò che aveva fatto e serrò le labbra. Quella ragazza avrebbe potuto riprendere subito il discorso o farlo quella sera, non era detto che quell'emoticon fosse stata l'ultima traccia della sua presenza nelle loro vite.

Si chiese se fosse stato chiaro nell'esprimerle l'intenzione di non rivederla, poi sentì il telefonino dell'amico vibrare.

Si portò una mano alla fronte, la mente come un mare confuso nel quale afferrare le prime parole disponibili per fornire una spiegazione plausibile. Ammesso che esistesse una motivazione sensata.

Diego aprì quella notifica: WhatsApp, una chat dell'università. Si girò verso di lui. "Hai visto chi..." e s'interruppe davanti al volto cadaverico di Corrado. "Stai bene?"

Il ragazzo, con le pupille dilatate e le labbra tremanti, si alzò. "Certo, vado... in bagno. Mi lasci passare?"

Diego si drizzò. "La lezione comincia adesso..."

"Pazienza."

Mentre tutti erano seduti, nell'aula echeggiarono i passi svelti di Corrado, ansioso di uscire. Non riusciva a parlare con Diego dopo ciò che gli aveva fatto.

Scese velocemente le scale, percorse un piccolo tratto con i pugni chiusi e poi salì un'altra rampa per arrivare all'uscita: finalmente la libertà. Chiuse la porta e tolse gli occhiali, bagnati dalle lacrime. Il corridoio era deserto, le luci al neon come uniche testimoni del suo tormento. Voleva raggiungere la terrazza, ma le gambe molli si arresero quando oltrepassò una colonna, alla quale si appiccicò lasciandosi cadere a terra. Il battito forte del cuore corrispondeva alla frequenza di testate che voleva dare contro quel pilastro, consapevole che l'amicizia con Diego non sarebbe stata la stessa.

"Pensavo ti fossi dimenticata di me" spiegò Germana dopo aver invitato Elettra a entrare in salone.

La donna abbozzò un sorriso. "Dai, in fondo non ci vediamo solo da tre settimane."

"Una volta non passava giorno che non ci vedessimo."

"Una volta" replicò Elettra ammirando i giochi di luce del lampadario sul soffitto, "eravamo costrette a vederci quotidianamente."

Germana si strofinò le mani. "La solita acqua naturale fuori frigo?"

Elettra strinse le borchie della borsa. "No, un whisky con ghiaccio."

Germana allargò le labbra rosse e carnose. "Wow! Non ne beviamo uno insieme da quando?"

Elettra sospirò, a disagio. "Da quando è mancato mio marito?"

Il volto sorridente di Germana si scurì. "Scusami... Prendo il whisky, fai come fossi a casa tua."

Elettra si sedette vicino a un tavolo di cristallo, che poggiava su una base di gambe incrociate a forma di stella, e ammirò il caminetto a parete composto da una finitura in rovere. Poi lo sguardo cadde sul muro che separava le due portefinestre, in particolare su un quadro raffigurante Germana e il marito da novelli sposi. Sentì una morsa al petto per tutto quello che avevano passato.

I tacchi di Germana la riportarono alla realtà. "Il ghiaccio è finito" e poggiò sul tavolo i due whisky.

Elettra sorrise. "Come mai questa svista?" e notò dei panni ammucchiati in un angolo. "La tua domestica non è tornata?"

Germana afferrò un bicchiere. "No, l'ho licenziata. Cin cin."

Elettra brindò. "Perché? Mi pare che sua mamma non stesse bene..."

"Sta ancora male. Ma non posso aspettare i suoi porci comodi, ho bisogno di una domestica. L'altro giorno sono venute alcune dell'agenzia, ma non mi hanno convinto: o erano imprecise o chiacchieravano come comari."

Elettra sorrise per come aveva parlato delle sfortunate capitate sotto i suoi artigli. Germana aveva la capacità di dire cose taglienti con la leggerezza di una ballerina di danza classica. Doveva sempre avere i capelli ordinati, il trucco perfetto e un vestito che facesse risaltare le forme pronunciate.

"Non gradisci il whisky senza ghiaccio?" domandò Germana, vedendola sovrappensiero.

"No, va bene così."

"Dicevo... Mi fido di poche persone nella mia vita... anzi, solo di te. Conosci qualcuno che potrebbe riordinare questo porcile?"

Elettra alzò il mento. "Ma quale porcile, brilla tutto come uno specchio! Non vedo un filo di polvere, stare senza domestica ti fa bene."

"Dovrò pur sfogare la mia solitudine" replicò con una profondità che colpì Elettra. "E poi non so usare la lavatrice, penso sia stata inventata dal demonio. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti."

L'amica iniziò a bere. "Se mi viene in mente qualcuno, te lo dico."

Germana alzò un dito smaltato. "Dev'essere qualcuno di fiducia e discreto. Pensa che una, dopo un quarto d'ora, mi ha chiesto se fossi vedova. Impicciona!"

"Facevamo di peggio."

"Ma sempre con classe. Quella era così rozza che sembrava vivere sotto i ponti del Po. Che tornasse da dove veniva!"

"A proposito di tornare alle origini..."

Germana posò il bicchiere sul tavolo. "Sogni ancora di diventare modella? Sarà difficile, vista l'età."

Elettra alzò gli occhi al soffitto. "Si tratta di Oscar."

"Ci sono novità?"

Elettra appoggiò i gomiti sul tavolo. "Sì, non sono belle." Abbassò il capo. "Francesco ha trovato il numero di Viviana, l'ho chiamata e mi ha detto che Oscar... non c'è più." Le tremò un braccio e Germana si allungò per accarezzarlo. "Non mi ha detto che non c'è più. Mi ha detto... che è nella tomba. L'ha detto con una freddezza che... io..."

Germana strinse l'amica in un forte abbraccio e poi si staccò. "Tuo fratello aveva un pessimo gusto in fatto di donne, te l'ho sempre detto."

Elettra cercò un fazzoletto nella borsa. "Già, ma mi è sembrato tutto così strano... Poco tempo fa Viviana ha detto a Francesco che Oscar l'ha lasciata per un'altra donna ed è partito, poi io la chiamo e lei mi parla di questo?" Si soffiò il naso e nascose il fazzoletto nella tasca dei jeans. "Se mio fratello è mancato, perché non mi ha avvisata?" Si mise le mani sul volto. "È assurdo."

Germana si accomodò davanti a lei. "E come ha reagito Perla? Era molto legata a Oscar..."

Elettra si asciugò una lacrima. "L'ha presa male, ma lei e Riccardo sono convinti che Oscar sia vivo. È da giorni che ne parliamo... Secondo loro dovrei chiedere a Francesco di indagare, oppure dovrei andare in Sardegna per saperne di più o al massimo visitare la sua tomba."

"E cosa farai?"

Elettra bevve l'ennesimo sorso. "Non so, per questo sono qui. Devo ordinare i pensieri... e questo whisky può aiutarmi."

"Non sei certa di volerlo cercare..."

Elettra sospirò. "Preparare il matrimonio è stato stancante, affrontare l'annullamento pure. Poi il lavoro, la casa, Perla incinta e Mirko combinaguai... Non ho la forza di riaprire vecchie ferite..." Iniziò a gesticolare. "Oscar è uscito dalla mia vita quando ha lasciato Torino."

"Ma volevi invitarlo al matrimonio..."

"E mi è andata male. Di recente è tutto un disastro... Cosa dovrei fare?"

Germana incrociò le braccia sotto al seno. "Devi pensare al tuo rapporto con Oscar."

"L'ho fatto" rispose subito. "Mi ha mentito su una cosa importante come Lavanda. Da piccoli passavamo giornate a guardare sognanti i nostri genitori lavorare. Poi la vita mi ha portato su un'altra strada, ma il pensiero è sempre stato a quella cucina deliziosa." Terminò di bere il drink. "Durante quel periodo inspiravo l'aria e m'illudevo di sentire il profumo della pasticceria, invece dell'odore di piscio."

"Ma Oscar è stato l'unico ad accoglierti quando sei tornata. I tuoi genitori non volevano che entrassi, è stato lui a convincerli. È il tuo fratello maggiore, Elettra. La sua unica colpa è stata di essersi innamorato della donna sbagliata." Dopo una breve pausa, terminò sarcastica: "Con me si sarebbe divertito di più."

Elettra sorrise e si passò una mano tra i capelli. "Quindi dovrei cercarlo?"

"Sì, come lui ha fatto con te." Elettra inclinò il capo, confusa, e lei spiegò: "Una sera Oscar mi ha confessato che in quei cinque anni ti ha cercata dovunque. A volte non andava nemmeno a lavoro, perché aveva trovato una pista improvvisa. E tuo padre si arrabbiava così tanto che gli teneva il broncio per l'intera settimana."

Elettra abbassò il capo, gli occhi pizzicavano. Le parole dell'amica avevano aperto dei punti del suo cuore che credeva chiusi per sempre. "Perché non me l'ha mai detto?"

Germana increspò le labbra. "Era burbero come suo padre."

Elettra guardò distrattamente il panorama della collina oltre le portefinestre: era calato il sole e gli edifici più alti di Torino erano coperti da un velo scuro ammantato di stelle. "Quindi dovrei chiedere a Francesco d'indagare?"

"No" rispose con tono ovvio. "Devi andarci di persona."

Elettra strabuzzò gli occhi. "Scherzi?"

Germana le afferrò una mano. "Adesso sappiamo solo che Oscar è mancato ed è normale che tu voglia dargli un ultimo saluto. Poi ti sentirai a posto con la coscienza."

Elettra prese il bicchiere per controllare se fosse rimasto del whisky, invano. "Già, ma dovrei chiedere a Viviana dov'è sepolto. Secondo Francesco lei gestisce una pasticceria, potrei affrontarla di persona visto che al telefono non risponde. Se fa resistenza, chiederò al comune." Stavolta fu lei a stringere la mano dell'amica. "Hai ragione, dopo sarò a posto con la coscienza."

"È l'atteggiamento giusto! Quando parti?"

Elettra alzò le spalle. "Devo parlarne con Perla e Riccardo... E poi organizzare il viaggio e sistemare il lavoro, non partirò domani."

"Dove si trova la pasticceria di Viviana?"

"A Olbia."

Germana sorrise. "Era destino."

"Cosa?"

"Mio marito è sardo, avevamo comprato una seconda casa a Telti, quindici chilometri da Olbia. Se vuoi..."

Elettra scosse la testa. "Non posso accettare."

"Pensaci, chissà quanto starai via."

"Il meno possibile. Devo solo cercare la sua... hai capito."

Germana finì il drink. "Come preferisci, ma l'offerta è sempre valida."

Passarono il resto del tempo a chiacchierare, insieme ad altri due whisky, e poi Elettra si preparò per lasciare l'abitazione.

"Sicura di riuscire a guidare?" domandò Germana sistemandosi i boccoli biondi dietro la schiena.

"Certo, reggo bene l'alcol!"

Attraversarono il piccolo corridoio che le separava dall'uscita ed Elettra scese le scale esterne per raggiungere l'auto, posteggiata vicino a un lampione acceso.

"Pensa a ciò che abbiamo detto!" esclamò Germana dall'uscio.

Elettra le scoccò un bacio, entrò in macchina e dopo qualche minuto uscì dal cancello.

Germana incurvò le spalle, stringendosi nella sua tuta verde scuro con cintura e maniche a lanterna. Chiuse la porta, rientrò nel salone e prese i bicchieri per portarli in cucina. Poi tornò in soggiorno, accaldata, e tirò giù la serranda delle portefinestre.

Cessato quel rumore, restò immobilizzata; una mano sul pulsante e le orecchie che ascoltavano un suono lontano. Sembrava che qualcuno piangesse. Arrivò al centro del salone, quella familiare nenia le solleticava l'anima. Era un pianto rassegnato, le lacrime di chi era consapevole della propria condizione.

Il pianto diventò più vicino e i taglienti occhi neri si soffermarono sul corridoio che portava in cucina, come se sapesse che qualcuno stava per arrivare. Come se avesse già vissuto quel momento e lo stesse rivivendo.

Dal corridoio spuntò un visino spento, gli occhi vitrei di chi conviveva col dolore. Le braccia gracili che fingevano di cullare un neonato e quelle lacrime di sottofondo che le impedivano di correre ad abbracciare la bambina, circondata da una luce bianca accecante.

La bimba, concentrata in quell'atto di accudimento, passò in salone e attraversò la serranda come un fantasma. Quel pianto familiare si tramutò in una risata bambinesca. Una risata innocente, che però le provocò la pelle d'oca.

I portici di via Po brulicavano di turisti, lavoratori e studenti in quel martedì pomeriggio. Corrado camminava svelto, una mano sulla borsa a tracolla e l'altra nella tasca a marsupio della felpa scura. Dopo uno slalom infinito tra le persone, attraversò le strisce pedonali e distinse la sua macchina parcheggiata. La raggiunse e guardò a destra e sinistra, chiedendosi dove fosse Perla. Poi si girò e la vide mentre si staccava da una colonna.

Lui indicò l'auto. "Sali."

La ragazza rimase colpita dal tono autoritario. "Sali" ripeté entrando nel mezzo. "Oggi siamo di cattivo umore?"

Lui si mise la cintura di sicurezza. "Cosa te lo fa pensare?"

Lei appoggiò la borsa a tracolla sulle gambe. "La tua freddezza? Metterti abiti scuri ti rende triste." Poi gli scompigliò i capelli biondi. "Sei così sexy con questo outfit che puoi anche sorridere, eh."

"Lasciami" disse tra i denti, per poi accendere il motore.

Perla alzò le mani. "Okay, oggi non sei dell'umore giusto..." e assottigliò gli occhi. "O forse preferivi accompagnare a casa Diego?"

Corrado le lanciò un'occhiataccia. "La pianti? Se continui, torni a casa da sola."

Lei sorrise, poi si rese conto che non scherzava e si accomodò meglio sul sedile. "Giornata storta."

L'auto uscì dal parcheggio e si avviò lungo una strada piena d'insegne sgargianti.

Corrado strinse il volante, teso: pensava soltanto a quello che aveva fatto il giorno prima. Diego non se n'era accorto e Nanà non l'aveva più cercato, ma lui stava male. Aveva frainteso tutto: le pacche sulle spalle, gli occhiolini, le battute ambigue, i complimenti.

"Vuoi continuare a stare zitto? Allora fammi accendere la radio" propose Perla, arrivati al semaforo.

"Accendi."

Perla inarcò un sopracciglio. "Non mi fai mai accendere la radio" e notò il suo volto cadaverico. "O stai per morire o hai messo troppo cerone per coprire i brufoli."

"Hai ragione, sto per morire." Il semaforo scattò e l'auto partì. "E il mio assassino sarà Diego Balti, perché quando lo scoprirà mi ucciderà."

Lei tolse il braccio appoggiato allo sportello, preoccupata. "Spiegati meglio."

"Hai presente Nanà?" Seguì un istante di silenzio. "La tipa che Diego ha conosciuto in discoteca."

"Ah, sì. Ricordo, il giorno dopo ci hai fatto una testa così su quello che è successo." Spostò lo sguardo sulla strada. "Non devi colpevolizzarti, non potevi sapere che Diego avrebbe voluto avvicinarsi a loro."

"Non è questo... Ieri è successo altro."

"Cioè?"

Corrado sorpassò una macchina. Doveva parlare della sua rabbia, altrimenti avrebbe continuato a tirarsi i capelli e a tagliuzzare i fogli della sua camera come valvola di sfogo. "Beh..." iniziò, per poi raccontarle tutto nei dettagli.

Lo guardò, perplessa. "Tu che cosa hai fatto?"

"Quello che hai sentito."

Perla si toccò le meningi. "Ieri mattina hai lasciato il cervello sul comodino? Ma come cazzo ti è venuto in mente?"

Lui alzò una mano. "Non accetto la morale da parte di una che potrebbe essere incinta del patrigno e mente a tutti per vigliaccheria. Risparmia il fiato."

Lei s'impuntò, seria: "Non posso dire che hai fatto una cazzata? Avresti dovuto aspettare Diego. La sincerità ripaga sempre."

"Questo consiglio lo accetto dai miei o da Ingrid... da te no."

"Okay, non sono la portavoce della verità, ma la mia è una situazione delicata. Tu fai ancora in tempo a fermarti."

"Fermarmi? Quella non è la ragazza giusta per lui."

"Da quando fai l'indovino?" lo stuzzicò, scocciata. "Quel ragazzo è un'ossessione!" Poi gli tirò la felpa. "Prima di conoscerlo non avresti mai indossato un indumento così scuro, al massimo blu o grigio. Nero no, tu lo odi!"

"Zitta, prima che odi anche te" sibilò lui calcando ogni lettera. Era quasi arrivato al punto di farla uscire dall'auto.

Perla incrociò le braccia sotto al seno. "Stiamo esagerando." Si spettinò i capelli lisci. "Non avrei dovuto giudicarti, ma ammetti che hai un problema."

Arrivati a un altro semaforo, Corrado appoggiò la schiena sul sedile. "Sei tu quella che ha un problema, si chiama Fiammetta."

Perla socchiuse le palpebre. "Che c'entra adesso? Non cambiare argomento, sai che non attacca."

Appena possibile, il ragazzo girò a destra infilandosi in un intrico di stradine. "Sono serio." Sospirò e deglutì. "Non ti ho detto che quella sera in discoteca ho visto Fiammetta."

Lei allargò le braccia. "Quindi? È libera di andare dove vuole."

"Già, ma c'era un ragazzo con lei."

Perla si girò verso il finestrino. "È libera di uscire con chi vuole."

"È questo il punto..." Si allentò la cintura che lo soffocava e le raccontò ciò che ricordava.

Perla torturò il laccio della borsa a tracolla. "Non significa nulla. Quel ragazzo può essere chiunque..."

"Però è tutto strano... Non m'intendo di automobili, ma quell'auto doveva costare caro. E poi ha usato i suoi genitori come minaccia per convincere Fiammetta a seguirlo."

Perla lasciò la borsa a tracolla. "Continua a non significare nulla." Si guardò le unghie. "Di tutto questo, mi colpisce l'ottimo ascendente di Fiammetta sulla madre di Guglielmo. Una volta, dopo essere stata a cena con lui e i genitori, ho pianto perché lei mi aveva umiliata. Sembrava disprezzo, come se non fossi degna di lui... E Fiammetta sì. Cos'ha che non ho?"

"Un'orrenda pettinatura. Quel blu elettrico la invecchia" pensò ad alta voce Corrado.

Lei mise una mano sul mento. "La chiave sta in quei capelli. Angelica è troppo tradizionalista. Se mi fossi presentata con quell'acconciatura, mi avrebbe defenestrata. A meno che..." Gli occhi verdi di Perla scintillarono. "Ho un piano."

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate? 

Si tratta di un capitolo ricco di eventi: Corrado che si mette nei guai, Elettra che decide di andare dal fratello, Germana che sembra tormentata da qualcosa e infine Perla che ha un piano per scoprire se Fiammetta nasconde qualcosa. Come proseguiranno le diverse vicende secondo voi?

Spero che la storia continui ad appassionarvi, mi farebbe molto piacere leggere i vostri pareri. 

Ci vediamo venerdì con un nuovo capitolo!

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