21 - Voglio tenderti una mano
"Allora?" sbraitò Perla. "La vipera ha finito il suo veleno?"
Germana schiuse le labbra carnose. "Potrei negare l'evidenza, ma non sono così. Mi piace giocare a carte scoperte."
"Giocare a carte scoperte?" ripeté la giovane con gli occhi strabuzzati. "Hai messo una microspia nella mia camera e osi definirlo un gioco?" Si toccò il petto. "Sai cosa ho provato quando ho capito che qualcuno mi stava spiando? Mi mancava l'aria..."
"Troppo melodrammatica" la interruppe Germana, fredda. "L'ho sempre odiato di te."
"Allora ammetti che non ti sono mai piaciuta" osservò Perla, che gesticolava per dare enfasi alle parole. "Mi critichi sempre. Quando mamma mi loda, minimizzi. Quando mi bacchetta, rincari la dose. Che ho fatto di male?"
Germana pose le mani in avanti per allontanare quelle sciocchezze. "Perché dovrei farlo? Non ho tempo da perdere con te."
Sparì in cucina e Perla fu sul punto di strapparsi i capelli dal nervoso. Batté un piede sul pavimento in legno massello e aspettò il suo ritorno, che avvenne con quel fascicolo in mano.
"Non andrai da nessuna parte" le disse ponendosi davanti a lei. "Non uscirai finché non mi spiegherai perché hai messo quella microspia."
"Ti ricordo che è casa mia, sei tu l'ospite..."
"E questo ospite desidera sapere la verità" la affrontò, dura, la fronte corrugata.
Germana lasciò il fascicolo sul tavolo. "Cosa vuoi sapere?"
Perla spalancò gli occhi. Scherzava? Di cosa avevano parlato fino a quel momento? "Il motivo per cui hai deciso di spiarmi."
Germana sghignazzò, i denti bianchissimi. "Sarà divertente." Mise le mani dietro la schiena e si avviò verso una portafinestra. "L'anno scorso, verso novembre, ho ricevuto una telefonata da tua mamma. Mi ha chiesto di andare a prendere Mirko a scuola calcio. Ho guidato fin là e intanto borbottavo, perché non potevo credere che mi avesse scambiata per una babysitter, ma sono arrivata e..." Si voltò verso Perla, le labbra sigillate in un sorriso malizioso. "Ho visto una scena che è valsa il tempo perso dietro a quel moccioso." La ragazza rimase immobile. Immaginava di cosa stesse parlando, ma sperava che non fosse quello. "Mentre salivo in macchina dopo aver preso Mirko, ti ho vista mentre limonavi un uomo vicino a un'auto. Alto, spalle larghe, cappellino rosso. Non sapevo ancora chi era, ma ricordo di aver pensato che avevi fatto una bella conquista. E pensare che Elettra ti aveva trovato un buon partito..."
Perla strinse le mani a pugno. "E perché non l'hai detto a mamma? Conosci Guglielmo, perché non hai detto nulla a mamma o a lui?"
"Mica sono scema" rispose lei facendo spallucce. "Erano affari che non mi riguardavano. Ho pensato lo stesso quando tua mamma mi ha presentato Riccardo e l'ho ricollegato subito all'uomo che avevi baciato, il cappellino rosso ne era la prova." Fece un'altra risata, più sguaiata. "Dovevi essere proprio cotta per baciarlo dove tutti potevano vederti, incluso Mirko."
Perla fece una smorfia di disprezzo. Non doveva attaccarla o sarebbe passata dalla parte del torto. Quella donna cercava solo di sviare il discorso.
"Hai perso la lingua o il compagno di tua mamma te l'ha consumata tutta?" domandò Germana notando che la ragazza non aveva una reazione visibile.
Perla riempì le guance di aria e deglutì le parolacce che avrebbe voluto rivolgerle. "Vai dritta al punto" le consigliò prima di avanzare verso di lei. "Aspetta, non hai detto nulla a mamma su Riccardo? Capisco che non volevi impicciarti, ma è la tua migliore amica, perché non le hai parlato dei tuoi sospetti?"
"Non erano fatti miei" spiegò in modo cristallino la donna. "Prima che conoscessi Riccardo, sentivo come Elettra parlava di lui... Aveva una luce negli occhi che non le vedevo da tempo... da quando aveva conosciuto tuo papà."
"Non osare nominarlo" affermò Perla continuando a stringere le mani a pugno. "E poi, cos'è successo?"
"Domenica" cominciò, ritornando ai fatti recenti, "sei svenuta in chiesa, hai vomitato... E dentro di me si è insinuato un sospetto. Sai quando vedi una cosa e pensi che dietro ci sia dell'altro? Riccardo è stato il primo a soccorrerti, in quei momenti ti è stato vicino come neanche Elettra faceva, troppo impegnata a scusarsi con gli invitati."
"Era scioccata, non è vero che non si è presa cura di me. Bell'amica che sei a parlare di lei così."
"Certo, come no" continuò Germana con tono monocorde. Gonfiò il petto e ritornò a guardare verso la portafinestra, il viso che tradiva il fastidio per l'interruzione. "Sapevo che c'era qualcosa che non quadrava, chiamiamolo sesto senso femminile, quello che Elettra non ha, e ho chiamato una vecchia conoscenza per chiederle un favore."
"La vecchia conoscenza è Francesco Calvi e il favore... una microspia?"
"Quando ho ricevuto quell'affare, sono andata a casa tua e ho agito" spiegò Germana con un sorriso orgoglioso, contornato dagli zigomi rifatti.
Perla ritirò le mani nella felpa. Nulla di quello che diceva Germana aveva un senso. Cercava di mantenere un'espressione neutra, ma desiderava urlarle tutto il suo odio. Aveva sempre pensato che fosse poco empatica, ma non che fosse subdola. "Se io non avessi scoperto la microspia, cos'avresti fatto delle informazioni di questi giorni?" Tolse le mani dalle tasche e ne portò una al ventre. "Hai scoperto che sono incinta e che tra me e Riccardo c'è stato più di un bacio. Perché non hai detto nulla a mamma?" Prima che Germana rispondesse, l'anticipò: "Fammi indovinare. Non volevi che lo scoprisse per paura della sua reazione?" Allargò le braccia, stanca di quelle spiegazioni che avevano la consistenza della pasta frolla. "E allora perché hai contattato qualcuno per spiare i nostri movimenti e hai messo una microspia nella mia stanza se non per fare in modo che mamma scoprisse tutto? Perché l'hai fatto?" Non si sarebbe accontentata della solita scusa.
"Perla, Perla, Perla" la apostrofò la donna, annoiata. Alzò l'indice, il rosso dello smalto intonato con le labbra. "Mi duole correggerti" continuò con una vocina fastidiosa. "È stata Elettra a contattarlo per una questione, io gli ho solo chiesto di seguirvi al mare. Sospettavo che tra te e Riccardo ci fosse ancora qualcosa e sapevo che quella gita avrebbe fatto rinascere la scintilla. Si sa che una volta assaggiato un salsicciotto come quello..." e diede un colpo d'anca alla sua destra. "Continuo?"
Perla era rossa come un peperone. Non per l'imbarazzo, ma per la collera. Come si permetteva quella sgualdrina d'alto bordo di ridurre il legame tra lei e Riccardo al solo sesso? Non tollerava quel tono moralistico. Perla umettò le labbra più volte prima di continuare. "Perché mamma ha contattato quell'investigatore privato?"
Germana dovette trattenersi dal ridere. "Non è un investigatore privato, è solo un disoccupato che ha gli agganci giusti. Gli servivano dei soldi facili e voilà. Ho fatto male a fidarmi di lui, visto che mi ha tradito ricattando Riccardo. Non l'avrei mai saputo se non avessi spiato le telefonate e le conversazioni nella tua stanza" e scoppiò in una fragorosa risata. "È stato così scemo che ha parlato con Riccardo senza impostare la chiamata anonima. O era fatto o voleva farsi scoprire. Paperino sarebbe più scaltro di lui" e alzò le mani. "Ha la fortuna di avere gli agganci giusti, è la persona che serviva per Elettra."
Perla sentì contorcersi nello stomaco il fastidio che provava verso quella donna. Sembrava che Germana godesse nel farla stare sulle spine.
"Te lo chiedo per l'ultima volta" replicò Perla, disorientata. Non sapeva nemmeno lei come faceva a non scoppiare in una crisi isterica. "Cos'ha chiesto mamma a Francesco?"
"Perla, Perla, Perla" cantilenò Germana alzando gli occhi verso il lampadario di cristallo dorato, le cui gocce trasparenti creavano giochi di luce sul soffitto. "Come pretendi che ti risponda se non mi poni le domande giuste?"
"E allora..." cominciò Perla, esausta. Si aggrappò allo schienale della sedia accanto a lei. "Allora quali domande... quali dovrei fare?"
"Una" rispose secca Germana. "Dovresti chiedermi che cosa voglio adesso."
Perla si mise una mano sulla fronte, la testa pesante. "Che cosa vuoi adesso?" Il tono era spento. Ormai aveva soltanto voglia di lasciare quella maledetta villa. Non si era sentita così stanca nemmeno quando aveva sperimentato il test di Cooper in educazione fisica.
Sul viso di Germana comparve un ghigno. La donna mise una mano in avanti con il palmo aperto e la mosse leggermente, per indicare di aspettare. Andò in cucina e tornò poco dopo con una bottiglia di whisky e un bicchiere con ghiaccio. Versò il liquido e poi appoggiò il suo contenitore sul tavolo, vicino a dove aveva bevuto la ragazza.
Perla la guardò per un tempo che sembrava un'eternità. Voleva incalzarla e interrompere quel rituale o la preparazione a qualcosa di sconvolgente, ma era affascinata dall'eleganza dei movimenti. Se solo fosse stata altrettanto elegante con le parole...
Germana ritornò nella posizione di prima, come se stesse recitando un copione, e avvicinò il bicchiere di whisky alle labbra. Con una mano indicò Perla. "Il tuo bambino." Poi sorseggiò la bevanda e lasciò che la freschezza s'insinuasse in gola come il sangue nelle vene. Adrenalina pura.
Dopo aver sentito quelle parole, Perla sbiancò e rinforzò la presa sullo schienale per non cadere. Quella frase era stata uno schiaffo in pieno viso. Aprì e chiuse più volte gli occhi, non ricordandosi la domanda posta da lei stessa, e poi...
"Che cosa vuoi adesso?"
"Il tuo bambino."
Domanda e risposta si riconcorsero nella mente, fino a trasformarle il volto in un'espressione di puro orrore. La sedia cadde a terra, come le sue sicurezze, e Perla si sfiorò il ventre. Il petto si alzava e si abbassava, gli occhi mai stati così spalancati.
"Non potevo aspettarmi che saltassi di gioia" commentò Germana, il bicchiere a mezz'aria.
"Che cosa... co-cosa... che cosa... co..."
Il cervello di Perla era una stanza quadrata in cui due palle da tennis, domanda e risposta, sbattevano sulle pareti. "Che cosa hai detto?" chiese, il tono acceso. "Ho sentito bene?"
"Benissimo" replicò la donna bevendo un altro sorso. "È la soluzione migliore."
"Sei pazza, dovresti vivere in un ospedale psichiatrico!" commentò Perla toccandosi le meningi. "Non voglio più sentire i tuoi deliri" e si allontanò verso l'ingresso. Attraversò il piccolo corridoio e tentò di aprire la porta, invano. "Fammi uscire!" le urlò ritornando in salotto.
Germana alzò il mento. "Prima dobbiamo parlare."
"Tu non sei normale." Prese il proprio bicchiere e glielo mostrò minacciosamente. "Fammi uscire, altrimenti te lo tiro addosso!"
"Calmati" disse Germana rialzando il whisky. "Forse non lo capisci, ma stiamo dalla stessa parte."
"Preferisco non capirlo" replicò Perla avvicinandosi di un passo. "Non scherzo."
"Nemmeno io." Germana bevve tutto il contenuto del bicchiere. "Verrò al punto. Tengo alle persone che amo... o meglio, all'unica persona che mi è rimasta: Elettra. Morirebbe se scoprisse che sei incinta e che il padre potrebbe essere Riccardo."
"Morirebbe se scoprisse quanto sei falsa."
"Ti ricordi cos'ha fatto quando è morto tuo padre?"
Perla abbassò lo sguardo e il bicchiere. "Sì." Poi rialzò entrambi. "Cosa c'entra?"
"Riccardo ha tradito Elettra, ma... anche tu l'hai tradita. Come reagirebbe se scoprisse tutto? Avrebbe un altro crollo e... la sua mente le fa brutti scherzi, soprattutto quando ci sono figli di mezzo."
Perla chiuse gli occhi, ma non bastò per scacciare quel brutto periodo della vita della madre di anni prima per il quale si sentiva tremendamente in colpa. "Era diverso. Riccardo lo conosce solo da un anno."
"A te invece ti conosce da una vita" le ricordò Germana. "Ti ha tenuta in pancia per nove mesi, c'è sempre stata quando avevi bisogno di lei." Perla fece un lamento, come se Germana l'avesse accoltellata. "Gli errori si pagano, ma a volte bisogna scegliere il male minore" continuò la donna. Prese il bicchiere della ragazza e lo posò sul tavolo. "Questa è una di quelle volte" le sussurrò all'orecchio. La sua voce suadente entrò nella mente di Perla come il canto di una sirena.
"Cos'hai in mente?"
"Voglio tenderti una mano. Mi schifa ciò che hai fatto, ma devo salvaguardare il benessere di Elettra e impedire che scopra del tradimento. Nascondere la gravidanza."
"Come?" Perla aveva sempre pensato che Elettra l'avrebbe scoperta, il corpo non mentiva.
"Non preoccuparti. Per nascondere la gravidanza hai bisogno di un piano e io ne ho uno infallibile. In cambio ti chiedo una cosa..."
"Il mio bambino" completò Perla. Era incredula che stesse avvenendo davvero.
Germana intrecciò le mani. "Anche se il figlio fosse di Guglielmo, l'onta di ciò che hai fatto si specchierà per sempre negli occhi di quella creatura. Concedile una vita serena. Ci sono famiglie che..."
"Basta" la interruppe. "Ho preso la mia decisione."
"Cioè?"
Perla sospirò, la sensazione di smarrimento non le aveva fatto perdere il contatto con la realtà. "Vai al diavolo, tu e la plastica che ti regge in piedi" e indicò la porta. "La conversazione è finita."
Germana sospirò ed estrasse la chiave dalla scollatura, si avvicinò all'ingresso e aprì la porta.
Perla respirò l'aria della collina proveniente dall'esterno e raggiunse in fretta l'ingresso.
Si ritrovarono nello stretto corridoio e Germana alzò un sopracciglio. "Non c'è bisogno di essere scontrosa, la mia offerta è sempre valida." Poi mise le mani dietro la schiena. "Ah, dai un bacio a Elettra da parte mia."
Perla spalancò la bocca, sorpresa dal tono così mellifluo dopo le bordate di fuoco scambiatesi. "Ti auguro di bruciare all'inferno." Gli occhi le si gonfiarono e si costrinse ad andarsene per non piangere davanti alla donna.
Germana mise le braccia conserte e la guardò allontanarsi: Perla sarebbe tornata, come una pecora all'ovile.
Ingrid pedalava sul marciapiede di corso Trapani, i sensi all'erta per evitare le auto che sbucavano dai vialetti. A quell'ora c'erano poche persone, erano le nove del mattino del primo sabato di ottobre e le fermate degli autobus erano vuote. Non vedeva l'ora di arrivare a casa di Corrado per fargli una sorpresa. Peccato che Perla non rispondeva alle chiamate, altrimenti avrebbe coinvolto anche lei.
Dopo aver oltrepassato l'ennesimo vialetto, s'introdusse in una stradina fiancheggiata dai bidoni dell'immondizia e sbucò davanti a un palazzo marrone pastello. Scese dalla bicicletta, la legò a un palo e trotterellò verso la scala dell'amico. Il portone era aperto, un postino era davanti alla buca delle lettere.
"Buongiorno!" lo salutò raggiante e salì i gradini a due a due per raggiungere il piano. Suonò il campanello e si fece aria: forse sarebbe stato meglio conservare energie per la biciclettata. Sentiva già le gambe stanche.
Lui aprì la porta, quasi sbadigliandole addosso, e Ingrid lo salutò con un abbraccio. "Come va?"
"Bene" rispose lui con i capelli arruffati. "Non ti aspettavo."
"Ora ti spiego" disse lei guardandosi attorno. "E i tuoi genitori?"
"Fanno spesa" replicò lui spostandosi verso il divano per infilarsi anche l'altra scarpa.
"Stavi uscendo?"
"Devo andare in uni."
"Hai lezione?" gli chiese, dispiaciuta. Andava in università anche di sabato?
"Già, dalle dieci alle dodici."
Ingrid si mise una mano sul collo, amareggiata. "Ho capito."
"Perché sei venuta?"
"Passavo di qui e ho pensato Fammi andare a trovare il mio biondino preferito."
Corrado sorrise. "Quindi sei qui per caso?"
"E va bene: volevo passare una giornata con te, c'è un decreto legge che me lo vieta?"
"Ancora no" reagì lui con un altro sorriso. "Però puoi andare da Perla."
Ingrid si soffermò su qualcosa che si trovava sul tavolo del soggiorno. "È da ieri sera che non risponde alle chiamate e ai messaggi. Penso voglia stare sola, se ci fossero dei problemi Elettra mi avrebbe avvisata."
Corrado abbassò lo sguardo, la mente corse al volto scuro della ragazza quando l'aveva riaccompagnata a casa dalla villa di Germana. Le aveva chiesto come fosse andata e l'amica aveva detto di non volerne parlare, per poi rivelare che la donna non sapeva niente. Lui aveva spiegato che era impossibile, ma Perla aveva troncato l'argomento. "Ingrid, lasciale spazio, le passerà."
Notò che lei guardava un punto e cercò d'intercettare la traiettoria. "Ah, questo" disse prendendo il regalo sul tavolo. "Prima di andare, voglio portarlo a Viola. Compie gli anni."
"Allora falle gli auguri da parte mia."
"Ma se non vi vedete da anni!" replicò lui all'ingresso sistemandosi i capelli.
"E non ci tengo a cominciare ora, ma magari le farà piacere" rifletté mentre gli passava gli occhiali.
"Dopo che facciamo?" le domandò dopo aver aperto la porta. "Potrei mostrarti Palazzo Nuovo, oggi seguo Storia contemporanea e del giornalismo!"
"Dicono che quella ferraglia cade a pezzi. Non sono fatta per lo studio, finirei per addormentarmi." Si spostò la treccia a lisca di pesce su un lato. "Pranziamo insieme?"
"Ottima idea" concordò lui dandole una pacca sulla spalla. "Aspettami, dopo ci salutiamo. Fai come fossi a casa tua" le spiegò mentre saliva le scale.
La ragazza chiuse la porta dell'appartamento e si stravaccò sul divano, il cellulare in una mano.
Poco dopo Corrado era già tornato. Guardò il display: se n'era andato cinque minuti prima, era stato velocissimo. Lo vide mentre entrava nel salotto, trafelato, per avvicinarsi rapido verso il secrétaire del soggiorno.
"È successo qualcosa?" gli chiese alzandosi.
Lui estrasse delle chiavi. "Boh, non risponde nessuno."
"Magari sono fuori casa." Non capiva perché si agitava tanto.
"Impossibile" replicò lui ritornando all'ingresso dell'appartamento. "La macchina del padre è lì davanti. E poi ieri sera ho mandato un messaggio a Gustavo dicendogli che oggi avrei portato a Viola il mio regalo e volevo sapere se l'avrei trovata." Deglutì e terminò: "Mi ha scritto che sarebbero stati a casa tutto il giorno."
"Tranquillo, ci sarà una spiegazione. E quelle chiavi?"
Lo seguì fuori dall'appartamento e chiuse la porta, visto che lui saliva già le scale. "Papà e Gustavo si conoscono da tempo, d'estate gli bagniamo sempre le piante quando lui e Viola sono via e quindi abbiamo le chiavi dell'appartamento."
Arrivato al quarto piano, Corrado aprì la porta. "Gustavo? Viola? Ci siete?"
Ingrid era rimasta indietro e doveva ancora salire una rampa, una mano sul fianco per la fatica. Giunta sull'uscio, guardò Corrado che entrava nelle stanze e accendeva le luci fino ad arrivare a quella in fondo al corridoio, luogo in cui un urlo agghiacciante gli uscì dalla bocca.
Spazio Sly
Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?
Germana e Perla hanno avuto un acceso confronto, durante il quale la donna le ha fatto una proposta decisamente particolare. Vi è piaciuto il dialogo? Mi sono divertito tantissimo a scriverlo! E infine cosa sarà successo a Viola e al padre?
Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.
Ci vediamo venerdì con un nuovo capitolo!
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