Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

20 - Giù la maschera

"Anche il mio. È da giorni che succede."

Lui sospirò dopo aver trovato l'aula che cercava. "Eccola. Comunque, sì, ti è capitato anche quando abbiamo parlato del piano per aiutare Riccardo."

"E anche quando ho telefonato al ginecologo. Il cellulare ha tre anni, dovrei cambiarlo." Dopo un attimo di silenzio, gli domandò: "Ci sei?"

"Sì. Pensavo a una cosa..."

"Una delle tue idee strampalate?"

"Quella che ha idee strampalate sei tu" ridacchiò lui. "No, sto facendo un ragionamento. Ci hai detto che tua mamma ha il numero di Francesco Calvi, colui che ha contattato Riccardo dicendo di avere le foto."

"Non sappiamo se è la medesima persona. Sappiamo solo che il numero è lo stesso."

"Okay, ma pensaci. Non trovi strano che tua mamma sia comparsa lì quando Riccardo doveva consegnare la valigetta? Tra tutti i negozi di Torino, proprio lì a quell'ora?"

"Coincidenze."

"Troppo comodo, non ci credo. Se era lì, deve esserci un motivo valido."

"È amica della commessa."

Corrado alzò gli occhi al soffitto. "Rovesciamo la prospettiva: non ti sembra strano che quell'uomo abbia dato appuntamento a Riccardo proprio lì, con tutte le piazze di Torino? Non è possibile!"

"Che cosa vuoi dire?" Forse aveva capito il suo ragionamento, ma si rifiutava di crederci.

"E se tua mamma avesse chiesto a questo Francesco Calvi di seguirvi al mare perché aveva dei sospetti? Lui vi ha colto sul fatto e, invece di mostrare le immagini a Elettra, ha pensato bene di ricattare Riccardo per ottenere più soldi di quelli che gli aveva promesso lei."

"Riccardo non è ricco. Netflix ti fa male, la prossima volta guarda un cartone di Peppa Pig."

"Magari quell'uomo ha mostrato le foto a Elettra e lei, per mettervi alla prova, ha organizzato questo finto ricatto. Ecco perché è uscita dal negozio in quel momento: voleva vedere fino a che punto si sarebbe spinto."

"È ufficiale: Netflix ti ha spento qualche neurone. Mamma non si sarebbe mai comportata così. Impazzirebbe, ti assicuro che non sa nulla. Sono sua figlia, me ne accorgerei."

"Scommetto che Elettra dice lo stesso di te."

"Non sei divertente. Piuttosto, dovremmo scoprire qualcosa su Francesco Calvi. Sai come possiamo rintracciare il numero?"

"Ha un profilo Facebook."

"Sì, me l'hai detto" sottolineò lei vedendo delle calze in un angolo. Dovevano esserle cadute quando aveva aperto l'armadio qualche ora prima. "Ci sono solo foto di paesaggi. Hai sbirciato tutto il profilo?"

"No, all'ennesima foto delle mucche al pascolo mi sono leggermente rotto le scatole" rispose lui guardando dalla finestra nel corridoio. Da lì vedeva il cortile interno.

"Controllerò io" disse lei raccogliendo le calze. Aprì l'armadio e risentì quell'interferenza. Buttò le calze in un angolo, ripromettendosi che prima o poi le avrebbe affiancate alle altre, e ritornò vicino all'ingresso della camera. "Credo che al centro della stanza il segnale non prenda bene, lo dirò a mamma."

"Oh, Dior."

"Che hai?"

"Perla... i-io... Visto che c'era di nuovo quell'interferenza ho cercato il profilo e sono arrivato alle prime foto pubblicate."

Lei si ravviò i capelli lisci. "Sputa il rospo!"

"Ho visto che... che Francesco Calvi... o, almeno, l'unico Francesco Calvi residente in Piemonte che ho trovato, ha pubblicato una vecchia foto di classe. Forse le elementari..."

"E questo cosa cazzo c'entra?" domandò lei dopo essersi morsa l'interno della guancia. La curiosità la stava uccidendo.

"Nella foto spicca una bambina... Boccoli biondi, sguardo cattivo... poi ho guardato i like e..."

"Germana? Lui e Germana frequentavano le elementari insieme?"

"Magari sono coincidenze."

"Hai detto che non ci credi."

"Quindi mi ascolti quando parlo."

"Corrado" lo apostrofò lei con piglio deciso. "Quella bambina potrebbe essere Germana?"

Lui sospirò e annuì con un mugolio.

"Non è una coincidenza. Forse... hai ragione."

"Adesso avrei ragione?" replicò lui fingendo di essersi offeso.

"Però..." Si sedette al centro della stanza sulla sedia a forma di cuore. I pensieri viaggiavano alla velocità della luce. "Mamma non si comporterebbe così. Se avesse avuto dei sospetti, avrebbe..." Ancora quell'interferenza, si alzò di scatto. Sollevò la sedia, la spostò all'ingresso della stanza promettendosi che ne avrebbe parlato alla mamma e si accomodò. "Dicevo... se avesse avuto il minimo dubbio, non avrebbe sposato Riccardo. Non sospetta nulla."

"Allora come..." Quel suono ritornò e Perla ebbe l'istinto di lanciare il cellulare contro il muro. Si drizzò con un colpo secco, così violento che la sedia sbatté sul battente. Perla si ritrovò al centro della camera. "Puoi ripetere la domanda?"

"Sì, come spieghi allora la telefonata tra lui ed Elettra? Il numero è lo stesso!"

"Te l'ho detto: il numero era lo stesso, ma non sappiamo se mamma ha parlato con la medesima persona che ha minacciato Riccar..." Si bloccò guardandosi intorno con aria interrogativa.

"Un'altra interferenza? Senti, devo andare."

"Aspetta. Parla, prova... prova a parlare!"

"Ma di quale sostanza ti sei fatta stamattina?"

"Ti sento!" Provò a muoversi lungo il centro della camera. "Ti sento, non c'è l'interferenza."

"Bene, ma ora ho lezione."

"Scusami, non volevo trattenerti" commentò lei riaccomodandosi sulla sedia. Seguirono istanti di silenzio, poi quel suono metallico. Si drizzò e lanciò uno sguardo circospetto intorno, per poi guardare la sedia come un oggetto sconosciuto. "Corrado, ci sei?"

"Sì, che c'è?"

"Rimani in linea."

Posò il cellulare sul letto e si chinò, diede un'occhiata alle spine e poi si alzò. Gli occhi verdi finirono su quella sedia, un oggetto che anni prima aveva visto in un negozio e di cui si era innamorata subito. Ora quella seduta le faceva paura.

Mirko mi ha fatto uno scherzo di pessimo gusto. Ribaltò la sedia incastrando le gambe di legno verso il bacino e controllò l'imbottitura sotto la seduta. La poggiò a terra, mantenendola in quella posizione, e passò un dito tremante sulla superficie: vi era un taglietto nell'imbottitura, in uno degli angoli. La salivazione azzerata, il sudore le scendeva dalla fronte come se avesse appena fatto una doccia bollente. Allargò il taglio, tastò all'interno con quel dito e toccò un oggetto ruvido non identificabile. Sospirò e serrò le labbra. Infilò un altro dito nell'imbottitura e toccò due lati di quell'oggetto. Con una stretta decisa lo sfilò e si ritrovò in mano un piccolo apparecchio quadrato, il nero pece contrastava con la luce dalla finestra.

"Oddio!" L'oggetto le sfuggì e rimbalzò sull'imbottitura, per finire sul pavimento. "Corrado, mi senti?" gli disse.

"Sì, posso andare?"

"N-no... no, mi... mi devi aiutare." Si sedette sul letto, il cuore galoppante.

"Come? Ne discutiamo dopo. Ora ho lezione."

"Mi stanno spiando" spiegò Perla con voce monocorde. L'oggetto giaceva vicino alla sedia, una macchia nera sul pavimento grigio.

"Stai scherzando?"

Il cuore di Perla continuava a battere con sempre maggior intensità, il petto si alzava e si abbassava freneticamente come se avesse vita propria. Quell'apparecchio nascosto nell'imbottitura della sedia. Qualcuno la stava spiando. Qualcuno teneva sotto controllo le sue telefonate, la sua vita. Qualcuno poteva aver scoperto tutti i suoi segreti.

"Corrado. Ho paura, che sta succedendo?"

Lui rimase a bocca aperta. La professoressa aveva chiuso le porte dell'aula, la lezione stava per iniziare. Il ragazzo si allontanò e percorse quel lungo corridoio. "Mi spieghi con calma? Non capisco niente!"

"H-ho guardato sotto la sedia e ho tro-tro-trovato una cosa strana nella... Oh, che sta succedendo?"

Corrado, giunto vicino ai bagni, corrugò la fronte. La sua amica non scherzava, il tono era troppo concitato. "Hai trovato una microspia sotto la sedia?"

Perla, che si era spostata all'ingresso della stanza e guardava quell'oggetto come fosse caduto dal soffitto, rispose: "Non lo so, ho paura... Devo chiamare mamma."

"No!" Quella parola risuonò nell'ambiente e fece voltare alcuni ragazzi che chiacchieravano accanto ai bagni. "Sicura? Se fosse stata lei stessa a metterla?"

"Sei impazzito? Che motivo avrebbe?"

"Magari è preoccupata per te per quello che è successo domenica e ti ha messa sotto controllo."

Perla scosse la testa. "Basta, okay? Mamma affronterebbe di petto la situazione. E poi dove l'avrebbe comprata 'sta microspia?"

In quel momento realizzò davvero che quella macchia nera fosse una cimice e camminò lungo il corridoio per poi chiudersi nella camera di Mirko.

"E se gliel'avesse passata Francesco? Il mio ragionamento fila." Sospirò, mentre si spostava verso la finestra ampia. Da lì poteva vedere il terrazzo sottostante. "Elettra ha dei sospetti su te e Riccardo e Germana le ha proposto di assumere un investigatore, consigliandole un vecchio conoscente. 'Sto tipo vi ha fotografato in spiaggia e, invece di consegnare le immagini a tua mamma, ha ricattato Riccardo per soldi. Elettra l'ha scoperto intercettando la nostra telefonata e si è presentata di persona per coglierlo sul fatto. Ecco spiegato il motivo per cui quello schifoso individuo si è ritirato all'ultimo con la scusa degli ordini dall'alto."

Corrado, fiero come se avesse capito in anticipo la fine di una serie tv, si appoggiò al davanzale dell'ampia finestra.

Perla scosse la testa con maggiore decisione. "Troppe cose non quadrerebbero. Significa che... saprebbe anche della mia gravidanza... e poi lei dovrebbe tenere un registro per ascoltare le conversazioni. Mamma odia gli audio, secondo te organizza 'sto cinema? E poi se avesse scoperto della mia gravidanza sarebbe corsa da me, non avrebbe continuato il piano."

"Allora chi è stato? Lo Spirito Santo? Chi ha interesse a spiare le tue conversazioni?"

"Qualcuno che vuole trovare qualcosa contro di me" rifletté lei. Si sedette sul letto di Mirko e guardò di sfuggita la sveglia a forma di palla sul comodino.

"Perla, avete avuto ospiti in questi giorni? Chi poteva entrare in camera tua?"

"Beh... Mamma, Mirko e Riccardo... il quale però non avrebbe motivo di spiarmi. E se avesse scoperto della mia gravidanza, mi avrebbe affrontata. No, si tratta di qualcuno interessato che la cosa rimanga riservata."

"E se non fosse una microspia? Magari l'hanno dimenticato quando hanno fabbricato la sedia."

"E l'interferenza? Quella è una microspia. Sono lontani i tempi in cui scambiavo le foglie sul balcone per cavallette." Si alzò lentamente e si sgranchì le gambe camminando per la stanza.

Il guardaroba, dal lato opposto rispetto al letto, era tappezzato di foto di Mirko a calcio. Ce n'era anche una in braccio a un giocatore di Serie A. L'attenzione si spostò sullo specchio alla parete e sul seno. Si girò di profilo, il seno era più prosperoso rispetto a quando si era rimirata l'ultima volta. Quel pensiero le sbloccò qualcosa nel cervello, come se nel mare di ricordi ce ne fosse uno che le sfuggiva. Si toccò il collo, nervosa, e poi... "Germana!" L'aveva urlato, facendo sobbalzare Corrado.

"Germana?"

"Sì, è stata qui domenica... l'ho vista. Prima di andarmene con Ingrid faceva battute sul mancato matrimonio. Sai com'è."

"Quindi quel verme di Germy ha nascosto una microspia nella tua stanza?"

"Ne sono certa." Quell'arpia aveva commentato la prosperità del suo seno, forse senza la battuta non se ne sarebbe ricordata. "Non so se è venuta quassù o è rimasta sotto. Potrei chiederlo a mamma, ma s'insospettirebbe."

"Quindi? Siamo al punto di partenza. Prima o poi dovremo fare una mossa. Potresti parlare a Elettra dei tuoi sospetti."

"Non voglio incolpare una persona senza prove" commentò Perla allontanandosi dallo specchio. "E non voglio farla preoccupare prima del previsto. Devo andare fino in fondo a questa faccenda e c'è solo un modo."

Corrado restò in attesa. Da una parte voleva incalzarla e dall'altra aveva paura che la risposta l'avrebbe impensierito ancora di più. "Quale?"

"Parlarle. Non so se sarebbe capace di fare una cosa simile. È antipatica e non abbiamo mai avuto un rapporto idilliaco, ma non per questo dev'essere una criminale. È la migliore amica di mia mamma, in fondo."

"In fondo" ripeté lui. "Molto in fondo. Roba che in confronto la Fossa delle Marianne è un ruscello d'acqua dolce." Si aspettava che l'amica ridesse a quella battuta, ma il silenzio restituì altro silenzio. "Sicura di quello che vuoi fare? Non è meglio riflettere bene?"

"Sì, hai ragione. Facciamo così: adesso vai a lezione, poi mi accompagni da lei."

Il ragazzo si allontanò dal davanzale. "I-io? Cosa c'entro?" Non si aspettava che gli desse ordini come fosse un soldatino.

"Dovresti solo accompagnarmi. Oppure vado da sola, ma arriverei col fiatone. Con tutte quelle salite lungo la collina, avrei solo il coraggio di chiederle da bere."

"Okay" si arrese lui rientrando nel corridoio verso la sua aula. "Ti accompagnerò, a dopo." Chiuse la telefonata, sospirò e si massaggiò la fronte incredulo. Faticava ancora a realizzare quello che era successo, si chiese quanto aveva senso seguire una lezione di cui avrebbe capito poco.

Perla si tolse la cintura di sicurezza. "Dai, vado."

"Sicura di quello che stai per fare? Potrebbe essere pericoloso."

"Pericoloso?" ripeté lei guardando l'ora sul cruscotto, quasi l'una. "È la migliore amica di mamma. Non mi farebbe mai qualcosa di male, non le conviene."

"Però questo non le impedisce di spiarti..." aggiunse lui guardando al di là del cancello.

"Sì, come dici tu." Perla aprì lo sportello e sentì l'amico augurarle buona fortuna. Si avvicinò all'inferriata, le mani nella felpa, e osservò la villa a due piani. Dopo secondi udì una porta che sbatteva e vide Germana scendere dalla scala esterna.

La donna era avvolta in un blazer blu scuro, il bottone centrale sembrava staccarsi per il seno prorompente. Si avvicinò alla BMW M3 Cabrio e l'aprì con il telecomando.

"Germana!" Una folata di vento le spostò una ciocca di capelli sugli occhi e la tirò via con un gesto veloce.

La donna si girò, un fascicolo tra le mani. "Perla! Cosa ci fai qui?" e le si avvicinò come se sfilasse per un marchio di moda.

La ragazza rimase stupita dal tacco dodici. Lei non riusciva a calzarlo: erano di più i segni delle ginocchia sbucciate che i passi fatti senza cadere. "Vorrei parlare con te."

"Adesso no" la liquidò lei, la mano libera accarezzava il fascicolo. "Devo tornare in banca, ho un appuntamento e ho dimenticato dei documenti a casa. Mi dispiace..."

Si voltò e Perla mise una mano su una delle aste verticali del cancello. "Se... se non te l'ho detto per telefono, è perché è importante."

"Cosa vuoi?"

Alla ragazza non sfuggì il disprezzo di quelle parole. Era sempre così: quando erano sole, quella donna la trattava come uno straccio vecchio. Cosa le aveva fatto di male per meritarselo?

"È per mamma. Posso salire? Ho... ho bisogno di un po' d'acqua, sono... sono agitata." Strinse le spalle nella felpa, simulando di sentire freddo.

Germana si slacciò il blazer. "D'accordo, sbrigati." Si avvicinò alla pulsantiera e compose il codice per il cancello. "Sale anche lui?"

Perla scosse la testa e gli fece un cenno già concordato in precedenza.

Il ragazzo andò in retromarcia e s'infilò in una delle stradine circondate dal verde per scendere dalla collina.

Le due salirono la scala e Perla non poté fare a meno di notare il lato B della donna, fasciato in un tubino azzurro dai motivi floreali. Da tempo immemore il suo sedere era al centro di una scommessa tra lei e Ingrid: naturale o rifatto?

Giunte in cima, arrivarono nel doppio salone. Quando vi entrava pensava a quanto fossero orribili quelle pareti giallo paglierino, che lei definiva color piscio.

Germana andò in cucina e ritornò subito con una bottiglia e un bicchiere. "Serviti pure."

Perla fece un sorriso amaro: quanto avrebbe voluto gettarle l'acqua sui boccoli biondi!

La donna incrociò le braccia sotto al seno. "Allora? Non ho tutto questo tempo."

Perla sollevò la bottiglia e versò il contenuto. "Devo parlarti di mamma, in questi giorni è strana. C'è qualcosa che la preoccupa? Siete amiche, ti avrà detto qualcosa."

Germana fece un passo avanti. "È preoccupata per la penale."

"La penale?" domandò, il bordo del bicchiere quasi a contatto con le labbra.

"Non te l'ha detto? Visto che domenica non si sono sposati, devono pagare una penale. Tutta colpa tua."

Perla alzò il mento, fingendo indifferenza, e bevve tutto d'un sorso. "Non lo sapevo, pensavo fosse per Mirko..."

"Mirko? Cosa gli è successo?"

"In questi giorni non è stato bene."

"Ah, sì, mi ha accennato qualcosa."

"Poverino. È la prima volta che gli capita una cosa del genere." Appoggiò una mano sullo schienale della sedia di fianco a lei.

"Beh, sì. L'indigestione gli servirà di lezione, starà lontano da quei biscotti per un po'."

"Già..." confermò la ragazza, il fiato si spezzava in gola.

"Tutta 'sta fretta per questo? La prossima volta manda un piccione viaggiatore. Devo andare."

Stava per avviarsi in cucina per prendere il fascicolo, quando Perla la richiamò. La ragazza tirò un respiro profondo ed estrasse la microspia dalla tasca della felpa bianca. "Questo" cominciò appoggiando l'oggetto sul tavolo "torna al legittimo proprietario."

Germana serrò le labbra di un rosso acceso, Perla giurò che il viso avesse perso il suo colorito abbronzato.

"Non capisco. Senti, devo lavorare."

"Non fare la finta tonta, vipera che non sei altro." Desiderava chiamarla così da troppo tempo.

"Come mi hai chiamata?"

"Vipera. O forse meglio spia?"

"Vattene, adesso!"

La ragazza non si fece intimidire. "Prima mi devi dire perché mi stavi spiando! Mamma si fida di te."

"Non so di cosa parli. Modera i termini, ragazzina..."

"Sai benissimo di cosa parlo!" gridò con tutto il fiato che aveva in gola. "Mirko non è stato male per un'indigestione di biscotti, ma per delle polpette!" Passò un attimo di silenzio. "Giorni fa ho telefonato a Corrado e, tra le altre cose, gli ho detto che Mirko non stava bene. Lui ha ironizzato parlando di un'indigestione di biscotti e io gli ho dato corda perché dovevo parlare di argomenti urgenti e non avevo molto tempo." Prese un altro respiro profondo e concluse: "Soltanto una persona poteva saperlo: chi mi spiava tramite la microspia nell'imbottitura della sedia. Solo tu, Germana."

La donna rise sventolando una mano davanti al viso, come per farle capire che era un'idiozia.

"Basta inganni!" continuò Perla fuori di sé. "Abbi il coraggio delle tue azioni. Giù la maschera."

La risata della donna si tramutò in un sorriso diabolico a labbra sigillate, circondato dagli zigomi rifatti. 

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate? 

Perla ha trovato una microspia in camera sua e riesce a mettere alle strette Germana: è lei che la spiava? Quali saranno le svolte di questo dialogo al cardiopalma?

Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

Ci vediamo venerdì con un nuovo capitolo!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro