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17 - Non te lo posso assicurare

Riccardo ed Elettra erano seduti sul divano, mano nella mano, e guardavano a luci spente la televisione.

Partita la pubblicità, lui rinsaldò la stretta. "Ti piace il film?"

Lei, con la testa appoggiata sulla sua spalla, annuì. "Sì, sì."

L'uomo corrucciò la fronte, percependo il tono annoiato. "Già, quel tipo con gli occhi a mandorla è davvero forte!"

"Vero, fortissimo." A quella risposta, Riccardo spense la televisione facendo precipitare l'ambiente nel buio.

"Perché l'hai fatto?"

Lui si alzò e premette l'interruttore. "Perché in quel film non c'è nessun tipo con gli occhi a mandorla. A cosa pensi?"

"Aspetta, non ho capito... Mi hai messa alla prova?"

"Se quel film non ti piace possiamo guardarne un altro, ma non dire che t'interessa se non è vero."

Lei si passò un dito in fronte. "Sono pensierosa. Non dipende dal film."

Riccardo si sedette vicino a lei. "Dimmi a cosa pensi, potrei aiutarti."

Lei, vedendo che il compagno le porgeva una mano, la strinse dolcemente. "Penso a una cosa che mi ha detto ieri Germana. Sono stata da lei prima di tornare a casa. Mi ha parlato di una questione alla quale subito ho dato poco peso, adesso però..." Tirò un lungo sospiro. "Non posso non pensarci, è più forte di me."

Riccardo stese un braccio per permetterle di accucciarsi sul suo petto. "Vieni, confidati con me."

Lei si accoccolò con un sorriso. "Riguarda la penale. Ne ho parlato con Germana, si è proposta di aiutarci a pagarla."

"E tu le hai detto che non vogliamo saldare un debito per averne un altro?"

"Certo, proprio queste parole" replicò lei concentrandosi sul tavolino contro la parete. "Però più ci penso... più prendo in considerazione la sua idea."

Le appoggiò il mento sui capelli. "Non facciamo sciocchezze. Convincerò il ristoratore a farci pagare a rate."

"Ma per quanto tempo? Abbiamo anche altre spese da sostenere, non possiamo portarci anche questo fardello sul groppone."

Riccardo alzò gli occhi verso il soffitto. "In qualche modo faremo. Dovremo stringere la cinghia, ma faremo quadrare tutto. Abbi fiducia in me."

Lei alzò la testa. "I soldi che avremmo usato per il matrimonio coprono solo una parte della cifra. E il resto? Con i nostri stipendi gestiamo a malapena la villetta e paghiamo la scuola di Mirko, per non parlare di spese quotidiane o emergenze dell'ultimo minuto." Poi abbassò il capo. "Siamo rovinati."

"No" replicò lui alzandole il mento. "Non siamo rovinati, dobbiamo organizzarci meglio. E se..."

"Germana ci aiuterebbe volentieri. Per lei quei soldi non sono un problema, anzi." Elettra si alzò e incrociò le braccia sotto al seno. "Perché fai così? Lei ne sarebbe felice. Non è colpa nostra se il matrimonio non si è celebrato, abbiamo fatto il possibile. Non potevamo andare al rinfresco se la cerimonia non era stata celebrata, Perla non stava bene." Cominciò a gesticolare, gli occhi rivolti al tappeto screziato.

Riccardo le si avvicinò cauto. "Germana sarebbe disposta a darci tutti quei soldi senza volere qualcosa in cambio?"

Elettra deglutì. "Certo. Siamo amiche, ho fatto tanto per lei. Se non fosse stato per me, sarebbe morta."

Lui inclinò la testa da un lato e le poggiò una mano sulla schiena. "Vuoi raccontarmi cos'è successo?"

Elettra guardò quel volto così giovane e intrigante dal quale non riusciva a staccarsi. Avrebbe voluto essere sincera, ma ogni volta che ripensava a quel periodo entrava in un vortice di paura. "No. Vorrei, ma non posso." Si toccò un braccio, esausta. "Fa male."

"Sono solo ricordi" minimizzò lui accarezzandole la schiena. "Tu sei qui, nel presente, e i ricordi sono nel passato. Non possono ferirti, ci sono io con te. Quanto può essere doloroso ricordare?"

Lei camminò accanto alla begonia corallina. "È questo lo sbaglio di molti: sottovalutare i ricordi. La memoria... oh, la memoria." Si sedette sul divano e continuò: "La memoria è furba. Credi di dominarla, ma ci sarà sempre una scheggia che ti tormenterà come una zanzara. E più tenti di scacciarla più ti assilla, fino a far emergere gli altri ricordi." Si protese in avanti mettendo le braccia sulle ginocchia. "Dicono che la memoria ha un meccanismo difensivo che relega in una parte della mente i ricordi più dolorosi." Un sorriso amaro comparve sulle sue labbra tonde. "Non è vero. Ricordo..." Sentì gli occhi pizzicare e aspettò qualche secondo prima di continuare: "Ricordo ogni attimo, ogni emozione, ogni fatto di quei cinque anni, ogni..."

"Elettra, basta."

"Ricordo ogni cosa: dal colore delle pareti alla puzza di piscio, dal frinire delle cicale ai mugolii di..."

"Elettra, basta!" ripeté lui. L'avvolse con un braccio e poi le diede un bacio. "Non continuare se non vuoi, desidero solo metterti a tuo agio. Capito?" Lei annuì e l'abbracciò tremante, la mente ancora immersa in quei ricordi oscuri. "Qualunque cosa sia successa, sappi che è passata. Ci siamo io, Mirko e Perla. Non ti abbandoneremo mai, sei la nostra roccia."

"Una roccia piccola e fastidiosa. Un sassolino, uno di quelli che finiscono nelle scarpe e che non vedi l'ora di levare" riprese lei a occhi chiusi, il cervello ancorato a quel passato così vivido.

"No, Elettra" disse lui accarezzandole le guance. "Una roccia grande, una di quelle che vorresti lanciare a chi ti sta antipatico per farlo secco."

Elettra sorrise, lo ringraziò e gli diede un lungo bacio: la dimostrazione che i ricordi non facevano parte del presente e che doveva concentrarsi sui regali che la vita le aveva dato.

Quando si furono staccati, Riccardo precisò: "Questo non significa che Germana può aiutarci. Ce la caveremo da soli, punto." Lei si scurì e lui continuò: "E poi non so nemmeno se quelli sono soldi puliti. Una persona può accumulare così tanto in modo legale?"

"Cosa stai insinuando? Germana vive di rendita, con i soldi del marito."

"Già, la sua fortuna è aver sposato quel brav'uomo dell'avvocato Antonio Panfi. Ho letto che donava soldi ai principali ospedali torinesi, è vero?"

"Certo" rispose lei accavallando le gambe. "Ed era presente in ogni galà di beneficenza. La sua morte ha gettato Torino nella disperazione, era un simbolo d'integrità." Abbassò gli occhi e si guardò i palmi delle mani. "Non scendeva mai a compromessi, ed è proprio questo che l'ha fregato."

Lui cercò di ricordare ciò che aveva letto sui giornali: "L'hanno ucciso nel modo più crudele possibile."

"Davanti a casa" sottolineò Elettra. "Era davanti al cancello quando la sua auto è esplosa. Per fortuna Germana non era in casa. Non oso immaginare cos'avrebbe provato se avesse visto la scena." Si appoggiò allo schienale del divano. "Siamo rimaste vedove nello stesso periodo, ci ha unite ancora di più." Poi gli strinse una mano. "Ma poi ho incontrato te" e gli toccò una coscia soda. "Sei la mia fortuna, con te ho vinto alla lotteria."

"Addirittura" commentò lui divertito. "Non stai esagerando?"

"Ti amo, e chi ama non esagera mai" replicò lei con voce sensuale, per poi baciargli il collo. "E se ci dedicassimo a un'attività più stimolante che guardare un film?"

Lui inarcò la schiena lottando contro il desiderio crescente. "Ottima idea, ma Perla e Mirko sono al piano superiore. Non vorrei che ci cogliessero sul fatto."

Elettra si appoggiò sulla sua spalla. "D'accordo, sei tu il più saggio tra i due. Fosse per me, ci avrebbero già scoperti un paio di volte."

Corrado uscì di casa e si avviò verso la sua Seat Ibiza rosso fiammeggiante parcheggiata davanti al palazzo. Entrò, mise la borsa a tracolla verde nel sedile vicino e controllò lo specchietto retrovisore. Tutto era pronto per un'altra giornata. Dal finestrino vide il cielo plumbeo e picchiettò il volante con un dito: avrebbe avuto freddo con quella camicia hawaiana, gli conveniva cambiarsi.

Mentre era assorto nei suoi pensieri, vide dallo specchietto che il padre di Viola era appena uscito dal palazzo. Se voleva aiutare Viola doveva parlare con lui e così lasciò il veicolo chiudendo lo sportello con sin troppa forza.

"Gustavo!"

Il suo tono rimbombò, si accorse solo in quel momento di aver alzato troppo la voce.

L'uomo, che indossava un giubbotto di pelle sbottonato, si voltò verso di lui. "Corrado, ciao. Se cerchi Viola..."

"No, ho bisogno di parlare con te" gli disse avvicinandosi.

Il padre della ragazza indicò la sua automobile. "Devo andare, mi spiace. Ne parlere..."

Il ragazzo gli prese un braccio, per poi liberarlo subito. Quell'uomo era una guardia del corpo, non voleva rischiare di mettersi contro di lui. Si massaggiò i riccioli biondi. "È urgente, ti prego." A voce bassa terminò: "Si tratta di Viola."

Gustavo allargò i suoi occhi piccoli e castani e guardò verso il balcone del loro appartamento. "Dai, seguimi" gli disse uscendo da quella strada interna.

Attraversarono un tratto fiancheggiato da bidoni dell'immondizia. Arrivati nel corso, camminarono lungo il marciapiede del controviale e si fermarono dopo qualche metro.

"Qui non potrà sentirci" disse l'uomo con un sospiro.

Corrado gli raccontò ogni singola parola o sensazione di due giorni prima: i lividi, la reazione di Fulvio e quello schiaffo che, mentre ne parlava, sembrava colpire Gustavo.

La guardia del corpo mise le mani in tasca. "È terribile, Viola non me ne ha parlato."

"Non è strano?" domandò Corrado sistemandosi gli occhiali arancioni. "Se fosse stato un incidente, te ne avrebbe parlato."

"Forse non vuole che mi preoccupi" ipotizzò l'uomo mentre un'auto passava accanto a loro. "O c'è dell'altro. E se Fulvio..." Si mise una mano sulle labbra sottili per evitare di pronunciare quelle parole. In quanto guardia del corpo era abituato alla violenza, ma sapere che qualcuno aveva osato anche solo dare uno schiaffo alla figlia lo mandava in escandescenze. "Io lo ammazzo quel verme" disse con tono deciso e le mani a pugno.

Gonfiò il petto, come per prepararsi ad attaccare un avversario invisibile, e Corrado rimase sorpreso per quella reazione. "Lo uccideresti davvero? Non puoi parlare sul serio."

L'uomo, la cui pancia protendeva verso il basso, lo guardò con occhi taglienti. "Non te lo posso assicurare", per poi dargli una pacca sulla spalla. "Grazie per avermi avvisato, sei un vero amico per mia figlia."

"Faccio solo quello che farebbe lei al posto mio. Voglio aiutarla, quel ragazzo... Non so se è cattivo o meno, ma la sta distruggendo giorno dopo giorno."

"Anche se con quella camicia hawaiana sembri un pagliaccio" commentò Gustavo incrociando le braccia sopra la pancia, "tu sì che saresti un ottimo partner per lei."

Corrado alzò un sopracciglio biondo e si voltò verso la fila di alberi dall'altra parte del controviale. I due non avevano mai parlato apertamente di quell'argomento, il ragazzo non ne aveva mai avuto il coraggio. In realtà si sentiva a disagio a parlare della propria omosessualità a qualcuno che non fossero Perla e Ingrid. Persino con i suoi genitori manteneva un tono distaccato. Gliel'aveva detto da anni e loro avevano accolto la notizia in modo neutro. Non erano stati né tristi né contenti, l'avevano semplicemente abbracciato e gli avevano detto che per qualsiasi cosa avrebbe potuto contare su di loro. Scosse la testa e si voltò di nuovo verso di lui. "Viola è speciale, si merita il meglio." Lo credeva davvero: Fulvio risucchiava tutta l'allegria che quella ragazza serbava nel cuore.

"Grazie" replicò Gustavo con un buffetto sulla guancia.

Si avviò verso l'auto e Corrado rimase sul marciapiede a massaggiarsi la parte del viso che aveva toccato. Quell'uomo aveva dita così grosse che temeva di essersi rotto qualcosa.

Viola arrivò a casa, le gambe doloranti. Era stata una giornata stressante al bar e per fortuna non le erano capitati incidenti. Chiuse la porta dietro di sé e notò che la luce naturale batteva contro un'anta aperta del mobile bianco. Increspò la fronte e, una volta in soggiorno, scorse una figura seduta sul divano color crema.

"Papà, mi hai spaventata. Ti accendo la luce" gli disse premendo l'interruttore.

Gustavo era seduto con una bottiglia di vino in una mano, il volto rosso e gli occhi lucidi. "Ti aspettavo, stellina mia."

"Sono solo le quindici, non dovresti essere a lavoro? Sei uscito prima di me stamattina."

Lui alzò lo sguardo verso la figlia e dagli occhi lucidi uscì una lacrima. "Sono uscito prima da lavoro, ho chiesto a un amico di coprirmi. Non ce la facevo più a... in queste condizioni."

Viola rimase a fissarlo, per poi decidere di andare in camera. Magari il padre pensava semplicemente alla mamma.

"Corrado mi ha detto tutto ciò che è successo qui lunedì pomeriggio."

Viola alzò le spalle e continuò ad avviarsi in camera. "Corrado è sempre stato una portinaia. Non ha nulla da mettere in bocca se non i fatti degli altri."

"Vieni qui!" gridò il padre con tono perentorio. Era rimasto stupito dal tono dispregiativo con cui lei aveva parlato dell'amico. Non poteva permettere un simile comportamento. Viola gli si avvicinò, le braccia conserte e lo sguardo affilato. "Ti sembra il caso di parlare così di lui?" le chiese posando la bottiglia per terra.

"Tu come definiresti una persona che non sa farsi i fatti propri?"

"Vuole solo aiutarti. Corrado è un bravo ragazzo, non come Fulvio" replicò il padre alzandosi. Per un attimo rischiò di cadere a causa di un capogiro.

Viola, sentendo che il suo alito puzzava di vino, fece un passo indietro. "Anche Fulvio è un bravo ragazzo, se solo lo conoscessi meglio."

Gustavo s'indicò la guancia. "I bravi ragazzi danno uno schiaffo?" e appoggiò le mani sui fianchi larghi. "Fammi vedere i lividi."

Viola sbuffò e si arrotolò una manica della maglietta.

L'uomo si coprì gli occhi con una mano. "Non avrai ricominciato a..."

"Sì, è questo" rispose lei, subito, srotolandosi la manica. "Ho ricominciato a tagliarmi qualche giorno fa, volevo solo prendere coraggio... e sono rientrata nel giro." Poi, con voce inespressiva e occhi verdi glaciali, gli domandò: "Posso andare in camera?"

"Perché non hai detto nulla a Corrado? Gli hai fatto credere prima che Fulvio ti avesse picchiato e poi che fosse stato solo un incidente."

"Dio, io ti ho detto che ho ripreso a tagliarmi e tu pensi a quella portinaia?" La conversazione era già andata troppo oltre. "Lasciami in pace."

Camminò lungo il corridoio, ma il padre le corse dietro. "Non hai ricominciato a tagliarti, quelli non sono tagli. A meno che tu non abbia preso un oggetto e abbia più volte colpito il tuo braccio."

La figlia lanciò la borsa in un angolo del letto e si ravviò i capelli lunghi ramati. "Altre ipotesi, Sherlock?" lo sfidò derisoria. Perché lui non capiva che voleva essere lasciata in pace?

Il padre diede un'occhiata all'interno della stanza, come se potesse trovare eventuali indizi. "La verità è un'altra: Fulvio ti ha dato più di uno schiaffo e non lo ammetti per paura di ritorsioni." Fece qualche passo in avanti. "Stellina, ci sono io con te. Non devi avere..."

"Ma mi lasci in pace?" gli urlò lei a pochi centimetri dal viso.

Il padre sobbalzò: Viola non gli si era mai rivolta con quel tono. Doveva fare qualcosa. "Va bene" disse alzando le mani. "Scusami, d'ora in avanti ti lascerò in pace."

"Oh, finalmente l'hai capito." Lei si buttò sul letto. "Ora chiudi la porta, grazie."

"E anche Fulvio ti lascerà in pace."

A quelle parole allontanò le cuffiette che stava per indossare. "Che cazzo dici?"

Gustavo storse le labbra. "Quello che ho detto. D'ora in avanti tu e Fulvio smetterete di vedervi. E quindi, ovviamente, passerai il weekend con me."

"No!" sbottò lei alzandosi dal letto. "Voglio andarmene! Almeno per il compleanno."

"Infatti lo festeggerai via, ma con me. Prima ti togli Fulvio dal cuore e meglio è."

Viola batté un piede sul pavimento e fece una smorfia di odio. "Di' un'altra volta una cosa del genere e tutti sapranno che non ti curi abbastanza dell'arma d'ordinanza. Hai idea del putiferio che si scatenerebbe? Rischieresti grosso." Incrociò le mani sotto al seno. "Se il tuo capo sapesse che tua figlia o il suo ragazzo hanno sparato con l'arma di servizio, beh, non faresti una bella figura. E allora perché mettere in pericolo la tua carriera?"

Gustavo abbassò lo sguardo: la figlia aveva usato un tono canzonatorio che non gli piaceva affatto. Quella situazione gli stava sfuggendo di mano, ma c'era ancora un modo per tenerla sotto controllo. "Lo so benissimo, forse sei tu che non sai quali sarebbero le conseguenze" rispose sedendosi sul letto. Lei sbatté più volte le palpebre, titubante, e lui continuò: "Sarei sospeso, la mia carriera sarebbe bruciata per sempre. Dovrei cambiare mestiere, ma chissà quanto ci metterei a trovarne un altro. E poi, anche se ci riuscissi, chi vorrebbe lavorare con uno... distratto... come me?" Guardò l'armadio in cui la figlia custodiva i vestiti firmati. "Dovresti dire addio a cene, viaggi, abiti costosi, profumi. Sei pronta a tutto questo? Con quel lavoretto al bar guadagneresti abbastanza?"

Viola sbiancò e per un attimo Gustavo si sentì male per ciò che le stava dicendo. L'amava più della sua stessa vita, vederla in quello stato era un supplizio, ma doveva andare avanti. Le porse il proprio cellulare. "Vuoi parlare col mio capo? Fallo pure. Ma non lamentarti se il mondo in cui vivi adesso non ci sarà più."

Viola prese il telefonino e guardò l'oggetto, si morse l'interno della guancia per l'indecisione. "Vedi, è qui che sbagli" commentò cercando il numero nella rubrica. "Non ho bisogno di quei vestiti firmati o di quei profumi, infatti non li metto mai e indosso sempre le solite cose. Ho bisogno di amore" e avvicinò il cellulare all'orecchio. "Un amore che solo Fulvio mi dà."

Il padre rimase immobile per qualche istante, per poi affermare: "Bluffi, non lo chiami davvero. Non ne saresti capace, pensa a..."

"Dovevi pensarci prima, di' addio alla tua carriera."

Il padre scattò verso di lei, ma la figlia lasciò la stanza e sentì dall'altra parte della linea: "Gustavo, hai bisogno di qualcosa?"

"Sono la figlia" rispose lei, arrivata nel soggiorno. Il genitore l'aveva seguita e la guardava a mani giunte pregandola di riattaccare. "Devo dirle una cosa importante su mio padre" continuò lei, il mento alzato. "Una cosa molto importante." 

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?

Abbiamo scoperto qualcosa in più sul passato di Germana. Come vi sembra? Il rapporto tra Viola e il padre pare essere arrivato a un punto di non ritorno: cosa farà lei?

Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

Ci vediamo venerdì con un nuovo e imperdibile capitolo!

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