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13 - Amore, no

Elettra parcheggiò l'auto in uno dei posti liberi della via e si voltò verso il figlio. "Come ti senti?"

Mirko alzò il capo e la madre sospirò vedendo il suo viso pallido.

"Ho mal di pancia."

Elettra scese dall'auto e gli aprì la portiera. "Mi dispiace. Riesci a scendere?"

Mirko si tolse la cintura e saltò giù, rischiando di cadere.

"Attento" commentò lei, che prese lo zaino nel bagagliaio e se lo mise su una spalla. Gli accarezzò i capelli e lo invitò a proseguire. Percorsero un breve tratto, costeggiato da un cancello oltre il quale proveniva del profumo di erba tagliata.

"Scusa. Stamattina stavo bene, non capisco come..."

"Tranquillo" lo interruppe lei, cercando le chiavi di casa nella borsa. "Non avrei dovuto obbligarti a mangiare quelle polpette. Sono una pessima mamma."

Lui vide in lontananza il murales del pagliaccio e si toccò la fronte. "Sei solo insistente. Se dico no, è no!"

Lei rise per il modo infantile con cui aveva detto quelle parole. Davanti alla villetta, lui si appoggiò al muro e sentì un brivido di freddo.

"Staccati, quante volte ti devo dire che sporchi i vestiti?" Infilò le chiavi di casa nella serratura e si accorse che la porta era aperta: Riccardo era già entrato. Rinforzò lo zaino di Spiderman sulla spalla ed entrò. "Gli ho detto tante volte di chiudere la porta dopo essere arrivato..." Appoggiò la chiave sul piattino del tavolino accanto allo specchio.

Dal soggiorno spuntò Riccardo. "Non mi aspettavo di vedervi. È successo qualcosa?"

Lei avvicinò la testa del figlio al proprio corpo. "Mirko si sente poco bene: ha vomitato."

L'uomo s'inginocchiò all'altezza del bambino. "Ehi, ora come va?"

"Ho freddo, ho male."

"Male dove?" domandò la madre, togliendogli la felpa blu che indossava.

"Pancia" rispose lui, lo sguardo basso.

Elettra lo prese in braccio. "Ti porto in camera. Così ti riposi e ti sentirai subito meglio!" Poi si rivolse a Riccardo e disse sottovoce: "Credo siano le polpette di ieri sera, ricordi che non voleva mangiarle?"

L'uomo alzò gli occhi al cielo. "Quindi non erano solo capricci."

La donna lasciò cadere l'argomento e attraversò il corridoio.

Riccardo tornò in soggiorno. La luce che filtrava dalle tende rosate si posava sul tavolino bianco e sui fogli che circondavano il vaso di begonia corallina. Camminò avanti e indietro, pensieroso. Aveva mal di testa con tutti quei conti.

Dopo qualche minuto Elettra lo raggiunse e vide la calcolatrice sul divano grigio e la penna sul tappeto screziato. Si chinò per prenderla e la posò sul tavolino. "Che succede?"

Riccardo era scuro, persino i suoi occhi azzurri avevano perso lucentezza. Un brivido le salì lungo la schiena. "Non è andata bene?"

Riccardo appoggiò un braccio sopra il caminetto spento. "Ho parlato con il ristoratore e... quello è il risultato."

Elettra cominciò a leggere i fogli: vedeva tanti numeri e cancellature. "Potresti spiegarmelo?"

Lui gonfiò il petto, il sudore che colava dalle tempie. "Non ce la faremo mai, Elettra. Pagare la penale del matrimonio ci porterà nel baratro."

La donna riprese a leggere. "Non sono mai stata brava coi numeri, puoi spiegare?"

Lui la invitò a sedersi sul divano e le si accomodò accanto. "Ho parlato col proprietario del ristorante. L'ho avvertito che domenica non ci sarebbe stato il matrimonio e che quindi volevamo annullare il ricevimento." Si mise la testa tra le mani, il respiro affannoso.

Elettra gli toccò una spalla e notò che stava tremando. "Riccardo, non fare così." Gli accarezzò una guancia e lo portò a guardarla negli occhi. "Parla, ho bisogno di sapere. Ce la faremo, ci amiamo e stiamo costruendo una bella famiglia."

Lui abbassò lo sguardo, le guance scavate in fiamme. Si allontanò di poco e riprese a spiegare: "Ha sbraitato, si è lamentato che non possiamo cambiare idea così, che queste sono cose serie e che ci sono di mezzo tante persone. Ha dovuto smaltire tutto il cibo di ieri, compresa la torta. Poi ha detto che ha perso molto perché ha tenuto la data libera per noi e..."

"Quant'è la penale?" tagliò corto lei.

L'uomo si coprì gli occhi con le mani, la voce spezzata: "La penale aumenta m-man mano che si avvicina il giorno previsto e viene c-co-commisurata al numero d'invitati indicato nel contratto."

Elettra guardò un foglio con alcune percentuali. Ora le sembrava tutto più chiaro. Girò il foglio e aprì la bocca per lo stupore. "Q-questo è quello che dobbiamo pagare?"

La penale era scritta a caratteri cubitali e sottolineata più volte da una penna rossa.

"Sì, quella cifra riguarda solo il ricevimento. Dobbiamo tenere conto anche del fotografo e della banda." Elettra guardò gli altri fogli e il compagno riprese: "Sono stato anche da loro: pretendono qualcosa, ma non ci costeranno quanto il ricevimento."

La donna continuò a guardare i calcoli sui fogli. Accanto a ogni servizio era presente la cifra correlata, per un ammontare di...

"Cazzo!" si lasciò sfuggire, portandosi una mano alla bocca. "Dove troviamo questi soldi? Sono fuori da ogni nostra portata."

Riccardo le prese le mani. "In qualche modo pagheremo tutto. Possiamo usare i soldi del matrimonio e mettere in vendita il mio appartamento. E poi..."

"E poi cosa?" sbottò lei alzandosi. "I soldi del matrimonio ci servono per quando dovremo sposarci. E di sicuro con i soldi di quella topaia non raggiungeremo mai la cifra!" Si rese conto solo dopo aver pronunciato la frase di come aveva definito l'appartamento del compagno, così si grattò i capelli ricci e si risedette accanto a lui. "Non volevo. Questa situazione mi fa impazzire. Dovremo vendere questa casa e andare in un posto più piccolo. È l'unica soluzione per..."

"Amore, no" replicò avvicinandosi a lei. "Non venderemo questa casa, non dopo i sacrifici dei tuoi genitori. In qualche modo ce la faremo. Lavorare come allenatore e dare ripetizioni di latino e greco non basta? Bene, cercherò altro. Ma questa casa non si tocca, è tua e così deve rimanere. Chiaro?"

"Ma vogliono i soldi subito" obiettò lei, il cuore palpitante. Quella cifra s'imprimeva nel suo cervello come un marchio a fuoco, iniziava a sentire delle fitte atroci.

"Parleremo con loro e vedremo se possiamo pagare a rate. Capiranno, non sono dei mostri."

Lei si drizzò e lasciò cadere i fogli a terra. "È solo colpa mia." Mise le braccia conserte e rivolse un'occhiata veloce al mobile grigio sul quale erano presenti delle foto di famiglia. "Avrei dovuto prestare più attenzione a Perla. Se avessi intuito qualcosa sul suo disagio, tutto questo non sarebbe successo."

Lui si sentì tirato in causa e le si avvicinò mettendole una mano sulla schiena. "Lei non dava segnali."

"Invece sì!" sbottò Elettra. "Sono io che non sono stata in grado di coglierli. Non ho capito che stava male, non ho capito che quelli di Mirko erano tutt'altro che capricci... Che mamma sono?"

"Sei una bravissima mamma, sei solo stressata dal lavoro."

Lei si staccò a forza. "Ho sempre pensato di essere una cattiva mamma, sin da quando ho preso Perla tra le braccia per la prima volta. Faccio schifo."

Mentre pronunciava quelle frasi, il groppo in gola diminuiva. Si stava liberando di un peso.

Riccardo rimase impotente di fronte alla fragilità di una donna che combatteva contro il suo stesso essere. Voleva abbracciarla, ma una parte di sé lo frenava: come poteva toccarla dopo essere andato a letto con Perla? Aveva accantonato ciò che era successo, ma la telefonata di quella mattina aveva riaperto la ferita. Non era lei che faceva schifo, era lui. Lui che le nascondeva una cosa così orribile. Lui che l'amava, nonostante questo significasse orbitare intorno a una ragazza verso cui non era indifferente e che invece avrebbe dovuto considerare come una figlia.

Elettra si asciugò gli occhi e prese la borsa. "Saluto Mirko e torno a lavoro."

"Non pranzi con noi?"

"Non ho fame" si limitò a dire lei, poi sparì nel corridoio.

Riccardo prese i fogli e li buttò vicino alla calcolatrice con un grande sospiro.

Corrado scese le scale in fretta e vide Perla al telefono. Sorrise, pregustando il momento in cui si sarebbe avvicinato e l'avrebbe colta di sorpresa. Uscì dall'università e camminò verso di lei, girata di spalle, senza far rumore, ma arrivato a pochi centimetri lei proruppe: "Oh, eccoti!" Si voltò e mise il cellulare in tasca, un ampio sorriso sul suo volto.

"Volevo farti una sorpresa, uffa."

"Sai che percepisco la tua presenza" ironizzò lei prendendolo sottobraccio.

Mentre scendevano la scalinata, gli domandò: "Perché ci hai messo tanto? Non hai finito alle sedici? Ti sei fermato a parlare con quel pezzo di manzo?"

Corrado si sistemò gli occhiali, rosso in viso. "Non l'ho visto."

La ragazza notò la sua vena malinconica. "È sparito? Quando prima hai parlato di lui, hai detto che ha lasciato lo zainetto in aula. Non se l'è ripreso?"

Entrarono in una via satura di ragazzi urlanti usciti da scuola e lui gridò: "Sono appena stato in quell'aula... e non c'era più!"

"Quindi se l'è ripreso."

"Esatto, chissà quando lo rivedrò..."

Restarono in silenzio per minuti. Lei voleva parlare, ma sapeva che Corrado avrebbe interrotto ogni tentativo: quando era pensieroso, preferiva starsene zitto o rispondere a monosillabi. Nonostante ciò, lei aprì uno spiraglio di dialogo: "Mentre ti aspettavo, ho provato a contattare il ginecologo. Ho parlato con la segretaria, le ho detto che prima di prendere un appuntamento volevo confrontarmi con lui per telefono, ma mi ha spiegato che stava visitando e che avrebbe richiamato."

"Sì, sì."

Si fermarono al semaforo, da lì distinguevano la macchina di Corrado.

Perla si voltò verso il ragazzo e notò che era concentrato sul tram della fermata vicina. Non lo guardava davvero: era pronta a scommettere che stesse pensando a Diego. Nella pausa tra una lezione e l'altra, l'amico le aveva parlato di quel ragazzo misterioso che aveva conquistato il suo cuore e poi l'aveva calpestato con poche parole. Eppure, mentre si dilungava su quanto fosse stupido, i suoi occhi piccoli e neri erano così lucidi che vedeva al loro interno due cuoricini saltellanti.

Corrado era cotto di Diego, ne era certa, e non capiva come un ragazzo conosciuto da poco tempo avesse potuto metterlo in subbuglio. Non gli capitava spesso, non si faceva abbindolare dalla prima persona carina che incontrava. Eppure quello sconosciuto aveva toccato delle corde del suo animo che nessuno aveva suonato e quelli erano i risultati: un Corrado mogio, spento. L'aveva constatato prima: se l'amico avesse voluto davvero sorprenderla alle spalle, ci sarebbe riuscito.

"Sono curiosa di conoscere 'sto Dumbo muscoloso. È così bono come lo descrivi?"

"Bono?" ripeté lui liberandosi dalla stretta. "Non hanno ancora inventato la parola appropriata per descrivere quanto sia sexy. Ma è egocentrico da matti! E bipolare... mi fa arrabbiare, si scusa, mi fa un complimento, mi fa arrabbiare, si scusa, mi fa un complimento, poi..."

"È chiaro" lo bloccò lei. Il semaforo era scattato e i due attraversarono il marciapiede. "Cosa t'aspettavi da uno che ha l'egocentrismo nel nome?"

Lui la guardò spaesato e lei alzò gli occhi al cielo, stupita che non avesse colto la battuta.

"Diego. Di ego."

"Tu sei pazza. Se un giorno farò una battuta simile, prendimi a padellate."

"Ne hai dette così tante che a quest'ora avrei rotto tutte le mie padelle."

Corrado sorrise, per la prima volta da quando si erano rivisti, e anche lei di rimando.

Arrivati in macchina, lei estrasse il cellulare. "Hai iniziato a stalkerarlo sui social?"

"No, preferisco conoscerlo a poco a poco."

Perla allacciò la cintura di sicurezza. "Allora lo farò io... Ma non dirò nulla, giuro."

"Okay." Lui lasciò il parcheggio e iniziò a guidare per quella stretta via.

Dopo un quarto d'ora di silenzio, durante il quale a Perla erano sfuggiti dei versi di apprezzamento, Corrado sbuffò. "Mi hai convinto. Come l'hai trovato se ti ho detto solo il nome?"

"Ogni professore ci ha esortato a iscriverci alla pagina del corso per essere aggiornati sulle comunicazioni, così ho sbirciato l'elenco degli studenti registrati. Da lì ho trovato un ragazzo di nome Diego e sto guardando i suoi social."

Corrado alzò un sopracciglio. "Tu mi fai paura, sappilo."

"E non è tutto" continuò lei, divertita. "Ho scoperto che si chiama Diego Alderisi, vive a Torino e il suo profilo Facebook è costellato di foto legate alla sua carriera sportiva." Si fermò e poi rivelò, guardando Corrado: "È un judoka! Ha pure vinto delle gare importanti, anche se io non ne ho mai sentito parlare."

Corrado disse sospettoso: "Un judoka che studia Lettere? A che pro?"

"Magari vuole ampliare i suoi orizzonti. Ora guardo su Instagram se c'è qualcosa sulla sua vita privata."

Corrado sospirò, le mani sudaticce sul volante: un judoka si era davvero interessato a lui? Non riusciva a capacitarsene.

"Oh, no. Mi spiace. Ha una ragazza e un figlio piccolo."

Quelle parole sorpresero Corrado, che rallentò senza accorgersene. Non avrebbe potuto esserci nulla tra loro. Aveva costruito un film mentale destinato a non avere un lieto fine a poche inquadrature dall'inizio. Poteva smettere d'immaginare un futuro insieme. Come aveva potuto essere così sciocco da fantasticare su qualcuno che conosceva da pochissimo tempo?

Sentì il clacson dell'auto dietro di lui e capì di procedere troppo piano. Scosse la testa e premette il piede sull'acceleratore.

Arrivati al semaforo, Perla si voltò verso il finestrino. "Peccato, stava bene con la barbetta rossiccia..."

"Barbetta rossiccia?" urlò lui. "Fammi vedere una foto!"

Perla entrò mesta sul profilo Facebook dello sconosciuto.

Corrado si sporse verso l'amica e le prese il cellulare dalle mani. Scorse qualche post e glielo restituì con un gesto stizzito. "Non è lui."

"Come non è lui? Ha pure le orecchie a sventola!"

"Sarà una prerogativa degli sportivi torinesi. Ti assicuro che quel Diego non è quello che ho visto oggi."

Perla, piccata all'idea che la sua indagine fosse naufragata, rilanciò: "Avrà cambiato look per non farsi riconoscere dai fan. Sembra molto seguito."

"Certo. Manda il tuo curriculum alla CIA, magari ti assumeranno" replicò l'amico dopo che l'auto davanti a lui era ripartita. "Sono segnati altri Diego nell'elenco?"

"Ce n'è un altro" rispose prontamente Perla. "Tu non ci sei, registrati."

"Come si chiama quest'altro?"

"Diego Balti e..." Perla lasciò in sospeso la frase. Le dita scorrevano veloci sullo schermo, come i pattini sul ghiaccio.

"E?"

Quell'attesa era snervante: si sarebbe fermato in mezzo alla strada e le avrebbe strappato il cellulare dalle mani. Perla l'aveva contagiato.

"E non è sui social." Era stata lei a terminare la frase, la delusione dipinta sul volto. "Non c'è traccia di lui."

"Impossibile" obiettò l'amico categorico. "È impossibile che uno non abbia un profilo sui social network. Siamo nel 2020, non nel Medioevo."

"Magari è un tipo riservato."

"O forse non hai cercato bene."

"Non arrabbiarti se Dumbo muscoloso non ha dimestichezza con la tecnologia..." Guardò alcuni ragazzi sul marciapiede e commentò: "Magari ne ha uno falso o con un altro nome. E se non si chiamasse Diego?"

"Hai finito con queste teorie complottiste?"

"Va bene, va bene" si arrese lei alzando le mani. "Parliamo di cose serie. Mi inviterete al vostro matrimonio?"

Lui tirò un grande sospiro. Perché era così interessata alla sua vita amorosa? Era colpa degli ormoni della gravidanza? "Se ci sarà... beh, non so se ti inviteremo. Devi stare lontana dai matrimoni, sei pericolosa!"

Lei finse di essersi offesa e mise le braccia conserte. "Basta, altrimenti ti tiro un pugno!"

Riccardo si avvicinò alla stanza di Mirko, la porta socchiusa. Il bambino era coricato nel letto, con le lenzuola in disordine che lasciavano intravedere il pigiama azzurro con i pois bianchi. Si appoggiò alla maniglia e il battente scricchiolò.

Mirko si voltò assonnato e si sfregò gli occhi.

L'uomo si accovacciò vicino al letto. "Stai meglio?"

"Sì, ho fatto un sogno bellissimo!"

"Ah, cosa?"

Mirko si sedette e, incurante, buttò a terra il lenzuolo. "Io, te, mamma e Perla guardavamo un cavallo correre. Era bellissimo, ero libero! E noi ridevamo, ridevamo tantissimo. Non abbiamo mai riso così tanto."

Riccardo sorrise e sistemò il lenzuolo strabordante sul letto. "Bella sensazione! T'invidio."

"Perché?"

L'uomo sentì una voce femminile dal piano inferiore e si alzò di scatto. "È arrivata Perla."

La ragazza salì la scala a chiocciola e trovò Riccardo davanti alla sua camera, le braccia conserte.

"Ciao" gli disse sorridendo, ancora divertita per le indagini sulla vita amorosa di Corrado.

"Ciao" la salutò lui, spostandosi per lasciarla passare. Dal tono, Perla capì che qualcosa non andava. Era impacciato, non rilassato come quella mattina.

"Tutto bene? Vado a salutare Mirko."

"Aspetta" disse lui intrecciandosi le mani. "Devo dirti una cosa."

"Dopo" replicò lei avviandosi verso la camera del fratello. Arrivò lì davanti e vide Mirko: era di spalle e toglieva dei libri dallo zaino.

"Perché è in pigiama?" domandò con voce flebile.

"Dopo te lo dico, ora dobbiamo parlare di altro. Tra poco Elettra sarà qui e ho bisogno di parlarti urgentemente."

Riccardo aveva calcato l'ultima parola e lei annuì, il sorriso scomparso. Voleva riparlare di quella storia ormai finita?

Si avviò svelta verso la sua stanza e posò la borsa a tracolla vicino alla sedia a forma di cuore. "Che succede a Mirko? Perché mamma è già di ritorno?"

"Mirko si è sentito male a scuola ed Elettra l'ha portato a casa, vuole tornare prima per vedere come sta."

Le si avvicinò ancora e si mise una mano sul mento, indeciso. Si era preparato un discorso, ma non lo ricordava, forse per l'imminente ritorno della donna o la paura di parlare di un tema scottante. "Siamo nei guai: Elettra potrebbe scoprire ciò che c'è stato tra noi da un momento all'altro."

Perla si sentì mancare il pavimento sotto i piedi e indietreggiò titubante. "Che cazzo dici?"

Lui iniziò a parlare, ma un suono sovrastò la sua voce.

Perla prese il suo cellulare e riconobbe il numero del ginecologo. Sbiancò, guardando prima il display e poi Riccardo. Per la prima volta si rese conto di quanto potesse essere complicato nascondere la gravidanza. 

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato un nuovo capitolo. Cosa ne pensate? 

Corrado si è preso una bella sbandata... Cosa succederà con questo misterioso individuo senza social? Per quanto riguarda Perla, come si districherà in questa situazione complicata?

Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

Ci vediamo venerdì con un nuovo e imperdibile capitolo!

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