8. Nulla di nuovo
«Come non avete trovato niente?», urlò isterica la signora Correll in preda al panico.
«Mia figlia è dispersa insieme ad altri tre ragazzi. Nessuno li ha visti e chissà dove sono bloccati…».
Quel pomeriggio la centrale di polizia era insolitamente affollata, così come la sera precedente.
I Correll, la signora Halder, i McLean e i signori Oomori avevano lasciato la centrale solo per qualche ora, che avevano dedicato a rifocillarsi.
Lo sceriffo Varela era stato il primo ad essere avvisato della scomparsa di Alexandra poiché la figlia, Frannie, lo aveva chiamato al cellulare poco dopo la fine della festa.
La ragazza era preoccupata per l’amica che non rispondeva alle sue telefonate poiché sapeva che non era una attitudine tipica di Alex.
Da anni che la conosceva aveva sempre potuto contare su di lei, era sempre disponibile nei suoi confronti e non rispondeva al cellulare solo quando aveva un problema.
Frannie e Camille avevano provato più volte a contattare l’amica tramite il telefono che però risultava essere spento. Erano molto preoccupate e, verso le prime luci dell’alba, dopo che lo sceriffo gli aveva calorosamente consigliato di tornare a casa, si erano rifugiate a casa di Camille dove attendevano, rannicchiate sul divano e incollate al cellulare, notizie dalla centrale.
I genitori dei quattro ragazzi si erano precipitati dallo sceriffo in piena notte vedendo che i figli non tornavano più a casa.
Quasi non si riconobbero tra loro, i vecchi amici, quando si trovarono l’uno di fronte all’altro.
Successivamente lo stupore per la presunta coincidenza lasciò il tempo che trovò.
«A tutte le unità! Qui è la centrale: possibile 10-31D, è stata denunciata la scomparsa di quattro ragazzi. Ripeto: 10-31D», aveva annunciato lo sceriffo Varela il giorno prima alla radio della stazione di polizia per avvisare tutti gli agenti in servizio.
«Sceriffo Varela! Qui unità 9: noi non abbiamo visto nulla», disse una voce di risposta.
I responsi delle altre unità erano stati particolarmente simili tra loro.
«Grazie vicesceriffo Clarke, tenete gli occhi aperti», disse l’uomo corrugando la fronte in risposta ad uno dei tanti agenti di turno.
Per tutta la notte nessuno degli agenti aveva inviato nuove comunicazioni via radio: nessuno aveva trovato niente.
Alcuni tra i genitori sedevano provati sul grande divano di finta pelle nera presente nell’ufficio dello sceriffo, fissando un punto indefinito davanti a loro con gli occhi rossi e gonfi; mentre gli altri avevano approfittato della panca subito all’esterno che generalmente veniva usata come posto d’attesa per ragazzini o persone sospetti che si aggiravano per la città.
Proprio per questo motivo al muro era saldamente attaccato un rettangolo di metallo con un occhiello sufficientemente grande per le eventuali manette.
Lo sceriffo cercava in tutti i modi di venire a capo della situazione ma non riusciva a capire come mai quattro ragazzi, che apparentemente non c’entravano niente l’uno con l’altro, fossero spariti all’improvviso.
L’auto di Miwa e la moto di Christian erano ancora nel parcheggio della scuola. Kyle si era spostato con la fidanzata mentre Alexandra aveva ricevuto un passaggio da Frannie.
Sembrava un indovinello a cui mancava la parte fondamentale, quella che ti permette di visualizzare il tutto.
Dopo un giorno, non c’era nessuna grande novità: nessuno aveva più visto i ragazzi dopo la festa e nessuno aveva la più pallida idea di dove potessero essere.
La madre di Alexandra aveva provato a telefonare alla figlia almeno un centinaio di volte.
«C’è la segreteria telefonica», disse mentre l’ennesima lacrima le rigava timidamente il volto.
Nessuno dei quattro scomparsi pareva avere il telefono con sé.
Durante la giornata, ormai al termine, la scomparsa dei ragazzi era stata resa pubblica.
Erano state trovate tracce di pneumatici sul terreno dietro al parcheggio della scuola e davanti all’inizio della riserva di Marble Hills.
Lo sceriffo aveva mandato l’agente Clarke a confrontare le impronte, il quale era giunto alla conclusione che erano corrispondenti.
«Chiunque sia stato si è spostato dalla scuola alla foresta ma non posso dire altro con certezza», aveva detto il vicesceriffo.
Adam Clark era un uomo apparentemente giovane, un bravo ragazzo che aveva conquistato la piena fiducia di Varela. Era altro, aveva dei corti capelli castani e occhi a metà tra il verde e il marrone. Si era trasferito a Marble Hills da poco e lavorava sempre con impegno e dedizione.
Era rimasto alla centrale tutta la notte nonostante il suo turno fosse finito da un pezzo e di giorno era andato, insieme ai colleghi di turno, a cercare possibili tracce dei ragazzi.
Durante il giorno erano state organizzate delle squadre di ricerca formate da volontari che avevano cercato in lungo e in largo nella foresta.
Alle squadre di ricerca si erano iscritti impiegati di aziende, studenti, genitori, insegnati e perfino alcune famiglie che da sempre preferivano non sporcarsi le mani.
Anche i genitori dei quattro avevano partecipato in modo particolarmente attivo alle ricerche, ma senza risultato.
In città non si parlava d’altro: pettegolezzi e voci si udivano in ogni angolo della città e la domanda che nessuno voleva sentire ma che si poneva inconsciamente venne allo scoperto: sarebbero mai riusciti a trovarli vivi?
La sera, gli adulti, erano ancora in centrale. Erano tutti stanchi, accaldati e disperati.
In un momento leggermente più tranquillo Garrett era riuscito a prendersi in disparte Cora Halder, Grayson McLean e Melvin Tanaka.
Li aveva condotti nell’ufficio vuoto dello sceriffo, che era impegnato in altre faccende, e aveva chiuso la porta alle sue spalle.
«So a cosa state pensando», disse rompendo per primo il ghiaccio.
«Mi domando perché non abbiamo ancora detto niente…», commentò Melvin, il padre di Miwa.
«Magari non è stato chi pensiamo che sia, magari non è stato il corvo», fece Grayson, il padre di Kyle, fissando il pavimento come se avesse il timore che potesse aprirsi e farli sprofondare da un momento all’altro.
Garrett sospirò: «Sì certo e chi altro potrebbe andare in giro a pescare ragazzini per poi abbandonarli in qualche posto sperduto nella foresta?».
«Hai ragione Garrett. Se veramente è stato lui, partecipando alle ricerche si è levato i sospetti di dosso», osservò Cora, la madre di Christian.
«Credete che dovremmo dirlo allo sceriffo?», chiese Melvin.
«Abbiamo visto morire una nostra amica, abbiamo gettato il suo cadavere le fiume per non risultare colpevoli o coinvolti, abbiamo visto suo fratello diventare pazzo giorno dopo giorno. Ci siamo separati pensando che potesse essere la scelta migliore per noi e per i nostri figli. Ma la verità penso sia che sappiamo troppo e non abbiamo mai detto niente a nessuno, ai nostri figli», rispose Garrett affranto.
«Qui non si tratta di pararsi il culo ma di salvare i nostri figli. Sono senza cibo e acqua da quasi due notti e un giorno, sono indifesi, magari feriti, impauriti…», concluse Cora nervosamente.
«Lo so ma non abbiamo nessuna prova contro il caro vecchio corvo e rischieremmo solo di essere presi a randellate come delle foche», disse Melvin che pareva aver letto nei pensieri di Garrett.
«Sollevare di nuovo il caso Kelis non mi sembra una gran mossa al momento. Per ora credo che la polizia debba concentrare tutte le sue forze nella ricerca.».
Sebbene fossero tutti adulti si trovavano in una situazione in cui non sapevano minimamente cosa fare. Tutti gli sguardi dei presenti andarono a gravare sul signor Correll.
«Che c’è?», chiese in tono nervoso sollevando gli occhi da terra.
«È stata tua l’dea di fare una scampagnata in montagna… che genialata ci proponi ora?», fece Melvin fastidiosamente.
«Sentite non ho detto io al corvo di diventare un criminale… non lo so. Forse dovremmo lasciare fare agli esperti e incoraggiarli a sorvolare la foresta in elicottero. E se proprio sarà necessario racconteremo la verità su venticinque anni fa. Ma come ho detto personalmente non credo servirà a molto: si parla dei ragazzi, non di noi», disse il padre di Alexandra cercando di calmare la tensione creatasi nella stanza.
«Ha ragione – disse Cora rivolgendosi agli altri due – forse meglio aspettare il momento più opportuno e dare la priorità al cercare i nostri figli».
Poco dopo il resto degli adulti tornò alla stazione di polizia. Avevano portato grandi scatole di fazzoletti, bottiglie d’acqua e una manciata di panini confezionati.
Successivamente il vicesceriffo convinse gli otto presenti a tornare a casa e riposarsi. Disse che non aveva senso rimanere di nuovo in centrale tutta la notte e che non avrebbero esitato a contattarli nel caso ci fossero state novità.
La mattina successiva, poco dopo l’alba, i genitori erano di nuovo in centrale. Dì lì a poco sarebbero partite le seconde squadre di ricerca che avrebbero setacciato un altro pezzo della foresta.
«SCERIFFO VARELA! Sceriffo Varela! – chiamò la signora Correll bloccando l’uomo che stava per uscire per dirigersi verso le volanti della polizia – mio marito ed io ci domandavamo come mai non fossero già stati mandati degli elicotteri?».
L’uomo in divisa si voltò in direzione della donna. La luce del mattino che entrava dalle finestre colpiva il suo distintivo facendolo scintillare.
«Signora, mi creda: è stato il mio primo pensiero ma come il vicesceriffo mi faceva notare le chiome degli alberi della foresta sono troppo fitte per vederci attraverso e non li troveremo comunque, perderemmo solo tempo», spiegò con voce calma.
Poi disse ai presenti che avrebbe personalmente guidato le squadre di ricerca di quella mattina come aveva fatto il giorno precedente.
«Sceriffo – lo chiamò la donna un’ultima volta – li trovi. La prego», concluse stringendo tra le mani un fazzoletto usato.
Varela uscì dalla centrale e salì sulla sua auto. Nonostante il rumore dell’aria condizionata tutti udirono il rombo della volante allontanarsi. Si sarebbe diretta davanti all’entrata della riserva dove il cartello “Marble Hills PRESERVE. No entry after dark” (RISERVA di Marble Hills. Non entrare dopo il tramonto) era stato momentaneamente rimosso.
Nella testa dello sceriffo si era formata un’altra domanda a cui non sapeva dare risposta: se il responsabile si era mosso dalla scuola alla foresta con un furgoncino come aveva fatto a portare i ragazzi in un posto tanto imbucato tra gli alberi? Li aveva costretti a camminare o non erano rimasti sempre coscienti?
Ma non erano queste le uniche domande che esigevano di risposta convincente: erano ancora vivi? Stavano bene o erano feriti? Sarebbero mai riusciti a riportarli a casa? Il responsabile era ancora con loro o li aveva abbandonati? Si trattava di un criminale o di un assassino?
Sperava con tutte le sue forze che il 10-31D, ovvero il codice usato per indicare i rapimenti e i sequestri di persona, non si trasformasse in un 10-31C, ovvero omicidio.
Cercò di non pensare all’eventualità di dover restituire alle famiglie i cadaveri dei malcapitati ragazzi e di concentrarsi invece sulla gestione e organizzazione delle ricerche.
Era il massimo che potevano fare ed erano stati anche parecchio fortunati che nella contea ci fossero tante persone dall’animo buono disponibili ad andare nella foresta per tentare di trovare i dispersi.
Nell’arco di quella mattinata molto probabilmente avrebbe piovuto e l’umidità già si sentiva. I cielo era coperto dalle nuvole e quasi non sembrava mattina.
Il pensiero che i ragazzi avrebbero rischiato di trovarsi impreparati sotto una tempesta faceva desiderare allo sceriffo e a tutti gli altri di trovarli il più in fretta possibile.
Intanto i genitori avevano deciso che si sarebbero dati il cambio per tornare a casa.
Anche il vicesceriffo Clarke aveva avuto il buon senso di tornare al suo appartamento per risposarsi.
Per il momento aveva lasciato la situazione in mano agli altri agenti in turno.
La giornata era appena cominciata e tutti speravano vivamente che, al termine, si sarebbero verificate circostanze nuove che avrebbero permesso a chi di dovere di riportare a casa i ragazzi o quanto meno di trovare loro tracce.
Spazio autrice ☀️
Ben ritrovati alla fine di un nuovo capitolo!
Come avrete potuto notare si tratta di un capitolo certamente diverso dal solito. Infatti ho voluto introdurre un punto di vista alternativo.
Ho fatto bene? Secondo voi tronerò a narrare da questo punto di vista in futuro? Voi quale preferite? E quali sono le vostre supposizioni sul proseguimento della storia?
Abbiamo visto dei genitori preoccupati e uno sceriffo che certo non conosce tutta la storia.
Di certo le scelte passate dei genitori sono discutibili ma loro sanno qualcosa che lo sceriffo ignora. Conoscono il tassello mancante che, anche se non risolverebbe la situazione, aiuterebbe lo sceriffo a fare luce su quella storia.
Riuscirà a venirne a capo anche senza tutte le informazioni? Hanno fatto bene i quattro genitori a dare la priorità alle ricerche dei figli anche se questo ha implicato di dover mentire alle autorità?
A presto con il capitolo 9!✨✨
Emma💙
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