6. In marcia
Quando il turno di Alex e Christian finì, i due ebbero modo di riposare i muscoli.
In verità l'unico muscolo, per metafora, che avevano tutti ampiamente bisogno di rilassare era il cervello. Le loro menti erano un guazzabuglio di dubbi e pensieri sconnessi che prendevano forma e si dissolvevano a velocità elettrica.
Alex e Christian vennero svegliati dagli altri due poco dopo l'alba.
L'aria del mattino era fresca e frizzante; pertanto, se non si fossero trovati in una situazione di vita o di morte, sarebbe risultata persino piacevole.
La luce chiara del sole filtrava dalle chiome dei grandi e rigogliosi alberi illuminando perfettamente il suolo.
Alexandra si levò di dosso la camicia rossa e nera che aveva indossato per dormire e se la legò nuovamente alla vita.
Come stabilito la sera precedente, avrebbero dedicato la giornata a cercare il giusto orientamento per iniziare ad incamminarsi verso il centro di Marble Hills.
«Orientamento... qualcuno di voi ha qualche idea?», domandò Alexandra scrutando scrupolosamente l'ambiente intorno a sé.
Nessuno proferì parola, dunque la ragazza si trovò costretta a dire nuovamente: «Non parlate tutti insieme».
A nessuno, lei compresa, balenava per la mente uno straccio di piano per muoversi di lì.
«Non guardare me: faccio schifo in questo», si giustificò Kyle alzando entrambe le mani a sua discolpa.
Seguì una pausa particolareggiata da un silenzio imbarazzante.
«S-se quelle sono le montagne - disse all'improvviso Miwa indicando l'orizzonte alle loro spalle - allora significa che quello è il nord, rispetto a Marble Hills. Tradotto: credo che dovremmo procedere da quella parte».
Miwa indicò poi la direzione opposta. Aveva iniziato il discorso con insicurezza e lo aveva concluso quasi vantandosi delle sue conoscenze.
Alexandra e i ragazzi la fissavano con la bocca spalancata, sopresi che la compagna potesse essere così preparata.
«Che c'è? Mi sono applicata a storia e geografia locale», disse certamente fiera di sé stessa.
Per una volta Alexandra non fu seccata dal suo tono da presunta saputella e dovette ricredersi riguardo alla percezione che fosse generalmente ignorante e disinteressata.
«Wow... Sì, fantastico. Direi che possiamo metterci in marcia», fece Alexandra accennando con il capo alla direzione suggerita dalla coetanea.
Accorgendosi degli sguardi dei compagni rivolti verso di lei, Miwa si affrettò a fare un passo indietro: «No, non se ne parla... non ho nessuna intenzione di guidare la magica esplorazione della foresta».
"Ora la riconosco", pensò Alexandra facendo roteare gli occhi.
Christian parve notare la sua irritazione e dovette trattenersi dal ridere o fare battute.
Nessuno si mosse.
«Oh per l'amor del cielo!», esclamò Alexandra esasperata protendendosi verso la direzione indicata da Miwa.
Aveva nettamente avvertito la paura dei compagni e non poteva certo dire di non averne pure lei. Era terrorizzata dalla possibilità di commettere un errore madornale che avrebbe potuto condurli, per quanto lei ne sapesse, anche a morte certa. Era la responsabilità di guidarli tutti che le metteva timore.
I quattro ragazzi si misero in marcia dietro di lei. Christian afferrò i manici del borsone, ci infilò dentro le braccia e se lo caricò sulla schiena a mo' di zaino. Camminarono senza badare al male ai piedi per via dei tacchi o al mal di testa per gli avvenimenti della sera precedente.
Christian si era piazzato al fianco di Alexandra mentre Miwa e Kyle procedevano subito dietro di loro.
«Miwa! Che hai qui?», chiese Kyle afferrando un braccio della ragazza e guardandolo come se ci avesse visto una tarantola.
Gli altri due, udendo la voce del compagno, si girarono nella sua direzione per capire di che si trattasse.
«Oh mio Dio - fece Miwa con gli occhi fuori dalle orbite - Non ne ho idea».
L'interno del suo braccio era ricoperto da innumerevoli macchioline rosse.
«È un'irritazione, una reazione allergica. Hai toccato qualcosa a cui sei allergica, che tu sappia?», enunciò Alex dopo essersi avvicinata alla compagna ed aver analizzato il suo braccio.
«No ma ho dormito sul muschio, sento un po' di prurito in effetti», rispose lei provando a grattarsi ma fu fermata da Kyle che la guardò intimandole di non farlo.
Non avendo farmaci né tantomeno la certezza di avere davanti una reazione allergica non poterono fare altro che rimettersi in marcia sperando che le condizioni del braccio di Miwa non peggiorassero.
«Aspettate, fermi tutti! Mi è venuta un'idea», esclamò Kyle tanto all'improvviso da far inciampare Miwa.
Il ragazzo si accucciò sotto lo sguardo inquisitore di tutto il gruppo. Raccolse un paio di massi poco più grandi della sua mano e li osservò come se stesse decidendo quale dei due fosse il migliore.
Nessuno pareva aver capito le sue intenzioni, a parte Miwa: «Sul serio vuoi metterti a giocare ad Hansel e Gretel?».
Kyle le rivolse uno sguardo carico di disprezzo per il suo tono sminuente.
«Se facciamo un segno sulla corteccia dell'albero rivolto nella direzione in cui procediamo eviteremo di perderci nel caso girassimo in tondo», spiegò allargando le braccia valutando ancora i due massi.
Alla fine ne lasciò cadere uno ai suoi piedi mentre con l'altro si avvicinò al tronco di un grosso albero, forse un pioppo o un larice.
«Grande idea, Kyle», commentò Alexandra.
Il ragazzo si avvicinò al grosso fusto di pioppo e incise un triangolo orientato verso la direzione che stavano seguendo.
Miwa, intanto, cercando una soluzione al fastidio recatole dai tacchi, sebbene non fossero troppo alti, aveva trovato un lungo e resistente ramo che aveva deciso di usare come bastone per facilitarsi la camminata.
I quattro procedettero senza perdere ulteriormente tempo prezioso.
Avanzarono attraverso la vegetazione che in alcuni punti era tanto fitta da essere d'intralcio. In quei tratti era necessario proseguire con cautela per evitare di scivolare, cadere e, nel peggiore dei casi, ferirsi.
Spesso i ragazzi si aiutarono a vicenda sorreggendosi per oltrepassare o aggirare l'ostacolo.
Nessuno dei quattro osava pensare a quel che ne sarebbe stato di loro qualora quella rotta si fosse rivelata sbagliata.
Avevano tutti riposto un'enorme fiducia l'uno nell'altro, a prescindere dal fatto che non si conoscessero al di fuori di quella situazione.
Alexandra procedeva scrutando attentamente l'ambiente attorno a sé mentre Christian si era incollato alla sua sinistra. La ragazza esitava ad ogni ramoscello che doveva scavalcare chiedendosi se fosse la scelta migliore, se avesse inforcato la strada giusta.
Sentiva costantemente lo sguardo degli altri trafiggerle la schiena ma poteva dedurre che, per la maggior parte delle volte, si trattasse solamente di una sua sensazione.
«Stai bene?», le domandò Christian facendosi sentire solo da lei.
Le aveva rivolto quella domanda senza un motivo preciso e per la prima volta in vita sua Alexandra si chiese relativamente quale risposta non sarebbe risultata una bugia.
«Mi chiedi se sto bene?», fece perplessa e il moro rispose disimpacciato: «Sì, direi di sì».
«E tu? Scusa è che non saprei proprio cosa risponderti: sto bene perché ancora non sono morta ma non sto bene perché siamo bloccati in quest'assurdità».
Alex continuava a osservare il suolo tra un passo e l'altro, senza guardare negli occhi il suo interlocutore.
«Beh, mi hai risposto. Ti vedo pallida, tutto qui e non credo sia una cosa poi così strana».
Christian sembrava non badare a dove mettesse i piedi, troppo impegnato ad osservare la coetanea.
«Forse mi sento solo... repressa, ecco», ammise lei più spontaneamente di quanto avrebbe immaginato.
Christian parce pensare intensamente alle parole della compagna, come se cercasse di analizzarne un significato profondo.
«No, niente: non mi viene nessuna battuta. Solitamente ho un pessimo umorismo, la mia ragazza mi odia per questo», disse con una smorfia sarcastica dopo essere stato fulminato dallo sguardo della ragazza. Contemporaneamente a quella domanda del tutto inappropriata il ragazzo le fece l'occhiolino.
Alexandra abbozzò un sorriso ma poi tronò a concentrarsi sulla vegetazione.
«Comunque, a parte il mio sarcasmo del cavolo, perché ti senti repressa?», disse lui chiaramente interessato a proseguire la conversazione.
«Per la stessa ragione per cui forse ci sentiamo tutti così... perché abbiamo perso l'orientamento e siamo bloccati qui con una lettera e quattro bracciali di pelle... sembra di soffocare e non abbiamo nessuna via di uscita», si lamentò lasciando cadere lo sguardo sul "lupo" al suo polso.
«Sa un po' da maniaca del controllo se posso dirlo».
Alex capì subito che essere offensivo non era neanche lontanamente nelle intenzioni del ragazzo.
«Sì lo so. Sarò anche definibile una maniaca del controllo, ma odio perderlo», disse cauta.
Ci fu una pausa in cui il silenzio fu punteggiato solo dai suoni della foresta.
«Sai ho pensato a quello che mi hai detto: onestamente un po' mi fa paura non sapere se stiamo davvero per morire ma anche io voglio credere che ce la faremo. Anche se non abbiamo né cibo né acqua né una vaga idea di quello che stia capitando non posso accettare che sia davvero finita per noi. E mi fa sentire come se non avessimo tempo».
Alexandra non esitò prima di rispondergli spontaneamente, tuttavia con un'ombra di preoccupazione mista a terrore nella voce. La sua non era altro che una semplice constatazione, la verità nuda e cruda.
«Infatti non abbiamo tempo.».
Spazio autrice 🪐
Finale a effetto per questo capitolo, che ne pensate?
I nostri giovani protagonisti iniziano a partorire qualche idea decente che potrebbe aiutarli a sopravvivere.
Sarà ciò di cui hanno bisogno? O sono ancora lontani dal risolvere la situazione?
Grande merito va attribuito a Miwa, chi mai se lo sarebbe aspettato che fosse in grado di orientarsi così abilmente?
Abbiamo assistito ad un'interessante conversazione tra Alexandra e Christian, a tratti anche ridicola.🙃
Sembra che i giovani siano determinati a provarci davvero, ma sarà abbastanza?
A presto con il capitolo 7.
Emma 💙
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro