5. Notte
Dopo aver terminato di leggere la lettera Alexandra rimase per diversi minuti inerte, incapace di formulare un qualsiasi pensiero di senso compiuto.
Non sapeva da dove cominciare a riflettere né tantomeno cosa dedurre.
Il suo flusso discontinuo e sconnesso di pensieri venne interrotto dal singhiozzare disperato di Miwa, al quale fino a quel momento non aveva fatto caso. La ragazza sembrava sull'orlo di un'altra crisi di panico. Era totalmente in preda all'ansia e alla preoccupazione.
Kyle la stringeva cercando di farla sentire al sicuro, ma, per la seconda volta in meno di un'ora, si vedeva incapace di trovare le parole adatte per rassicurarla, dal momento che era afflitto da pari preoccupazione.
Alexandra gli lesse il disagio in faccia e con i nervi a fior di pelle faceva saltare lo sguardo dalle carte ai coetanei.
«Qualcuno di voi ha idea di chi diavolo potrebbe essere?», fece Christian sprofondando inesorabilmente nell'isteria.
Nessuno rispose e il moro prese a fissare Alex come se si aspettasse una risposta da lei.
«Non lo so, non riesco a concentrarmi bene sotto pressione! – disse con voce stridula sbattendo le mani sui fianchi – come faccio a sapere che amici frequentava mio padre alla mia età? Lui non mi ha mai accennato a questa storia».
«"Ora tocca a voi". Tocca a noi morire. Sono troppo giovane per morire sbranata da un orso. Ci vuole morti!», Miwa era talmente sconvolta da sembrare impazzita.
«Non abbiamo modo di indovinare chi sia... insomma chi accidenti è questa Kelis?», commentò Kyle.
Alexandra rilesse qualche riga della lettera e sembrò riflettere sul da farsi.
«Ce ne dobbiamo andare! Usciamo di qui!», esclamò con fermezza, sollevando lo sguardo e incrociandolo con quello degli altri ragazzi.
In un modo che nemmeno lei sapeva spiegarsi, riusciva a tenere, per quanto possibile, i nervi saldi per evitare di andare totalmente fuori di senno. Non aveva idea di quello che stava dicendo né di come avrebbe convinto gli altri a seguirla, a fidarsi di lei.
«Ma... ma che stai dicendo? Non sappiamo neanche dove siamo, non abbiamo cibo, acqua, vestiti comodi o un riparo, non possiamo comunicare con nessuno e siamo forniti solo di una torcia elettrica», disse Miwa con una voce tormentata dalla paura.
«Miwa ti prego ascoltami. Noi non moriremo. Non qui. Non adesso. Non in questo modo. Non per colpa di un pazzo con problemi a controllare i propri sentimenti. Io voglio credere che se uniamo le forze riusciremo a trovare i mezzi per orientarci e per incamminarci verso il centro di Marble Hills. E vedrai che per quel momento ci sarà già una buona metà delle forze dell'ordine e delle squadre in giro a cercarci. Poi racconteremo la verità e basterà per spedire chiunque sia quel pazzo in prigione», concluse Alex cercando lei stessa di credere alle proprie parole.
Miwa si era sciolta dall'abbraccio del suo fidanzato e ora Alexandra le poggiava entrambe le mani sulle spalle per incuterle sicurezza.
«Dove lo hai preso tutto questo autocontrollo?», domandò Christian che aveva ammirato il modo in cui la ragazza non era andata fuori di testa e al contrario aveva rassicurato tutti.
«L'ho preso da mio padre. Credo», rispose disinvolta.
Incoraggiata dal suo successo con le parole, Alex iniziò a pensare a quale fosse il modo migliore per abbassare il più possibile le probabilità di rimanere uccisi.
«Dobbiamo cercare di capire da quale parte girare il muso per avvicinarci al centro abitato...», disse seccata dal fatto che dopo essersi rigirata su sé stessa molteplici volte ancora non aveva un minimo di traccia di orientamento.
«Non farai mica sul serio? – iniziò Miwa – Senti, cerca di non infierire: c'è già una persona che ci vuole morti non serve che anche tu ci faccia uccidere!».
Lo sgarbo di quelle parole irrigidì Alex che cercò con tutte le sue forze di non lasciarsi scalfire.
«Non credi che forse dovremmo aspettare che qualcuno di più esperto ci trovi?», continuò Miwa enfatizzando particolarmente il concetto di "esperto".
«Certo... se non ti interessa che ci trovino vivi o morti!», rispose Alexandra a tono.
I due ragazzi non dissero nulla ma lei era certa che le stessero osservando sgomentati.
«Beh moriremo di certo se ci attacca un orso, non credi? Non vogliamo che tu faccia l'eroina se questo ci farà uccidere tutti».
«Scusa eh, scusa se non sono abbastanza altolocata per i tuoi standard. Neanche per me è una gioia trovarmi bloccata qui con voi ma cerco di ragionare per trovare la via più sicura. Insomma qual è il tuo problema?», Alex davvero non la capiva e il suo atteggiamento da altezzosa oca schizzinosa la irritava tanto da farla andare su tutte le furie.
La sua capacità di cambiare l'umore in un modo così fulmineo le faceva venire voglia di tirarsi i capelli. Miwa sospirò e sembrò disinteressata a portare avanti quella conversazione animata.
Ci fu una pausa prima Kyle intervenisse per risparmiare a tutti un silenzio imbarazzante.
«Tu dici che dovremmo cercare di muoverci verso Marble Hills ma io dico che sarebbe meglio aspettare che finisca la notte».
Tutti furono d'accordo ma nessuno aveva la ben che minima idea di come trascorrerla.
«Se accendessimo un fuoco forse riusciremmo a segnalare la nostra posizione, non credete?», fece Christian toccandosi il mento.
«Sì... agli orsi», commentò Miwa sgarbatamente.
Alexandra fu sul punto di scoppiare a piangere, oppressa dalla preoccupazione.
«No, Christian ha ragione ma anche volendo non riusciremmo a trovare delle pietre focaie o qualsiasi altra cosa per accendere un fuoco», osservò la ragazza spostando una ciocca ramata dietro l'orecchio.
«Ma non abbiamo già dormito abbastanza? Per via della sostanza che ci è stata iniettata? Qualunque essa fosse...», domandò Miwa.
«Di qualsiasi cosa si tratti, di sicuro era roba pesante. Non possiamo sapere con certezza cosa fosse, ma abbiamo comunque bisogno di smaltirlo», spiegò Kyle guardando la fidanzata negli occhi.
«E se proprio lo vuoi sapere il non muoversi di notte non serve per riposare ma per non brancolare, letteralmente, nel buio», Alex era visibilmente ancora irritata per via della ragazza dai capelli corvini e delle sue precedenti allusioni.
«Allora, facciamo così: dividiamo le poche ore che rimangono della notte. Io e Christian copriremo il primo turno di guardia mentre Kyle e Miwa, voi vi prenderete carico del secondo», Alex espose il piano con tono calmo cercando l'assenso di tutti.
«...di guardia per gli orsi suppongo», commentò Christian con lo sguardo rivolto verso il basso e le braccia incrociate al petto.
Nessuno aggiunse altro.
Vicino a dove si erano svegliati si trovava un piccolo spazio tra gli alberi, c'erano inoltre diversi massi grandi e grossi che offrivano punti per sedersi o per appoggiarsi con la schiena.
L'assenza di grosse chiome sopra le loro teste li metteva maggiormente a loro agio, si sentivano meno in trappola, per quanto possibile, e la sensazione di essere dispersi si faceva meno oppressiva.
Pochi minuti dopo Kyle e Miwa se ne stavano uno vicino all'altra, mezzi sdraiati ma Alex non riusciva a capire se stessero già dormendo oppure no.
Lei e il moro erano seduti poco distanti dai compagni e osservavano le fronde degli alberi mosse dalla lieve e fresca brezza serale.
Alexandra si rigirava un rametto tra le mani. Era legno asciutto, secco e piuttosto rigido.
«Davvero credi che non moriremo?», domandò Christian all'improvviso rompendo il silenzio che aveva fatto perdere Alex tra i suoi pensieri.
«Davvero credi che moriremo? – fece lei di risposta – Insomma sei davvero in grado di accettarlo?».
Il ragazzo la guardò dubbioso e non disse nulla.
«Io non lo so se moriremo ma voglio crederedi no. Sì, siamo senza cibo, acqua e mezzi di comunicazione ma... non voglio credere che moriremo... è una mia peculiarità, diciamo così. Non voglio crederci e mi rifiuto anche solo di pensarci».
La ragazza avvertì una scarica di nervosismo attraversarle la schiena partendo dal collo per poi diramarsi fino alla punta delle dita di tutti e quattro gli arti.
«È per la paura della morte?», chiese il moro con tono tranquillo cercando di riuscire a capire la ragazza che aveva accanto.
Quella domanda le sembrò tanto inverosimile da farle aggrottare la fronte e irrigidirsi fino a spezzare il bastoncino che aveva tra le dita.
«No, non ho paura della morte, beh forse sì ma come ce l'abbiamo tutti»,rispose la ragazza.
«Capisco», disse Christian cercando di convincere più sé stesso che Alexandra.
«Io capisco che può esserci il panico. Lo capisco eccome: soffrivo di attacchi di panico da piccola. Ma adesso non abbiamo tempo per farci tremare le gambe. Vedi, io accetto la paura e lascio che da questa scaturisca un po' di coraggio. Lo faccio per me stessa e so che non è così semplice da concepire», aggiunse successivamente.
Passarono tutto l'arco di tempo in cui consistette il loro turno di guardia a parlare del più e del meno, incominciando pian piano a conoscersi davvero.
In quell'occasione Christian iniziò a sentire la tenacia e la grinta della ragazza che si rifiutava anche solo di considerare l'idea di arrendersi al peggio.
Spazio autrice 🪐
In un primo momento abbiamo visto i ragazzi perdere il controllo. In parte per la paura e in parte per la rabbia ma certo hanno capito che litigare tra di loro non li porterà a niente.
La lettera ha scatenato su di loro effetti che non si sarebbero mai aspettati ma non possono permettersi di essere ostili tra di loro.
Riusciranno ad unire le forze lasciano perdere le loro differenze? Riusciranno a fidarsi reciprocamente nonostante non si conoscano affatto?
Alex sembra decisamente la più incline a mantenere i nervi saldi ma riuscirà a convincere i nuovi compagni a seguire il suo esempio?
In ogni caso la verità non cambia la situazione per loro: il pericolo rimane elevato e l'unica soluzione, per ora, sembra essere quella di brancolare nel buio sperando di avere fortuna.
A presto con il prossimo capitolo.
Emma 💙
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