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13. Un nuovo piano

Il riconoscimento, da parte di Christian, dell'AK-47 aveva lasciato tutti decisamente perplessi.

Subito dopo però tutto ciò aveva perso importanza.

"Forse doveva proteggersi da qualcuno", avevano pensato cercando di capire come mai un cacciatore dovesse possedere una simile arma.

Il vero motivo però era rimasto nell'ignoranza e i ragazzi avevano smesso di pensarci.

La tempesta era terminata lasciando spazio ad una pioggerellina leggera che rendeva il suolo ancora fangoso e scivoloso.

L'idea di andare a caccia non li allettava molto. Sicuramente per la fame sarebbero stati pronti a uccidere ma di fatto, a parte le armi, non avrebbero mai trovato tutti i mezzi necessari per rendere commestibile una bestiola, sempre ammesso che l'avessero trovata.

Confidavano nel fato nella speranza di riuscire presto a tirarsi fuori da quella situazione.

«Ci serve un piano», esclamò Alexandra richiamando l'attenzione dei compagni.

«Io dico che dovremmo restare qui», la contraddisse Kyle.

Alex sospirò, ma poi ribatté: «Non ci troveranno mai chiusi qui dentro, tanto vale muoverci per conto nostro».

Stabilirono che avrebbero deciso come organizzarsi non appena la pioggia sarebbe cessata del tutto.

Nel frattempo tutti e quattro avevano continuato a curiosare nel monolocale.

Di tanto in tanto Christian enunciava ad alta voce il nome di qualche arma che conosceva.

«Ho sempre avuto un'innata passione per le armi... beh, non per usarle ma per conoscerle e sapere come funzionano, sì», spiegò maneggiando quella che aveva chiamato "Carabina Beretta Mod. 500s"; poi aveva preso in mano quella che Alex aveva riconosciuto essere una semplicissima doppietta a canna rigata.

Il ragazzo, con un colpo deciso, aveva fatto scattare i cani esterni, responsabili della sicura, per controllare se nelle canne del fucile ci fossero già delle cartucce.

«Alexandra, – la chiamò Christian senza staccare gli occhi dall'arma – per caso lì davanti a te, sul tavolo, ci sono delle pallottole che possono essere usate?», chiese descrivendo l'aspetto che dovessero avere le munizioni richieste.

La ragazza esitò un momento ma successivamente riuscì a riconoscere le cartucce giuste.

«Hai veramente intenzione di usarlo?», chiese Kyle con gli occhi fuori dalle orbite.

Il moro lo fissò un secondo poi rispose: «Volete sopravvivere o no? Come facciamo a sapere che lì fuori non ci sia il vecchio caro orso ad aspettarci?».

Alex comprese che essere armati non sarebbe stato rischioso per loro ma per qualsiasi creatura, come un animale per esempio, che avesse provato ad attaccarli.

Plasmata da questo pensiero si alzò dalla sedia e raggiunse lo scaffale che esponeva vecchie armi da lancio e lame di ogni dimensione e forma.
Mise la mani su una balestra di piccole dimensioni; era maneggevole e sembrava relativamente intatta nonostante il tempo.

«Anni fa tiravo con l'arco... quanto mai potrà essere diverso?», disse in spiegazione alle occhiate perplesse di Christian, Kyle e Miwa.

"Spero che non si riveli necessario", pensò cambiando subito espressione.

«Forse posso darti una mano – si offrì Christian – ovviamente appena usciamo all'aperto. Sapete, credo che non sia un male non essere completamente indifesi: non avremmo sedativi pesanti o furgoni ma almeno se quello stronzo biondo del sequestratore si facesse rivedere potremmo essere noi a minacciarlo».

Il ragazzo si stava facendo prendere, in modo evidente, dalla rabbia e Alexandra sperò con tutta sé stessa che riuscisse a controllarsi.

«Ci vuole calma e sangue freddo», disse Alexandra.

«E una motosega».

«E una pala».

«E un buon alibi».

Kyle e Christian parlarono subito dopo di lei completando l'uno le idee dell'altro. Subito scoppiarono a ridere rendendosi conto di dare l'impressione di una barzelletta.

La pioggia era ufficialmente cessata ma l'aria era ancora carica di umidità.

Una volta usciti dal rifugio i ragazzi ebbero modo di vedere che, per loro fortuna, il cielo si stava aprendo e lentamente il sole ricominciava a governare l'atmosfera.

Le fronde degli alberi gocciolavano ancora ma ai ragazzi poco importava.

«Mi è venuta un'idea, ascoltatemi – esordì Alex attirando l'interesse di tutti – So che non è l'opzione migliore ma dovremmo dividerci. È il caso che almeno due di noi tornino alla sorgente per fare scorta d'acqua ora che sappiamo dove metterla. Poi dovremmo anche cercare qualche frutto selvatico per non morire di fame. Penso che ucciderei anche per una mela marcia».

«Essendo in quattro ha senso dividersi in due», concluse il moro anticipandola.

Decretarono che Kyle e Miwa si sarebbero occupati delle scorte d'acqua mentre Alexandra e Christian avrebbero provveduto alla ricerca di cibo e tracce che avessero potuto aiutarli ad uscire dalla vasta e ombrosa riserva di Marble Hills.

Tutti furono d'accordo.

Miwa decise di portarsi dietro la katana e ciò, agli occhi di Alex, denotava che, dall'inizio di quella disgrazia, non era cambiato niente ed erano ancora tutti terrorizzati come quando si erano svegliati nel bosco.

«Se sentite degli spari affrettate il passo e tornate indietro», disse Christian accennando al fucile di medie dimensioni che teneva in mano.

Kyle e Miwa riempirono il borsone di fiaschette e vecchie borracce, tutte quelle che riuscirono a trovare. Alexandra vide Kyle infilare nella borsa anche il piccolo taccuino del cacciatore; poi si incamminarono scomparendo tra gli alberi.

«Credi che io abbia commesso un errore proponendo di dividerci?», domandò Alex rientrando nel rifugio per procurarsi una balestra.

Ce n'erano davvero tante per appartenere ad un solo cacciatore.

«Credo che qualsiasi nostra scelta possa rivelarsi un errore. In parte non sappiamo nemmeno cosa stiamo facendo. È come tentare di giocare una partita a scacchi senza conoscere il gioco», rispose lui porgendole una piccola faretra riempita di dardi.

Le armi erano piuttosto vecchie e non erano dotate di tiracorda automatici o tecnologie avanzate al fine di renderle più sicure.

Alexandra ne scelse una con un anello a forma di semicerchio fissato sulla parte anteriore. Non era eccessivamente pesante e le era parsa la più pratica di tutte. La studiò attentamente e la avvicinò al viso per esaminarla meglio.

«Credo che possa andare», disse rivolgendogli uno sguardo incerto.

Christian si legò alla vita un marsupio verde militare rammendato alla meno peggio e ci infilò dentro diverse manciate di bossoli probamente in piombo o titanio.

Successivamente tornarono all'esterno con l'obiettivo di impratichire la ragazza nell'uso dell'arma.

«Allora... è semplice: carichi, prendi la mira e scocchi. Attenta alle dita quando tiri la corda e non esitare», ribadì Christian.

Alex fece un respiro profondo poi appoggiò l'arma a terra infilando la punta del piede nell'anello e con tutte le sue forse mise in tiro la corda, successivamente incastrò la freccia nel punto giusto con il piumaggio rivolto verso di lei.
Poi risollevò l'arma e se la appoggiò alla spalla impugnandola negli appositi fori per evitare di ferirsi le dita con i movimenti della corda.

Il ragazzo le si avvicinò per correggerle la posizione delle braccia.

Chiuse un occhio e con l'altro si concentrò nel piccolo mirino costituito da una semplice circonferenza. Quel giorno non c'era vento che potesse influenzare la direzione che avrebbero preso i dardi.

Alex si focalizzò sull'obbiettivo immaginario che aveva stampato sul tronco dell'albero individuato davanti a sé e si preparò a premere il grilletto.

Il primo tentativo non andò a colpire l'obbiettivo così come il secondo e il terzo, con il quarto ci andò vicina ma solo alla quinta prova il dardo si conficcò nella corteccia.
La ragazza esultò, poi si avvicinò all'albero per recuperare le frecce scagliate.

Una di quelle aveva colpito un sasso e la punta si era storta perciò la giovane valutò che non era più utilizzabile.

Successivamente fece altri tentativi ripetendosi che, con un animale, non avrebbe potuto sbagliare.

"Se mai arriverà il momento non avrai così tante occasioni per fallire", si disse tornano a concentrarsi sui dardi.

Intanto Christian le ronzava intorno osservandola attentamente. Di tanto in tanto la incitava o commentava i tiri che non andavano a buon fine.

Dopo circa un'ora Alexandra decise che l'allenamento era finito.

Di Kyle e Miwa non c'era ancora nessuna traccia ma ciò non era, per il momento, fonte di preoccupazione.

Non ricordava quanto tempo ci fosse voluto per arrivare dalla fonte alla casupola del cacciatore ma si costrinse ad estirpare dalla sua testa il pensiero che avessero potuto perdersi.

"Non possiamo permetterci di sbagliare. Non ci saranno concessi errori o seconde possibilità in questa situazione". 

Spazio autrice 🌙

Perdonatemi vi prego, so che il giorno di pubblicazione doveva essere ieri ma ho avuto un piccolo problemino che non mi ha permesso di organizzarmi come volevo.

Spero che il capitolo vi piaccia! Mi raccomando commentate e stellinate!

A venerdì con il capitolo 14

Emma

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