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EPILOGO

Era l'amore che aveva sempre sognato. L'amore che salva, guarisce, risorge tra le ceneri come uno splendido fiore. La più perfetta e magica favola.

Stella si sentiva un principessa, ogni giorno: e il lusso in cui viveva (da più di un mese si erano trasferiti a Roma, nella villa di Lauro), non c'entrava nulla. Sarebbero potuti tornare nella catapecchia di Santos (e un giorno ci sarebbero tornati sicuramente, per una visita) e lei sarebbe stata la sua principessa, sempre e comunque.

Certo, tutti quei comfort e tutti i bellissimi regali di Lauro, non le dispiacevano. Pochi giorni prima, per esempio, le aveva regalato un lungo vestito rosso, in seta, con lo scollo tempestato di diamanti. Le aveva detto che era per una cena importante, e Stella aveva percepito profumo di proposta di matrimonio. Quel pomeriggio si era sentita la donna più felice del mondo.

Ma in quel momento, provandoselo, l'unica sensazione che avvertiva era un nodo all'altezza dello stomaco. Non tanto per una possibile proposta. Quel vestito, così attillato e dalla stoffa così leggera, evidenziava forme che da un po' di tempo cercava di nascondere.

Pier Fausto, seduto sul letto, continuava a dirle che era bellissima (e di questo lei, ora, ne era consapevole, avendo assunto una maggiore autostima e fiducia in sé). Il problema era quella pancetta che pian piano stava crescendo. Lauro l'avrebbe notata sicuramente.

«Secondo te come la prenderà Lauro?»


«Je pijerà 'n coccolone.» Fu la poco rassicurante risposta di Doms, seduto accanto al bimbo.

«Non posso continuare a...» si voltò in sua direzione, lanciandogli un'occhiata eloquente.

L'amico, intuendo al volo, tappò le orecchie del piccolo.

«A mentirgli.» Concluse lei, in un sussurro. «La scusa del "ho mangiato troppo" non reggerà una terza volta... soprattutto con questo vestito.»

«Je 'o devi dì. Nun c'è artra strada, 'o sai.»

«In realtà ce n'è un'altra. Ma io non voglio.» Si sedette su un pouf dorato, accanto allo specchio, con la schiena ricurva e le braccia incrociate attorno alla vita. «E ti chiedo scusa. Per tutto. Ti ho cacciato in un casino assurdo.»

Doms scrollò le spalle, con una smorfia come per dire "non preoccuparti per me". Aveva profonde occhiaie violacee, sotto gli occhi. Si notava che non era per nulla in forma.

«E invece io mi preoccupo. Non riguarda solo me, ma anche te.»

Doms, dopo aver allontanato Pier Fausto (con la scusa di un nuovo dolce in frigorifero), cercò di rassicurarla come poteva.

Da circa un mese passava notti insonni davanti al televisore, fantasticando sui più tremendi scenari. Arrivava l'alba col mal di stomaco, per poi addormentarsi in pose scomposte tra cartacce di merendine, col telecomando ancora in mano.

Che cosa ne sarebbe stata della sua carriera assieme a Lauro? Ma soprattutto... che cosa ne sarebbe stata della loro amicizia?

Ma la cazzata l'avevano fatta in due. Non poteva rimproverarle nulla, ma, piuttosto, cercare di rincuorarla, nella speranza che se la fosse cavata un po' meglio di lui.

«Io ora devo andare.» Concluse lei, infine, dopo essersi infilata un paio di décolleté rosse lucide. «Spero di rivederti presto.»

Sapevano entrambi che non sarebbe stato così.

«Come 'a chiamerai?» Le chiese, mentre stava per varcare l'uscio della stanza.

In quel momento suonò il campanello.

«Oh, è arrivata la baby sitter.»

Doms sperò le rispondesse comunque. Ci teneva troppo.

«Penso che la chiamerò Sirenetta.»

«Sirenetta?»

«Sì. Te l'ho mai raccontata la storia di quella dolce signora dai capelli rossi e dalle tutte di paillettes?»

Domenico scosse il capo, ancora poco convinto della scelta di quel bizzarro nome.

«Spero un giorno di potertela raccontare.» Dopo quelle parole si affrettò a uscire dalla stanza, con le lacrime che premevano per uscire e macigno al centro del petto.

*****

Durante il tragitto fino al ristornate mille domande le frullavano per la testa. Come l'avrebbe presa Lauro? L'avrebbe lasciata? O avrebbe compreso? E la sua storica amicizia con Doms?

E poi ancora...

La spinosa confessione... prima o dopo la proposta? E la questione Pier Fauso? Meglio aspettare, o lanciare due bombe allo stesso momento?

I pensieri erano talmente confusi che Stella si trovò seduta al tavolo del ristorante senza nemmeno accorgersene.

Una sala enorme ma avvolta in un'atmosfera accogliente e intima. Velluti rossi, luci calde, candele dorate e lampioni in cristallo, donavano lusso ed eleganza a quel luogo quasi fatato.

«È molto bello qui.» Commentò, per rompere il ghiaccio. Si sentiva accaldata e agitata.

«Mai quanto lo sei tu, e come lo sarà questa magnifica serata.»

Stella deglutì, in evidente disagio. Pensò che era un po' presto per definirla magnifica.

Iniziò a tamburellare le dita sulla tovaglia. Era rossa come il completo di Lauro, e probabilmente come lo sarebbero state le sue guance se non avesse avuto l'accortezza di coprirle con due dita di fondotinta, così tanto da nascondere persino i tatuaggi (facevano ancora dannatamente male, ogni volta che si guardava allo specchio. Faceva male non poter ricordare).

Ma l'imbarazzo trapelava comunque dallo sguardo, dal respiro leggermente affannato, dai gesti. Per porvi fine si nascose dietro l'enorme menù rilegato in pelle.

Il cameriere arrivò di lì a poco. Indossava un frac elegantissimo e sul volto rotondo un paio di baffetti alla Salvador Dalì.

Una volta prese le ordinazioni si avviò verso le cucine, e Stella percepì di nuovo l'imbarazzo crescere. Lui non le staccava gli occhi di dosso.

«Non ce la faccio più ad aspettare...»

«Oh, Lauro... ma ha preso le ordinazioni meno di un minuto fa.» Cercò di scherzare Stella. «Diamogli almeno un quarto d'ora, poi andremo a lamentarci.»

«Eddai, che hai capito.» Le fece l'occhiolino.

«Mi dispiace, ma me lo dovrai spiegare.»

Lauro allungo le mani fino ad afferrare le sue.

«Hai le mani gelide.»

«Questo vestito è bello, ma è molto leggero.» Si lasciò sfuggire una risata nervosa.

«Lo so che non è il vestito.» Prese ad accarezzarle. Il cuore, nel petto di Stella, iniziò a fare capriole.

«Mi chiedesti chi eri. Te lo ricordi?»

«Sì... questo me lo ricordo.» La voce tremava. Le dita stavano iniziando a sudare.

«Io ti dissi che non aveva importanza chi eri, ma chi sei.»

«Lauro, ti prego non farmi commuovere. Avevo finito il mascara buono e ne ho dovuto usare uno scadente che avevo nella borsa da una vita.»

«Ti ricomprerò quel mascara che ti piace tanto, ma ti prego...»

«Okay, non ti interrompo più. So che a volte parlare di fronte a una persona è più difficile che parlare di fronte a un milione. O meglio, lo posso immaginare.»

«Dicevo... io ti dissi che non importava chi eri, ma chi sei. Che stupida risposta! Ancora non l'avevo capito... sei sempre stata tu. Quella ragazza spavalda, con il mare in tempesta negli occhi e la tua piccante dolcezza sulle labbra. Eri, e sei, un quadro dalle mille sfaccettature. Forse con qualche increspatura in più nel tuo colore, con qualche imperfezione nelle pennellate. Ma i quadri più belli, in fondo, sono fatti di luci e di ombre, di dettagli chiari e macchie di colore confuse. A volte li ammiri, altre non li comprendi.» Fece una pausa. Aveva gli occhi lucidi.

«Sei tutto ciò che desidero e che è in grado di ridarmi la felicità. Perché io, quando ti ho persa, ho perso la felicità, Stella.»

Una lacrima le scese lungo la guancia. Quelle parole toglievano il fiato, peccato doverle interromperle. Eppure doveva farlo, sentiva che doveva farlo prima della proposta.

«Ti amo.» Proseguì lui. «E se non mi credi, perché ci conosciamo da poco, io intendo dimostrartelo ogni singolo giorno che verrà.»

Si alzò in piedi, e Stella si sentì morire. Era giunto il momento.

«Stella...» infilò la mano all'interno della giacca. Tremava.

«Aspetta Lauro!» Scattò in piedi con tanta foga che per poco la sedia non si ribaltò a terra. «Io ti devo dire una cosa, prima.»

Se ne rese conto solo in quel momento. Aveva gridato il suo nome talmente forte che la sala si era ammutolita. Tutti li guardavano. Persino le dita dell'anziano pianista, si erano fermate.

«La mia è più importante, fidati.» Il cuore martellava nel petto come un tamburo impazzito.

«E va bene.» Acconsentì, con un sorriso nervoso.

Stella serrò i pugni e strizzò gli occhi, come chi, a bordo di un'auto da corsa lanciata a tutta velocità, sta per schiantarsi contro un albero.

«Pier Fausto è tuo figlio, e sono incinta del tuo miglior amico.»

Lauro svenne. Svenne addosso addosso al cameriere che in quel momento stava trasportando su un vassoio d'argento il "benvenuto della cuoca".

Tartine di caviale, crema di zucca e purè di carote e zenzero giacevano sparsi sul pavimento, sul completo rosso di Lauro e sul frac del cameriere, che imprecava con le gambe all'aria.

Stella avrebbe voluto seppellirsi. Non sarebbe stato semplice riparare quel casino. Il cibo ovviamente era la meno.

*****

Non l'aveva cacciata di casa solo per pietà, ma il perdono era tardato ad arrivare. Due mesi di sguardi gelidi e cene silenziose. Ma a un certo punto, Lauro aveva capito che non poteva andare avanti così. Quella strana situazione di stallo gli stava corrodendo l'anima. Allora, una sera, l'aveva invitata a cena fuori (in un altro ristorante, perché in quello della proposta mai avvenuta si vergognava a morte a ripresentarsi), e le aveva finalmente chiesto di sposarla.

Avevano fissato le nozze per l'anno seguente, a fine luglio. Lauro ci teneva ci fosse anche Doms, ma ancora non riusciva a perdonarlo. Aveva bisogno di tempo.

Per quanto invece riguardava Luna, i genitori di lei, e Francesco (Stella aveva fatto i salti di gioia il giorno del suo arresto)... ebbene... quel perdono non sarebbe mai arrivato, né da parte di Stella, tanto meno di Lauro. 

Il perdono, per Doms, arrivò assieme al biglietto d'invito. Nel frattempo aveva fatto carriera come solista, e da un mese messo su una band che sembrava funzionare.

Ormai era tardi per tornare a lavorare assieme a Lauro, che a sua volta aveva assunto un altro chitarrista... ma non per fare pace con un vecchio amico.

Al matrimonio, dopo una sbornia colossale (da parte di entrambi), e un flirt assieme a un'imbucata (del quale né Domenico né lei avrebbero ricordato granché), Doms e Lauro tornarono i buoni amici che erano.

Per quanto riguardava Stella... oh, per lei fu il giorno più bello ti tutta la sua vita. Aveva finalmente sposato l'uomo che amava, udito Pier fausto chiamare Lauro "papà" mentre gli saltava in braccio, visto Lauro e Doms abbracciarsi quasi in lacrime, ricevuto da quest'ultimo un simpatico costume da sirenetta per la figlia (che l'aveva fatto ridere per mezz'ora... o forse era il troppo vino?)... e infine conosciuto la mitica signora Sirenetta, che, a quanto pareva, era una cara amica di Lauro e Doms.

L'aveva ringraziata infinite volte, quando si erano presentate, e la donna continuava a non capire. Così tanti ringraziamenti per averle regalato due gattini bianchi? Erano due cuccioli dolcissimi, ma le sembrava un po' eccessivo.

Ma a fine giornata, Stella capì. Non c'era stata nessuna magia, nessun evento soprannaturale, a indicarle la via della felicità.

Solo un pizzico di fortuna, ma soprattutto, tanto amore e tanta speranza.

Era quella la vera magia.


FINE

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