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50 • SCONTRO FINALE

Lauro era lì, dinnanzi a lei, e Stella non ci poteva credere.

«Lauro...» lo chiamò, con un filo di voce. «Ma io... io ti ho appena visto morire...» contemplò la sua figura come il più splendido miraggio. La luce in fondo al tunnel. Un'ultima possibilità di salvezza per lei e per la bambina che portava in grembo.

«Stella... stai bene?» Ebbe l'impulso di correre da lei e abbracciarla. Immersa in quella vasca da bagno, con ancora indosso i suoi vestiti, era in condizioni pietose: ammanettata al rubinetto, con una ferita sulla testa e una seconda sul polso, in corrispondenza della morsa d'acciaio che la teneva prigioniera.

Ebbe la tentazione di soccorrerla, ma fu costretto a rimandare. Aveva un conto in sospeso con qualcuno, che in qualche modo andava sistemato. Ma Francesco lo anticipò:

«Bene bene, guarda un po' chi abbiamo qui!» Si sollevò in piedi, e si frappose tra i due amanti, interrompendo quella patetica scenetta. «I due piccioncini nella tana del lupo.» Rise, voltandosi prima verso il suo amore, poi in direzione di colui che gliel'aveva portata via.

Lauro storse la bocca in una smorfia rabbiosa. La risata del mostro era un pugno nello stomaco. Ma celava anche una certa insicurezza, notò subito dopo.

«Dimmi la verità, non te lo aspettavi di vedermi.» Lo sfidò. L'altro si fece improvvisamente serio.

«È stata quella puttana, vero? Luna...» pronunciò quel nome con disprezzo, stringendo i pugni fino a fare sbiancare le nocche.

«No, è stato il mio istinto. Luna non c'entra niente.»

Era una parziale verità. Perché a fornirgli una copia delle chiavi di casa, invece, era stata proprio lei.

«Ad ogni modo, non sei il benvenuto!»

Dopo quelle parole, l'uomo si fiondò su Lauro con la furia di un leone. Cercò di sferrargli un pugno in faccia, ma l'altro lo schivò agilmente, scartando di lato. In risposta, fu rapido a colpirlo con un calcio nello stomaco, che lo mandò a sbattere contro un mobile. Alcuni tubetti di crema e di prodotti per i capelli caddero a terra.

«Tutto qui quello che sai fare, ragazzino?» Lo provocò. «Non mi hai fatto nemmeno il solletico.» Di nuovo, quella risata perfida.

Ma Lauro non si scoraggiò. Stava solo prendendo tempo per recuperare l'equilibrio e attaccare di nuovo.

Non glielo permise. Quando questo si avvicinò a lui, lo anticipò, colpendolo con un destro, dritto sul naso.

Con un mugugno Francesco indietreggiò. Se lo tamponò con due dita, che si macchiarono di un liquido caldo e rosso. Un rivolo di sangue colò fino alle labbra.

«Basta! Smettetela!» Li pregò Stella, ma fu inutile.

Col cuore in gola e il terrore negli occhi assistette a una lotta selvaggia, senza poter far nulla per farla cessare.

Dopo diversi minuti si creò una situazione di stallo.

«Perché? Perché l'hai fatto?» Domandò Lauro, col fiatone. Erano entrambi feriti ed esausti.

«Perché siete stati la mia ossessione. Entrambi.» Sbuffò, asciugandosi col dorso della mano del sangue che continuava a colargli sulle labbra. «Eri il mio idolo, Lauro. Eri ciò che desideravo essere, la mia massima aspirazione.»

Gli costava ammetterlo. Eppure era la verità. Ma poi era crollato tutto: con la scoperta del passato di Stella, aveva iniziato a nutrire nei confronti di Lauro una gelosia e una invidia malate, fino ad arrivare all'odio.

«Eri il mio Dio, sai?» Proseguì. «Lo eri da sempre. Conoscevo le tue canzoni a memoria, ero stato a ogni tuo concerto... ma poi...»

«E Stella?» Lo interruppe, sforzandosi di trattenere la rabbia che lo pervadeva.

«Stella l'ho conosciuta per caso e me ne sono innamorato. Immagino ti abbia già raccontato come sono andate le cose.»

Lauro non concepiva quelle parole. Francesco parlava di amore... ma come si può riservare tanta crudeltà alla persona che si ama? Se solo pensava a tutto ciò che aveva fatto... gli avrebbe spezzato l'osso del collo all'istante.

«Ma lei non mi amava.» Continuò. «Il suo cuore è sempre appartenuto a te.»

Si appoggiò con la schiena contro il mobile, le gambe iniziavano a cedere.

«Quando ho capito che non l'avrei mai potuta avere, ho pianificato la mia vendetta. Volevo farvi soffrire entrambi. Ero io a mandarti quelle lettere.»

«Quali lettere?» Si intromise Stella.

Lauro si voltò verso di lei. «Non te ne ho mai parlato. Ho ricevuto alcune lettere anonime, nell'ultimo periodo.»

«Lettere anonime?»

Gliene parlò brevemente, mentre Francesco si accasciava a terra, con un dolore pulsante alla testa per i troppi colpi ricevuti.

Le ferite bruciavano sulla pelle e sul cuore.

Si ritrovò a pensare che quei due stavano dannatamente bene insieme. Si completavano.

Lauro era così giovane, brillante ed eccentrico.

Si ricordò di quando si  rinchiudeva in camera, a coprirsi di chili di fondotinta e di ombretto, nel tentativo di replicare i suoi bizzarri make-up. Lauro era un gran figo... lui solo ridicolo. O quando si impegnava a imitare le sue movenze, mentre lo osservava dietro lo schermo di un televisore, muoversi sul palco. Finiva sempre per sentirsi un buono a nulla.

Ma fu solo più tardi che quell'amore per il suo grande idolo, iniziò ad assumere un colore diverso, fino a marcire, fino a trasformarsi in odio quando scoprì della sua relazione con Stella.

Erano passati anni e a causa dell'incidente lei non ricordava più nulla della sua storia con quell'uomo... ma allora perché non riusciva ad amarlo, dopo tutto ciò che aveva fatto per lei?

E poi c'era Pierfausto, frutto del loro sentimento, a ricordargli costantemente ciò che era stato.

No, non poteva finire così. Quei due gli avevano rovinato la vita e dovevano pagarla!

Si alzò a fatica, aggrappandosi al mobile.

«... doveva essere una specie di sketch comico prima della mia entrata. Ma l'assassino deve averlo scambiato per me e...»

«Attento Lauro!»

Lo schivò appena in tempo. Il mostro era tornato all'attacco, con gli occhi iniettati di sangue e un ringhio feroce dipinto sul volto.

Ma era sfinito. Bastò un altro colpo ben assestato, sul naso, a farlo crollare a terra.

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