26 • VECCHIE INIMICIZIE E AMARE VERITÀ
Stella, priva di coscienza, fu caricata su un'ambulanza e portata in pronto soccorso.
Nel villaggio il rumore delle sirene echeggiava nella notte, sempre più debole e lontano, fino a lasciare spazio a un silenzio carico di tensione.
I compagni, chi ancora sul palco, chi seduto pensieroso su una delle dieci poltroncine in vimini, parevano smarriti, profondamente turbati. C'era chi si confrontava con l'amico, cercando risposte e conforto, chi preferiva tacere. La stessa Ilaria Blasi era disorientata, non si era mai trovata a fronteggiare una situazione simile.
Solo dopo un po' David si allontanò dal gruppo, dirigendosi verso il Luxury Hotel per potersi cambiare d'abito, raccogliere le sue cose e andarsene.
Ma poco prima di raggiungere l'entrata, Lauro lo fermò, afferrandolo per una spalla e costringendolo a voltarsi.
«Che diavolo le hai fatto?» Ringhiò, rabbioso.
«Ehi piccola pustola calmati, non le ho fatto proprio niente!»
Lauro gli puntò un dito contro. «Sì, invece. L'ho vista su quel palco, era nervosa, sull'orlo di un pianto isterico!»
«Perché non glielo chiedi a lei?» David stava iniziando a innervosirsi.
«Forse perché l'hanno appena portata via con un'ambulanza, priva di sensi?» Rispose ironico l'altro.
«Senti brufolo, non ne ho voglia di discuterne, okay? Tientela pure. È tua, e non sarò di certo io a portartela via.» Disse, con un sorriso maligno stampato sul volto.
«Mia...» sbuffò. «Ne parli come fosse un oggetto.»
«Quando si renderà conto del patetico idiota che ha davanti sarà lei a correre da me, senza che io debba muovere un dito.»
«Stalle lontano.» Sibilò Lauro. Dagli occhi lanciava saette. Gli diede le spalle, correndo in direzione dei compagni.
*****
Stella fu dimessa il pomeriggio seguente.
Non appena Lauro la vide dirigersi verso la villa delle donne, schizzò fuori dalla piscina e le corse incontro, senza nemmeno preoccuparsi di indossare le infradito.
Attraversò tutto il giardino, scalzo, fino a raggiungerla.
«Stella! come stai?» Le chiese, preoccupato, sbarrandole la strada.
Ma lei lo ignorò, superandolo e procedendo a passo svelto lungo il vialetto ghiaioso. Lui le corse dietro, confuso da quell'atteggiamento freddo e scontroso.
«Perché mi tratti così?»
«Ah, e me lo chiedi pure?» Sputò, acida.
«Che ti ha detto quell'idiota?»
La compagna sbuffò, continuando a camminare. «Quello che tu chiami "idiota" mi ha raccontato tutta la verità.»
«Che ti ha detto?» Insisté, alzando il tono della voce.
Nel mentre avevano raggiunto l'ingresso della villa. Con un gesto brusco e nervoso Stella aprì il portone. Ma in quel momento Doms li raggiunse.
«A bambolì, ma che me combini?» Esordì, ironico, riferendosi all'episodio della sera precedente.
I due si voltarono in sua direzione, trovandolo appoggiato contro una colonna del porticato, con le braccia incrociate al petto.
«Siete due dannati bugiardi!» Sibilò Stella.
L'entusiasmo dell'amico si spense immediatamente. «Che le prende?»
Lauro gli lanciò un'occhiata dura, di rimprovero. «Credo che sia appena successo un casino. Lasciaci soli.»
Domenico, non volendo incrinare ulteriormente i rapporti, senza obiettare si allontanò da loro, deluso, tornando dai compagni che l'aspettavano piscina, talmente presi dalle varie attività ricreative da non accorgersi dell'arrivo di Stella.
La giovane pugliese, seguita da Lauro, entrò all'interno della villa, lasciandosi cadere seduta sul proprio letto, sfatto e in disordine come lo era il resto della stanza.
«Vattene, non ne ho voglia di parlarti!»
Lui ignorò la sua richiesta, accomodandosi di fronte a lei. «Non ti chiedo di parlarmi, ma di ascoltarmi.»
«Come hai potuto mentirmi per tutto questo tempo?» Nel suo sguardo apatico e spento, vi si poteva leggere un profondo dolore.
«Stavo solo cercando il momento giusto per dirtelo.» Deglutì. «Ma non l'ho mai trovato, non ho mai...» un groppo in gola si mangiò le parole.
Aveva combinato un disastro. Non era così che doveva andare. Avrebbe dovuto introdurre l'argomento in modo graduale, addolcire l'amara pillola, come si suol dire. Ma David aveva rovinato tutto. Ancora una volta. Quella consapevolezza gli fece venir voglia di prenderlo a pugni.
«Hai avuto tre settimane per dirmelo. Tre dannate settimane!»
«Tre settimane...» sbuffò Lauro, curvando la schiena e appoggiando i gomiti contro le ginocchia. Iniziò a torturarsi le dita in modo nervoso. «Io ti ho aspettata per quattro anni, e tu non puoi aspettarmi per tre settimane?»
«Ho avuto un incidente, Lauro! Un maledetto incidente che mi ha fatto perdere la memoria, lesionando il mio cervello in modo permanente. Come puoi essere così insensibile?!»
«E tu come puoi essere così fredda e distaccata? È da tre settimane che cerco di avvicinarmi a te, ma tu continui a innalzare barriere su barriere!» La rabbia stava prendendo il sopravvento.
«Bel modo di avvicinarti a me, baciando un'altra!»
Lauro storse la bocca in un finto sorriso, roteando le pupille verso l'alto in segno di disappunto. «L'avevo fatto per farti ingelosire. Non ci capisci proprio nulla dell'universo maschile, eh?»
«Io ti ho raccontato tutto di me.» Gli occhi, ridotti a due piccole fessure, erano gonfi di lacrime, che ben presto sarebbero scese a fiumi. «Ti ho mostrato il mio lato più oscuro, più squallido. Tu invece nulla, pur sapendo quanto ne avessi bisogno.» La voce leggermente incrinata era una nota stonata, una corda di violino che si spezza.
«Ti chiedo scusa. Ho perso troppo tempo.»
«Ti ho parlato persino di quegli stupidi incubi che facevo ogni notte.» Scosse il capo, asciugandosi col palmo della mano una lacrima scesa senza chiedere il permesso. La rabbia pian piano stava lasciando spazio alla delusione.
«Posso rimediare. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per parlarne.»
«Ti sbagli. Mio marito potrebbe richiedere un falò di confronto in qualsiasi momento, e scegliere di portarmi via con sé. E poi ormai è troppo tardi.»
«Allora parliamone adesso. Chiedimi tutto quello che vuoi, ti racconterò tutto!» Allungò una mano verso di lei, ma Stella ritrasse la sua con fare brusco.
«Troppo facile così. Non mi va più, è troppo tardi.»
«Vuoi davvero gettare tutto al vento?!»
«Lasciami sola Lauro, vattene!»
Lauro, furioso, in un attimo schizzò fuori dalla villa, sbattendo la porta dietro di sé.
Andò a sfogarsi nella propria camera, imprecando e tirando calci e pugni contro i materassi, come combattesse contro un nemico invisibile. Sé stesso.
Stella, invece, si chiuse in un pianto silenzioso. Le parole di David le avevano aperto gli occhi su una sconvolgente verità che tutti sembravano volerle nascondere. Parole spietate, che avevano fatto crollare ogni certezza sotto il più devastante dei terremoti. Le fondamenta della sua casa, che credeva solide, sgretolate come carta bruciata.
Si rannicchiò, portandosi le ginocchia al petto e appoggiando la fronte contro gli avambracci.
La sua famiglia le aveva mentito. Lauro le aveva mentito. Anche Doms l'aveva presa in giro. Ma per quale motivo?
Che cos'era successo in quel dannato reality show?
Rifletté su tutto il suo percorso a Sin Island, fino a scontrarsi nuovamente con le parole di David. E poi con quelle del medico.
E si ritrovò a pensare che forse aveva ragione Lauro... ormai era troppo tardi.
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