6. Squadre
Ultimo giorno, prima della consegna dei diplomi di fine corso.
Cosa dire di quella giornata?
Fu semplicemente fantastica ma anche ricca di sorprese.
Era la prima volta che era permesso a noi animatori di fare una gara di barche a vela, e io avrei puntato a vincere. Alberto mi aveva contagiata con la sua fissa per la competizione e ormai sentivo già l'adrenalina addosso.
La sentivo già appena mi svegliai quella stessa mattina...
Spalancai gli occhi con una certa malinconia, ricordando che quello sarebbe stato il penultimo giorno prima della conclusione del Corso. Mi persi ad osservare il soffitto candido della mia stanza sul quale la mia mente stava riflettendo le immagini che avevo per la testa.
I ricordi meravigliosi, i momenti inaspettati e...perché no? Anche i sogni ad occhi aperto nei quali ogni tanto mi perdevo.
Soprattutto in quelli dove era presente anche Andrea.
Mi morsi lievemente un labbro, decidendo finalmente di riemergere dalle coperte morbide e leggere che mi avevano ospitato anche quella notte, staneo attenta a non far cadere uno dei miei soliti libri.
Mia madre mi avrebbe sgridata se avesse scoperto che mi svegliavo a notte innoltrata per leggere libri a sua insaputa, ma era più forte di me.
Nascosi il libro nello scaffale sopra al letto, rifugio sicuro e troppo evidente per essere sospettabile.
Mi stiracchia e andai nella piccola veranda fuori dalla mia camera, respirando l'aria fredda di prima mattina.
Il sole come al solito si nascondeva dietro le colline, dall'altra parte del lago. Mi appoggiai al parapetto e sospirai.
Dovevo riflettere prima di recarmi come al solito alla Lega. Riflettere su quello che speravo accadesse e sulla realtà dei fatti.
Stava tutto per finire e quasi mi veniva da piangere.
Non avrei più rivisto i bambini, non avrei più rivisto Andrea...e non stavo esagerando.
L'avevo scoperto due giorni prima, mentre parlavamo di università.
Si sarebbe trasferito per tutto il periodo universitario a Bologna.
E io?
Io avrei passato la mia vita universitaria a Genova, nella villa di famiglia, dove avevo sempre voluto andare... Solo che c'era un piccolo problema: i miei non lo sapevano ancora.
Quando ci eravamo svelati a vicenda i nostri piani, un silenzio pesante e teso era sceso tra di noi. Improvvisamente il gommone sembrava incredibilmente grande e desolato, sebbene avessimo a bordo due bambini che aspettavano il loro turno per salire sui Bug e che continuavano a chiacchierare, ignari del nostro improvviso silenzio.
I suoi occhi si erano allonati dal mio viso per scrutare l'orizzonte e per un attimo, un breve istante, mi era sembrato di scorgervi tristezza e delusione.
Ma era durato troppo poco per esserne certa.
Poi era tornato a sorridere e mi aveva detto che qualsiasi strada avessi deciso di percorrere lui era certo che ce l'avrei fatta. E poi aveva buttato lì una frase che mia aveva fatto rimanere titubante.
"E se mai passassi da Bologna, ti ospiterò volentieri!"
Avevo abbozzato a un sorriso incerto, rispondendo che la stessa cosa valeva per lui nel caso di Genova.
I nostri occhi si erano incrociati nuovamente e mi era sembrato che volesse aggiungere qualcos'altro, ma proprio in quel momento i due bambini erano venuti da noi dicendo che si stavano annoiando terribilmente.
Scossi la testa e rientrai in camera, sbrigandomi a vestirmi per poi afferrare la sacca che avevo preparato la sera prima e ricordarmi della promessa.
Ero in ritardo.
Corsi giù per le scale ed entrai in cucina per recuperare le chiavi della macchina e inciapai quasi sulle macchinine che i mie fratelli avevano abbandonato davanti alla porta di ingresso.
Così piccoli e già capaci di ucciedermi?
Avrebbero di certo fatto carriera come futuri killer, ne ero certa.
Accesi l'auto e nello stesso momento feci partire un messaggio di scuse per il mio ritardo assicurato. Avevo persino lasciato sciolti i capelli per la fretta e ora andavano da tutte le parti, cercai di scostarli dal viso, infilandoli dietro alle orecchie ma non ottenni il risultato sperato, perciò mi morsi il labbro inferiore e partii.
Il problema della strada di casa mia consisteva nel fatto che era una discesa composta da un susseguirsi di curve e che teoricamente era segnata come strada a due corsie quando in pratica era a una.
Perciò andai piano e stando ben attenta, pregando Gesù, la Vergine Maria e tutti i Santi affinché non incontrassi nessuno.
Quando arrivai al bar dove avevamo appuntamento la mia migliore amica era ferma di fianco alla porta e mi guardava con una faccia divertita:
- Straordinario! Ci siamo invertite o sbaglio?
Le feci la linguaccia, conscia del fatto che fosse un atteggiamento leggermente infantile, ma avevo già deciso che non mi interessava. E lei per tutta risposta mi abbracciò, scoppiando a ridere.
- Allora, ti piace il posto?
Osservai il baretto e rimasi stupita del fatto che fosse lo stesso in cui mi aveva portato Andrea una settimana e qualche giorno prima.
Poi mi ricordai di avergliene parlato e mi feci guardinga, studiando la faccia compiaciuta di Sara.
- Mi vuoi dire che diavolo stai archittetando?
- Nieeente!- e con quella frase capii che mi sarei potuta aspettare di tutto.
E tutto non era affatto usato in modo esagerato, quando si riferiva alla mente diabolica della mia migliore amica. Ma non potei aggiungere nulla che mi aveva già trascinata dentro, per poi farmi accomodare in un tavolo da sei.
E noi eravamo in due.
Glielo feci notare, certa che stesse facendo una delle sue cazzate, ma lei mi liquidò con un cenno della mano prima di richiamare la cameriera e ordinare cinque brioche, due caffè, un caffè latte, un latte macchiato e sei spremute d'arancia.
Appena la cameriera si fu allontanata, si voltò verso di me e scoppiò a ridere della mia faccia basita.
-Che storia è questa?
-Ho fame...- abbozzò a un sorriso angelico che non mi convinse per niente.
-Fame? Ma Sara, hai ordinato per un esercito!
-Forse perché sono incinta...- si tamburellò con un dito il mento, per poi ridere del fatto che fossi sbiancata improvvisamente -Tranquilla, non è niente di grave...eh!
Ok. Stavo per compiere un omicidio.
Aveva detto davvero una cosa del genere?
-Scherzi, vero?- cercai di mantenere la calma e lei si fece improvvisamente seria.
Se fino a quel momento avevo ritenuto che fosse tutto uno scherzo ora temevo la sua risposta.
- Sí, certo! Grazie a Dio siete arrivati! Non sapevo più cosa inventarmi! - rise, osservando verso l'entrata, mi voltai seguendo il suo sguardo e vidi un gruppo di ragazzi avvicinarsi di fretta.
C'erano Albero, Marco ed Elena.
Marco si diresse immediatamente accanto alla sua ragazza baciandola castamente sulle labbra:
- Scusa amore, ma siamo arrivati tardi e qualcuno è più in ritardo del solito... Ciao Fra!
- Ciao ragazzi!- sorrisi, mentre le nostre ordinazioni arrivavano.
Elena si sedette accanto ad Alberto, lasciando il posto vicino a me libero:
- Avevamo pensato di farti una sorpresa, visto che Sara ci ha detto che eri un po' triste per la fine del corso!
- Hey hey! Ragazzi ammettete che il merito è solo mio!- intervenne Sara e io le sorrisi, divertita.
- Tuo e anche del sottoscritto!
Una voce alle mie spalle mi fece voltare con un sorriso raggiante.
Era la voce che fin da subito avrei voluto sentire.
La sua voce.
Andrea scostò la sedia accanto a me e mi diede un bacio sulla fronte senza prevviso: - Buongiorno, partner...
Come al solito mille farfalle iniziarono a sbattere le ali nel mio stomaco e il mio sorriso si fece ancora più largo, sotto lo sguardo luminoso e caldo del ragazzo più ritardatario che avessi mai conosciuto.
Ma anche il più dolce.
§§§
- Francesca! Cazza quel fiocco!
- È quello che sto facendo! E se me lo ripeterai ancora giuro che ti butterò in acqua!
Alberto si limitò a sbraitare altri ordini, questa volta rivolti a Elena e io avrei voluto strozzarlo. Da quando era iniziata la gara sembrava essere diventato un'altra persona, ben peggiore di quella che era prima.
La competitività che sprizzava da ogni poro della sua persona lo rendeva più incline alle parolacce e ad alzare la voce, entrambi fatti che mal sopportavo. Se poi sommavamo a tutto questo la mia dose di adrenalina e di competizione... Su quella barca rischiavamo di far nascere la Terza Guerra Mondiale.
Le barche scivolavano rapide sull'acqua calma del lago, sospinte dal vento, e prendendo velocità, sfidandosi tra loro in una gara divertente ma concitata. La mia squadra era costituita da me, Alberto, Elena e Marco.
Andrea era sulla barca con altri tre aiutoistruttori, un po' meno esperti di noi per questo Yuri gli aveva detto di andare con loro. Lo sentivo dirigere i ragazzi in modo conciso e asciutto, dando ordini come non aveva mai fatto con me.
Il sole mi accarezzava la fronte imperlata di sudore, mentre la detergevo con un polso per poi sistemare meglio gli occhiali da sole sul viso. Poi scorsi qualcuno al molo, oltre ai bambini sovraeccitati e scalmanati, che la povera Barbara, la segretaria, cercava di calmare e controllare alla meno peggio. C'era Sara che le dava una mano e poi più in là riconobbi due testoline bionde che si schizzavano con l'acqua, ridendo.
Oliver e Samuel.
A momenti lasciavo la presa sul fiocco, mentre visualizzavo anche la chioma bionda di mia madre accanto a Barbara. Elena mi aiutò a riprendere equilibrio, intimandomi di stare attenta e chiedendomi se andasse tutto bene. Annuii velocemente e cercai di concentrarmi solo sulla gara, per ora eravamo secondi e Alberto aveva iniziato nuovamente a strillarci contro. Anche perché prima era la squadra di Andrea con quei "tre bradipi" come li aveva chiamati lui.
Stringemmo la curva intorno alla boa e tornammo indietro verso la fine della gara. Riuscii a intercettare un buon vento che gonfiò la vela rapidamente, sospingendoci più avanti. Le increspature del lago parevano favorirci e ci ritrovammo accanto alla barca di Andrea senza neppure accorgercene.
- É inutile che ci provata! L'ho sempre vinta io la gara finale! - gridò il biondo, nella nostra direzione.
- Mi spiace, ma c'è sempre una prima volta!- urlai io, di rimando, stringendo il fiocco con un cenno ad Alberto, che virò bruscamente, superando la barca che fino a quel momento era stata prima.
E arrivammo primi.
- Visto? Visto?!? Ci siamo divertiti e abbiamo vinto tranquillamente! - si pavoneggiò Alberto, meritandosi sia il mio sia lo scapellotto che gli rifilò anche Elena contemporaneamente.
- Ehm... Amico, hanno ragione. Hai urlato per tutto il tempo...- scrollò il capo Marco, quando gli rivolse un cenno di aiuto.
Tirammo a riva la barca per disarmarla e pulire le vele.
Con i bambini avremmo ripassato le basi di sicurezza in vista della loro gara per il giorno dopo.
Quelle piccole pesti urlarono saltandoci addosso appena toccammo terra e non potemmo evitare di ridere.
- Potere alle donne! - esultò Sara, travolgendomi in uno dei suoi soliti abbracci.
- Ehm... A dir il vero, ci saremmo anche noi...- intervenne Alberto, mentre Marco decideva di lasciar perdere in partenza. Conosceva fin troppo bene il carattere della sua ragazza.
- Hai visto chi sono venuti a far il tifo? - si staccò appena in tempo che due furie mi travolgessero, facendomi finire in acqua.
- Liv! Sam! - li sollevai, uno sulla spalla e l'altro sull'altra, facendoli ridere - Piccole pesti!
- Tata! Tata!
- E questi sono i tuoi famosi fratellini?
La voce di Andrea mi fece voltare, ancora con il sorriso sulle labbra:
- Eh già!
I due gemelli scivolarono giù, tutti scompigliati, cercando di mettersi a posto le magliette bagnate nello stesso istante. Vidi un sorriso dolcissimo allargarsi sul viso abbronzato del ragazzo che ormai sapevo aver rubato il mio cuore.
Mi piaceva.
E piaceva anche ai gemelli, vedendo il modo in cui si misero a parlare concitatamente con lui.
- Francesca! - mia madre mi squadrava a braccia incrociate accanto a una mortificata Barbara - Noi due dobbiamo parlare.
E in quel momento mi ricordai della bugia che le avevo raccontato, la prima che le avessi mai detto.
E della sgridata che mi aveva fatto la notte in cui mi ero alzata per aiutare Andrea e Davide.
E capii che ero nei casini.
Casini belli grossi.
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