10. Tramonto di verità
Il sole aveva appena iniziato ad accarezzare il filo dell'orizzonte che si perdeva lontano di fronte a noi, tra le colline e le montagne che si vedevano sull'altra riva del lago, illuminando di una luce romantica e sognante la Rocca di Angera che svettava nitida contro il cielo, ma aveva già catturato tutta la mia attenzione.
Era uno di quegli spettacoli che altri ragazzi avrebbero immediatamente cercato di catturare con il telefonino per poi postarlo su qualche social network per ottenere un maggior numero di like e visualizzazioni.
Io preferivo osservare e basta.
Imprimere nella mia mente quei colori pastello che tingevano l'aria e il lago, che non erano nulla rispetto a quando li vedevo riflettersi sul mio adorato mar ligure, ma che in quel momento così difficile mi offrivano un respiro rinfrescante come la brezza.
Avevamo appena ritirato le barche, aiutate dai bambini ormai asciutti e leggermente stanchi per le forti emozioni provate. Yuri aveva convocato tutti i bambini all'interno della Lega dove li avrebbe chiamati uno per uno per dar loro in modo solenne il certificato di partecipazione al Corso di Vela.
Avevo lasciato che tutti gli altri aiuto-istruttori mi precedessero e quando avevo fatto per entrare anch'io qualcuno mi aveva afferrata e trascinata fuori, lontana dagli altri e dai miei stessi genitori che avevano già preso posto dentro in silenzio.
- Ma che cos...
- Ci sono i tuoi! E sembrano davvero davvero strani! - la voce di Sara era leggermente più acuta del solito, come sempre le succedeva quando era agitata e quasi mi faceva pensare a un cartone animato per quanto gesticolasse - Sono venuta qui per parlarti e spingerti finalmente tra le braccia del bel marinaretto, e cosa mi sono ritrovata davanti? I tuoi genitori! Tutta la tua famiglia! E non sapevo cosa fare... Ma tu li hai visti? Cioè... tu non mi hai detto nulla e non so, avete risolto? Pensano che Andrea ti abbia fatto del male? Ma no...l'ho visto e non mi sembrava morto o privo di qualche arto... Non capisco proprio cosa ci facciano qui! Mica ti mettono in punizione a vita, vero? Oddio, già non ci vediamo molto poi se fanno anche questo io...
Quasi mi misi a ridere per il suo sguardo sconvolto e a causa di questo gesto ottenni in cambio una sua occhiataccia. Cercai di non ridere, ma lei mi faceva morire.
- Ma mi spieghi perché ridi?
- Sta calma, è successo un mezzo casino lo so, ma incredibilmente Andrea li ha fatti ragionare e...
- Stop! - mi mise una mano davanti alla bocca - Andrea?
Annuii.
- Loro hanno ascoltato Andrea?!?
Annuii un'altra volta.
- E tuo padre non l'ha ucciso?
Negai con la testa.
- Neanche amputato un pezzittino? Tipo un alluce o altro?
Spalancai gli occhi, scuotendo la testa furiosamente e liberandomi: - Tu guardi troppe serie tv! Te lo dico io!
Finalmente si rilassò e si aprì in un sorriso: - Ma quindi ti lasceranno andare a Genova?
- Questo... Questo non lo so proprio, mi devono ancora parlare a questo proposito.
- Oh... E quindi pensi che siano qui entrambi per darti una risposta?
Sospirai e annuii, lascianco che le braccia della mia migliore amica si avvolgessero intorno a me, dandomi supporto per l'ennesima volta. Gli abbracci dati col cuore fanno parte della categoria dei gesti che più amo, e che mi fanno sentire bene.
Mi fanno sentire importante.
- Vedrai che andrà bene e se non dovesse andare, io ti sosterrò sempre! E poi potrei rapirti, chiedere come riscatto la retta dell'università di Genova e...
Scoppiai a ridere, scuotendo la testa.
- Se non succederà vorrà dire che non è destino...- sospirai, cercando di sorridere.
- Oh Fra...
- Oddio... Sara non starai per piangere, vero?- cercai di sdrammatizzare.
- Nono, credo mi sia entrato un rinoceronte in un occhio... Mannaggia, sono di stagione...
Scoppiammo a ridere entrambe, mentre sentivamo un certo trambusto all'interno della sede e della musica.
- È ora del buffet!
E, in silenzio, sapevamo entrambe che era anche ora della resa dei conti.
§§§
- Hey! Ecco dov'eri finita!
Mi ero ritirata lì da sola sperando di rimanerci per un po', i miei dopo avermi parlato se n'erano andati com'erano venuti, dicendomi di godere ancora un po' di questa esperienza ormai agli sgoccioli. Non avevo la più pallida idea di come sentirmi e non sapevo come codificare quello che mi era appena successo.
Ma seppi appena sentii la voce di Andrea alle mie spalle che lui sapeva già ogni cosa e che non mi avrebbe fatto alcuna inutile domanda.
Non ero pronta né a gioiere né a piangere, non pensavo che ci si potesse sentire così.
Andrea interpretò il mio silenzio come un assenso ad avvicinarsi e si sedette di fianco a me, con le gambe che dondolavano oltre il pontile di legno senza sfiorare l'acqua. Ero seduta lì da tanto tempo da sembrare infinito, oppure da un battito di ciglia.
Ogni cosa era smorzata in quel momento.
Ogni cosa aveva un velo di irrealtà.
Ogni cosa sapeva dello sciabordio dell'acqua e del profumo di Andrea a pochi centimetri da me.
- Guarda, si iniziano a vedere pure le stelle! - sul suo viso avrei potuto immaginare che si fosse allargato in modo divertito un sorriso, senza neppure doverlo vedere - È stata proprio una bella giornata, chissà se proseguirà anche nella notte la sua bellezza.
- Cerchi di fare il poeta?
- Eh lo so, non sono frasi che ci si aspetta da uno studente di Scienze politiche!
- Proprio no... Ma grazie.
Avevo sentito qualcosa stringere la mia mano abbandonata lì sul legno scuro del pontile e istintivamente avevo ricambiato la stretta come a volermi aggrappare a una certezza, quando ormai era chiaro che non ne avessi.
E lui di certo non sarebbe mai potuto essere qualcosa del genere, eravamo destinati fin dall'inizio a essere separati.
Mi lasciai cullare su discorsi che iniziò lui e che finii io, su argomenti stupidi e altri un po' più seri. Ci perdemmo nelle nostre stessa parole, lasciando che quella stretta legasse tra loro anche i nostri cuori e non solo le nostre mani. Come se riempirci la bocca di qualsiasi cosa potesse dare il tempo alle nostre dita di stringersi e imprimere i nostri sentimenti non detti sulla nostra pelle, come un tatuaggio indelebile di ciò che i nostri cuore avrebbero voluto confessare, ma le nostre labbra troppo impacciate non sapevano comunicare.
È strano, anche ora che ci ripenso, non credo di ricordare esattamente ciò che ci dicemmo, parlammo delle nostre famiglie agli antipodi, dei nostri gusti, di come ci eravamo innamorati della vela e di come non avremmo mai smesso di amarla, eppure tutto non è completamente chiaro nella mia mente.
Ma ricordo nitidamente la stretta delle dita, la mia spalla che sfiora il suo braccio, il modo in cui delicatamente mi aveva messo un braccio intorno alla spalla quando mi aveva vista rabbrividire.
Ricordo l'accuratezza con cui scelse di non parlare di argomenti che ci avrebbero solo fatto rattristare.
E ricordo che... Fu ancora più attento a cercare discorsi che mi facessero ridere e sorridere.
Mi ricordo la sua mano sulla mia guancia a un certo punto, il suo sguardo dolce.
Ricordo il batticuore.
Ma alla fine si era allontanato sentendo qualcuno chiamarci, alzandosi in piedi a malincuore e tendendomi una mano per aiutarmi.
- Siamo attesi dal resto della ciurma a quanto pare...
Sorrisi, stringendo le sue dita e scuotendo il capo: - Mi sa che dovremmo aiutare gli altri a ritirare!
- Ma io sono il più anziano, dovrebbero avere più rispetto e lasciarmi stare tranquillo. Specialmente sotto a una luna del genere...
Avevo voltato la testa nella direzione del suo sguardo e mi ero meravigliata di quanto fosse grande ancora sul filo dell'orizzonte.
Bella e pura.
Candida come una perla, che si rifletteva sulle acque meravigliosa, due lune gemelle che si salutavano da due mondi diversi, uno d'aria e uno d'acqua. Esattamente come eravamo noi due, mondi separati che si guardano uno nell'altra alla ricerca di risposte e dei nostri stessi sentimenti.
- È una delle cose più belle che abbia mai visto...
- Io direi... La cosa più bella che abbia mai visto. - sentii la nuca formicolare, mentre il ragazzo che aveva reso indimenticabile quell'estate pronunciava quelle parole e mi voltai lentamente incrociando il suo sguardo - Ho una cosa da darti...
La sua mano continuò a stringere la mia, mentre l'altra recuperava da una tasca dei pantaloni qualcosa di sottile e lo avvolgeva intorno al mio polso. Guardai perplessa il piccolo braccialetto di corda con un nodo a savoia proprio al centro. Era stato il primo nodo che mi aveva visto fare e che sostanzialmente aveva dato il via alle prime sensazione che mi aveva regalato, ma era diverso. Le due corde erano una blu e una bianca.
- Questo te l'ho fatto io, ho pensato che quei colori fossero i tuoi preferiti... Ti vesti sempre così...- sembrava stranamente imbarazzato - E poi ci ricorderemo di noi.
E con quello mise il suo polso di fianco al mio a mostrarmi un braccialetto ricavato da una corda meno bella, ma con al centro lo stesso nodo.
- Ma... Ma questo è il mio nodo...- sgranai gli occhi, senza capire perché avesse fatto un gesto del genere - Cioè... Io non...
La sua risata riempì le mie orecchie, mentre con un passo si avvicinava ulteriormente a me.
- Lo sai che hai gli occhi più belli che abbia mai visto? - mormorò, mentre i nostri nasi si sfioravano appena, così vicini, ma ancora troppo lontani.
Poi le nostre labbra espressero tutto ciò che fino a quel momento non eravamo riusciti a dire ad alta voce.
Non ci fu bisogno di altro, solo il silenzio e i richiami lontani degli altri raccolsero il suono potente del mio primo bacio.
E i nostri cuori che battevano forte all'unisono.
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