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Caro Stanley,
Ti ricordi quella sera che siamo scappati dalla discoteca? Ho ancora i sensi di colpa, eravamo i maggiori, anche se mia sorella e i tuoi fratelli erano già grandi.
Camminammo così tanto prima di arrivare al campo da basket, perché era troppo tardi per andare al bar.
Fu un tale sollievo togliermi i tacchi, anche se avevo paura che con tutto quel buio mi sarei tagliata.
In realtà era così tardi che avevo paura di tutto: che ci saremmo fatti male, che ci avrebbero derubati, che ci avrebbero aggrediti o che ci saremmo baciati.
Ma non accadde nulla di tutto questo.
Invece mi presi il cellulare e mettesti la mia playlist con le vecchie canzoni italiane, per poi cominciare a ballare insieme, come idioti.
Capitava, che qualcuno passasse, ma tu mi facevi girare e me ne dimenticavo.
Poi, stremati, ci sedemmo e iniziai a tradurti i testi di quelle canzoni, che tanto ti avevano fatto ridere per il trasporto con cui le mimavo.
Forse sarebbe stato giusto baciarti allora, ma eravamo così bravi ad essere amici che non ne ebbi il coraggio.
Prometto che nella prossima vita sarò più audace.
Comunque, gli altri ci stavano cercando, probabilmente.
Tua,
Via
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