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L'ANIMA | DI FESTE, FUGHE E RAGAZZINE INSISTENTI (0.1)




Lo striscione con su scritto "Benvenuto Max" troneggia sulla grande vetrata che affaccia sul giardino posteriore della villa. Ogni volta che il diretto interessato lo vede, la voglia di andare a strapparlo lo pervade.

Quando la sua sorellastra l'aveva cercato, quella mattina, si era persino premurato di farle sapere che no, non aveva intenzione di partecipare alla festa in suo onore che stava organizzando e che si, voleva assolutamente continuare a passare inosservato durante tutta l'estate che Jos lo stava costringendo a passare a Monaco.

Evidentemente, doveva cominciare a parlarle al contrario, magari sarebbe riuscito a farle entrare qualcosa in quella testa bacata.

Max è nel principato da tre giorni e ha già dovuto combattere innumerevoli volte per essere lasciato in pace da quella rompipalle di Susie. Cosa c'è di difficile, si chiede, nel capire che non glie ne frega un cazzo dei suoi amici, degli aperitivi, delle feste?

Hanno dei geni diversi, nel principato? Delle malattie che li costringono a dover fare tutta quella vita sociale, manco fosse prescritto da un medico?

Sarebbe dovuto rimanere in Olanda con sua madre.

Almeno, lei l'avrebbe lasciato vivere chiuso nella sua stanza per tutta l'estate senza costringerlo a fare cose come andare al mare, o alle feste. Ogni volta che la vede si gridano addosso, perchè Max proprio non la tollera e lei non tollera lui. A lei, Max ricorda troppo suo padre. E suo padre, beh, le ha rovinato la vita, con le sue macchine e le sue donne e la sua irascibilità.

Però, proprio per non dover avere contatti tra loro, l'avrebbe lasciato in pace.

Jos ti porta a gareggiare, si ricorda.

Il che è probabilmente l'unico motivo per cui ha deciso di seguirlo a conoscere la sua nuova famigliola. Oltre che sua madre aveva implicitamente fatto capire di non volerlo tra le scatole, ma questo è un discorso che non merita per Max ulteriore approfondimento.

Ed è anche la sola ragione per cui è in quel giardino, sotto quello striscione, in quel momento. Jos ha usato, per convincerlo, l'unica arma che possiede. Portarlo a correre.

Che non significa impedire a Max di gareggiare.

No, non è che gli ha detto "vai alla festa della tua sorellastra o ti sogni di partecipare alla prossima gara di kart del campionato". Il senso era più, "vai alla festa della tua sorellastra o trovi tu il modo di andare alla prossima gara di kart del campionato, in un paesino sperduto del Sud Italia, perchè io non ti ci porto. E se non ci vai, sono cazzi". Che poi comunque Max una gara di kart, in un campionato che sta pure vincendo, non se la perderebbe per niente al mondo.

Solo che non è così facile, a quindici anni, spostare se stesso e il suo kart in giro per l'Europa. Purtroppo, ha ancora bisogno di Jos. Purtroppo, Jos ha ancora qualcosa per ricattarlo.

Così cammina per il giardino, costeggiando la vetrata con quel maledetto striscione.

La piscina al centro è illuminata e qualcuno c'è persino finito dentro, mentre tutti gli altri se ne stanno lungo i bordi con i loro bei vestiti alla moda. Festeggiano l'arrivo di Max ma non sanno neanche chi sia.

Da quelli che Susie gli ha presentato, invece, Max scappa.

Lui non ha intenzione di farci amicizia e loro non sembrano poi così entusiasti del suo arrivo.

Max li riconosce perchè si muovono in branco, ora vicino al tavolo con le bevande, ora seduti sulle sdraio sotto il patio fatto di bianchi tendaggi. Susie, invece, bazzica qua e là, assicurandosi di dare un briciolo di attenzione a chiunque. Lui compreso. Solo che, quando Max intercetta il suo sguardo e la vede arrivare, fa in modo di disperdersi tra la folla.

Ad un certo punto, ormai disperato, prova ad escogitare un modo per scappare da lì.

Suo padre e la sua matrigna sono dentro casa, a bloccare il passaggio, ma un giardino così grande dovrà pure avere un'uscita secondaria o, quanto meno, una parte facilmente scavalcabile senza dare nell'occhio.

Si mette a cercarla, rubando nel mentre un bicchiere di punch leggermente corretto. Segue il perimetro delle siepi ben curate, sforzandosi di sostare nelle zone d'ombra tra una lanterna disseminata per il prato e l'altra.

Stupide canzoni estive si susseguono mentre lui continua nel suo intento, rendendo il tutto degno di uno dei peggiori film di spionaggio olandesi, che alla fine sembrano più commedie che altro. Ogni tanto butta un'occhio verso casa, dove al primo piano s'affaccia la finestra semi aperta della sua stanza.

Se Susie non avesse insistito tanto, no, meglio, se Susie non avesse pensato di organizzare una cazzo di festa per lui, quando lui le aveva esplicitamente chiesto di non farlo, sarebbe lì su a giocare all'XBox, lontano da tutti, felice dei momenti da condividere soltanto con se stesso.

Invece no, sono fratellastri da tre giorni e già è stata capace di fargli provare l'impellente desiderio di rimanere figlio unico per il resto della vita.

Non ha mai avuto una famiglia, perchè cominciare proprio ora a cercare di costruirne una?

'Fanculo, si ripete, mentre raggiunge il muretto che segue parte del perimetro del giardino, un ammasso di pietre rosse alle spalle del quale cresce un curato roseto. Anche da lì, l'accesso all'esterno è bloccato da una recinzione circondata da siepi. Però è anche il punto più lontano dagli altri. Se provasse a scavalcare, probabilmente non lo noterebbe nessuno.

Non che abbia poi chissà quale posto da raggiungere.

Qualsiasi prospettiva, però, gli sembra meglio di quella maledetta festa.

Che poi, Max le feste le odia in generale.

Perchè mai qualcuno dovrebbe aver voglia di parlare con lui, se lui stesso non prova il minimo stimolo di socializzazione?

Non fanno altro che farlo sentire strano, emarginato.

L'idea di una passeggiata per le strade di Monaco, per quanto aberrante, sembra comunque più tollerabile.

Allora Max poggia il bicchiere del Punch sul muretto e si mette a cercare un modo per arrivare dall'altra parte della siepe senza fratturarsi gli arti. Non per un particolare istinto di conservazione, più perchè guidare con una gamba o un braccio rotti gli riuscirebbe più complicato del solito.

Calcola una traiettoria, poi la scarta. Pensa a saltare dal roseto, ma non avrebbe nessun punto su cui far presa e, nel migliore dei casi, finirebbe ricoperto di spine. Controlla persino la presenza di qualche buco in basso, dove poter strisciare attraverso i rami verso la libertà.

Quando capisce di essere in trappola, non gli resta che accasciarsi sul muretto e sbuffare.

<<Sei un appassionato di giardinaggio?>>

La voce proviene da una figura ferma a pochi passi da lui, intenta a studiarlo con le braccia mezze conserte ed una mano sul viso. Nonostante si trovi in controluce, Max riesce perfettamente a distinguere il sorrisino furbo sulle labbra distese.

La riconosce, anche se non ricorda assolutamente il suo nome.

Susie glie l'ha presentata quella stessa mattina, con l'appellativo di migliore amica.

<<Sto cercando un modo di scappare da questo incubo>> risponde, non sentendo il bisogno di mentirle.

Non lo fa mai.

E se dovesse andare a riferirlo alla sua amichetta, tanto meglio.

La ragazza però, anziché girarsi e andarsene, ride.

Purtroppo.

<<Non ti piacciono le feste?>> gli domanda, avvicinandosi fino ad afferrare il bicchiere poggiato accanto alla gamba di lui e portarselo alle labbra. <<Che merda questo punch>> constata poi, arricciando il naso e facendo degli strani suoni con le labbra che lo fanno rabbrividire.

<<Non mi piacciono le persone>> risponde Max, sperando che il messaggio arrivi forte e chiaro.

La ragazza con la frangetta non pare particolarmente perspicace però.

Anzi, dopo aver bevuto dal suo bicchiere, decide anche di sedersi accanto a lui. Fa per incrociare le gambe sul muretto, poi deve rendersi conto che con la gonnellina corta a pieghe non è certo la posizione migliore, allora ne accavalla una sull'altra. Nel movimento, con la punta del piede va a sbattere contro la scarpa di Max. Non gli chiede scusa.

<<A me piacciono>> afferma, senza che lui abbia minimamente provato a porle alcuna domanda.

<<Non te l'ha chiesto nessuno>> le fa notare, quindi.

<<E' che mi piace parlare con la gente, in realtà delle feste mi importa ben poco>> continua la ragazza, come se lui non avesse detto niente.

Max le lancia uno sguardo di traverso, duro, che lei non incrocia mai, rimanendo a guardare la festa che continua a qualche metro da lì, anche senza di loro.

<<Non sono una persona a cui piace parlare>> cerca nuovamente di farle capire Max.

<<Credo proprio che siamo diversi, allora, io e te>> afferma lei, senza dare un particolare tono alla frase.

Fa ondeggiare nuovamente le gambe e, nuovamente, colpisce i piedi di lui con i propri. Nuovamente, non gli chiede scusa.

Però si gira a guardarlo.

Max chiude leggermente gli occhi e stringe la mascella, cercando di far sembrare la sua occhiata più dura, mentre quella invece gli sorride.

<<Dovremmo fare qualcosa di stupido, qualcosa che ci accomuni>> gli propone allora, saltando giù dal muretto.

Nello stesso momento, forse spaventato dal gesto improvviso, un animale salta fuori da uno dei cespugli lì attorno, miagolando in protesta.
Lei rimane per un attimo ancora con gli occhi fissi in quelli di lui. Sono carichi, luminosi.

<<Passo>> risponde Max, mentre la ragazza sposta la sua attenzione sul gatto di Susie e si allunga per prenderlo in braccio, dandogli un motivo per mettersi a miagolare.

<<Penso che farò qualcosa comunque. E darò a te la colpa>> lo sfida la ragazza con nonchalance, passando una mano sul muso del gatto prima che questo riesca a liberarsi e a scappare dalle sue grinfie.

<<Allora fa' sì che sia qualcosa di grosso>> controbatte lui.

Alla ragazza la risposta sembra piacere particolarmente, perché lo sguardo col quale aveva cercato di coinvolgerlo prima, ora si fa ancora più acceso, rendendo dei banali occhi castani il punto focale della scena.

<<Perché non dai fuoco a quell'orrendo striscione?>> le propone allora.

Lei sembra pensarci un po' su, poi scoppia a ridere.

Si gira per lanciare un'occhiata alle sue spalle, individuando l'oggetto della sfida di Max, poi torna a sorridere al ragazzo.

<<Benvenuto, Max>> gli dice con enfasi, divertita, citando il contenuto dello striscione.

L'attimo dopo s'incammina per tornare alla festa.

<<Sono Nina, comunque>> aggiunge poi, girandosi e facendo qualche passo all'indietro, quasi saltellando.

<<Non pensare che lo ricorderò>> risponde Max, sentendo il dovere di spegnere il suo entusiasmo.

<<Farò in modo di non fartelo scordare>> controbatte lei, senza minimamente accusare il colpo. Anzi. Se ne va spensierata, a passo leggero, con i capelli scuri che le accarezzano le spalle e la gonnellina corta che ondeggia sfiorando le cosce abbronzate.

Quando s'avvicina alla gente che continua a far festa, tutti si girano cercando di catturare la sua attenzione con un sorriso, una parola, e lei si ferma con tutti, ora per ballare un po', ora per ridere di qualcosa. Poi cerca Susie e l'abbraccia con entusiasmo, stampandole un bacio sulla guancia.

L'attimo dopo, è intenta a tirare giù lo striscione con su scritto "benvenuto Max". Ci butta sopra uno Zippo acceso. Poi alza un dito medio. Chiunque dovesse vederla la crederebbe impazzita.

Invece Max sa, che quel gesto è rivolto a lui.

E quando lo striscione prende fuoco, non riesce a trattenere un ghigno che sa quasi di risata. La prima, da quando ha messo piede a Monaco.

Pensandoci, la prima dopo tanto tempo.

'Fanculo, io vado.

Max si alza dal muretto e fa per camminare verso il punto dove presto scoppierà il panico, così da essere nei paraggi e potersi prendere davvero la colpa di quel gesto.

E lui ancora non lo sa, ma quello è il primo dei tanti gesti folli di Nina dei quali lui si prenderà la colpa.

Il loro primo scambio di battute.

La loro prima chiacchiera sul muretto.

Quello diventa il posto dove Max si defila quando vuole stare da solo, ma anche il posto dove Nina gli impone la propria presenza, occasione dopo occasione, ora con la scusa di un po' d'ombra, ora per nascondersi dalla furia di Susie, ora con le scuse più disparate.

Si siede al suo fianco, ondeggiando le gambe e colpendolo costantemente con il piede, senza mai chiedergli scusa, e parlando di cose che a lui non interessano, ma che alla fine, fosse pure per noia e per disperazione, si ritrova ad ascoltare.

Per la fine dell'estate, Max conosce i sogni e le paure di Nina, i cibi che non le piacciono e quelli che adora, i suoi locali preferiti, la sua passione per la moda, i suoi accostamenti di colore preferiti, i pettegolezzi sulle ragazze che le stanno antipatiche, le gesta dei suoi migliori amici. Sa di quella volta che ebbe un coniglio per due settimane e sa di quando da piccola si è spaccata il mento correndo su uno yacht e sa persino di quando ha avuto un'intossicazione alimentare alla festa dei vent'anni di matrimonio dei suoi genitori.

Parla solo lei.

Scopre il potere del suo sguardo e il modo in cui riesce a convincere chiunque di qualsiasi cosa, a volte persino lui.

Lo riempie di promesse di cose da fare che però non fanno mai, e di film che vorrebbe vedere insieme e di libri che, una volta finiti, gli presta nella speranza di avere un suo parere.

Una volta Max si ritrova a sfogliarne uno e ci trova una frase sottolineata che lo colpisce.

La tristezza durerà per sempre.

Si chiede perché, una come lei, una con tanto entusiasmo e voglia di vivere, una tanto perfetta, debba condividere un pensiero tanto macabro.

Un pensiero più da lui.

Non riesce a smettere di pensarci. E quella sera, quando lei lo raggiunge sul solito muretto, Max sta ad ascoltarla con un po' più d'attenzione.

Ad un certo punto, senza quasi accorgersene, si ritrova a dirle <<Vuoi sapere che mi è successo oggi?>>

Che poi non gli è successo niente di che, il solito impiccio con i soliti ragazzini spocchiosi del quartiere, ma ha un'improvvisa voglia di raccontaglielo, di farla ridere.

<<Non me lo perderei per niente al mondo>> risponde Nina, con un enorme sorriso sulle labbra. Anche il gatto di Susie, accoccolato sulle gambe di lei, sembra apprezzare il gesto con un miagolio.

È la prima volta che Max sente di aver reso qualcuno felice.

È un po', giusto un po', quella giornata fa meno schifo di tutte le altre schifose giornate che gli tocca vivere.







✨✨✨

Ci siamo.

Sono senza parole, anche se questo capitolo è stato facile. Sono senza parole perché questa storia, Nina e Max, me le hanno tolte tutte.

Il progetto è concluso.

Finisce così I Nervi.

Mi piacerebbe fare un ultimo capitoletto tipo questo su Max e Susie, anche se l'idea di lasciare tutto nell'ignoto mi stuzzica.

È stata la storia più difficile che io abbia mai scritto. Rimando a presto una bella nota autore per condividere un po' dei miei pensieri su tutto.

Nel frattempo, spero che I Nervi sia stato un pugno nello stomaco per voi come lo è stato per me. Che vi abbia fatto incazzare. Che l'abbiate odiata. Che sia stata difficile. Perché non è mai nata come una storia facile. Perchè queste relazioni non sono facili.

Spero di avergli reso giustizia.

Ora torno a crogiolarmi in attesa della gara.

Grazie a tutte per tutto, anche se rimando a prossimamente dei ringraziamenti più sentiti.

Lo scrivo qui per tradizione. È stato bellissimo vivere tutto questo percorso con voi.

May we meet again.

Ciao,
Donna

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