DI URLA E SUSSURRI (23)
<<Eh, Nena>> esclama Max, usando il suo nomignolo come fosse un'arma affilata, creata apposta per ferirla <<Me lo spieghi che cazzo significa?>>
<<Max, ma di che...>>
Nina prova a mettere insieme qualche parola, buttandosi giù dal divano sul quale dormiva. Dormivano.
Anche se la voce grossa di Max l'ha fatta subito svegliare, non riesce a capire di cosa sta parlando. La lampadina sulla cappa alle sue spalle è accesa e lui, in contro luce, non è altro che un ritaglio d'ombra imponente. Una parvenza di uomo, ed un pizzico di mostro.
<<Quando pensavi di dirmelo?>> aggiunge, sbattendo il palmo sul bancone della cucina che separa la stanza dal salone. Nina alza le mani davanti a se, come cercando di calmarlo, ma non si avvicina. <<E lasciarmi così>> grida, ora esasperato <<Dopo tutto quello che io ...>> poi cambia <<In questa situazione del cazzo...>>
<<Lasciarti? Ma che stai dicendo?>> si affretta a chiedere la ragazza, passandosi una mano sul viso per togliere la frangia scompigliata da davanti agli occhi.
Max, nel frattempo, ride.
<<Andiamo, Nina>> dice, canzonandola. <<Non fare la scema>>
<<Max>> lo richiama, cercando di suonare ferma. Mentre sente i battiti accellerare, capisce che è il suo turno di alzare la voce. O almeno provarci. <<Non capisco di cosa diavolo stai parlando>>
Lui si prende un momento per guardarla, mentre lei non può che continuare a fissare l'abisso.
<<Almeno tu>> afferma lui, un'ombra cinese che si muove a scatti in controluce <<Almeno tu, non dovevi andartene>>
Il tono di Max prende una nota che le fa venire la pelle d'oca.
Non è solo arrabbiato.
E' febbricitante.
<<Non vado da nessuna parte>> mormora, provando a muovere i primi passi verso di lui.
Riesce ad arrivargli quasi davanti, con il bancone della cucina che in parte li separa. Solo allora si rende conto del foglio che il ragazzo tiene tra le mani.
<<Davvero?>> le chiede, sollevando il pezzo di carta fino a coprire interamente il suo viso <Gentilissima Antonia Duval>> comincia a leggere, indietreggiando verso la luce.
Nina osserva la scena confusa, spiazzata.
<<La informiamo che la sua richiesta di stage è stata accolta con fervore dallo Staff della nostra maison. Dopo un'ampia ricerca, siamo convinti che con il suo portfolio eccetera, eccetera, eccetera, lavorare insieme sarà un'avventura che richiederà dedizione eccetera, eccetera, eccetera...>>
<<No, no, deve esserci uno sbaglio>> afferma la ragazza, scuotendo la testa. <<Non ho mai...>>
<<Aspetta, ora arriva il bello. La attendiamo al più presto nel nostro showroom di Firenze per il colloquio finale, contatti pure la segreteria per prendere un appuntamento. Se non dovessero sorgere problemi, lo stage comincerà, come da annuncio, la prima settimana di Settembre. A presto, lo Staff.>>
Max mette un punto e lancia il foglio sul bancone della cucina.
<<'Fanculo, io me ne vado>> esclama nel mentre.
Passa accanto a Nina e con il braccio le colpisce una spalla.
Nella confusione lei prova comunque ad afferrargli il polso, cercando di trattenerlo, ma lui si divincola. L'irruenza del gesto le fa perdere un battito. Automaticamente molla la presa e fa un passo indietro.
Senza farlo apposta, le sue mani trovano il foglio che Max stava leggendo. Lo prende con uno scatto, ma ha soltanto il tempo di scorgere il nome di un'importante casa di moda lì giù, in basso a sinistra.
Non si dà però neanche il tempo di pensare davvero al significato di quella lettera, presa com'è dal cercare un qualcosa che possa fermare Max, che possa farle guadagnare del tempo almeno per provare a spiegarsi.
Spiegare cosa, poi, non sa.
Anche se, quando vede la busta da lettere vuota, sul tavolo, capisce.
<<E' stata Benny>> afferma, un po' per lui, un po' per se stessa. Un giramento di testa le fa perdere l'equilibrio e deve tenersi con la mano sul piano della cucina per non cadere. <<Cazzo, è stata Benny>>
Max sbuffa pesantemente.
<<Certo>>
<<Te lo giuro, Max, non ne sapevo niente>> aggiunge, con più convincimento. Si porta una mano sul cuore, prova a respirare con più forza, fornendo ossigeno a tutti quei pensieri che le si stanno mangiando il cervello. Uno stage a Firenze. Come può, però, focalizzarsi sui futuri probabili che sgorgano da quella lettera, quando tutto ciò che ha con cura costruito con Max le si sta sbriciolando davanti?
La sta chiudendo fuori, di nuovo, con la stessa facilità con la quale si sta infilando la maglietta.
Fa' qualcosa, si dice, qualsiasi cosa.
Però poi un pensiero, più degli altri, le si insinua nel cervello e come un tarlo comincia a scavare tra le fibre, fino a diventare l'unica cosa a cui Nina riesce a dare ascolto. Si avvicina alla busta ora vuota abbandonata sul tavolo, della quale non vede più il lato bianco che Benny le aveva mostra, ma l'intestazione con il proprio nome e il mittente. <<Come ti sei permesso di leggerla?>> gli chiede, sentendo una nuova rabbia montare.
Chi gli aveva dato il permesso di frugare tra le sue cose? Cosa l'aveva spinto a farlo?
<<Come ti è venuto in mente?>> infuria, puntandogli un dito contro.
Ma lui non viene minimamente toccato dalla sua irruenza.
Con il solito viso fermo, impassibile, a malapena illuminato, mostra indifferenza davanti a quell'accusa.
Forse è questo che la fa davvero scattare.
Rendersi conto di ritrovarsi soltanto al punto di partenza, davanti alla sua faccia di bronzo, ad una persona che prende tutti i suoi sforzi e ne fa coriandoli. Sopratutto, rendersene conto dopo che credeva di essergli, in qualche modo, entrata dentro.
<<Chiedilo a te stessa>> controbatte Max, chiudendosi il bottone dei jeans e scrollando le spalle <<Magari il motivo è lo stesso di quando hai pensato di rubarmi il telefono>>
<<Sì>> risponde lei, mordendosi le labbra infestate da un sorriso sarcastico <<Solo che io mi sono presa un cazzo di schiaffo per quello che ho fatto>>.
Come un uragano, le parole travolgono Nina e sgorgano dalla sua bocca, senza poter essere arginate, con una rabbia che non si aspettava di avere e che si improssessa di lei fino a farle allungare un braccio verso il bancone della cucina e gettare per terra la prima cosa che si ritrova davanti. Cocci di un piatto rosso si mischiano ai vetri del bicchiere rotto da Max, dando vita ad vero e proprio campo di battaglia sparso sul pavimento.
<<Che aspetti a fare lo stesso? Dai, è questo che vuoi? Pareggiare i conti?>> le domanda lui, spalancando le braccia <<Vieni, che aspetti?>> ripete il gesto, battendosi le mani sul petto <<Colpiscimi, così siamo pari>>
<<Non è questo, che voglio! E' questo il problema>> risponde Nina, infilandosi le dita tra i capelli con la voglia di strapparseli. Piuttosto, però, afferra un altro piatto e lo frantuma. <<Non dovremmo volerci fare del male>> un altro ancora.
La porta della stanza di Cook si apre di scatto, lasciando intravedere la figura del ragazzo a petto nudo che si fa strada verso la cucina con una mano a massaggiarsi le tempie.
<<Ei, ei>> esclama quest'ultimo <<Che sta succedendo qui?>>
Nessuno dei due, però, presta minimamente attenzione al nuovo arrivato.
<<Forse hanno ragione i tuoi genitori, dovresti vedere qualcuno>> pensa piuttosto a colpire Max, subdolo, pienamente consapevole di dove mirare per fare più male <<Forse è vero che sei un po' fuori di testa>>
La replica intrisa di veleno che si forma tra le labbra di Nina quasi le brucia la lingua.
Forse hanno ragione tutti, ad abbandonarti.
Ma Nina non è Max.
Ingoia quella frase, lasciando che ferisca lei piuttosto. Che la corroda con il potere delle cose non dette, delle risposte mai date, delle vittorie lasciate senza combattere. Come mai potrebbe vincere con lui, infondo? Tutto ciò che lei vuole è che la guerra finisca. Dall'altra parte, c'è soltato una persona che non sa vivere nella tregua.
Allora osserva i piatti rotti sul pavimento. La distruzione. Sente il cuore che le batte freneticamente nel petto e il fiato corto, le mani che le tremano.
L'adrenalina scorre nelle sue vene tanto da non farla neanche accorgere del bruciore alla caviglia, lì dove un coccio, staccandosi, deve averla tagliata.
E' a questo che si riduce sempre tutto?
Alle urla? Al sangue?
E questa volta, la colpa non è neanche di Max.
E' lei il suo stesso carnefice.
<<Nina, stai sanguinando>> esclama Cook, improvvisamente allarmato. Fa per avvicinarsi, ma la ragazza solleva una mano, facendogli segno di aspettare in disparte.
<<Max>> mormora lei, provando a ritrovare la calma. Lui le lancia uno sguardo gelido, privo di vita. <<Max ti prego, parliamone>>
Il ragazzo, però, non sembra intenzionato ad ascoltare ragione. Racimola le ultime cose, infilandosele in tasca, e con una calma spettrale si avvicina all'uscio.
<<Devi credermi Max, non ne sapevo niente. Io non voglio andare via. Voglio stare qui, con te>> aggiunge Nina, con il cuore che le si stringe nel petto. Max è già alla porta che apre con un unico, secco, gesto.
<<Max>> lo chiama lei, più e più volte, guardandolo andar via. Ha la voce rotta, la vista offuscata dalle lacrime. Per impedirgli di allontanarsi dovrebbe bloccargli la strada, tirarlo a se, eppure rimane ferma dov'è. Non vuole toccarlo, si rende conto. Non mentre lui è in quello stato.
Ha paura.
<<E' tutta colpa tua>> decide peró di parlare, alla fine. Il volto del ragazzo è una maschera di diffidenza e mai, come in quel momento, Nina vorrebbe vedere la rabbia mangiarsi i suoi occhi. Dovrebbe essere spaventata dalla sua ira. Però lo ama. E vederlo così, vuoto, impassibile, è devastante più della paura. Che vi sia rabbia allora. Meglio quella del niente. Meglio quella del Max che non sente. <<Non me ne sarebbe fregato un cazzo se te ne fossi andata, mesi fa>>
<<E cos'è cambiato?>> gli domanda, con una stupida briciola di speranza che le si illumina nel petto e che, sa già, finirà per farle soltanto più male.
<<Mi hai fatto credere che saresti rimasta>> dice.
E forse, dopo tutto, si può morire per una parola di troppo.
Nina in quel momento lo crede possibile.
Sente la lama affilata aprirle in due la gola, vede il sangue sgorgare e il dolore impossessarsi del suo corpo. E' tutto rosso, finchè il nero non prende il sopravvento.
Poi però sbatte le palpebre e si porta una mano alla gola.
E' ancora viva, viva quanto basta per riuscire a vedere Max andar via, viva quanto basta per continuare, instancabilmente, a soffrire.
Allora diventa tutto confuso. Comincia a gridare, il suo nome, poi un ti amo di troppo, poi il suo nome ancora. Sente delle braccia afferrarla e dal petto trascinarla in casa mentre, nonostante la scena pietosa, il portone al piano terra si apre e si richiude, salutando il suo ospite.
Nina si divincola nella stretta di Cook che prova a tenerla ferma contro il proprio petto.
<<Zitta, sveglierai tutto il palazzo>> le sussurra lui, provando a chiudere la porta alle loro spalle. Nina però glie lo impedisce, mettendo un piede contro lo stipite.
<<Tu lo sapevi>> lo accusa, riuscendo finalmente a liberarsi dalla sua presa. <<Tu lo sapevi e non mi hai avvisato>>
<<Nina, no, giuro>> prova a discolparsi Cook, mentre con le mani va a cercare il viso dell'amica <<Guardami. Nina, guardami>> le dice ma, anche una volta afferrata, Nina evita il suo guardo. Cook affonda le dita nelle sue guance, cercando di tenerla ferma. <<Benny mi ha solo detto di farti trovare la busta. Non sapevo cosa ci fosse dentro>>
<<Lasciami, lasciami Cook>> lo continua a respingere lei, sino ad allontanarsi definitivamente.
Va alla ricerca dei suoi pantaloni, gettati per terra, e si infila le scarpe.
<<Lo sai, se questa è la sua reazione, se è così che ti tratta, forse Benny ha fatto bene>> aggiunge il ragazzo, cominciando a camminare per la stanza, visibilmente scosso <<Forse dovete separarvi per un po', trovare un nuovo equilibrio>>
Lei scuote la testa, allanciandosi le sneakers.
<<Prima o poi dovrai capirlo che questa storia non funziona>>
<<No, siete voi che non capirete mai>>
Nina esce di casa come una scheggia, prima che Cook possa pensare nuovamente di fermarla. Ha con sè soltanto il cellulare, non ha voluto neanche perdere tempo a cercare le sigarette.
Rabbrividisce una volta sul marciapiede, impreparata al freddo di quella notte. Si guarda attorno e trova soltanto desolazione.
Compone un numero sul cellulare mentre scappa da quel silenzio, alla ricerca di qualche strada un po' più affollata, dove la sua voce possa confondersi con il rombo di qualche macchina, con la musica lontana dei locali.
Mentre cammina ed il telefono squilla, si chiede dover poter andare.
La risposta è l'unica cosa facile di quella notte.
Anche se da camminare ne avrà per un po'.
<<Ei, tutto bene?>> chiede poi Benny, con la voce assonnata, rispondendo alla chiamata.
Nina racimola tutta la rabbia di quella sera, e la scatena contro di lei.
****
<<Avrei dovuto pensarci prima>>
Una voce familiare, un sussurro.
<<Se mi fossi svegliata ti avrei mandato un messaggio, ti avrei avvisato, ma non avevo idea che fosse qui, non l'ho sentita entrare>>
La risposta, flebile, le fa aggrottare le sopracciglia. Non apre ancora gli occhi, però. Non è pronta a lasciare andare la pace di quel sonno senza sogni. Certo, se stesse più comoda, magari, sarebbe più facile anche riaddormentarsi.
Invece, più passano i secondi, più quel giaciglio improvvisato le sembra insopportabile.
<<Io e Serge siamo stati in giro tutta la notte a cercarli, ma si, avremmo dovuto immaginare che uno dei due si sarebbe intrufolato qui>>
Qui dove? si ritrova a chiedersi Nina.
I ricordi della nottata sono confusi, difficili da indagare, poi però odori, percezioni, le aiutano a ricostruire lo spazzio attorno. Il corpo raggomitolato, il tessuto ruvido con il quale strofina la sua gamba, il tanfo di disinfettante.
<<Ma cosa è successo?>> domanda Susie, con una leggera preoccupazione nella voce.
Improvvisamente, Nina non trova più strano sentirla parlare. Non quando si rende conto di essere nella sua stanza, in ospedale, rannicchiata su una poltroncina di fortuna.
Io e Serge siamo stati in giro tutta la notte a cercarli.
Quella è Benny.
Benny, contro la quale Nina ha inveito al telefono tra le strade di Monaco, finche non ha raggiunto l'ospedale. Benny, la cui unica risposta a tutto è stata "l'ho fatto per il tuo bene".
<<Benny ha provato a mettersi in mezzo>> parla ora Cook. <<E Max e Nina sono scoppiati, boom, come una bottiglia di prosecco sciabolata>>
<<Ho dato a Nina una una scusa per andare via da qui>> si spiega Benny. Sono cose che Nina ha già sentito la scorsa notte. Lo Stage che le ha trovato. L'Italia. Che non voleva che fosse Max a trovarla, doveva essere una sorpresa per lei. <<Anche io ho tentennato quando l'ho visto salire a casa con lei, ma ormai era fatta. Qualcuno doveva pur agire. Non è sano tenerli vicini>>
<<Benny...>> mormora Susie, in modo comprensivo. A pensarci meglio, a Nina sembra più il modo in cui un adulto parlerebbe ad un bambino, pronto a spiegargli qualcosa di ovvio.
<<Non si può>> taglia corto Cook, con voce rassegnata <<O almeno, non dipende da noi>>
<<Ma come fai? Come fai ad accettare tutto questo? A non provare neanche a separarli?>>
<<Oh, Cook c'ha provato, c'ha provato eccome>> interviene Susie, soccorrendo l'amico. <<È che...>>
<<Che non li separi, due così>> dice l'altro.
Benny risponde con uno sbuffo.
Dovrei aprire gli occhi, si dice Nina. Fingere di svegliarmi ed intevenire. Di litigare non ne ha più voglia, nè con Benny nè con Cook, è stanca di gridare contor tutto e tutti, ma non vuole neanche stare ferma a sentirli trarre giudizi su qualcosa che non li riguarda, che non ha mai riguardato nessuno al di fuori di Max e Nina. Anche se quest'ultimo, è un aspetto che gli altri difficilmente sembrano capire.
<<A me sembra assurdo>> si ritrova a mormorare Benny <<Lui la sta distruggendo e lei non fa altro che corrergli dietro. Come si accetta una cosa del genere?>>
Nina, pronta ad aintervenire, viene bloccata dalla voce di Susie che la precede.
<<Tu non li conosci...>> dice quest'ultima. <<O almeno, non insieme>>
<<Avresti dovuto conoscerlo, Max, quando era più piccolo>> la interrompe Cook <<Nel pieno dell'adolescenza era ingestibile, sempre alla ricerca di una scusa per gridare contro qualcuno, magari persino riuscire a tirare qualche schiaffo. La maggior parte dei ragazzi del quartiere ne erano terrorizzati, gli altri cercavano di evitarlo il più possibile. Quando non era in vena di combinare guai se ne stava semplicemente seduto, in disparte, con la bocca serrata se non per fare qualche commento spiacevole. Pensavamo tutti fosse fuori di testa. Tutti tranne Nina. Ma lei è diversa da chiunque altro. Così, Nina ha preso le stranezze di Max e le ha accettate, l'ha reso una persona alla quale voler bene. Il poveretto non se ne capacitava. Una sera ci ha fatto ubriacare soltanto per poterci chiedere, secondo noi, cosa volesse Nina da lui, nella speranza poi che ci dimenticassimo il tutto. Non è mai stato concepito per pensare che qualcuno possa semplicemente affezionarsi ad una persona. O meglio, non gli è stato insegnato. A volte pensavo che tutte quelle litigate che si facevano servissero a lui per farle rendere conto di che razza di brutta persona fosse, ma lei non ha mai ceduto. Allora Max ha cominciato a dirle tutte le parole che non diceva a noi, a farsi trascinare da lei in cose che avrebbe altrimenti considerato impensabili, con lei accanto si sforzava persino di ridere qualche volta>>.
<<Mai sentito Max ridere, senza di lei attorno>> sussurra Susie.
<<Il modo in cui la guardava mi faceva rabbrividire. Mi fa ancora rabbrividire. Perchè anche ora, anche se non è più quella carica esplosiva di follia che era un tempo, anche con questo nuovo aspetto da assassino a sangue freddo, lui la guarda ancora in quel modo. Non è amore. E' più viscerale. Lui odia il fatto che qualcuno come lei esista e al tempo stesso non riesce a seprararsene perchè nessuno è come lei, per lui. Ha sempre saputo che le avrebbe fatto male, alla fine. Tutti noi l'abbiamo sempre saputo. E la cosa lo uccide>>
<<Credo che fare del male a lei, deludere lei, sia una delle poche cose che potrebbe davvero ferirlo>> dice Susie.
L'altra è la tua morte, pensa Nina.
Apre gli occhi in quel momento, passandosi una mano sul viso fino a stringersi la radice del naso tra le dita. In quel modo, cerca di bloccare le lacrime che le parole di Cook hanno evocato. Ne ha già versate abbastanza.
<<Ma possiamo impedirlo, possiamo evitare che le faccia male davvero>> dice nel frattempo Benny, ma Nina rimane a pensare a quell'ultima frase di Benny.
<<Forse è per questo che lo fa, che le cose tra noi finiscono sempre male>> mormora, facendo girare tutti a guardarla. Ora che li mette finalmente a fuoco vede Cook seduto sul materasso, ai piedi di Susie, e quest'ultima che quasi sparisce nella montagna di cuscini che le hanno sistemato dietro la schiena per poter stare mezza seduta. Benny ha la spalla e la testa poggiati allo stipite della porta, ma si riprende non appena Nina comincia a parlare. Nonostante la stranezza del luogo, è una scena che sa di qualcosa di familiare. Sono loro, si dice. Le persone della sua vita, tutte attorno a lei, per lei, a parlare dell'altra parte di lei. <<Sono il riflesso di se stesso. Se ferisce me, in realtà è con lui che se la sta prendendo>>
<<Oh, Nina>> esclama subito la ragazza rossa, in un sospiro. Lascia il suo posto per raggiungerla e inginocchiarsi davanti a lei, per poterla guardare in faccia <<Mi dispiace, mi dispiace che abbiate litigato, volevo soltanto che tu vedessi che c'è un mondo di opportunità fuori che ti aspettano, che lui non è tutto>>
Nina fissa i propri occhi in quelli dell'amica e si perde per un momento nella loro dolcezza.
Siamo stati tutta la notte a cercarli.
Oh, Benny.
Benny che ha rovinato tutto, con le migliori intenzioni. Benny con la quale è difficile rimanere arrabbiati anche se, mentre la guarda, tutto ciò a cui Nina riesce a pensare sono le grida di Max della scorsa sera.
<<E a me dispiace di averti chiesto di restargli vicino, sono stata egoista e...>> si intromette Susie.
Non finisce mai la sua frase. L'attenzione di tutti viene catturata dalla figura di Serge che, con aria stanca, entra nella stanza gettandosi il telefono in tasca e passandosi l'altra mano tra i capelli chiari.
<<L'ho trovato>> afferma con un sospiro, raggiungendo Benny e facendole una carezza sul il capo. Poi guarda Nina. <<E' sull'aereo per l'Olanda>>.
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