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DI UN DIO CRUDELE (13)



La luce della mattina non arriva mai a illuminare la stanza. Piccoli raggi sfuggono al dominio delle tenebre, indici dell'arrivo delle ore diurne. Nessuno dei due saprebbe dire che ore sono, cosa succede fuori dalle quattro mura di quella stanza, se il mondo esiste ancora, se qualcuno li cerca, se c'è ancora qualcosa che vale la pena vivere oltre il perimetro del materasso.

Una di quelle pennellate di sole scalfisce il viso di Max, ricordandole in modo quasi crudele quanto letali siano i suoi occhi. Sopratutto nella posizione in cui si trovano.

<<Sei così stretta, Nena>> mormora, la voce bassa e greve, così diversa dal tocco leggero delle sue labbra sulla coscia nuda di lei. <<Come le strade, al Gran Premio di Monaco>>

Nina chiude gli occhi e inarca la schiena, sentendo muovere le dita di Max dentro di lei. Gli stringe i capelli tra le dita, fin quasi a strapparli. Un'ancora troppo flebile in un mondo troppo bello per esistere.

Lui, in risposta, muove lentamente le labbra fino a sfiorarla lì dove lei quasi pregherebbe per averlo, in quel momento più profano che sacro. Poi però passa la lingua sull'altra gamba, creando un umido sentiero sulla sua pelle tesa.

Baciami lì, vorrebbe gridargli. Ti prego.

Perché in quel reame, che è un po' paradiso è un po' inferno, eppure non purgatorio, a lui sono rivolte le sue preghiere. Ma Max non è un dio caritatevole.

È potente. È irascibile.

È un'entità che va placata col dolore, viziata col piacere. E vice versa.

<<e bagnata>> continua lui, parlando contro la pelle del suo basso ventre in quella lenta e piacevole agonia.

<<Max>> non riesce a trattenere il folle bisogno di pronunciare almeno il suo nome, racchiudendo in esso ogni supplica.

Si muove leggermente, come indirizzandolo verso ciò che vuole, ma anziché assecondarla lui temporeggia. Persino il movimento delle sue dita rallenta, diventando quasi una carezza, mentre la sua bocca continua a baciarle con brama ogni lembo di pelle che si ritrova dinanzi.

<<Mi piace guidare a Monaco con il bagnato>>

Nina lascia la presa sui capelli di lui e accarezzandolo gli afferra il viso, stringendolo nella morsa delle sue mani e sentendo la pelle tendersi e la mascella muoversi ogni volta che le sue labbra o la sua lingua le lasciano una nuova carezza sul corpo.

<<Ti dà di qualcosa di estremamente pericoloso>>

La ragazza, però, ha un mente in quel momento qualcosa di ben più pericoloso del circuito di Monaco con la pioggia. Ed è proprio tra le sue gambe, tra le sue mani, sopra di lei, dentro di lei.

<<Ma ti suggerisce anche di spingere più forte>>

In quel momento, Nina sente le sue dita danzare fuori e dentro di lei con più intensità di prima. Lascia andare una mano per andare a stringere il lenzuolo, con il pollice dell'altra cerca le labbra di lui che, come si aspettava, si aprono per lasciarle un bacio sul dito.

<<Non so se sopravviverei>> mormora lei.

Ma nella sua testa, la frase suona più come non so se sopravviverò.

Max cerca lo sguardo di Nina nella penombra, mancando questa volta il raggio di luce che prima lo illuminava. Neanche la semi oscurità, però, riesce ad attutire la forza di quel contatto.

Occhi negli occhi, Max accompagna la mano della ragazza a toccarsi. Solo quando effettivamente Nina comincia a muovere le dita sulla propria intimità cambia l'oggetto delle proprie attenzioni, focalizzandosi sui movimenti di lei quasi con adorazione e senza mai perdere il ritmo dei propri.

<<Non sai mai se sopravvivrai>> afferma, prima di passare la lingua dannatamente vicino a dove operano le dita di Nina, finendo col leccargliele <<Per questo devi goderti il tragitto>>

La sua voce, in quel momento, plasma la sua realtà e lei ci si lascia trasportare. È il filo di Arianna al quale si aggrappa, sperando di riuscire ad uscire prima o poi dal labirinto. Oppure, di rimanerci persa, con lui, per sempre.

<<Devi godertelo più che puoi, Nena>>

In quel momento, Max scansa la sua mano con delicatezza e comincia a baciarla lì dove lei desiderava da quando quella lenta agonia è cominciata.

La sua lingua, ruvida, maleducata, si muove con furia.

Il cuore di Nina sembra in procinto di spezzarle le ossa della gabbia toracica, il suo corpo è teso.

<<Max, sto...>> mormora, mentre il resto della frase viene inglobata in un sonoro gemito.

Max si interrompe giusto il tempo di riprenderla, sussurrando un <<più che puoi>> quasi imperativo.

Quel tono però, e il suo tocco, e la sua impetuosità, anziché convincerla ad ascoltarlo la portano ancora con più velocità ad un orgasmo così viscerale da lasciarla per un lungo momento inerme, gli occhi spalancati e diretti verso il soffitto, il corpo incapace di rispondere a qualsiasi stimolo. Si sente come se qualcuno le avesse spezzato improvvisamente tutte le ossa, e glie le stesse rimontando al posto giusto.

Il ragazzo lascia un ultimo bacio sulla pelle calda e viva prima di poggiare la testa sul suo ventre, in un gesto di estrema vulnerabilità. Nina rimane totalmente scossa da certi suoi gesti, riscoprendo nella penombra, tra le lenzuola, una parte di lui che non pensava sarebbe mai stata così fortunata di vedere. Dura sempre troppo poco perchè ne possa davvero godere, ma anche quei piccoli sprazzi bastano a cucire delle toppe che rimarrebbero altrimenti scoperte, e che forse la porterebbero a porsi qualche domanda scomoda che invece, così, viene messa a tacere.

Nina gli passa una mano tra i capelli, con una dolcezza che ha cercato di trattenere per tutta la notte ma che in quel momento non vuole negargli, non quando lui respira piano sulla sua pelle, con la guancia poggiata sul suo addome e le mani strette sui suoi fianchi. Solo quando lo sente muoversi lascia che quelle stesse dita scivolino fino ad afferrargli il viso e, tenendolo dal mento, finisce col tirarlo verso di sé.

Max si solleva sulle braccia e la sovrasta, lasciandosi guidare finchè le loro bocche non si trovano. E' un bacio che ha il sapore di lei, ma metaforicamente sa di loro. E' profondo, intimo, di quelli che non solo ti tolgono il respiro ma anche la voglia di respirare. Meglio soffocare piuttosto che mettere spazio tra loro.

Nina continua a stringergli le guance tra le dita di una mano, sentendo gli zigomi sporgenti, la pelle accaldata, la barba leggermente sfatta. Max invece porta la propria sul collo di lei e le lascia una carezza sul mento col pollice poco prima di allontanarsi definitivamente, rotolando al suo fianco.

E' una scelta ardua da prendere, la ragazza non ne avrebbe avuto la forza di volontà.

Fosse per lei passerebbe il resto della sua vita con le labbra premute contro quelle di lui, vicini abbastanza da sentire il peso del suo corpo nudo sopra il proprio, il suo respiro caldo sul viso, e il battito del suo cuore in linea con il proprio.

<<Quanto avremo dormito sta notte? Un paio d'ore?>> si azzarda a dire Nina, con la voce che vien fuori più roca di quanto si sarebbe aspettata.

La tentazione di rigirarsi sul materasso e andare a poggiarsi sul ragazzo sdraiato al suo fianco è forte, però è convinta che non sarebbe certamente cosa gradita così si limita a mettersi di lato, la testa poggiata su una mano, gli occhi rivolti verso di lui. In quello stesso momento una luce illumina la stanza, ma non proviene dall'esterno.

La vibrazione di un telefono distrugge l'essenza di quel momento sottratto dal mondo e dal tempo ed appare così fuoriluogo che nessuno dei due sembra curarsene in un primo momento.

<<E' il tuo>> afferma Max però, davanti all'insistenza del mittente.

Nina vorrebbe dirgli di fregarsene, che qualsiasi cosa può aspettare, lui però non sembra dello stesso avviso e anzi approfitta di quella distrazione per rotolare giù dal letto. Afferra il cellulare della ragazza poggiato sul comodino e lo lancia tra le lenzuola, poi si appresta a raggiungere le finestre per scostare le tende e lasciar entrare la luce.

L'improvviso cambiamento di luminosità la costringe a coprirsi gli occhi con una mano, rispondendo senza guardare lo schermo. Per un momento si convince che sia sua madre a chiamare, pronta a gridarle che fine abbia fatto visto che non è tornata a dormire a casa.

Non si sorprende, però, quando la sua tesi viene smentita.

<<Nina, sono Chloe, la figlia della sarta. Ti sto mandando le foto dei primi capi pronti>> la voce al telefono, che Nina non ha mai sentito prima d'ora, diventa sempre più angelica man mano che si avvicina alla fine della frase. La ragazza spalanca la bocca, sorpresa da quella notizia, facendo quasi spaventare Max che con le sopracciglia aggrottate si avvicina al bordo del letto.

Nina lo guarda senza dire niente mentre il suo povero cuore, già vessato dalla notte intensa e dall'ancor più intenso risveglio, sembra non avere pace e riprende a batterle ferocemente nel petto.

<<Quanti?>> si azzarda a chiedere, in totale fibrillazione.

Il suo corpo è pura elettricità, un'insieme di gioia ed eccitazione e sbigottimento, con un pizzico del profumo di Max tutt'attorno, che crea qualcosa che a Nina quasi sembra felicità.

<<Solo i primi quattro, vieni pure a vederli quando vuoi>>

<<Grazie Chloe, magari passo nel pomeriggio>>

<<Certo, ti aspettiamo>>

Abbozza dei saluti frettolosi mentre già si allontana il cellulare dall'orecchio, chiudendo la chiamata e aprendo i messaggi. Proprio in quel momento, da un numero non salvato, arrivano una decina di foto che Nina comincia a scorrere frettolosamente, cercando di immagazzinare subito tutti i dettagli possibili. I colori. Le forme. Niente può aspettare.

Prima che possa contenersi si mette in piedi sul letto, gli occhi che non riescono a lasciar andare le immagini delle sue creazioni, così belle e fresche e non più uno schizzo di matita su un foglio ma fibre di tessuto e cuciture. Ed anche se non è la prima volta che qualcuno realizza un suo vestito, è la prima che prova davvero a creare una collezione. Una collezione che sfilerà presto nel Principato di Monaco.

Il solo pensiero le fa venir voglia di saltare.

Cosa che poi fa davvero.

Tra un gridolino e un sorriso, con un entusiasmo che sembrava aver perso da un po', Nina salta tra le lenzuola, il telefono stretto sul petto, gli occhi che non riescono a fare a meno di cercare quelli di Max.

Si aggrappa persino alla sua spalla, cercando di coinvolgerlo in quel momento.

Ma forse la vera sorpresa di quella mattina, la magia del tutto, è proprio lì.

Perchè Nina si aspettava una delle sue solite battute menefreghiste, forse persino che la sua mano venisse scacciata o quanto meno allontanata, che lui la prendesse in giro per quel momento di totale sincerità e naturalezza.

Invece, negli occhi di Max, Nina ci vede qualcosa che non riesce a decifrare, ma che le fa battere ancor più velocemente il cuore.

<<Per tutti questi anni, l'avevo dimenticato>> sussurra all'improvviso, con un tono così autentico e spoglio di qualsivoglia costruzione che sembra quasi non appartenergli.

Nina cerca una chiave d'interpretazione nei suoi occhi chiari, più limpidi del solito, spostando la mano dalla spalla fino a farla salire sul suo viso. Smette di saltare, con tutta la sua attenzione focalizzata su quel momento.

<<Cosa?>> domanda lei, guardandolo dall'alto e facendosi più vicina.

Lui scuote la testa.

<<Lacia perdere>> le dice.

Prova a fare un passo indietro ma Nina stringe la presa sul suo viso, piegandosi fino a far combaciare le loro labbra con forza.

<<Cosa Max?>>

Anche lui porta le sue mani su di lei, afferrandole il bacino. La loro pelle nuda torna a toccarsi, senza imbarazzo nonostante la luce chiara e calda del mattino che ora inonda la stanza e illumina tutto, illumina loro, quasi come volesse convincerli che tutto ciò che succede al buio, in quel regno di cui Max è il dio spietato e Nina una principessa senza tiara, potrebbe esistere e resistere anche davanti ai raggi del sole.

<<Com'è averti accanto>> le parole di Max sembrano una confessione rubata, qualcosa sentito di nascosto e che non avrebbe mai dovuto lasciare la sua bocca, o almeno è così le le fa sembrare.

Deve persino allontanarsi subito dopo averle pronunciate, come se non riuscisse a gestire il perso di aver detto qualcosa del genere mentre le sue mani sono sul suo corpo, mentre sono così vicini.

Per un attimo sono di nuovo gli stessi ragazzini di quell'estate, in quella casa abbandonata. Quei ragazzini pieni di dubbi, ma le cui emozioni erano molto più semplici, quasi primordiali.

E sempre in onore di quel bacio mai dato, visto che per quell'attimo, anche se uno soltanto, sono di nuovo quei loro, Nina salta giù dal letto e si sporge a dargli un altro bacio prima che lui si allontani troppo, come se potesse non solo rimediare a ciò che successe quella notte ma addirittura cambiare il corso degli eventi, ricreare un percorso, un futuro, dove Max e Nina sono sempre stati insieme.

Come lo sono in quel momento.

<<Vado a preparare il caffè>> afferma allora Max, non partecipando particolarmente alla foga con cui Nina cerca la sua bocca ma non sottraendosene neanche.

La ragazza annuisce, assaporando per un ultima volta il suo sapore sulle labbra e tornando a sorridere.

<<Uso il bagno>> dice mentre il ragazzo lascia la stanza.

Con una velocità dettata più dal non riuscire a star ferma che dal bisogno di fare in fretta, Nina saltella per la camera raccattando i propri indumenti. Il pavimento sotto i suoi piedi nudi mentre cammina per il corridoio, è fresco, piacevole.

Il bagno è poco distante e presto si ritrova davanti al riflesso del suo corpo nudo nello specchio, coperta soltanto dagli indumenti che tiene tra le braccia. In un primo momento non fa caso alle macchine colorate che si ritrova sparse per il corpo, si aspettava di trovarne.

Probabilmente anche Max ne ha qualcuna.

Certo la sua presa è più salda di quella di lei, delle sue mani delicate. I suoi morsi sono più profondi. Lui lascia più segni.

Ma a Nina va bene vedere il suo corpo cosparso di lividi. Sono il segno di quel qualcosa in più, del tentativo disperato di raggiungere quella parte dentro di loro che appartiene all'altro e vice versa, il viscerale bisogno di appartenersi.

Persino essere l'uno dentro l'altra, per due persone così, non è abbastanza. Non abbastanza profondo, non abbastanza intimo.

Mentre si passa le dita sulla pelle, accarezzandosi i lividi, Nina pensa che niente soddisferà mai davvero quel desiderio di sentirsi. Niente di appartenente alla realtà, almeno.

Si solleva i capelli con un elastico e si getta sotto la doccia, con l'acqua calda che scioglie il buio nel quale erano intrappolati i ricordi della notte passata. La ragazza viene investita dalla potenza di quelle sensazioni. Le altre volte non erano state niente a confronto, niente. E Nina già era convinta fossero il massimo che un essere umano potesse sperimentare.

Si accarezza le spalle così come le aveva accarezzate lui, si passa i palmi sul viso, si stringe con forza le labbra tra le dita, fino ad arrivare a mettersi le mani alla base del collo, lì dove è rimasto il segno della presa di lui. Gli piace stringerla lì. Gli piace morderla lì.

E a lei piace farglielo fare, persino quando il respiro le manca un po' troppo.

Poi un ricordo stonato fa breccia in quel susseguirsi di atti carnali. È sfumato, un'immagine rubata dal dormiveglia.

La chiamata ricevuta da Nina, quella mattina, non è stata la prima incursione del mondo esterno nella loro bolla. Anche Max ne ha ricevuta una quando era ancora notte, o forse l'alba.
La ragazza ricorda le finestre aperte sul balcone della camera, il contorno della figura di Max stagliato contro le luci della città, la sua voce che arrivava come un sussurro.

È così confuso che potrebbe non essere reale eppure le lascia addosso una sensazione che neanche l'acqua della doccia scioglie.

Così, quando esce dal bagno fresca e profumata e con addosso un sorriso che comunque quei pensieri non potrebbero placare, la prima cosa che gli chiede raggiungendolo in cucina è <<con chi eri al telefono sta notte?>>

Max le dà le spalle, con la schiena nuda e i pantaloni della tuta infilati male, impegnato ad armeggiare con la macchinetta del caffè.

Rimane in silenzio, pensando piuttosto a servire la bevanda.

Quando le lascia la tazzina tra le mani ne approfitta per lanciarle uno sguardo gelido, appartenente ad una persona che certamente non sembra quella con cui si è svegliata accanto poco fa.

<<Dovresti andare ora>> statuisce, con tono piatto.

Nina rimane a guardarlo, la mano ferma a mezz'aria con la tazzina stretta tra le dita, mentre lui si gira e sparisce dietro la porta del bagno.

La gola le si stringe a tal punto da non riuscire neanche a pronunciare il suo nome, soffocata non più dalla stretta delle sue dita ma dalla dura realtà di quella mattina.

Questa volta il livido le si forma sul cuore.

Ma, in mezzo a tutti gli altri, che sarà mai.

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