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DI PENSIERI FISSI (8)




Il lunedì mattina, nel Principato di Monaco, non ha niente di speciale in confronto al resto del mondo. Certo, quel lunedì mattina il cielo è particolarmente bello, l'aria sa di brezza marina e vacanze imminenti e i turisti hanno cominciato a colorare le spiagge, ma è pur sempre lunedì. La gente corre a lavoro, le strade sono intasate, tutti sembrano andare di fretta.

Nina passeggia tranquilla, non facendosi minimamente tangere dalla frenesia di quella giornata.

Prima che avesse il coraggio di mollare l'università odiava il lunedì. Significava ricominciare lunghissime lezioni per lei incomprensibili, sveglia presto e troppo poco tempo per scegliere cosa mettere. Da quando il suo unico scopo nella vita è dedicarsi al processo creativo che la porterà alla sua meravigliosa collezione d'abiti, invece, tutte quelle boriose e inconvenienti corse ed ore di niente si sono trasformate in giornate passate alla costante ricerca di ispirazione.

Che poi anche questo processo possa rivelarsi spesso noioso è un'altro paio di maniche, ma il lunedì è un'eccezione.

Il primo giorno di ogni nuova settimana, Nina lo passa a giorvagare tra le bancarelle del suo adorato mercato di Monaco-Ville. Anche lì c'è grande fermento ma lei cammina con calma, sorseggiando un frappé e trattenendo un caffè nell'altra mano, immersa in quella tavolozza di colori e suoni familiari.

La bancarella del suo mercante di stoffe preferito è la sua meta.

Passare la mano sui nuovi scampoli che Gaston le procura ogni settimana è qualcosa che potrebbe fare tutto il giorno, tutti i giorni, fantasticando su cosa quei tessuti potrebbero diventare, come potrebbero starle addosso, come li farebbe svolazzare su una importante passerella.

Gaston, un uomo di mezza età con la statura di un orso e le mani da fata, ogni volta che la vede si fa il segno della croce, preparandosi ad averla attorno a volte anche per ore e a doverle spiegare specifiche, provenienza e peculiarità dei suoi prodotti. Nina però è convinta che, sotto la scorza dura, lui abbia imparato a volerle bene. Per facilitare il processo però ha preso l'abitudine di portargli un bel bicchierone di caffè fumante.

<<Sei in ritardo>> si azzarda a dirle quest'ultimo quando la vede arrivare, allungando una mano verso la bevanda che lei gli tende prima ancora di salutarlo.

Nina scrolla le spalle e gli sorride, sfilandosi gli occhiali da sole per potergli lanciare uno sguardo divertito.

<<Scommetto che ti sei quasi preoccupato che non venissi>> lo punzecchia, senza trattenersi poi dal guardare fugacemente tutti i drappi colorati accuratamente disposti sul lungo tavolo che li separa <<Ma sai che il nostro è un appuntamento che non posso mancare>>

Nina, fosse dipeso da lei, sarebbe arrivata ben prima tra le stradine di Monaco-Ville. Quella mattina però aveva deciso di accompagnare Jerry e Cook in aeroporto così da passare con i suoi migliori amici fini all'ultimo momento disponibile. Erano stati insieme anche tutta la domenica in realtà, ma la ragazza era consapevole che neanche quello sforzo sarebbe bastato a mettere una pezza sui "gesti imperdonabili" che lei aveva commesso lo scorso sabato sera. Azioni come aver mentito loro pur di avere un passaggio da Max, averli mollati nel bel mezzo di una sbronza rovinando una serata potenzialmente iconica, aver baciato il suddetto ragazzo. Tutte cose con lo stesso livello di infamia, a loro dire.
Per fortuna il mal di testa da post sbornia con il quale si erano alzati la domenica aveva reso quei commenti poco carini una breve parentesi in una giornata fatta di divano, sonnellini, tapparelle abbassate e litri d'acqua. Si erano premurati solo di farle capire quanto fossero contrari a ciò che Nina stava combinando e dirle che ci sarebbero voluti anni - e grandi favori - per perdonare i "gesti imperdonabili".
E pensare che Max è stato il motivo stesso di quella rimpatriata.
Andare con loro in aeroporto le è sembrato il minimo.

<<Bello il vestito, chissà chi ti ha procurato la stoffa>> dice poi Gaston, interrompendo il flusso dei suoi pensieri ed indicando con un gesto della mano il lungo abito chemisier che la ragazza indossa, con una fantasia sui toni dell'arancio, del giallo e del blu.

<<Però sto cercando qualcosa di completamente diverso>> afferma la ragazza, allungando una mano verso i tessuti accuratamente sistemati in ordine cromatico. Mormora qualcosa di incomprensibile anche per se stessa mentre la sua concentrazione si sposta interamente sullo studio di quella meravigliosa materia prima.

La procedura è sempre la stessa.
Prima soddisfa la sua curiosità, spulciando il tutto con superficialità, poi comincia un lavoro quasi di precisione.
Già una prima occhiata però la lascia interdetta. Il suo progetto in realtà è già ben definito e, anche se la realizzazione è ancora in fase embrionale, Nina non riesce a scostarsi dalla fantasia per assecondare la realtà.
E la realtà vuole che nessuno dei colori pastello che avrebbe voluto usare per la sua collezione sia presente.

<<Potrei piangere, Gaston>> lo avvisa, portandosi teatralmente la mano libera sulle labbra.

L'uomo alza gli occhi al cielo, abituato a quelle scenette.

<<Dimmi che hai un salvia. O un glicine. O un blu foschia>>

<<Un blu che?>> domanda una signora al suo fianco, facendola quasi sobbalzare dallo spavento. La donna improvvisamente comparsa al suo fianco la osserva interessata.

<<Un colore che solo questa ragazza potrebbe conoscere>> risponde per lei il mercante <<E che forse potrei avere nel furgone>>

Gaston le fa un cenno con la testa dal significato inequivocabile: anche oggi, ti sei guadagnata l'accesso alla caverna delle meraviglie. Nina lancia uno sguardo di scuse alla signora, promettendole che se dovesse trovarlo glie lo farà vedere, poi con una corsetta sulle punte Nina raggiunge il mezzo parcheggiato alle spalle dell'uomo. Scosta le portiere posteriori del Doblò, accende l'applique della luce e senza pensarci due volte si infila in quella spazio angusto che contiene tutta la merce che il mercante non espone. Solitamente, quella che Nina preferisce.

Non sa quanto tempo sia passato quando la sua attività di ricerca viene interrotta dalla suoneria de telefono. Il suono rimbomba tra le pareti strette e a Nina sembra improvvisamente di essere sotto cassa ad un rave, con l'improbabile motivetto che comincia a suonare in loop. Rischia anche di strappare un pezzo di tessuto finitole tra i sandali mentre si divincola tra i tubi di stoffa alla ricerca di un modo di sfilare il telefono dalla borsetta abbandonata chissà dove, cercando al i tempi di mantenere una certa stabilità. Con scarsi risultati.

<<Quanto pensi che siamo in confidenza, ormai, io e te?>> domanda la sua migliore amica prima ancora che Nina possa darle il buongiorno. Quest'ultima aggrotta le sopracciglia davanti a quella inusuale richiesta, ma non riesce a trattenere un ghigno divertito.

<<Che strana domanda con la quale iniziare una conversazione. Ciao Benny. Perché me lo chiedi?>> le risponde con un tono divertito.

<<Perché io non sono una che si scompone, lo sai, però ho appena fatto una cosa e ho pensato che se fossi stata qui con me ti saresti messa a saltare dall'eccitazione e io l'ho quasi fatto. Quasi>>

Nina ride di quell'affermazione.

<<Ti starò forse cambiando?>> le domanda scivolando contro le pareti del furgoncino fino a sedersi lì, tra i tessuti, in attesa di scoprire cosa avrà vissuto Benny di tanto forte da farla quasi scomporre.

<<Al massimo mi stai influenzando>> controbatte quest'ultima dopo una pausa per quello che Nina riconosce come il tiro di una sigaretta.

<<Ma si può sapere per cosa io mi sarei messa a saltare e tu l'hai quasi fatto?>> cerca di informarsi Nina.

<<Dove sei?>> risponde subito l'altra.

<<Al mercato, attualmente chiusa in un Doblò, perché?>>

<<Grande, ottimo. Mi sa che è arrivato definitivamente il momento di scegliere la stoffa per la tua collezione>> esclama l'altra ragazza, ora con un tono di voce che vuole sembrare pacato ma nasconde fibrillazione. Nina solo a sentirla parlare comincia ad agitarsi <<Perché la direttrice del corso sta finanziando un progetto, il brand che più la convince sfila allo Yacht Club tra un mese. Ci ho iscritte>>

Nina reagisce esattamente come Benny aveva pensato avrebbe immaginato, solo che non avendo spazio per saltare se non sfondando il tetto del furgoncino con la testa si lascia andare in un urlo esagitato.

<<Ommioddio>> aggiunge, con il telefono che quasi le cade dalle mani per l'emozione <<Benny, è nostro. È la nostra occasione>>

<<Che succede lì dentro? Hai trovato il blu foschia?>> sente domandare da Gerard, in lontananza.

<<Tutto apposto>> si affretta a rispondere, per poi riportare il cellulare contro l'orecchio e la mano libera sul petto, ad ascoltare il battito furioso del suo cuore <<Sei in università? Ti raggiungo>> dice rivolgendosi all'amica.

<<Pausa sigaretta, devo rientrare a lezione ma non potevo non avvisarti subito. Mi raggiungi per pranzo?>>

<<Puoi scommetterci>> esclama Nina <<E Benny, voglio vederti saltare>>

La ragazza dall'altra parte del telefono chiude la chiamata dopo una risata cristallina che tira inevitabilmente anche quella dell'altra, la quale rimane per qualche attimo come immobilizzata, circondata dalle stoffe, con il petto che sembra in procinto di esplodere e la testa che le gira dall'emozione.

<<Oddio>> ripete a se stessa, pensando a tutto ciò che quella notizia comporta. Un'occasione è l'unica cosa di cui avevano bisogno, e l'occasione è arrivata.
In quel momento tutto sembra improvvisamente avere senso, tutto pare finalmente al proprio posto.
L'ambizione di Benny, la creatività di Nina, aver lasciato l'università, aver passato ogni lunedì tra i tessuti di Gustav, la sua stessa presenza lì. Tutto l'aveva portata a quel singolo momento.

Così, ritrovata una minima tranquillità, si rimette subito alla ricerca delle sue preziose stoffe. Più concentrata di prima, più convinta di prima.
Un mese è poco, dannatamente poco, ma si darà da fare.

Nina non ha intenzione di sprecare questa opportunità.

**

<<Pensavo dovessimo parlare della sfilata, non di Max Verstappen>> è però il rimprovero che le muove la sua migliore amica mentre, più tardi, se ne stanno sedute sul prato davanti all'Università di Monaco, intente a sgranocchiare un sandwich.

Nina non sa neanche come ha cominciato a parlare di lui, a pensare a lui, è successo e basta. Forse è stata anche fin troppo brava a schivare quei pensieri per tutta la mattina, consapevole della magra figura che aveva fatto il giorno prima aspettando con esaltazione un messaggio da parte sua che però non è mai arrivato.

Mentre attendeva l'arrivo di Benny il ricordo di quel bacio si è insinuato nella sua testa e non è più riuscita a separarsene.

<<Mi dispiace, è che non riesco a smettere di chiedermi perché non mi abbia ancora scritto>> le confessa, osservano la propria mano che gioca con i fili d'erba di quel giardino ben curato. <<Ho lasciato correre domenica senza darmi per vinta, ho vissuto questa mattina come se non fosse successo niente, ma a questo punto non so davvero cosa pensare>>

La domanda sottostante a quei dubbi, nella sua testa, è chiara: come poteva Max ignorarla dopo la bomba di emozioni che era stato quel bacio?

Al solo ripensarci le viene la pelle d'oca.

Ed è anche convinta che, se per lei ha significato tanto, per lui non poteva essere stato da meno.
Allora perché non chiamarla? Perché non scriverle uno messaggio, anche un misero "ciao"?

<<Pensi che me la stia facendo pagare per quello che è successo quell'estate?>> aggiunge allora, più pensando ad alta voce che cercando un vero e proprio riscontro.

<<Nina>> la ammonisce la ragazza rossa, scoccandole un'occhiataccia.

<<Avrebbe senso>>

<<Io credo che tu stia ingigantendo qualcosa di estremamente semplice. Vi siete baciati. Eravate ubriachi. Non significa che ora dobbiate per forza essere innamorati l'uno dell'altro, né che lui debba richiamarti. Non siete neanche andati oltre>> prova a darle un taglio razionale Benny prima di addentare il  suo panino.

Nina però scuote la testa.

<<Se fossimo due persone qualunque ti darei ragione>> la contraddice, non d'accordo con quella ricostruzione dei fatti <<Ma siamo noi. Anche solo per rispetto alla nostra amicizia avrebbe dovuto chiamare>>

<<Ma prima ancora di essere un tuo amico, Max è uno stronzo>> continua l'altra <<E ti dirò di più. Certi equilibri in un'amicizia durano finché si è, appunto, amici. Ora che vi siete baciati le regole cambiano, così come sono cambiate quando è stato lui a baciarti quell'estate. Dopo quella volta per quant'è che non vi siete parlati? Sei anni?>>

<<Questa volta è diverso>> controbatte Nina, con veemenza <<Questa volta non ho intenzione di perderlo>>

Benny stringe la mascella, come fa sempre quando cerca di far capire a Nina qualcosa che appartiene più al suo mondo razionale che a quello fantastico dell'amica. L'impresa è sempre faticosa, ma sta volta persino scalare l'Everest sembrerebbe più facile di farle capire e condividere il suo punto di vista.

<<Perché ne sei così ossessionata?>> le chiede allora <<Lo so che ti piace fare da salvagente per i casi disperati, ma questo è qualcosa di più. È un caso perso. Dovresti capirlo anche tu>>

Nina non sente davvero il resto della frase, concentrandosi sulla domanda iniziale.

Perché ne sei così ossessionata?

Anche in una conversazione tra sé e sé, non ha una risposta a quella provocazione. È qualcosa di inspiegabile e viscerale. Più di un desiderio, quasi un bisogno.

Perché ne sei così ossessionata?

Continua a ripeterselo mentre la conversazione con Benny va avanti, spostandosi sull'argomento cardine di quel pranzo, e anche oltre.

Mostra a Benny le stoffe che è riuscita ad accaparrarsi, parlano della strategia di Marketing che quest'ultima ha passato mesi a studiare, provano a stilare una lista definitiva dei nomi per il brand.

Quando poi si separano, torna a casa e si dice di lasciar perdere qualsiasi pensiero non centri con la collezione, che deve cominciare seriamente a mettersi sotto se vuole riuscire ad essere pronta in tempo. L'appartamento è vuoto, come al solito, e Nina si fionda direttamente in camera.

Chiude la porta alle sue spalle, getta le buste con i tessuti per terra e si siede sulla sedia girevole davanti alla scrivania, che poi in realtà è un tavolo da disegno. La stanza, dalle fattezze quasi bambinesche, da principessa come Max direbbe, è illuminata da una luce calda. La finestra aperta a vasistas permette ad un piacevole calore di entrare, portando con se anche con il chiacchiericcio tipico delle strade de La Condamine.

<<Ce la faccio>> si dice poi da sola, prendendo un grosso respiro ed estraendo dal cassetto al suo fianco il suo scketchbook. L'idea che ha in testa è ben chiara, ma affinché il leitmotiv sia non solo comprensibile a tutti ma addirittura riconoscibile, il lavoro da fare sarà parecchio. Non ci vuole solo fantasia per creare una collezione, Nina ha bisogno di tutta la concentrazione di cui dispone. Il che non è facile considerando che ogni manciata di secondi è attratta dall'idea di aprire la chat di Max.

Arriva ben presto alla conclusione che per combinare qualcosa deve sbarazzarsi del telefono, nella speranza che tenendo lontano quell'aggeggio allontanerà anche l'improvvisa tentazione di scrivergli. Cosa poi, non si sa.

"Ei, ciao, perchè mi ignori?"

Così il telefono finisce gettato sul letto in modalità aereo e per trovare ispirazione mette un po' di musica in sottofondo dal pc, consapevole che quando meno se lo aspetta si ritroverà comunque a distrarsi con i suoi pezzi preferiti, cominciando a ballare da sola per la stanza. Meglio quel tipo di imbarazzo, però, in confronto a quello che conseguirebbe dallo scrivere a Max.

Per un po' riesce anche a produrre cose, appiccicando pezzettini delle diverse stoffe accanto ai modelli che corrispondono a quel colore, appuntandosi come dovranno essere fatte le cuciture, dove, con che filo, con che punto.

Il problema delle ossessioni, però, è che anche se non hanno un perchè, sanno come incasinarti la testa.

Il problema delle ossessioni, è che più provi ad allontanarle più vengono a cercarti.

Così, lentamente, quel ritrovato entusiasmo nel suo lavoro affievolisce, facendola ritrovare ancora una volta incapace di pensare ad altro se non al modo in cui le labbra di Max l'avevano baciata, ai suoi occhi visti così da vicino, a quello sguardo complice che si erano scambiati tra la folla e che aveva lo stesso gusto di tanti altri sguardi simili che si erano scambiati negli anni, ricordandole cosa si prova ad avere accanto qualcuno così, qualcuno a cui non servono parole per farsi capire, anzi, con cui le parole sarebbero quasi di troppo.

Tutta la loro storia è racchiusa in uno sguardo.

Perchè Nina lo sa, che Max non è una persona che sa esprimersi davvero a voce. La maggior parte delle cose che dice alla maggior parte della gente sono frasi taglienti, espressioni supponenti e odiosi sfottò.

Il fatto che con lei sia capace di intrattenere discorsi di un certo calibro non significa che sappia davvero come dire certe cose. Allora forse è per questo che non le ha scritto.

Sa che se dovessero vedersi dovrebbero anche provare a capire cosa è successo la scorsa notte, sviscerare a parole qualcosa che magari nessuno dei due saprebbe neanche spiegare, quindi preferisce sviare.

Se fosse lei però a chiedergli di vedersi, forse non rifiuterebbe. Almeno non avrebbe il peso del dover fare la prima mossa. O ancora, vedendola così propositiva, probabilmente non si preoccuperebbe neanche di dover parlare.

Anche perchè tutto ciò che Nina vorrebbe fare in quel momento è baciarlo ancora.

Le discussioni possono essere messe da parte, giusto per un po'.

La ragazza continua a rimuginare su quei pensieri fino a sera, rendendosi conto di aver passato un pomeriggio intero a pensare a Max. Lei non è così di solito, ma è il non sapere a logorarla.

La maggior parte delle volte che esce con qualcuno è quest'ultimo a farsi avanti, sempre, facendola sentire voluta, desiderata, indispensabile, che è anche un po' ciò che cerca in una relazione: quella consapevolezza di essere importante per l'altra persona. Con Max però il gioco è diverso, perchè magari quella consapevolezza lei ce l'ha, ma lui non sarà mai pronto a dimostrarglielo.

Con lui è tutto diverso.

Per questo, anche lei deve essere pronta a fare qualcosa che altrimenti non si sarebbe mai azzardata a fare.

Con una spinta lascia scivolare la sedia fino al letto, lì dove aveva lanciato ore prima il telefono. Si concede di illudersi ancora per qualche attimo, sperando che una volta tolta la modalità aereo il messaggio che aspetta compaia tra le notifiche.

Ovviamente non succede.

La responsabilità è tutta nelle sue mani.

@Nina: che fai sta sera?

Preme sul tasto di invio poi getta via il telefono, come se improvvisamente bruciasse.

Si alza dalla sedia, fa un mezzo giro su se stessa e torna a riprendere il cellulare.

Di Max non c'è traccia, ma si accorge di un messaggio dei suoi che le dicono che non torneranno per cena. Non ci rimane male, anzi, la cosa la lascia abbastanza indifferente. Non è certo una novità. Poi di mangiare con quel groppo sullo stomaco che si ritrova non ne ha poi così tanta voglia.

Piuttosto l'assenza dei suoi genitori significa che può liberamente fumare così quasi corre per raggiungere la sua borsa e afferrare il pacchetto di sigarette che le farà compagnia in quella casa, ancora una volta vuota, in attesa di una risposta.

Ci vogliono nove rintocchi del pendolo in salone, una scatoletta di tonno mezza mangiata e un numero indefinito di puntate di How I met your mother prima che lo schermo del telefono si illumini per l'arrivo di una risposta.

@Max: ho una roba da fare

Nina si sorprende un'ennesima volta della loquacità di Max, suo tratto distintivo non solo vis a vis ma anche quando si tratta di messaggistica istantanea - che poi, così tanto istantanea, quando si tratta di lui proprio non è -.

Alza gli occhi al cielo e le viene voglia di chiedere al cellulare "tutto qui?". Forse vorrebbe persino arrabbiarsi per l'indisponibilità e l'ingratitudine che il ragazzo sta mostrando, non capendo forse quanta forza d'animo ci fosse dietro la scelta di scrivergli. Non può però del tutto biasimarlo per essere impegnato, come poteva sapere che Nina avrebbe voluto vederlo quella sera?

@Nina: e dopo questa "roba da fare", passeresti per una sigaretta?

Decide quindi di proporre, pensando di non lasciare inutilizzata l'umiliazione alla quale si era già sottoposta in primis scrivendogli.

Questa volta il suo messaggio non tarda ad arrivare.

@Max: ti scrivo quando scendere.

Nina si lascia sfuggire un piccolo e acuto gridolino di gioia, prima di saltare giù dal divano e correre a trovare qualcosa da mettere.

@Nina: ok, sarò a casa dopo le dieci.

Aggiunge, chiaramente mentendo, ma portandosi avanti per giustificare il farsi trovare vestita molto meglio di quanto ci si aspetterebbe. E anche un po' per non sembrare disperata.

Spegne la televisione e prova a rimettersi all'opera, ma l'ansia di non sapere perchè Max non si fosse fatto sentire viene sostituita dall'eccitazione del doverlo rivedere. Così, piuttosto, disfa l'intero armadio alla ricerca di una gonna perfetta per l'occasione mentre canticchia le nuove canzoncine spagnole di quell'estate che le sono già entrate nel cervello e che davanti a Max giurerebbe di odiare, ma che in realtà le mettono sempre una smodata allegria.

Quando Max le scrive di essere arrivato il cuore perde un battito.

Forse anche due.

Si prende qualche attimo per provare a razionalizzare, per calmarsi, quando però capisce che è tutto inutile raccatta l'essenziale e senza pensarci un minuto di più si precipita fuori dall'appartamento.

La vista dell'Aston Martin parcheggiata l'isolato dopo il suo portone è elettrizzante.

Nina cammina decisa fino a raggiungere la portiera che apre con mani tremanti, poi si lascia scivolare al suo interno esclamando un "ciao" ancor prima di voltarsi a guardare il ragazzo dietro il volante.

Quando lo fa, un sorriso le si apre spontaneamente sul viso.

Max è davvero lì.

E' seduto con fare rilassato sul sedile, un braccio fuori dal finestrino abbassato e le gambe fasciate da un paio di jeans scuri stese davanti a se. Il viso è girato verso di lei, abbandonato sul poggiatesta. I capelli come sempre precisamente ordinati, gli occhi socchiusi, le labbra leggermente piegate nella perfetta impersonificazione del suo solito ghigno, quell'espressione che sa di arroganza, di sfrontatezza, di confidenza, di Max, e che Nina trova dannatamente eccitante.

<<Nena>> mormora, accentuando quel mezzo sorriso.

Solo aver vissuto quella scena convince la ragazza di aver fatto bene a scrivergli.

<<Che hai fatto sta sera?>> si azzarda a domandare lei, improvvisamente impacciata.

Solitamente, quando si tratta di fare conversazione, Nina non lo è mai.

Anzi, lei potrebbe davvero parlare di qualsiasi cosa con chiunque e sentirsi comunque a proprio agio, ma quel modo che ha Max di stare lì, rilassato, come se non fosse appena finito l'ossigeno nell'abitacolo, la mette in soggezione.

Come può rimanere così freddo mentre lei sta palesemente bruciando?

<<Siamo davvero arrivati alle domande di circostanza?>> controbatte Max, lanciandole uno sguardo ammonitorio.

Nina sbatte leggermente le ciglia, prendendo tempo per decifrare quello che le sembra palesemente un messaggio in codice.

Quando ne trova un senso, la sua unica reazione è allungarsi con uno scatto e baciarlo.

La ragazza chiude gli occhi e cattura le labbra di lui con le proprie, portando una mano sulla sua guancia e assaporando il modo in cui quella ritrovata vicinanza la fa sentire. Lui le afferra le spalle, le stringe.

Lei apre la bocca e con la lingua gli accarezza il labbro inferiore.

Poi non trova più niente da baciare.

<<Nina>> la chiama dopo averla spinta via con fermezza, costringendola a tornare al proprio posto e togliendole le mani di dosso non appena si rimette seduta, come se toccarla troppo potesse andar contro le proprie intenzioni.

<<Che succede?>> domanda subito lei, guardandolo con le sopracciglia aggrottate e le labbra ancora dischiuse. Sente qualcosa che comincia a premerle contro il petto ma la scaccia, non ancora convinta che lui l'abbia davvero rifiutata.

<<Questo...>> comincia Max, fermandosi per cercare le parole giuste per spiegarle cosa significhi quel gesto.

Nina nel frattempo si accorge di qualcosa di inaspettato, quasi fuoriposto in quel luogo. Un pacchetto di Camel blu incastrato nel cruscotto.

<<Ti sei messo a comprarle?>> domanda sfilandole e rigirandosele tra le dita, pensando probabilmente di dovergli dire due parole a riguardo. Una cosa è scroccarne qualcuna ogni tanto da lei, non si aspettava però che arrivasse a volerne avere sempre a disposizione.

<<Le ha dimenticate Gaia>> risponde subito lui, facendo gelare l'abitacolo <<Ero con lei prima>>

<<Ah>> mormora Nina, quasi senza pensarci.

Per un momento, nel silenzio che segue, crede quasi che sia possibile sentire il rumore della piccola crepa che le si sta formando sul cuore.

Vorrebbe prendersi in giro da sola, ridere di tutto quel pomeriggio passato a pensare a lui, di come era convinta che le cose sarebbero andate diversamente questa volta. Invece sono lì, a parti inverse rispetto all'ultima. Però Nina non ha intenzione di fare come fece lui al tempo, quasi ridicolizzando tutto ciò che erano. Si limita a rimanergli accanto senza dire niente, coraggiosa abbastanza da non scappare a gambe levate dopo quel rifiuto. Anzi, sfila persino una sigaretta dal pacchetto di Gaia, pensando che almeno qualcosa da lei debba prendersela.

Se la porta tra le labbra che ancora sanno di Max e prima che lui possa dirle qualcosa se la accende dentro la macchina.

<<Le ho detto che mi sono scocciato>> aggiunge poi il ragazzo, allungando una mano verso quella di Nina per prenderle il pacchetto <<Ho chiuso, sempre che ci fosse qualcosa da chiudere>>

<<Ah>> si ritrova a ripetere Nina, con un'intonazione completamente diversa rispetto a prima.

Quasi si strozza con il fumo che le esce dalla bocca, subito dopo cerca di dissimulare il tutto con un colpo di tosse.

<<Non l'ho fatto per te, Nena>> si appresta a sottolineare Max, portandosi la sigaretta accesa alle labbra.

Nina decide di non dar peso a quella constatazione, pensando piuttosto a voltare il viso dalla parte opposta rispetta al ragazzo per impedirgli almeno di vedere il sorriso che non riesce a cancellarsi dal viso.

<<Ci credo>> gli risponde, con un sarcasmo non troppo velato.

<<Sono serio>> esclama lui. Prima che la ragazza possa rendersene conto, la sua mano le afferra il mento e la costringe a girarsi a guardarlo. Così si ritrovano faccia a faccia, lui con un'espressione dura, lei con quello stupido sorriso addosso. <<Togliti dalla testa che questo possa funzionare Nena>>

<<Di che parli?>> domanda la ragazza con un'ingenuità forzata.

Ha capito benissimo il punto, ma meglio far finta di niente.

<<Di tu che entri in macchina e mi baci, o che mi sorridi così, o che ci rimani male se ti dico che mi sono visto con un'altra>> si spiega lui senza però lasciarle andare il viso, forse per far arrivare meglio le sue parole. Come se Nina fosse davvero in grado di ragionare stando così vicina a quegli occhi. <<Tu non vuoi questo, credimi, ed io non voglio che succeda>>

<<Non sai cosa voglio>> controbatte Nina, in fretta.

Fronteggiarlo senza tirarsi indietro la fa sentire improvvisamente forte, potente, sopratutto la convince a provare a prendersi ciò che il suo corpo le sta chiedendo.

<<Potrai anche volere me>> dice Max, piegando leggermente il viso verso destra e permettendo alla luce esterna dei lampioni di dare un taglio diverso a quello sguardo, più languido, più letale <<Ma non vuoi ciò che avere me comporta>>

<<Cosa comporta?>> domanda lei. Si scosta quanto basta per prendere un tiro della sigaretta, lascia cadere la cenere fuori dal finestrino, poi torna a concentrarsi pienamente su di lui. Il modo in cui le sue dita le stringono il mento le fa quasi male.

<<Tu sei una tipa da storia d'amore>> afferma Max, senza avere tutti i torti <<Io al massimo mi ricordo di darti un bacio quando scopiamo. Penso sempre a me, solo a me. Ci sono quando voglio esserci e sparisco quando mi gira. Impazziresti a starmi dietro. Proveresti a cambiarmi ma non ce la faresti e prima ancora di rendertene conto ci ritroveremmo senza più avere niente da dirci, a scocciarci persino del sesso e a non volerci più vedere. Forse non succederà domani ma tra una settimana, due al massimo. E ti dirò una cosa Nena, mi dispiacerebbe. Perchè nonostante tutto, sei l'unica persona sulla faccia della terra alla quale voglia uno stralcio di bene>>

Max molla la presa e Nina si sbilancia in avanti, non avendo più l'appoggio della sua mano. E' anche un po' il suo discorso a farle perdere l'equilibrio, mentre nascono in lei sentimenti contrastanti che da sempre Max è un mago nel saper generare.

Quelle parole crude si scontrano con l'ammissione quasi dolce alla fine, così come Nina si sente al tempo stesso intimorita e attratta da quella visione.

Non ha mai avuto niente del genere, non ha mai saputo stare con qualcuno senza amare ed essere amata. Però non le è mai andata bene.

Forse è arrivato il momento di provare qualcosa di nuovo.

<<Restiamo amici, Nena>> le dice però Max, respingendo tutti quei pensieri con una sola e semplice frase.

Davanti a quel muro, la ragazza si tira indietro. Forse è forte abbastanza da restargli accanto dopo un rifiuto, da sfidarlo anche, da fargli capire che per lei qualcosa in ballo c'è. Però tutto si esaurisce a quel punto. Non perchè lei non vorrebbe vedere cosa c'è davvero da vivere di lui, con lui, ma perchè a quel punto le sembra che lui non la voglia affatto.

<<Amici>> risponde quindi, nonostante sul suo viso sia palese la delusione.

Prende l'ultimo tiro dalla sigaretta e la spegne nel posacenere portatile, fingendo che la cosa impegni tutta la sua attenzione. La frangetta le ricopre gli occhi e Nina ringrazia di avere quel filtro sulla realtà, speranzosa che ciò che arrivi a lui di quello sguardo amareggiato non sembri più di un mero fastidio.

Non è il rigetto in sé a farla sentire in quel modo, più il disincanto. E' come se Max avesse con un semplice soffio buttato giù tutti i castelli di carta che con tanta cura lei aveva costruito dal momento in cui si sono separati quel sabato a quando si sono rivisti. A Nina quei castelli piacevano, era pronta a regnarci da principessa, come suo solito.

Evidentemente però le fondamenta del suo reame non erano così solide come credeva.

<<Andiamo Nena, ti faccio vedere cosa mi eccita da morire>> dice poi lui, facendola sobbalzare mettendo improvvisamente in moto la macchina. La ragazza gli lancia uno sguardo di traverso, interrogativo, ma al tempo stesso sente un fremito. <<E cosa si prova a stare con uno come me>>

<<Ma che stai dicendo>> lo riprende lei.

L'occhiata che Max le rivolge, però, oltre che farle venire un brivido le suggerisce di rimanere in silenzio. E allacciare le cinture.

Nina non fa neanche in tempo a mettersi comoda che la forza di gravità la schiaccia contro il sedile, facendole mancare il fiato per uno, due, tre secondi, finchè Max non è costretto a fermarsi ad un incrocio.

<<Sei fuori di testa? Siamo in città>> si appresta a rimproverarlo, sentendo le gambe improvvisamente molli dopo la folle accelerata con la quale lui ha ben pensato di percorrere la strada.

<<Te l'ho detto che non ti sarebbe piaciuto>> la rimbecca lui, con il suo solito ghigno stampato sul viso. Nina vorrebbe controbattere, vorrebbe dirgli di non farsi venire strane idee, vorrebbe fare tante altre cose che però non appena Max affonda il piede sull'acceleratore dimentica. Non solo, sembrano anche non esserle mai appartenute.

Il rombo del motore le invade le orecchie mentre le antiche strade de La Condamine cominciano a scorrerle attorno ad una velocità di cui farebbe volentieri a meno. Il cuore le rimbalza prima in gola, poi precipita fin giù nello stomaco diventando un tutt'uno con le budella aggrovigliate.

Il mondo sembra essersi sdoppiato mentre Max rincorre il tempo e li porta in una dimensione che viaggia al doppio della velocità e in cui ci sono solo loro, loro due e basta. Nina si aggrappa con le mani al sedile, pensando che in quel momento tutto potrebbe finire. Lei, Max, i loro pensieri, le loro parole, sembrano concetti così effimeri in confronto alla potenza di quell'attimo che si abbatte contro il loro petto.

Poi Nina pensa che se proprio Max vuole ucciderli sfrecciando come un missile per il Principato di Monaco, almeno vuole sentirlo vicino fino alla fine. Stacca la mano dal sedile e la porta a stringere il suo braccio, aggrappandosi a lui come se fosse il suo unico contatto con la terra.

Quando Max stacca gli occhi dalla strada per un frammento di secondo e li poggia su di lei, Nina si rende conto di non averlo mai visto davvero sino a quel momento. Sopratutto, pensa che per quel Max sopporterebbe persino di vivere la vita in quel modo, ad una velocità che non le è mai appartenuta, rischiando qualcosa di più ad ogni momento che passa.

Neanche fermarsi è qualcosa di tranquillo. Lui lascia che la macchina giri su se stessa, provocando uno stridio che difficilmente Nina dimenticherà nella sua vita. Gli pneumatici alzano una nuvola di fumo che impedisce di vedere oltre i finestrini e ci vuole un po' perchè la ragazza riesca a rendersi conto di dove sono. Sopratutto, di quanta strada hanno percorso in quel frangente di tempo che le è sembrato al tempo stesso inesistente ed infinito.

Sono nel parcheggio del grande centro commerciale di Beausoleil, a quest'ora ormai deserto.

Nina non stacca la mano dal braccio di Max ma si porta l'altra sul petto, percependo forse davvero solo in quel momento quanto velocemente il suo cuore stia pulsando. Si sente accaldata, le gote rosse, gli arti che tremano. L'adrenalina le scorre nelle vene e l'improvvisa calma quasi la disturba. Non lo rifarebbe, ma sente di averne bisogno ancora.

Così guarda Max.

Farlo le schiaccia il petto con la stessa forza con cui l'ha fatto prima la gravità.

Lui già guardava lei.

Questa volta però non è freddo, non è composto, non è rilassato, non è niente che Nina abbia già visto. E' una parte di Max che lei non conosce.

E che, in quel momento, le fa ribollire il sangue nelle vene.

<<Amici>> sussurra Nina col fiato corto.

<<Amici>> risponde lui, la voce improvvisamente calda e avvolgente.

Si osservano prima studiandosi, poi con complicità.

L'attimo dopo, la mano di Max è sul collo di Nina e con forza la tira verso di sè finchè le loro bocche non si scontrano.

Non c'è niente di dolce in questo bacio, niente di pacato o rassicurante. Anzi, quasi fa paura. E' un po' come correre in macchina. Il peso sul petto, il buco nello stomaco. Così, come prima Nina si era stretta al suo braccio, ora si aggrappa alle sue labbra con i denti fino a sentirlo gemere.

Quel suono le muove qualcosa dentro.

Comincia a divincolarsi tra i sedili fino a riuscire a sedersi sulle gambe di Max, senza mai allontanare le loro labbra. Lui tiene stretta la presa sul suo collo senza però farle male, con un dito che finisce poco sotto la bocca di Nina e che lei si appresta a baciare, facendolo sogghignare.

<<Nena>> sussurra lui in risposta a quel gesto.

Ogni volta che qualcosa fuoriesce dalla sua bocca la fa eccitare un po' di più, così semplicemente gli afferra il viso e muove leggermente il bacino, fino a sentire chiaramente quanto anche a Max piaccia quel contatto, fino a convincersi ulteriormente di quanto sarebbe sprecato essere solo amici.

Lui muove le sue mani velocemente, accendendo ogni terminazione nervosa sulla pelle di Nina nel percorso dalla sua gola alle sue gambe. Le afferra le cosce lasciate scoperte dalla gonna, le stringe con forza, costringendola a ondeggiare il bacino.

Un altro gemito, questa volta di entrambi.

Poi quelle mani salgono un po' di più,
un po' di più,
un po' di più,
fino a far giocare il pollice contro il bordo degli slip della ragazza.

Lì, dove le sue mani non sono mai state.
E dove Nina vorrebbe da giorni che fossero.

Lei sente il pericolo di quella situazione, sa che niente di buono verrà fuori da loro due che si assaltano a vicenda nel parcheggio deserto di un centro commerciale, nella sua bella macchina, con i loro bei vestiti che sembrano solo un eccessivo ingombro. Non solo però non ha intenzione di fermarsi.

Le piace.

Le piace tanto.

Quel brivido, quell'istinto che le grida quasi di scappare.

Come potrebbe mai sottrarsi però dalla vista di quegli occhi che finalmente sanno di qualcosa.

E visto che non ha intenzione di fermarsi, gioca addirittura in anticipo. Anche un po' per fargli capire che lei non è più la ragazzina di un tempo.
Che sì, ama le storie d'amore, ma che è pronta anche ad avere qualcosa di meno pur di sentire qualcosa di più, pur di sentire lui. La sua pelle sotto le mani, la sua lingua contro la propria, il suo profumo, la sua presa.

Il tessuto delle sue mutande, una volta che le sue dita si infilano sotto i suoi pantaloni. E oltre.

<<Le principesse non fanno certe cose>> la prende in giro Max, scendendo leggermente con i fianchi per  provare a stare più comodi su quel sedile stretto.

<<Questa principessa sì>> risponde lei, allontanandosi per un attimo per farsi guardare bene in faccia.

Questa sono io, gli grida silenziosamente sperando che questo possa fare la differenza tra tutte le altre ragazze che saranno già passate in quella macchina.

E io, io so giocare pensa prima che cominci ad accarezzarlo con la mano. Prima che gli gli sfili i pantaloni.

Prima che lui le scosti le mutandine.

Prima che lui diventi parte di lei, nel modo in cui è sempre stato e, al tempo stesso, come non lo è stato mai.






✨✨

AHHHHHHHHH
SONO GIÀ IN RITARDO DI MEZZ'ORA, CIAO SCLERATE CON ME NEI COMMENTI AHHHHHH

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