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Carlos, circuito di Miami.
Poco prima del GP
Completo. È così che mi sento in questo momento.
Ho sognato per tutta la vita di correre, poi è arrivata la formula uno. Dopo qualche anno ho coronato il mio sogno di correre in Ferrari. Dopo il primo anno non pieno di soddisfazioni ecco che arriva la rivalsa per la Ferrari. Io e Charles abbiamo iniziato a calpestare un podio dopo l'altro e in questo momento mi sento invincibile.
C'è ancora una piccola crepa in questa completezza, c'è ancora quel qualcosa che mi fa dire: no, non è abbastanza.
Quella crepa ha un nome. Dafne.
Non avrei mai pensato che saremmo stati qui a Miami nello stesso periodo per gareggiare e avere la possibilità di essere presente alla sua premiazione (grazie a Daniel, anche se mi pesa ammetterlo) è stato davvero un momento speciale per me. Anzi per noi.
Quando ho visto i suoi occhi illuminarsi nel vedermi lì ho capito che per noi c'era ancora speranza.
Questa volta non butterò via questa occasione, questa volta mi sono giocato il tutto per tutto.
È come la strategia che riesce a farti vincere la gara.
E questa gara io non la voglio perdere, non più.
Oggi sarà qui, nel mio paddock, a tifare per me dopo aver passato una bella serata con i nostri amici dopo tanto tempo.
Continuo a guardare nervosamente l'orologio nell'attesa che arrivi
«Hai guardato l'orologio trenta secondi fa!» Mi schernisce Charles
«Pensa agli affari tuoi» borbotto io dal mio paddock, lui se ne va ridacchiando cingendo con un braccio Charlotte e alla fine ridacchio anch'io.
Grazie alle interviste prima della gara, il tempo sembra passare più velocemente. Infatti, quando ritorno al paddock per prepararmi alla corsa la trovo lì.
I suoi occhi color miele si intrecciano ai miei, rivedo in quegli occhi la Dafne di cui mi sono innamorato. Lo sguardo pieno di ammirazione e affetto che non le ho visto riservarmi per tanto tempo. Siamo stati sopraffatti dalla rabbia e dall'orgoglio fin troppo.
Cerco di rimanere concentrato sulla gara anche se muoio dalla voglia di sapere di cosa mi vorrà parlare stasera. Fino a che non entro nella monoposto e vengo avvolto dal rombo del motore non riesco a pensare ad altro. Quando abbasso la mascherina del casco, faccio un respiro profondo e mi preparo a fare il mio ingresso in pista.
Oggi la gara è davvero dura ma ho desiderato da sempre questo livello di competizione e adrenalina. Lewis e Max, soprattutto quest'ultimo, sono al massimo della competitività. Io e Max continuiamo a sorpassarci a vicenda e Charles davanti a me riesce a tenere il ritmo serrato di Lewis. Le nostre monoposto quest'anno sembrano esserci state cucite addosso, riescono a cacciare il massimo delle nostre potenzialità.
Per quanto riesca ad estraniarmi da tutto durante la gara, quando arrivo al pit stop mi giro quei pochi secondi che servono a cambiare gli pneumatici verso Dafne. Mi pregusto un nostro bacio, perché no, magari dopo il podio e ritorno in pista con il suo bellissimo sorriso stampato nella mente.
Mentre rientro in pista dalla pit lane vedo dallo specchietto che Max è pericolosamente vicino.
Non voglio perdere la posizione quindi accelero con impeto.
Max però dal canto suo vuole accaparrarsi la posizione quindi inizia a stringermi verso l'esterno della pista
«Non può farlo! Mi sta stringendo! Mi ha quasi tagliato la strada dall'uscita della pit lane»
«Carlos, calmati. Stiamo già parlando con la FIA. Decidi tu come procedere.»
«Non gli lascio la posizione!» Mentre urlo nella radio però, non mi accorgo di essermi avvicinato troppo a un cordolo. L'auto è sui 250 kilometri orari e vengo sbalzato in aria.
Non mi rendo conto subito di quello che sta per accadere. Accade tutto troppo velocemente e ho come la sensazione di non essere io in quell'auto. La forza motrice mi sballottola nonostante le protezioni. L'ultima cosa che ricordo prima del buio è un sonoro boato.
«Carlos! Carlos! Rispondi se mi senti»
Sento una voce lontana nelle mie orecchie ma non riesco a rispondere. Sento delle sirene, la testa pulsa e inizia a mancarmi l'aria.
Tento di muovermi per uscire e togliere il casco ma non riesco. Mi sento schiacciato e l'unica cosa che riesco a vedere è una piccola stringa di luce. Cerco di allungare il collo ma non faccio altro che peggiorare la situazione. Fa un male cane.
Che cavolo è successo?
La confusione accresce e sento i miei sensi ovattati.
Improvvisamente un viso si affaccia nel poco spazio in cui riesco a vedere ed è in quel momento che capisco che l'auto è capovolta.
«È sveglio! Forza muoviamoci a farlo uscire da qui!» Urla l'uomo
Non so quanti minuti passano dall'estrazione dall'abitacolo. Quando mi stendono sulla barella mi tolgono il casco e mi infilano un collare per impedire che faccia movimenti bruschi.
Durante il viaggio verso l'ospedale mi riaddormento o perdo conoscenza. Non mi è ancora chiaro.
Mi svegliano delle voci ovattate, questa volta non a causa della mia confusione ma perché stanno parlando dietro la porta della camera.
Mi iniziano a tornare alla mente gli attimi dell'incidente e il mio mal di testa si acutizza. Controllo subito di non avere braccia o gambe ingessate e già questa cosa mi tranquillizza. Poteva andare molto peggio.
«Io devo vederlo! Ne ho bisogno!»
Quando sento la voce di Dafne cerco di mettermi seduto, ma con scarsi risultati. Noto un bottone vicino il bracciolo del letto e decido di premerlo per attirare l'attenzione. Le voci si stoppano e un dottore apre velocemente la porta.
«Aspetti solo un attimo. Le prometto che dopo aver fatto tutti i controlli la farò entrare!» Mi dà le spalle un uomo dal camice bianco. Avrà circa quarant'anni, un fisico slanciato e muscoloso e i capelli biondi tenuti in ordine dal gel.
Il dottore richiude la porta facendo un sonoro sospiro
«La sua ragazza è un osso duro.»
Mi provoca una risatina e questa volta riesco a mettermi seduto
«Signor Sainz, io sono il dottor Evory, primario di ortopedia qui al Miami Central Hospital. Le abbiamo fatto tutti i dovuti controlli e abbiamo riscontrato solo un leggero trauma cranico da impatto e una lieve lesione cervicale. Per l'incidente che ha avuto può ritenersi miracolato.»
Ascolto con attenzione ma l'unica cosa che vorrei ora è vedere Dafne e sapere di poter correre al prossimo gran premio.
«Per le prossime due settimane dovrà tenere il collare e diminuire al massimo gli sforzi. Dopo questo periodo di riposo dovrà farsi un'altra RX per constatare se avrà bisogno di un po' di terapia.»
«Sono sicuro che il collare basterà.» Dico io calcolando velocemente se rischio di perdere un gran premio a causa di questo riposo.
Il dottor Evory annuisce sorridendo e scrive qualcosa su una cartellina «Le prescrivo una cura per tenere a bada il dolore. Entro stasera dopo ulteriori controlli potrà essere dimesso.»
«Grazie...» guardo assorto la porta e il dottor Evory fa una risatina «Adesso la lascerò entrare»
Quando apre la porta Dafne si fionda nella camera. Ha il trucco sbavato e il viso ceruleo e riesce comunque ad essere bellissima.
«Carlos!!!» Scoppia a piangere e mi stringe forte provocandomi un lamento che subito le fa mollare la presa «Scusami» dice lei e io le accarezzo la guancia asciugandole le lacrime
«Sto bene...» dico io stringendola a me con dolcezza inalando il suo profumo che subito mi fa sentire a casa.
«È stato spaventoso!»
«Peggio, lei è anche svenuta.» Achille entra piano nella stanza, provocando con la sua frase una risata nervosa in Dafne «Sono felice di vederti tutto intero amico. Ci hai fatto spaventare tutti.»
Non ho nemmeno il tempo di rispondere che entra tutto trafelato Charles. Sembrano davvero tutti stanchi. Avranno passato la notte in bianco a causa mia.
«Mi hai fatto perdere dieci anni di vita!» Dice Charles battendomi il pugno, sorridente nel vedermi sveglio
«Come hai concluso la gara?» Gli chiedo subito io
«Primo posto. Ma non ho corso a cuor leggero. Sono riuscito a concentrarmi solo dopo che alla radio mi hanno detto che eri sveglio qui in ospedale.»
«Grande. Sono contento. Ci prenderemo altri doppi podi, vedrai. Max invece?»
Charles si siede accanto a Dafne ai piedi del letto e il suo sguardo si fa serio.
«Ha messo davvero a rischio la tua vita con la sua prepotenza. Stanno decidendo che tipo di penalità assegnargli. Dall'incidente è uscito illeso.»
Annuisco serio. Ripensare a quei momenti mi fa salire la rabbia ma cerco di rimanere tranquillo come mi ha consigliato il dottore. Gli incidenti nel nostro sport sono ricorrenti ma il modo in cui accadono cambia davvero tutto e sia io che Max questa volta abbiamo esagerato.
Quando chiedo a Dafne di avvicinarsi a me, tutti gli altri escono dalla stanza per lasciarci un po' di privacy.
«Non mi sono dimenticato che volevi parlare con me...»
Lei ha un piccolo sussulto e mi guarda sorridendomi con dolcezza. Abbassa lo sguardo accarezzandomi il dorso della mano
«Pensa a riposare ora. Sono grata che tu sia qui con me... a proposito di questo.» Si mette seduta con la schiena rigida e capisco che è nervosa
«Dafne... puoi dirmi tutto quello che vuoi.»
«Io dovrei partire per il Messico. Ho un'altra gara settimana prossima ma ho deciso di saltarla.»
«No Dafne, non devi farlo.»
«Voglio farlo. Non è una gara decisiva e non intacca il mio punteggio. Ti voglio stare vicino. Vorrei che passassi la convalescenza con me in Svizzera. Così potremo anche cercare di mettere a posto le cose tra di noi.»
«Non voglio che salti una gara a causa mia Dafne.»
Lei alza gli occhi al cielo, ma prima che possa ribattere, veniamo interrotti da qualcuno che bussa alla porta. So per certo che farle cambiare idea sarà impossibile. Quando si mette in testa una cosa inutile provare a dissuaderla.
«Avanti» diciamo all'unisono, tenendoci ancora per mano.
Il team principal Mattia Binotto entra teso, nel vedermi sveglio e reattivo i muscoli del suo viso si rilassano visibilmente e si passa una mano nei ricci scuri
«Vi lascio soli... ci vediamo stasera.» Dafne mi schiocca un bacio sulla guancia e la vedo andar via chiudendosi la porta alle spalle.
Non muovere il collo è una vera impresa. Così quando in serata decidono di dimettermi, mio cugino e manager Carlos mi aiuta a vestirmi
«Dovresti prendere in considerazione di fare la convalescenza a Madrid.» Dice serio mentre mi aiuta a infilare la t shirt. Vorrei scuotere la testa ma non posso
«Forse la passerò in Svizzera da Dafne. Nulla è ancora deciso.»
Carlos annuisce serio ben conscio che sia inutile tentare di farmi cambiare idea
«Quindi salterò solo una tappa di Gran premio» la cosa mi pesa e non poco ma sono grato di essermela cavata con poco
«Sono sicuro che ti riprenderai in fretta Carlos. Se vorrai andare in Svizzera ti accompagnerò personalmente, faremo arrivare lì i migliori fisioterapisti e ti riprenderai alla grande.»
All'uscita dell'ospedale, seppure abbiamo scelto quella secondaria, veniamo accerchiati da giornalisti e fan preoccupati. Rilascio brevi dichiarazioni prima di sedermi nel van che mi riporterà all'albergo. Decido di scrivere a Dafne. Ho bisogno di vederla
Carlos: ci vediamo al mio albergo tra un'ora?
La risposta arriva dopo pochi secondi. Pensare che stesse aspettando mie notizie mi provoca una sensazione piacevole.
Dafne: Ci vediamo lì. Arrivo.
Mi sistemo sul divano con movimenti meccanici e forzati ma faccio di tutto per non darlo a vedere a Dafne.
«Allora? Che ne pensi della mia offerta?»
Faccio un profondo sospiro
«Ti continuo a dire che non voglio che sacrifichi una gara per me. So quanto è importante.»
Dafne si gira verso di me e mi guarda seria
«Forse non riesci a capire cosa ho provato quando la tua monoposto è praticamente finita in aria e ti sei schiantato contro un muro con l'auto sottosopra. Ho pensato che non ti avrei mai più rivisto, ho pensato al peggio, a tutte le cose non dette. Io non...» i suoi occhi si iniziano a riempire di lacrime e io cerco di alzarmi per farla calmare ma lei mi ferma «ho davvero bisogno di passare questo tempo con te.»
Questa volta è lei ad avvicinarsi e la stringo forte tra le mie braccia dopo che si è seduta sulle mie gambe.
«Grazie per esserci ancora per me. Nonostante tutto.»
Pensavo di essere invincibile, pensavo di essere sul gradino più alto del mondo. Accecato dalla fame e dalle vittorie. La vita può essere un soffio. Ho rischiato di perdere tutto. Di perdere per sempre il mio grande amore prima ancora che tornasse da me.
È in quel momento che mi riprometto di vivere al cento per cento le mie emozioni e non precludermi niente. Mai più.
«Si va in Svizzera. Insieme.» Sussurro tra i suoi capelli.
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